Processo per cui le varie parti di un organismo diventano sia diverse una dall’altra, sia capaci di produrre proteine specifiche. La capacità di svolgere funzioni specifiche dipende dalla presenza di particolari caratteristiche morfologiche che possono essere organuli cellulari, come le miofibrille delle cellule muscolari, o strutture extracellulari, come le fibre del connettivo. Nel corso dello sviluppo, nelle diverse parti di un organismo vengono derepressi o repressi geni differenti che permettono di costruire sistemi proteici specifici determinando la diversificazione delle varie cellule. Il controllo nucleare del d. viene a sua volta regolato da fattori citoplasmatici che, probabilmente, intervengono su determinati geni che producono RNA capace di indurre selettivamente l’attivazione di altri geni, innescando quindi la catena di reazioni che portano al differenziamento. Il d. è in qualche misura reversibile: modificando l’integrità dell’organismo (per es., nelle colture in vitro di tessuti), si assiste a un vero e proprio sdifferenziamento con perdita delle strutture intercellulari, della disposizione spaziale e degli organuli specifici delle cellule. Nei processi di sdifferenziamento il rapporto proteine/DNA si abbassa e le cellule mostrano una semplificazione morfologica. Le cellule sdifferenziate conservano la loro specificità istologica e non riescono ad acquistare competenze differenti: poste in condizioni opportune di coltura si assiste di nuovo al d. cellulare e le cellule riprendono il ruolo che avevano originariamente nell’organismo. Processi di d. possono essere indotti secondariamente nell’adulto (rigenerazione) e vengono utilizzati da alcune specie per riparare danni prodotti dall’ambiente sul corpo dell’animale.