DOGE (dal lat. duce [m])
Nome del primo magistrato nelle repubbliche di Venezia e Genova, di origine affatto diversa, di evoluzione storica molto simile nelle due città. A Venezia sul finire del sec. VII ai tribuni bizantini, che governavano le isole maggiori, fu sostituito per elezione popolare un capo civile unico, dux, vicino a cui stava un capo militare unico, magister militum: Paolo Lucio o Paoluccio Anafesto fu il primo doge nel 691. Dopo l'uccisione del terzo doge per opera delle famiglie tribunizie che vollero riprendere il potere, si elessero per cinque anni solo maestri dei militi annuali, ma il popolo impose il ritorno al dux (742) e il nome non fu mutato mai più. A Genova nel 1339, tra i cittadini, che attendevano la nomina dell'abate del popolo una voce gridò: "Fate abate Simon Boccanegra", e, poiché questi presente se ne schermiva, taluno gridò "Fatelo doge", ed egli, acclamato doge, accettò. Evidente imitazione degli ordinamenti veneziani, prodotta probabilmente da un movimento preparato dal Boccanegra e dagli amici suoi. Il nome del primo magistrato genovese non mutò più e fu soltanto sospeso negl'intervalli in cui le dominazioni straniere erano rappresentate da governatori.
A Venezia, come a Genova, i modi di elezione furono variati più volte e complicati più tardi con singolari alternative di votazioni e di sorteggi di elettori per arrivare alla scelta di pochi nomi, tra i quali si votava nel Maggior Consiglio. A Venezia il doge, che fu sempre di famiglia patrizia, teneva la dignità a vita né poteva rinunciare, giurava la promissione ducale, che conteneva le leggi, sempre più strette, formate successivamente sull'ufficio suo: nel 1501 s'istituirono gli inquisitori del doge defunto. A Genova sino al 1528 il doge doveva essere di famiglia popolare, dal 1413 anche di parte ghibellina, giurava sopra certe regole e sopra gli statuti e durava a vita: dopo la riforma fatta in quell'anno da Andrea Doria, anche il dogato fu riservato alle famiglie patrizie, fu ridotto biennale e s'introdussero pure per il doge i sindacatori supremi.
L'autorità del doge, dapprincipio molto ampia, subì in entrambe le città progressive limitazioni e si ridusse a essere soltanto formale. Fu successivamente prescritto che il doge non potesse deliberare o provveder nulla, né ricevere alcuno, né scrivere né legger lettere da solo senza qualche consigliere. Alle sedute dei collegi era invitato, ma aveva a Venezia solo un voto come ciascuno dei membri di quelli, a Genova due, e la sua presenza non era indispensabile: conservò qualche partecipazione all'opera giudiziaria e politica delle supreme magistrature. Fu proibito chiamarlo altrimenti che messer lo doxe, non signore o principe; a Venezia fu vietato inginocchiarsi avanti a lui: nella pratica aveva nome di principe, a Venezia serenissimo dal sec. XII, a Genova prima illustrissimo ed eecellentissimo e dal sec. XVII pure serenissimo. Non poteva uscir di palazzo che nei tempi fissati dal cerimoniale e in forma solenne; in forma privata solo se accompagnato o con particolare licenza per andar fuori di città a riposare. A entrambi i dogi si adatta la definizione che fu data per il veneziano: rex in purpura, senator in curia, in urbe captivus, extra urbem privatus.
La pompa esteriore, sia che il doge sedesse o uscisse, andò invece crescendo. In entrambe le città egli usava sempre vesti scarlatte, manto e collare di ermellino: il copricapo ebbe particolare importanza e il doge genovese non poteva scoprirsi che innanzi a principi molto superiori. Il veneziano aveva un cappello di forma speciale di origine bizantina, chiamato corno, nelle cerimonie assai ornato di pietre preziose; il genovese aveva un berretto quadrato ornato d'un cerchio dorato nelle occasioni più solenni e ne ottenne il riconoscimento da Carlo V, quando nel 1536 questi gli conferì espressa facoltà di usare gli abiti e le insegne ducali. Dalla seconda metà del sec. XVII, dopo che i Genovesi elessero la Madonna a loro regina (1635), i dogi usarono vesti di foggia più vicina alle reali e corona regia sul berretto e sugli stemmi.
Bibl.: B. Cecchetti, Il doge di Venezia, Venezia 1864; A. Lattes, Il doge a Genova e Venezia, Genova 1916; G. Rezasco, Dizionario del linguaggio italiano storico e amministrativo, Firenze 1881, s. v. Doge; G. Maranini, La costituzione di Venezia dalle origini alla serrata del Maggior Consiglio, Venezia 1928; R. Cessi, Venezia ducale, Padova 1928.