DIADEMA (διάδημα, diadēma, da διαδέω "lego attorno, cingo")
In generale è una benda o fascia o cerchio d'oro, usato nell'antichità da uomini e donne per legare la capigliatura e per ornamento: nella sua forma si assomiglia e si confonde con la corona. Il nastro, come simbolo di consacrazione fu portato intorno alla fronte da sacerdoti e indovini, e servì a indicare il carattere religioso anche di cose, animali, altari, offerte, ecc. La tradizione ne attribuiva l'invenzione a Dioniso, ed anche altre divinità furono raffigurate col diadema. Su monete di Antiochia dell'età imperiale Apollo è laureato, mentre sua sorella Artemide è ornata del diadema; forse in Siria la corona d'alloro era considerata una distinzione onorifica più importante. Similmente le due personificazioni delle città, l'una femminile Tyche, l'altra maschile Demos, erano normalmente la prima laureata e la seconda diademata.
In particolare come insegna di dignità regia e di sovranità il diadema è proprio dei principi asiatici, in prima linea del re di Persia, il quale porta avvolta intorno al capo una benda purpurea intessuta di bianco che cinge il turbante o tiara. Abbattuto l'Impero persiano, Alessandro di Macedonia si proclamò l'erede del gran re e adottò il diadema; lo usò sia intorno al capo nudo, sia combinato con la causia (v.) (καυσία διαδηματοϕόρος): esso era costituito di un largo nastro di stoffa bianca orlata dalle due parti e ornata d'oro, legata di dietro, e con le estremità frangiate ricadenti sulla nuca. Dietro l'esempio di Alessandro il diadema fu usato dai sovrani ellenistici. Antigono Monoftalmo, primo dei diadochi, fattosi proclamare re cinse il diadema e ne mandò uno al figlio Demetrio perché anch'egli partecipasse della dignità regale. Lisimaco, Cassandro, Tolomeo, Seleuco ne seguirono l'esempio, e lo stesso fecero del resto gli altri conquistatori e usurpatori da Besso ad Arsace, e i re di Bitinia, del Ponto, della Cappadocia, di Pergamo, ecc. A Siracusa solo Ieronimo portò la porpora e il diadema. I faraoni avevano usato un curioso diadema psḫent, rimasto peculiare dei Tolomei, come le vesti e gli apparati sontuosi, usati solo, come pare, nella cerimonia dell'incoronazione a Menfi. Tolomeo VI portò due diademi come sovrano dei due regni d'Egitto e di Siria. Presso gli Arsacidi troviamo il diadema a quattro ordini sovrapposti dal tempo di Pacoro I fino al termine della dinastia.
Il nastro bianco, simbolo riconosciuto della dignità regia, fu particolarmente odioso ai Romani, e a Roma furono considerati come aspiranti alla tirannide coloro che tentavano di prendere il diadema o furono accusati di volersene adornare, come Tiberio Gracco. Cesare mostrò sempre con ostentazione di non voler accettare il diadema offertogli da Antonio; e anche durante tutto l'Impero non si riscontrano che casi sporadici, non del tutto sicuri e limitati alla parte orientale dell'Impero, come quello dell'effigie diademata di Augusto in alcune gemme, le quali però dovrebbero provenire dall'Egitto, o quello di Caracalla, il quale, come trionfatore sui Parti, porta in una moneta di Tarso il diadema del loro re.
Col sorgere a Bisanzio di un nuovo impero greco-orientale rifiorisce la tradizione dell'antico simbolo regio, e il fondatore di Costantinopoli è il primo a cingersene il capo durevolmente. Il diadema si vede nelle monete di lui, dei figli, Cesari, e anche della figlia Costantina, fatta da lui Augusta; ma dopo la sua morte esso è riservato ai soli Augusti, se anche talvolta gli autori chiamino con questo nome la benda più semplice spettante ai Cesari. Il diadema dell'ultimo periodo dell'Impero è un lavoro di oreficeria, guarnito di pietre preziose; da questa trasformazione derivò la corona a placche d'oro usata dagl'imperatori bizantini. In alcuni dittici d'avorio si vedono raffigurate imperatrici cinte di diadema.
Bibl.: B. Brisson, De regio Persarum principatu, Parigi 1895, p. 32 segg.; A. Mau, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 303 segg.; E. Saglio, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des ant., II, i, p. 119 segg.; Leclercq, in Cabrol, Dictionn. d'archéol. chrétienne, IV, col. 746 seg.; E. Breccia, Il diritto dinastico nelle monarchie dei successori d'Alessandro Magno, Roma 1903, p. 75 seg.; G. Corradi, Studi Ellenistici, Torino 1929, p. 19 segg.; Th. Mommsen, Röm. Staatsrecht, I, p. 429; II, p. 808; E. Revillout, in Revue archéol., 1877, p. 341; Blum, in Revue archéol., XXI (1913), p. 270; Dieudonné, in Bulletin de la Soc. Nat. des Antiq. de France, 1929, p. 207 seg.; Sickel, in Byzant. Zeitschrift, VII (1898), p. 513 segg.; E. Babelon, Traité de Monnaies, III: Monnaies Orientales, tomo I: Numismat. de la Perse Antique, a cura di J. De Morgan, Parigi 1901-14; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, I, Milano 1901, p. 368; S. Grenz, Beiträge zur Geschichte des Diadems in den hellenistisch. Reichen, Greifsvald 1921.
Arte medievale e moderna. - I Bizantini attribuirono una benda bianca agli angeli; e, a giudicare dalle raffigurazioni nei mosaici di Ravenna e di Roma, sembra che non abbiano abbandonato del tutto il diadema nemmeno nel costume civile. Anche nell'arte barbarica appare qualche raro diadema. In Occidente, nel Medioevo, ricompare con i nomi, che gli attribuiscono gl'inventarî, di frontale, ghirlanda, corona. Il frontale serviva a trattenere sul capo la rete o il velo e a volte, come quello che i Francesi chiamavano tressoir, sono veri e proprî diademi che gl'inventarî dicono d'avorio, di smalto e d'oreficeria e che s'incontrano spesso nei dipinti italiani del Trecento. Le corone e le ghirlande cui tanto spesso accenna la poesia delle origini, erano diffuse anche tra il popolo: il Villani ricorda che se ne facevano di stagno, di corallo e di carta dipinta. Nel Rinascimento il diadema, soppiantato dalla "ferronnière" e dalla retina, non fa che rarissime apparizioni. Un diadema ove "erano rappresentati i XII segni dello zodiaco" è ricordato in una festa mondana a Roma nel 1519 (Gaye, Carteggio, I, p. 409); di diadema è acconciata Lavinia nel ritratto di Tiziano. Verso il 1560 a Venezia si portava un velo trattenuto da un diadema o corona alla "guisa francese". In quegli stessi anni in Francia ricompariva anche una benda di lino montata su un cerchio d'oreficeria che richiama la benda. Ma durante tutta l'età barocca predominarono gli spilloni; col Direttorio venne la moda del vestire alla greca e la riapparizione dei diademi ebbe il valore d'una riesumazione quanto quella delle tuniche e dei sandali. Durante il Primo Impero la voga dei cammei diede anche al diadema forme pesanti. In quasi tutti i ritratti di parata degl'inizî del secolo è dato vederne. La Restaurazione mantenne al diadema la forma elevata ma ne alleggerì gli ornati sostituendo ai cammei pietre di colore o ornati a stiacciato e a scanalature. Dopo il 1820 riapparve la "ferronnière". Dopo il 1830 la forma del diadema mirò sempre più ad alleggerirsi.
Bibl.: E. Fontenay, Les bijoux anciens et modernes, Parigi 1887; G. F. Hill, Priesterdiademe, in Jahreshefte d. d. arch. Inst., II (1889); W. Sickel, in Byz. Zeitschr., VIII (1899), p. 513 segg.; H. H. Clifford-Smith, Jewellery, Londra 1908; J. J. Marquet de Vassellot, Bibl. de l'orfèvr., ecc. Parigi 1920.
V. tavv. CLXXVII e CLXXVIII.