DIOFANTO (Διόϕαντος)
Matematico greco vissuto in Alessandria verso il 250 d. C. La sua dedica a un Dionisio, che, secondo un'ipotesi di P. Tannery, sarebbe il S. Dionigi apostolo delle Gallie, potrebbe far ritenere che egli fosse un cristiano. Ci rimangono di lui i primi sei libri di Aritmetica ('Αριϑμητικά), di cui gli altri sette sono andati perduti, e un libro su Numeri poligonali (Περὶ πολυγώνων ἀριϑμῶν). È stato supposto da alcune allusioni dell'Aritmetica (lib. V, prop. 3, 5, 16) che egli avesse scritto un libro di Porismi (Πορίσματα), e da un passo di Giamblico, che avesse scritto anche un trattato sulle frazioni intitolato Moriastica (Μοριαστικά).
I sei libri di Aritmetica costituiscono una raccolta, non ordinata sistematicamente, di problemi numerici, alcuni determinati (di 1° grado in più incognite e di 2° grado), la maggior parte indeterminati (di 2° grado o superiore) con la condizione che le soluzioni siano razionali. Le ricerche d'aritmetica indeterminata e di teoria dei numeri sono certamente assai antiche e risalgono forse nelle origini ai Pitagorici. Ne sono prova le sottili teorie dei libri VII-IX di Euclide, e il problema bovino di Archimede (v. IV, p. 50). Se come ora appare probabile. Erone precede di poco D., i problemi aritmetici di Erone servono soltanto a dimostrare che ai suoi tempi le ricerche d'aritmetica indeterminata erano abbastanza diffuse tra gli studiosi. In D. appaiono formule algebriche meno semplici delle nostre, ma in sostanza a esse equivalenti. Egli indica l'incognita con un segno, derivante probabilmente da un' abbreviazione αρ di ἀριϑμός "numero"; e con simboli analoghi denota le prime sei potenze dell'incognita e le loro inverse. L'addizione è indicata facendo seguire i due termini l'uno all'altro senza segno speciale interposto, la sottrazione con un segno che sembra abbreviazione della parola λεῖψις "sottrazione" e corrisponde al nostro segno "−"; usa altresì la parola εἶδος per indicare un "termine" d'un polinomio, la parola ἰσότης per "equazione". Ma poiché si propone di trovare soltanto le soluzioni razionali dei problemi che considera, non ha modo di sviluppare con regolarità il calcolo algebrico di cui pure va considerato un precursore. Si può supporre ragionevolmente che il calcolo algebrico degli Arabi sia uno sviluppo di quello di D. La varietà e la ricchezza dei problemi che egli tratta e la varietà delle soluzioni sembrano il frutto d'un lavoro di raccolta da scrittori precedenti piuttosto che l'opera d'un solo uomo. I suoi problemi hanno servito di modello e di punto di partenza per lo sviluppo della moderna teoria dei numeri, soprattutto per opera di Fermat, Eulero, Lagrange, Gauss.
I sei libri di aritmetica rimasti, sono stati commentati da Ipazia (inizî del sec. V), ma questo commento è perduto. Fu poi commentato dagli arabi Abū'l-Wafā al-Būzagiānī (940-998 d. C.), Qusṭā ibn Lūqā al-Ba‛labakkī (morto circa il 912) e forse Ibn al-Haitham (circa 965-1039). Il Kitāb al-Fakhrī, un trattato algebrico di Abū Bekr Moḥammed ibn al-Ḥasan al-Karkhī (1029 d. C.) contiene una collezione di problemi d'analisi indeterminata, tolti in parte da D., che dimostrano lo studio profondo di questo autore. Mediocri i commenti bizantini di Giorgio Pachimere (1240-1310) e Massimo Planude (1260-1310). Non sembra che Leonardo Pisano, il quale pur tratta difficili problemi di teoria dei numeri, lo abbia conosciuto. In Europa ne parla per primo Giovanni Regiomontano, in una lettera al Bianchini del 5 febbraio 1464. Ma R. Bombelli ne scoprì un manoscritto Vaticano e con l'aiuto di Antonio Maria Pazzi ne tradusse e ne commentò, verso il 1570, i primi cinque libri, riproducendo poi molti dei problemi più interessanti nella sua Algebra (1572). Nel 1575 W. Holtzmann (Xylander) ne pubblicò la prima traduzione latina; nel 1621 apparve per cura di G. Bachet il testo greco con una traduzione latina. Già, nel 1585 S. Stevin nella sua Arithmétique aveva interpretato molte proposizioni dei primi quattro libri, ma soltanto nel 1625 A. Girard, ripubblicando l'opera di Stevin, la completò aggiungendovi un originale commento. In esso sono formulati per la prima volta i teoremi sulla decomposizione dei numeri in somme di quadrati (ogni numero primo della forma 4n + 1 è somma di due quadrati, ecc.), teoremi dei quali Fermat trovò per il primo complete dimostrazioni, perdute coi suoi manoscritti, riscoperte e completate soltanto nel sec. XVIII dal Lagrange.
Manoscritti e edizioni. - I manoscritti che ci sono rimasti sembrano derivare da un antico manoscritto del sec. VIII o IX. I più importanti sono i mss. 84 di Madrid del sec. XIII; il vat. Gr. 191 del sec. XV; i frammenti dell'Ambrosiano Et 157 Sup., del sec. XIV; il Marciano 308 del sec. XV; il Gudiano 1 del sec. XV di Wolfenbüttel, ecc. Edizione delle opere a cura di P. Tannery, Lipsia 1893-1895.
Bibl.: T. L. Heath, Diophantus of Alexandria, 2ª ed., Londra 1910; P. Ver Eecke, Diophante d'Alexandrie, Bruges 1926; L. Cavazzoni, Intorno ad alcuni problemi di Diofanto, in Period. di mat., Bologna 1931, pp. 84-109.