DIOTISALVI
(o Deotisalvi)
Architetto documentato a Pisa (v.) nella seconda metà del sec. 12°, il cui nome è tramandato dalle due epigrafi-firme del battistero e della chiesa del Santo Sepolcro.Il battistero di Pisa - fondato nell'agosto 1152 (1153 secondo lo stile pisano) e innalzato su progetto di D. fino alla cornice del primo ordine e al giro dei sostegni interni, capitelli e mensole esclusi - è un'ampia costruzione a pianta circolare aperta da quattro portali volti verso i punti cardinali, caratterizzata all'interno da un anello concentrico di dodici sostegni - pilastri alternati a coppie di colonne - e all'esterno da un'arcatura cieca continua entro cui si inscrivono accessi e monofore.Se per un verso l'edificio si inserisce nella tradizione stilistica della vicina cattedrale buschetiana, da cui riprende la veste decorativa in marmi bicromi, i classicheggianti capitelli fogliati, la stessa geometrizzante chiarezza concettuale, dall'altro la pianta, alcune misure, il numero dei sostegni e la stretta relazione spaziale con l'edificio basilicale sono elementi che rimandano, con differenti gradi di precisione, al prototipo costituito dall'Anastasi di Gerusalemme, al pari di numerosi edifici consimili in Occidente, ma con particolare e magniloquente attinenza.Per quanto possa essere verosimile che il progetto di D. prevedesse una galleria superiore esterna, una grande tribuna interna anulare e una copertura conica, come da tempo ipotizzato (Rohault de Fleury, 1866; Boeck, 1968), l'impresa del battistero venne abbandonata da D. forse nell'ottavo decennio del sec. 12°, momento in cui tutti gli sforzi economici furono convogliati nell'innalzamento del campanile - assegnato a D. senza prove da Ragghianti (1969) -, e fu ripresa solo a cavallo del secolo seguente da maestranze lombarde capitanate da Guidetto (Caleca, 1991).Strettamente connesso a exempla gerosolimitani, come la Cupola della Roccia e i piccoli ottagoni della Cupola della Catena e dell'Ascensione sul monte degli Ulivi, è anche il secondo edificio monumentale architettato da D., la chiesa ospedaliera del Santo Sepolcro, eretta a Pisa sulle sponde dell'Arno rinnovando una postazione dell'ordine militare già documentata nel 1113, costituita da chiesa e xenodochia. Il Santo Sepolcro pisano, un doppio ottagono concentrico con alta cupola piramidale su pilastri sorreggenti arconi archiacuti, presenta somiglianze strutturali e stilistiche con il battistero (forma dei pilastri e delle aperture, bicromia, cornici classicheggianti) tali da giustificare senza dubbi l'identità dell'architetto. Alcuni caratteri più avanzati delle decorazioni, come i rilievi e gli intagli del portale nord, permettono una datazione di poco più tarda, al terzo quarto del sec. 12° (Ascani, in corso di stampa), nella fase di passaggio tra l'attività della taglia guglielmesca nella cattedrale e gli esordi della generazione di Bonanno e di Biduino in edifici pisani come il campanile del duomo o la chiesa di S. Paolo all'Orto, dell'ottavo decennio del 12° secolo.I precisi rimandi dell'opera di D. ai monumenti palestinesi, che possono facilmente far supporre una conoscenza de visu delle costruzioni della Terra Santa - e che hanno comportato anche l'introduzione di forme pregotiche, come per gli arconi acuti su semplici capitelli a tavoletta del Santo Sepolcro - hanno valso a D. anche l'attribuzione della cappella di S. Agata a Pisa, piccolo edificio ottagonale in cotto con cupola esternamente simile a quella del Santo Sepolcro. Si tratta di un'opera indubbiamente derivata da D. e per la quale non è forse da escludersi l'intervento diretto dell'architetto nella fase ideativa, ma da situarsi, data la tecnica laterizia e i capitelli a stampella, negli ultimi anni del secolo o già all'inizio del Duecento, e nella cui realizzazione sembrerebbero implicate maestranze di cultura lombarda.Il nome di un Diotisalvi compare anche a Lucca sulla parete della chiesa di S. Cristoforo, per conseguenza talora assegnata all'architetto pisano; si tratta in realtà di opera di artefici lombardi strettamente connessa con il duomo di S. Martino, eseguita per lo più nel primo decennio del Duecento, come prova l'analisi stilistica. Per quanto non sia categoricamente da escludersi una partecipazione di D. a questo cantiere, è più probabile ipotizzare uno dei non rari casi di omonimia. Salmi (1926) avvicina a D. le parti inferiori della facciata di questa chiesa, come pure un'altra opera lucchese, S. Michele in Foro, limitatamente alle arcate inferiori, indubbiamente quanto genericamente influenzate dall'anello esterno del battistero pisano. Infine, l'attribuzione a D. del duecentesco campanile di S. Nicola a Pisa (Boeck, 1968) resta ipotesi, benché suggestiva, difficilmente sostenibile.L'opera sicura di D. comprova in ogni caso lo spessore della sua personalità, che meglio seppe incarnare, dopo Buscheto, gli ideali di profondo radicamento al mondo classico - spinto, anzi, a una originale rievocazione - in congiunzione con il cosmopolitismo e la ricchezza di contatti, soprattutto mediterranei, della Pisa contemporanea, con quel gusto per i vasti e armoniosi spazi marmorei geometricamente delineati e sobriamente decorati che fu proprio delle fasi più felici del Romanico in Toscana.
Bibl.:
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