ALIMENTI, diritto agli
La parola alimenti nel linguaggio giuridico comprende in genere tutto ciò che è necessario al soddisfacimento dei bisogni della vita. Gli alimenti, nel diritto, vengono presi in considerazione particolarmente, ma non esclusivamente, in ragione dell'obbligo relativo, che può derivare: a) direttamente dalla legge; b) da una dichiarazione di volontà; c) da un atto illecito.
L'obbligo alimentare nella storia del diritto. - Nel diritto greco (riferendoci particolarmente ad Atene), incombeva al padre l'obbligo di educare la prole, obbligo che, secondo Platone (Crito, p. 50d), sarebbe stato sancito dalle leggi; d'altra parte aveva sanzione legale (mediante la generica azione κακώσεως) l'obbligo alimentare dei discendenti verso gli ascendenti, che era concepito come un dovere di riconoscenza e veniva meno verso il genitore se il figlio non aveva ricevuto un'educazione conveniente in caso di spinta alla prostituzione, e in caso di nascita da concubina. Gli alimenti potevano, poi, essere dovuti a causa di particolari condizioni: alla donna vedova o divorziata era dovuto il σῖτος, finché non le fosse restituita la dote (onde la σίτου δίκη accanto alla προικὸς δίκη per la restituzione); il ϑυγατριδοῦς doveva fornire gli alimenti alla madre ἐπίκληρος, acquistando la successione. Nel diritto dei papiri non mancano nei contratti matrimoniali frequenti accenni all'obbligo alimentare del marito verso la moglie (Mitteis, Grundzùge d. Papyruskunde, pp. 206, 216), né mancano accenni all'obbligo del padre verso i figli, anche adottivi (P. Lips. 28: Mitteis, Archiv. fùr Papyrusforschungen, III, p. 173 seg.).
Nel diritto romano l'obbligo, fissatosi forse dapprima nei rapporti di clientela e di patronato, ebbe, e ben si comprende, tardivamente (nell'epoca imperiale) applicazione nei rapporti di famiglia per opera di varî rescritti, mediante la cognitio dei consoli extra ordinem. Più che di un' obbligazione in senso proprio trattavasi di un officium derivante dai rapporti di parentela e reso coattivo. Presupposto il bisogno dell'alimentando, la misura dell'obbligo dipendeva dai mezzi dell'obbligato e il suo contenuto era alquanto variabile a seconda dei rapporti. Probabilmente, al suo primo affermarsi nell'orbita della famiglia, si riconnetteva alla patria potestà, ma già durante il diritto classico se ne era reso indipendente. Qui fu riconosciuto, reciprocamente, fra ascendenti e discendenti nella linea paterna solo per la parentela legittima, nella linea materna certo per la parentela illegittima, se non anche, benché ciò sia contestato da qualche scrittore, per quella legittima; così è ad ogni modo nel diritto giustinianeo, che estese l'obbligo alla linea paterna anche nella famiglia illegittima (per i figli avuti da concubina, i così detti liberi naturales). Appartiene al diritto nuovo, molto probabilmente, anche l'estensione dell'obbligo alla linea collaterale. I compilatori, secondo le loro tendenze, oltre ad altre estensioni, giunsero ad imporre, per il caso di estremo bisogno, l'obbligo agli eredi del figlio dell'alimentando (Dig., XXV, 3, de agnoscendis, 5, § 17, itp.); inoltre non appartenendo più ai consules la cognitio, sostituirono nei passi alla parola consul, la parola iudex o competens iudex.
Nel diritto germanico l'obbligo alimentare familiare, per la massima parte non risultante da leggi, deve però ritenersi conseguenza necessaria della costituzione della famiglia e delle varie regole ad essa relative; nel diritto longobardo pare si sia riconosciuto anche l'obbligo del padre di sostentare i figli naturali; all'obbligo familiare si aggiunge anche qui quello derivante da altri rapporti; p. es. in alcune legislazioni, fra le quali la longobarda, probabilmente da quello del donatario verso il donante, in caso di donazione universale. Nel diritto feudale l'obbligo intercede pure fra signore e vassallo; e anche nell'ambito della famiglia è strettamente connesso coll'ordinamento vario della feudalità. Il diritto canonico introdusse varie specie di obblighi alimentari extrafamiliari; nell'ambito dei rapporti determinati da vincoli di sangue, un testo (c. 5 x, de eo 4, 47) che in realtà si riferiva ai liberi naturales del diritto giustinianeo, inesattamente interpretato, fu il punto di partenza per il riconoscimento del diritto agli alimenti ai figli spurî verso il compagno della madre nel periodo critico, senza che valesse ad escluderlo l'exceptio plurium concumbentium; l'estensione (il fondamento della quale è, peraltro, discusso) divenne massima costante nel diritto comune.
L'obbligo alimentare nella legislazione italiana. - Il contenuto dell'obbligazione alimentare può essere più o meno ampio; e ciò anzitutto in rapporto all'oggetto: in quanto si limiti ai bisogni materiali (alimenta naturalia: vitto, vestito, abitazione, cure mediche, ecc.) o si estenda ai bisogni spirituali (alimenta civilia: educazione, istruzione, ecc. art. 846 cod. civ.); in secondo luogo in rapporto al soggetto, in quanto la misura del bisogno è in rapporto tanto con le condizioni di età e di salute quanto con la posizione sociale dell'alimentando.
La prestazione alimentare può esser fatta in natura o in danaro può esser determinata in una quantità fissa o variabile; essa conserva il carattere di prestazione alimentare sempre che lo scopo alimentare abbia rilievo nella tutela giuridica: ad es. per l'applicazione della norma della impignorabilità (art. 592 cod. proc. civ.).
L'obbligo alimentare può derivare da contratto, da testamento, da delitto come forma di risarcimento di danni, da legge. Da legge. è l'obbligo alimentare fra congiunti. Non si ha obbligo alimentare legale nel caso dell'art. 1081 cod. civ., in quanto non vi è sancito un obbligo del donatario di prestare gli alimenti al donante; mentre il rifiuto ingiustificato di alimenti vi è considerato come motivo di ingratitudine che autorizza alla revoca della donazione. Neppure si ha un diritto legale di alimenti nel fallito; per l'art. 752 cod. comm., questi può soltanto ottenere soccorsi provvisorî dal giudice delegato, il quale, su proposta del curatore, e sentita la delegazione dei creditori, ha facoltà discrezionale di accordarli fino a che non sia chiuso il processo verbale di verificazione dei crediti; dopo di che l'accordare soccorsi provvisorî è nel potere discrezionale dell'assemblea dei creditori..
Fra i varî casi in cui si può avere l'obbligo alimentare, assume una posizione speciale l'obbligo alimentare fra congiunti, per una sua particolare natura giuridica. Intimamente connesso con la funzione di allevamento ed assistenza, che il diritto vuole esplicata dalla famiglia, esso è dominato, come in genere ogni rapporto giuridico familiare, dal concetto di interesse superiore, per cui diritto e dovere sono sottratti alla libertà di disposizione del privato, e il dovere è posto come tale non solo di fronte all'avente diritio ma anche di fronte allo stato, tenuto, in mancanza di parenti, al mantenimento degli inabili privi di mezzi di sussistenza (art. 156, legge sulla pubblica sicurezza 6 nov. 1926). Da ciò i seguenti caratteri dell'obbligo alimentare familiare. Mentre ogni diritto alimentare è sottratto a pignoramento, eccetto che per credito alimentare, il diritto alimentare familiare è da ritenere non si possa pignorare neppure per credito alimentare. Esso non può formare oggetto di azione surrogatoria; né di sequestro conservativo; né di transazione; né di compromesso. Non si trasmette agli eredi né attivamente né passivamente (art. 146 cod. civ.). Si proporziona di continuo alle sostanze dell'obbligato e al bisogno dell'alimentando (articoli 143-144). Non sono dovuti arretrati; ma potrà sussistere un obbligo di pagare debiti contratti dall'alimentando per mantenersi, e un diritto dei terzi per le relative prestazioni sulla base di una negotiorum gestio, che qui ha effetto anche prohibente domino. L'obbligo normalmente si ha anche se lo stato d'indigenza sia dovuto a colpa dell'alimentando, e se la prestazione in danaro già effettuata sia stata da questo dilapidata: e ciò sempre che, per ragioni di minore età o di infermità fisica o mentale, si possa ritenervi connesso un obbligo di cura della persona.
L'obbligo si inizia dalla domanda giudiziale; ma si può prescinderne se vi è obbligo di cura della persona. L'obbligato ha la scelta di somministrare gli alimenti in natura oppure mediante pensione alimentaria, salvo, tuttavia, diverso provvedimento dell'autorità giudiziaria (art. 145).
Di questi caratteri, alcuni si possono riscontrare anche nel diritto alimentare derivato da altre fonti; così avviene per l'esclusione di azioni esecutive e conservative, di compensazione, ma solo in quanto ciò risulti da legge e nei ristretti limiti in cui lo richiede la tutela dello scopo per cui il diritto è costituito Perciò si ammette possibilità di pignoramento o compensazione parziale, si riconosce l'efficacia della transazione o compromesso. Altri dei suddetti caratteri possono riscontrarsi in quanto la volontà privata possa riconoscersi efficace a introdurli: per es. la dipendenza del diritto dal bisogno e dalle sostanze, e la sua variabilità.
L'obbligo alimentare familiare è posto dalla legge per i parenti, in linea retta fino al decimo grado, e in linea collaterale per i fratelli e sorelle; per il coniuge; per gli affini di primo grado; per figli e genitori adottivi. Fra tutte queste persone l'obbligo è reciproco. E fra di esse la legge fissa il seguente ordine: a) coniuge; b) discendenti legittimi, legittimati e adottivi; c) adottante; d) ascendenti legittimi o genitori naturali; e) figli naturali riconosciuti; f) genero e nuora; g) suocero e suocera; h) fratelli e sorelle (art. 142, 186-187, 211 cod. civ.). I parenti od affini di uno stesso ordine contribuiscono in parti proporzionali alle loro sostanze. Non si passa all'ordine successivo se non in quanto non possa l'obbligo esser soddisfatto, per mancanza o insufficienza di mezzi negli obbligati dell'ordine precedente. Tuttavia, per ragioni d'urgenza, si può chiedere che l'autorità giudiziaria ponga temporaneamente l'obbligo a carico di obbligati in sussidio, salvo regresso. L'obbligo non è né indivisibile, né solidale; ma si può ottenere dall'autorità giudiziaria che esso sia posto temporaneamente a carico di uno solo degli obbligati, salvo regresso (art. 145). L'ordine va osservato anche per determinare la preferenza fra più aventi diritto.
Fra più discendenti legittimi o legittimati l'ordine è quello con cui sarebbero chiamati alla successione legittima (art. 142), ed è indifferente che siano celibi o coniugati, dello stesso o di diverso letto. Fra più ascendenti l'ordine è determinato dalla prossimità del grado (art. 138).
Il marito è tenuto a prestare gli alimenti alla moglie, anche se questa ha mezzi proprî (art. 132); ma in caso di separazione legale, per colpa di lei, riprende vigore il requisito del bisogno (art. 156). Se la moglie, non separata nelle forme di legge, abbandona il domicilio coniugale, il marito può rifiutarle gli alimenti (art. 133) e altrettanto è da ritenere possa far la moglie in considerazione dell'obbligo reciproco di convivenza. Per il mantenimento dei figli minori contribuiscono ambedue i coniugi, in proporzione delle proprie sostanze, computati, nel contributo della madre, i frutti della dote (art. 132).
L'obbligo alimentare fra genero e nuora, suocero e suocera perdura anche dopo cessato il matrimonio per morte, purché sopravvivano figli o loro discendenti, e suocera o nuora non siano passate a seconde nozze (art. 140). V'ha chi ritiene che l'obbligo reciproco si estenda anche ai genitori e agli altri ascendenti del suocero e della suocera.
Nell'obbligo tra fratelli e sorelle, siano germani, consanguinei o uterini, si prescinde dalla condizione sociale dell'alimentando, essendo dovuti gli alimenti strettamente necessarî; si richiede inoltre che l'indigenza non sia dovuta a colpa.
Il genitore di figlio naturale riconosciuto è obbligato anche verso i discendenti legittimi di lui, ma solo in quanto non possano provvedervi la madre e ascendenti materni (art. 186); non lo è invece verso discendenti naturali del figlio naturale, poiché la parentela naturale non si estende al di là del rapporto fra genitore e figlio. Per questa stessa ragione è da ritenersi, sebbene se ne dubiti, che non vi sia obbligo fra avo e figli naturali del figlio legittimo; né tra fratelli e sorelle naturali.
L'adottante non è tenuto agli alimenti verso i discendenti dell'adottato, poiché l'adozione non induce alcun rapporto civile fra l'adottante e la famiglia dell'adottato (art. 212). Parimenti non vi è diritto alimentare fra fratelli adottivi.
Hanno diritto agli alimenti anche i figli adulterini o incestuosi, di fronte al genitore o genitori, quando la filiazione risulti indirettamente da sentenza civile o penale, o da matrimonio annullato, o da esplicita dichiarazione scritta dei genitori (art. 193), contenuta anche in una lettera privata, a chiunque questa sia diretta. Tale diritto è attribuito anche, alla morte del genitore, sull'eredità, commisurato alle sostanze ereditarie e al numero e qualità degli eredi legittimi (art. 752). Gravi incertezze vi sono nell'applicazione di queste due disposizioni, non avendo il legislatore chiarita la natura di tale diritto, ed essendo dubbio quindi se esso sottostia alle norme del diritto alimentare familiare. L'essersi negato al figlio adulterino o incestuoso, come non riconoscibile, uno stato di famiglia, induce a ritenere che il diritto non sia familiare. Tuttavia è da ammettersi che esso risenta, specie nei riguardi della misura in rapporto alle sostanze del genitore vivente, del concorso del diritto alimentare di membri della famiglia legittima così come, alla morte del genitore, il diritto si proporziona, non solo alle sostanze ereditarie, mà anche al numero e qualità degli eredi legittimi. In quanto non ha natura di diritto familiare, non vi è reciprocità nel diritto fra figlio e genitore; né questi è tenuto di fronte ai discendenti legittimi di quello; né il diritto si commisura alla condizione sociale del genitore. Parimenti il diritto verso l'eredità non è da considerarsi come diritto successorio, come partecipazione cioè al reparto dell'asse ereditario: risulta dai precedenti storici che esso fu sempre giustificato dal concetto di trasmissione agli eredi dell'obbligo del genitore. Da ciò si deduce che esso sussiste anche nella successione testamentaria; mentre d'altra parte niente più che gli alimenti tali figli possono ricevere per testamento dal genitore (art. 767). Commisurato alle sostanze ereditarie, esso non subisce modificazioni nella misura; ma è vivamente discusso se resti fermo il presupposto del bisogno, sia al momento dell'apertura della successione sia successivamente: alla soluzione affermativa è portato chi nega la natura di diritto successorio.
Poiché la legge tace sulla condizione dei figli naturali riconoscibili, ma non riconosciuti, si ritiene generalmente che ad essi spetti quello stesso diritto alimentare che è attribuito ai non riconoscibili, quando la filiazione risulti nei modi indicati dall'art. 193.
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