CUNEGO, Domenico
Figlio di Antonio, nacque presumibilmente a Verona nel 1724 0 1725, dato che al momento della morte aveva 78 anni (età e nome del padre sono desunti dal Liber mortuorum della parr. di S. Lorenzo in Lucina a Roma, nell'Arch. stor. del Vicariato).
Le notizie sulla sua formazione sono poco precise. G. Gori Gandellini (Notizie istoriche degli intagliatori, I, Siena 1771, pp. 393 s.) riporta che fu allievo del pittore Francesco Ferrari; ma è probabile si tratti di un errore, dal momento che finora non si è trovata conferma dell'esistenza a Verona in date possibili di un artista di questo nome. Sempre secondo il Gori Gandellini, il C., dopo una prima attività come pittore, avrebbe preso a interessarsi di incisione verso i 18 anni, copiando da autodidatta stampe correnti sul mercato. La decisione di abbandonare la pittura per dedicarsi esclusivamente alla calcografia sarebbe maturata verso i 21 anni, in seguito all'incarico datogli da Iacopo (Giacomo) Muselli di riprodurre a contorno le monete della propria collezione in tre monumentali volumi di catalogo usciti a Verona nel 1752 con dedica al re di Polonia e con il titolo di Numismata antiqua a Iacobo Musellio collecta et edita. Alcune delle tavole di quest'opera recano la firma dell'incisore Dioniso Valesi, col quale il C. divise il lavoro anche per i successivi volumi delle Antiquitatis reliquiae a marchione Iacobo Musellio collectae (Verona 1756) e Numismata antiqua a Iacobo Musellio recens adquisita (Verona 1760).
Accanto alle tavole del Museo muselliano, pubblicazione che emula il prestigio delle iniziative antiquarie del Maffei e che costituisce forse il maggior titolo di notorietà del C. prima dell'incontro con i fratelli Adam, l'artista lavorò in questo periodo a una rara serie di vedute di Verona su disegno di T. Majeroni (ne sono noti tre fogli: la Madonna di Campagna; Piazza Bra verso via Nuova; il Corso di Porta Nuova), ed alle incisioni su disegni di Francesco Lorenzi per le prime edizioni, nel 1756, dei Baco da seta di Z. Betti, e nel 1758, della Coltivazione del riso di G. B. Spolverini, poemetti didascalici che sono tra i migliori esiti della letteratura veronese del Settecento. Gli si devono inoltre tavole per l'opuscolo di G. B. Martini, Lettera famigliare intorno l'inondazione di Verona ne' primi due giorni di settembre 1757 (cfr. Sinistri-Perini, 1978, pp. 116 s.) e per il volumetto anonimo Nel felicissimo passaggio di S. A. R. Madama Isabella infanta di Spagna... per la città di Mantova; illuminazione del Ghetto degli Ebrei di detta città, stampato a Verona da A. Carattoni nel 1761. Von Heinecken (1790, p. 452) dà notizia di un ritratto di Federico Cristiano di Sassonia disegnato ed inciso dal C. durante un passaggio di questo re per Verona; la stampa è probabilmente da identificare con quella di eguale soggetto inserita nelle prime pagine dei volumi del 1756 e del 1760 curati per il Muselli. Se si eccettuano un S. Tommaso da Villanuova elemosiniere del 1757, da A. Balestra, ed un ritratto di E. Pinto, gran maestro dell'ordine di Malta, del 1754, le restanti incisioni veronesi del C. sono prive di contrassegni di data.
Risalgono o sono attribuibili a questo periodo: Madonna refugium peccatorum, da Domenico Pecchio; Madonna col Bambino e s. Anna (due versioni); S. Gaetano da Thiene circondato da angeli, da Solimena; S. Giovanni da Copertino, da F. Boscarato; un S. Bonaventura con altri santi da F. Boscarato, di cronologia incerta, dato che si trova inserito nel completamento curato nel 1789da T. Viero della raccolta di opere di Tiziano e del Veronese pubblicata nel 1682dal Le Fèvre (cfr. Moschini, 1926, p. 70); i Ss. Fermo e Rustico; S. Filippo Neri; S. Valentino; S. Michele; il Beato Arcangelo da Bologna; la Beata Angela Merici da Desenzano; un S. Camillo de Lellis con albero dei principali rappresentanti dell'Ordine; alcune tavole dal Balestra (S. Maria Maddalena; S. Francesco; S. Maria Egiziaca); ritratti di M. de Polignac, Teresa d'Arco de Medici, S. Maffei e del patriarca di Venezia G. Bragadino; un Altare suprogetto di F. Schiavi. Ma l'elenco delle incisioni veronesi del C. è sicuramente da ampliare, anche perché la sua produzione è stata censita in modo solo sommario.
Svolta centrale nella carriera del C. è l'incontro nel 1760 con James Adam, che fermatosi a Verona dal 9 al 20 ottobre circa in compagnia di J. Clérisseau, dell'abate Farsetti e di uno dei fratelli Zucchi, assunse a suo servizio un disegnatore, Giuseppe Sacco, e, come incisore, il C., che pare gli fosse stato presentato dal conte Girolamo Dal Pozzo.
L'Adam. cui il fratello Robert aveva chiesto di sorvegliare in Venezia i lavori per le Ruins ... at Spalatro in Dalmatia, pensava forse di servirsi del C. per accelerare i tempi editoriali di questa pubblicazione, che negli anni precedenti aveva subito rimandi per le inadempienze del Bartolozzi, di Antonio Zucchi e dell'abate Santini nella consegna dei rami delle illustrazioni. Il C., che a sua volta poteva essere spinto a lasciare Verona dal ristagno delle attività editoriali in questa città dopo la morte di Scipione Maffei, seguì gli spostamenti del Clérisseau e dell'architetto inglese prima, brevemente, a Venezia, poi a Firenze, dove l'Adam meditò per qualche tempo di affidargli l'incisione di un quadro del Peruzzi (la Danza di Apollo con le Muse, allora attribuito a Giulio Romano) e di alcuni affreschi di Pietro da Cortona dalle stanze della stufa e di Apollo in palazzo Pitti (Swarbrick, 1915, p. 123), e infine a Roma, dove il gruppo giunse il 24 febbr. 1761 dopo una rapida tappa a Siena.
La corrispondenza tra i due fratelli Adam e i familiari in Inghilterra, studiata dal Fleming (1962), e gli Stati delle anime per il 1761 e il 1762 conservati presso l'Archivio storico del Vicariato permettono di ricostruire il gruppo di artisti che James Adam manteneva a Roma. Resta invece meno agevole identificare il lavoro del gruppo, che i ritmi piuttosto mondani tenuti dall'Adam nel corso del suo viaggio lasciano supporre non intenso. A proposito dei C., J. Adam aveva scritto a Robert il 25 novembre 1760: "He is surprising: my design was to teach him to engrave our views of architecture, especially as the Abbè Santini at Venice puts himself in a high tone. He has done some plates after pictures that are ill chosen, but the plates are wonderfully engraved" (Fleming, 1962, p. 371).
Oltre a due tavole per le Ruins of the Palace of the Emperor Diocletian at Spalatro in Dalmatia, l'unica altra opera incisa dal C. nei due anni di servizio presso l'Adam di cui si abbia notizia è una serie di 14 rami da disegni del Clérisseau con Vedute di Pola, Baia, Pozzuoli, Benevento e Napoli, che però non è escluso siano di esecuzione in parte posteriore al 1763.
Queste stampe, che sono fra le opere più note ed apprezzate del C., grazie anche a una riedizione curata nel 1823 da J. Brett, rappresentano l'unico risultato concreto dei ricorrenti tentativi di J. Adam per realizzare una pubblicazione antiquaria che emulasse l'impegno affrontato da Robert con le Ruins of Spalatro. A Pola, James Adam era andato nel settembre 1760, prima ancora di conoscere il C., pensando forse a una integraziond dell'opera del fratello sulla città dalmata; le Vedute della Campania si riferiscono invece ad un più ampio progetto di Antiquities of Sicily and Graecia Major, lungamente discusso col Clérisseau ed impostato fra il settembre e il dicembre 1761 durante un viaggio nel Napoletano cui non risulta che il C. abbia partecipato di persona. Profilandosi l'abbandono dell'iniziativa, lo stesso Clérisseau, che era stato il soprastante e il principale animatore sia dell'équipe di James sia, in precedenza, di quella di Robert Adam, può aver scelto di completare autonomamente l'incisione dei propri disegni e di pubblicarli come vedute sciolte (cfr., per l'identificazione dei fogli preparatori: T. J. Mc Cormick, Charles-Louis Clérisseauandthe Roman Revival, tesi di dott., Univ. di Princeton, Univ. Microfilms Int., Ann Arbor-London 1971, pp. 108, 302, 305, 318).
Alla partenza dall'Italia di James Adam nel febbraio 1763, il C., che nel frattempo aveva contratto matrimonio in Roma, ricusò di trasferirsi in Inghilterra e volle proseguire l'attività come incisore in proprio. Mantenne tuttavia contatti con i due fratelli, che gli affidarono da Londra l'incisione di otto tavole per i Works in architecture of Robert and James Adam, Esquires (London 1778-80); ed a conferma dei buoni rapporti con l'ambiente inglese, suoi fogli si trovano inseriti anche nella Collection of prints engraved after the most capital paintings in England, pubblicata a Londra dal 1769 da john Boydell.
Il rapporto di committenza più stretto di cui siamo al corrente per gli anni successivi è quello con Gavin Hamilton, pittore e antiquario inglese residente a Roma, che affidò al C. la stesura di 22 delle 40 tavole della Schola Italica Picturae.
La raccolta è una sorta di galleria ideale, coordinata dallo Hamilton, di stampe dai migliori dipinti e affreschi italiani del '500 e del '600, uscita a Roma nel 1773 con immediato successo editoriale. Appartengono a questa serie alcune delle più note incisioni del C., frequentemente catalogate nelle raccolte pubbliche e nei repertori anche come tavole sciolte; un elenco completo ne è riportato in Zannandreis (1891, pp. 439 s.). Lo Hamilton si servì a più riprese del C. anche per l'incisione di stampe derivate dai suoi quadri. I fogli che ne risultano costituiscono a volte l'unica traccia rimasta di opere andate disperse attraverso il mercato antiquario e si sono rivelate in tempi recenti fondamentali per una ricostruzione della figura storica del pittore inglese, che alla prontezza con cui provvide a registrare la propria produzione prima della inevitabile scomparsa nelle raccolte dei committenti deve buona parte della sua influenza nel settimo e ottavo decennio del secolo. Particolare attenzione ha suscitato un ciclo di cinque stampe di soggetto omerico che ci restituisce in unità ideale una serie di quadri dipinta da Hamilton tra il 1760 e il 1775, Andromaca che piange la morte di Ettore, 1764; Achille trascina il corpo di Ettore sotto le mura di Troia, 1766; Achille piange la morte di Patroclo, 1767; L'ira di Achille per la perdita di Briseide, 1769; Priamo riscatta il corpo di Ettore, 1778; di un sesto L'addio di Ettore ad Andromaca, non sono documentate incisioni. Per una bibliografia riassuntiva su questo ciclo, che già J. Locquin (La peinture d'historie en France de 1747 à 1785, Paris 1912, pp. 151156) e Waterhouse (1954) segnalano come uno degli episodi più avanzati della pittura di storia in Roma prima del soggiorno di David, cfr., sempre in riferimento alle stampe del C., Foster Hahn, 1975.
Altre stampe dell'incisore veronese derivate da Hamilton sono: Giunone si fa bella col cinto di Venere., 1767; Bruto promette di vendicare la morte di Lucrezia, 1768; Il Pensieroso, 1768, e L'Allegro, 1768 (quadri ispirati ai due poemetti di Milton); l'Innocenza; Ebe che presenta la coppa a Giove. I rami da cui sono tratti sia questi fogli sia le tavole della Schola Italica si conservano oggi presso la Calcografia nazionale di Roma, che possiede una novantina circa di lastre originali del Cunego.
Tra le stampe che risalgono al primo periodo romano dell'artista e precedono la sua partenza nel 1785 per Berlino, ci limitiamo a segnalare le sole incisioni di cui sia certa la collocazione cronologica.
Queste comprendono tavole da Guido Reni: Loth e le figlie, 1771 (dal quadro in palazzo Lancellotti in Roma), S. Maria Maddalena, 1776 (da un dipinto allora nella gall. Colonna); dal Domenichino il Carro del Sole, 1777, e il Tempo scopre la Verità, 1777 (dagli affreschi di palazzo Costaguti in Roma), la Morte di s. Cecilia, 1782 (da quelli in S. Luigi dei Francesi); dal Guercino: Rinaldo sul carro di Armida, 1776 (sempre da pal. Costaguti); dal Tiziano: Pala di S. Nicolò dei Frari ora ai Musei Vat.), 1773; da P. Subleyras: S. Basilio celebra Messa davanti all'imperatore Valente, 1777 (dal mosaico in S. Pietro a Roma); Polidoro da Caravaggio: Figura allegorica femminile, 1777; Cagnacci: S. Andrea apostolo, 1775; L. Carracci: Cristo risana lo zoppo, 1779; stampe devozionali (una Madonna della lettera, quadro venerato a Messina, su disegno di S. Conca, 1781) e ritratti: l'archiatra cesareo J. Ingen Houss, 1769, il Card. de Rohan, 1782; B. G. Labre, 1784 da A. Bley; Stanislao F. Potocky e sua moglie Josepha Georgia Mniszeck, 1783 da due tele ora distrutte di P. Batoni; Francesco Salesius Potock Potocky, da M. Bacciarelli, 1783; un ritratto di Clemente XIII, su disegno del Piranesi, che è pubblicato in apertura di Della magnificenza ed architettura dei romani, Roma 1761 (un secondo ritratto dello stesso pontefice, da D. Cignaroli, è di datazione incerta e potrebbe risalire al periodo veronese); un Clemente XIV su disegno di G. D. Campiglia, un Clemente XIV e un Pio IV da G. D. Porta, ed alcuni medaglioni di cardinali (Scipione Borghese; Francesco d'Elci; Giulio Cesare Becelli; Antonio Casali; Simone de Gennaro; Giovanni Battista Rezzonico; Mario Marefosco) che fanno parte di una serie aggiornata da vari autori e stampata, a partire dal 1680, dalla Calcografia camerale.
Nel 1776 il C. lavorava con C. Tinti, G. Sforza Perini e S. Coppa a un ciclo di nove stampe dagli affreschi del Lanfranco per la cappella Sacchetti in S. Giovanni dei Fiorentini; tra il 1778 e il 1780 risulta impegnato, con la collaborazione del figlio Luigii nella incisione delle Storie della Vergine dagli affreschi del Domenichino nella cappella Nolfi del duomo di Fano, stampe cui il posteriore deterioramento dell'opera da cui sono tratte dà oggi un valore storico (Borea, 1965, p. 171). Al 1780 risalgono un Giudiziouniversale da Michelangelo, un'incisione d'assieme della volta della cappella Sistina, entrambe a solo contorno, ed una riproduzione del Sarcofago con Bacco e Arianna trovato nella villa del card. Casali presso la via Appia; al 1781 una versione dello Spasimodi Sicilia di Raffaello; al 1783 la raffigurazione, su disegpo di T. Conca,di una Speciale congregazionetenutadaClementeXIV in casa Orsini per studiare l'esecuzione del breve di sospensione dei gesuiti.
Nel 1776 il C. incise una trascrizione dell'A utoritratto di A. R. Mengs, ora agli Uffizi, che lasciò l'effigiato piuttosto insoddisfatto (H. v. Einem, A. R. Mengs, Briefe an RaimondoGhelli und Anton von Maron, Göttingen 1973, pp. 77, 108). A questa occasione risalgono le prime trattative per la riproduzione degli affreschi nella Camera dei Papiri in Vaticano, l'opera di maggior risonanza realizzata dal pittore sassone dopo il rientro in Roma dalla Spagna. Il C. ne porterà a termine la stampa nel 1784 in cinque tavole avvalendosi dell'aiuto di più assistenti. Nel frattempo aveva inciso, sempre dal Mengs, una MadonnaconBambino e un ritratto di J. N. de Azara, 1781; e al de Azara, che del Mengs era esecutore testamentario, è dedicata l'ultima opera importante prima della partenza per Berlino, la serie di 40 fogli usciti tra il 1784 e il 1785 con la riproduzione completa delle teste dall'affresco La Scuola di Atene di Raffaello, ricavate da lucidi eseguiti dal Mengs pare attorno al 1752 (si v. il Giorn. delle belle arti..., I [1784], pp. 5 s., 163 s., 259 s.; II [1785], pp. 96 s.).
Nel corso del 1785 il C. si trasferì a Berlino dove, a quanto riporta per primo lo Heinecken (1790, p. 452) era stato chiamato a lavorare nello stabilimento calcografico aperto da un certo Pascal. Pare che scopo principale di questa impresa fosse quello di incidere ritratti della famiglia reale e di dignitari di corte in associazione con il pittore angloitaliano Edward Francis Cunningharn (Francesco Calza, trasferitosi a sua volta in Prussia nel 1785) ma che le traversie commerciali dell'operazione abbiano convinto il C. a un precoce rientro a Roma nel 1789. Il soggiorno a Berlino, dove usufruiva di una pensione di 50 zecchini più vitto e alloggio (documentazione in d'Arco, 1857), marca un crescente interesse dell'incisore per la maniera nera. tecnica in cui sono realizzate alcune fra le sue migliori trascrizioni da quadri del Cunningham. In precedenza, il C. si era espresso quasi esclusivamente tramite il bulino e l'acquaforte.
Possiamo ricostruire parte della sua attività a Berlino tramite i livrets delle esposizioni annuali presso la locale Accademia di belle arti, che registrano stampe presentate dal C. nel 1786-1789 e nel 1791 (cfr. Kataloge der Berliner Akademie-Ausstellungen 1786-1850, a cura di H. Borsch Supan, Berlin 1971: 1786, pp. 444 s.; 1787, p. 105; 1788, p. 18; 1789, p. 19; 1791, p. 29).
L'elenco comprende tavole dalla Schola Italica e altre incisioni precedenti realizzate a Roma, fogli non ben specificabili da Raffaello, Correggio e A. Celesti, Norandino e Lucina sorpresi dall'orco dal quadro del Lanfranco conservato nella Galleria Borghese, Tamerlano chiude Bajazet in una gabbia diferro da A. Celesti, un Paesaggio da Teniers, una Fuga in Egitto da C. W. E. Dietrich, un Fratello diligente da J. C. Frisch, e la serie delle incisioni tratte da quadri del Cunningham. L. Monod (Le prix des estampes ancierotes et modernes, I, Paris 1920, p. 250) menziona la probabile esecuzione in Germania di un ritratto di Karl August Struensee, da Cunningham, ed ancora nel 1791 viene esposto alla Accademia di Berlino un Ritrovamento diMosè, incisione tratta dal quadro di P. Batoni ora al Neues Palais di Potsdam.
È certo che a partire dal 1789 il C. era tornato in Italia. poiché alla fine di quell'anno risale una sua corrispondenza con G.B. Gherardo d'Arco (d'Arco, 1857).
Tramite il d'Arco, il governo austriaco aveva aperto trattative per l'incisione degli affreschi di Giulio Romano nel palazzo del Tè. Il 31 ottobre il C. scriveva da Roma dichiarandosi disposto a trasferirsi a Mantova e ad organizzarvi la stamperia; proponeva inoltre di utilizzare per le tavole destinate alla coloritura il puntigliato e la maniera nera, tecniche che non avevano ancora trovato in Roma adeguato impiego per le carte miniate: "dunque se in caso riuscissero meglio saressimo li primi".
Le stampe da Giulio Romano non furono realizzate, ma l'importanza che il C. annetteva ai propri tentativi di introdurre in Roma la maniera nera è confermata dalla pronta pubblicizzazione che seguì l'uscita di un suo foglio in questa tecnica (Sforza, 1887, p. 438) e da una Testa di evangelista da Giacinto Brandi, che reca in lastra la scritta "Deuxieme gravure faite en ce genre à Rome" 1790.
L'insufficienzq delle fonti rende particolarmente difficile seguire l'attività dell'artista durante il secondo soggiorno romano. Sue incisioni compaiono in una Raccolta di stampe del duomo di Orvieto uscita a Roma nel 1791 e patrocinata dal vescovo Antamori (l'annuncio delle trattative, che riguardarono anche il Volpato, il Bombelli e D. Pronti, è riportato in Sforza, 1887, p. 435, alla data 30 genn. 1790); nei due tomi del Théâtre d'Aeschile pubblicato a Parigi nel 1795 a cura di F.-J. de la Porte du Theil e in una Raccolta di 27 vedute di Roma uscita presso il Piale a Roma tra il 1780 e il 1818 (Arrigoni-Bertarelli, 1939, p. 2).
Risalgono inoltre a questo periodo alcune stampe devozionali (Madonna del popolo nella cattedrale di Cesena, 1791; Madonna nel monastero di S. Croce in Gerusalemme a Roma, 1795; Madonna di S. Maria dell'orazione e morte in Roma, 1796); un Diluvio universale, 1796, da un quadro oggi disperso che recava ai tempi dei C. una discutibile attribuzione al Poussin (P. Zani, Encicl. metodica delle belle arti, I, 7, Parma 1821, p. 153); un ritratto di Erasmo [Erhardus] da Radkersburg, ministro generale dell'Ordine dei cappuccini in Roma, 1796; alcune effigi del Beato Bernardo da Offida, 1795, su disegno del cappuccino Luigi da Crema (al sec. Carlo Cerioli).
Allo stato attuale delle ricerche, l'ultima lastra nota che rechi la firma del C. è una riproduzione, su disegno del Ciaraffoni, della Tomba del vescovo de Fatatis nella cattedrale di S. Ciriaco ad Ancona, 1800. Pur senza raggiungere il prestigio di un Volpato, il C. si era assicurato notevole rinomanza nella Roma del Settecento per diligenza e competenza tecnica. Come testimonia la scarsità di notizie sui suoi ultimi anni, già sul finire del secolo tale considerazione andava venendo meno, forse per un effettivo declino della sua attività, forse perché il suo stile incisorio cominciava ad apparire superato, come del resto quello del Volpato, di fronte all'affermarsi dei nuovi indirizzi di cui era antesignano R. Morghen.
A conseguenza di una disattenzione critica che si è mantenuta fino agli anni recenti, abbiamo oggi particolari difficoltà a ricostruire le amicizie e i rapporti personali intrattenuti dal C. in Roma. È noto che per un certo periodo il C. abitò nella stessa casa dello scultore Flaxman su piazza di Spagna (D. Irwin, John Flaxman, 1755-1826, London 1979, p. 48); lo Hautecoeur (1912, p. 53) lo segnala tra i più assidui frequentatori del caffé degli Inglesi; C. Hellbok tra gli amici della Kaufffiann (Angelika Kauffmann, Eine Biographie, Wien 1968, p. 158); ma allo stato attuale degli studi, le connessioni meglio documentate sono quelle con il Volpato, che sappiamo associato ad alcune delle principali imprese incisorie del C. e che protesse i primi anni di carriera di suo figlio Luigi. C. L. Fernow (Sitten und Kulturgemälde vonRom, Gotha 1802, p. 280) definisce il C. come il migliore degli artisti che si muovevano nella cerchia dei Volpato, e sottolinea come le sue qualità più apprezzate stessero non tanto nella eleganza o nella purezza del tratto, quanto in una particolare fedeltà allo stile dei quadri di cui curava la trascrizione, fedeltà che gli era possibile raggiungere grazie alla sua formazione iniziale di pittore, che, diversamente da quanto avveniva per altri incisori, lo metteva in grado di predisporre da solo i disegni preparatori alla stesura dei rami. Giudizi analoghi compaiono nel necrologio sul Diario ordittario d'Ungheria (Chracas), 29 genn. 1803, pp. 8-11, avvalorati da un parere attribuito al Batoni secondo il quale "mentre tutti i più celebri moderni Incisori sull'ultimo gusto, sono gli Incisori degli Amatori e Dilettanti, Cunego sarà sempre l'incisore degli Intendenti e de' Professori".
Anche sulla sua scuola e sugli allievi abbiamo dati solo sporadici. Il Moschini (1926, pp. 146, 179) segnala che furono presenti nel suo studio Gian Carlo Colombo e Luigi Pizzi. Il Nagler (Neues Künstlerlexikon..., XX, p. 426; XVIII, p. 498) aggiunge i nominativi di Pietro Marco Vitali e di C. Tinti; il Giornale delle belle arti..., II (1805), p. 207, quello di Giuseppe Sforza Perini, noto dei resto, come il Tinti, per aver firmato alcune stampe in cicli cui partecipava anche il Cunego. A conferma della quotazione professionale che quest'ultimo aveva raggiunto verso gli anni '80, F. Alizeri (Notizie dei professori di disegno..., I, Genova 1864, p. 108) informa che nel 1779 l'Accademia Ligustica decise di inviare con un sussidio a far pratica nel suo studio Luigi Gismondi, futuro titolare della cattedra genovese di incisione, provvedendo a regolarizzare i rapporti mediante il successivo rilascio al C. di una patente di accademico.
Il C. morì a Roma l'8 genn. 1803 (cfr. Diario ordinario di Ungheria, 29 genn. 1803, pp. 8-11, e F. Noack, in ThiemeBecker, che corregge una imprecisa lapide onoraria nella stessa chiesa, trascritta da V. Forcella Iscrizioni delle chiese... di Roma, V, Roma 1884, p. 144).
Il Liber mortuorum della parrocchia di S. Lorenzo in Lucina 1800-1810, conservato nell'Archivio del Vicariato, registra che al momento del decesso l'artista era sposato con Clementina Ottaviani, di Roma. 19 presumibile che il C. avesse contratto inVeneto precedenti matrimoni che non ci sono noti se non attraverso un sommario accenno in B. Gamba (Galleria dei letterati e artisti più illustri delle provincie Austro venete che fiorirono nel secolo XVIII, Venezia 1822, ad vocem) poiché secondo la tradizione due dei suoi figli, noti come incisori, Luigi e Giuseppe, nacquero prima del trasferimento del padre, nel 1761, a Roma.
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