GAETANO, Domenico Emanuele
Nacque in data imprecisata nel terzo quarto del XVII secolo in un villaggio della provincia di Napoli da padre contadino. Apprese il mestiere di orefice e successivamente si esibì come prestigiatore in giro per l'Italia e si dedicò all'alchimia. In diverse località eseguì esperimenti alla presenza di persone facoltose che furono convinte a finanziare generosamente i suoi ulteriori tentativi.
Nel 1695 praticò la stessa attività per quattro mesi a Madrid, dove pare che in un'occasione sia riuscito a spillare non meno di 15.000 pesos. In Spagna trovò nel diplomatico bavarese, barone von Baumgarten, un adepto oltremodo convinto; questi lo raccomandò a Bruxelles alla corte del governatore generale spagnolo, l'elettore di Baviera Massimiliano II Emanuele.
A Bruxelles il G. ottenne la piena fiducia del principe bavarese, amante del lusso e pesantemente indebitato, che lo insignì di titoli onorifici e, a più riprese, gli mise a disposizione, in totale, 60.000 fiorini. Tuttavia il G. non riuscì ad allontanarsi prima che intorno a lui si creasse il sospetto. Dopo parecchi tentativi di fuga, nel 1698 fu trasferito come impostore in Baviera dove trascorse sei anni in prigione nella fortezza di Grünwald, nei pressi di Monaco.
Nel 1704, di nuovo in libertà, il G. si diresse a Vienna per tentare la fortuna, al modo solito.
L'imperatore Leopoldo I, che nutriva un grande interesse per l'alchimia, ne venne a conoscenza e lo prese subito al suo servizio. Gli fece assegnare un lauto stipendio e destinò 6000 fiorini per i suoi esperimenti. Il G. perdette tuttavia la sua posizione alla morte dell'imperatore, il 5 maggio 1705, e corse nuovamente il rischio di dover rendere conto delle sue azioni. La vedova dell'imperatore, Eleonora Maddalena, però, continuò ad assicurargli la sua protezione; egli trovò persino un nuovo mecenate nel fratello di lei, l'elettore palatino Giovanni Guglielmo, con il quale - a prezzo della propria vita - prese l'impegno di procurargli una ricchezza favolosa.
Nello stesso 1705 il G. s'allontanò tempestivamente da Vienna e trasferì le sue attività a Berlino. Qui si fece passare per un gran signore, si circondò di servitori e paggi sontuosamente abbigliati, e viaggiò su un'elegante carrozza a quattro cavalli. Inoltre, i titoli conferitigli a Bruxelles suscitarono una grande impressione a corte.
Il re Federico I di Prussia che, come altri principi del tempo, s'aspettava da un alchimista la soluzione dei propri problemi finanziari, accolse con magnanimità il G., che si diceva perseguitato. Il re credette di mettersi al riparo dalla truffa incaricando un consigliere di Cancelleria - ritenuto un esperto in materia - di assicurarsi delle capacità del G., il quale riuscì brillantemente a convincere costui di avere trasformato in sua presenza del mercurio in argento con l'ausilio di una tintura bianca. Ricevette pertanto l'ordine di esibire la sua arte al cospetto del re in persona. Anche il principe ereditario Federico Guglielmo, altri dignitari di corte, orafi e funzionari della zecca assistettero alla prova. Il G. convinse senza difficoltà il suo pubblico che, con l'aiuto di una tintura rossastra, poteva produrre in modo analogo anche oro. Donò al re una piccolissima quantità delle misteriose tinture e poi si offrì di produrne ancora entro sessanta giorni, in modo da ottenere metalli da moneta del valore di milioni di talleri.
Il G. fu trattato a Berlino come un ospite di riguardo, gli si destinò per abitazione il palazzo sul Friedrichswerder, residenza riservata a principi e inviati stranieri. Il G. diede l'impressione di mettersi al lavoro, e fece in modo di suscitare ancora scalpore concludendo esperimenti alchimistici alla presenza di altri testimoni. Trascorsa qualche settimana, però, si mostrò deluso perché il re, che lo credeva un nobile, non gli offriva del denaro. Il G. intraprese allora dei viaggi, ora a Hildesheim, ora a Stettino. Le lettere benevole del re in persona, un ritratto di Federico I adorno di brillanti e un decreto che lo nominava generale d'artiglieria convinsero il G. a tornare. Tuttavia pose di volta in volta nuove e sempre diverse condizioni: dapprima chiese 50.000 talleri imperiali per le spese, poi tentò di vendere i suoi segreti; alla fine disse che si sarebbe accontentato di 1000 ducati per il viaggio di ritorno in Italia. Con questo suo comportamento destò sospetti che furono rafforzati da notizie pervenute proprio allora a Berlino dall'elettore palatino e da Vienna.
Il G. fuggì ad Amburgo, ma fu ripreso e condotto alla fortezza di Küstrin. Affermò che in quel luogo non riusciva a lavorare come promesso e ottenne di essere ricondotto a Berlino. Qui ricorse da capo ai trucchi con cui apparentemente produceva argento e oro e, ancora una volta, scappò. A Francoforte sul Meno fu nuovamente arrestato su richiesta prussiana. Lo riportarono a Küstrin, dove doveva operare sotto stretta sorveglianza. Dato che non riuscì nell'alchimia promessa fu processato come impostore. Il 29 ag. 1709 fu giustiziato mediante impiccagione. A riprova della sua infamia le vesti e la forca furono ricoperti di orpello.
Secondo Benedetto Croce alcune delle vicende del G., insieme con quelle di altri avventurieri italiani del tempo, potrebbero avere trovato un'eco letteraria nel romanzo L'infortuné napolitain pubblicato nel 1704.
Fonti e Bibl.: H. Kopp, Die Alchemie in älterer und neuerer Zeit, I, Heidelberg 1886, pp. 91 s., 134-137, 185 s., 195, 197; E. Vehse, Preussische Hofgeschichten, a cura di H. Conrad, I, München 1913, pp. 332-335; K.C. Schmieder, Geschichte der Alchemie (1832), a cura di F. Strunz, München-Planegg 1927, pp. 484-490; B. Croce, Aneddoti di storia civile e letteraria, VII, Il romanzo dell'"Infortuné napolitain", in La Critica, XXVI (1928), p. 295; A. Bauer, Die Adelsdocumente österreichischer Alchemisten, Wien 1939, p. 29; G. Radbruch - H. Gwinner, Geschichte des Verbrechens, Stuttgart 1951, pp. 192 s.; R.J.W. Evans, Das Werden der Habsburger Monarchie, Wien-Köln 1989, pp. 263, 394.