Domenico Modugno
Il Signor Volare
Le canzoni di Domenico Modugno – in particolare Volare del 1958 – hanno accompagnato l’Italia del boom economico negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento e, con la loro valenza liberatoria e il loro ampio respiro melodico, hanno dato dignità a un genere fino a quel momento svilito, contribuendo a portare la canzone leggera italiana allo status di componimento poetico
Cantante, attore cinematografico e teatrale, Domenico Modugno – nato a Polignano a Mare (Bari) nel 1928 – è considerato una delle prime figure di cantautore del panorama italiano. La sua enorme popolarità è dovuta al più grande successo della canzone italiana di tutti i tempi, Nel blu dipinto di blu – scritta in collaborazione con Franco Migliacci e subito ribattezzata Volare –, con la quale vince il Festival di Sanremo nel 1958 grazie a un testo e a un’interpretazione che si pongono in netto contrasto con lo stile retorico e paludato della canzone leggera italiana del periodo. Il sogno che si manifesta nelle parole del brano («mi dipingevo le mani e la faccia di blu / poi d’improvviso venivo dal vento rapito») rimanda alle atmosfere pittoriche di un artista come Marc Chagall: è un’autentica novità nel mondo della musica di consumo e segna un definitivo punto di svolta. Volare vince due Grammy awards negli Stati Uniti, contribuendo all’affermarsi della canzone italiana all’estero.
A rendere diverso Modugno c’è il suo talento di attore coltivato negli anni Cinquanta al Centro sperimentale di cinematografia di Roma e al fianco di Eduardo De Filippo in Filumena Marturano. Negli stessi anni esplora la tradizione siciliana e, nel 1957, arriva secondo al Festival della canzone napoletana con Lazzarella, cantata da Aurelio Fierro.
Sanremo diventa nei primi anni Sessanta la vetrina privilegiata di Modugno. Dopo essersi nuovamente imposto nel 1959 con Piove (conosciuta anche come Ciao, ciao bambina), nel 1960 si piazza al secondo posto con Libero, tornando a vincere nel 1962 con Addio... addio e nel 1966 con Dio, come ti amo! Nel 1975 un altro grande successo commerciale, Piange il telefono, dalla forte carica melodrammatica (che si presta anche a una parodia dello stesso autoironico Modugno).
La sua attività musicale si intreccia con quella teatrale dove dimostra di padroneggiare i più svariati registri. Se nel 1962 è il mattatore della commedia musicale Rinaldo in campo di Pietro Garinei e Sandro Giovannini, nel 1973 Giorgio Strehler lo vuole al suo fianco nei panni di Mackie Messer nella rilettura di L’opera da tre soldi di Bertolt Brecht e Kurt Weill al Piccolo Teatro di Milano, che segna uno dei punti più alti della sua carriera di attore, costellata di grandi successi (non ultimo nel 1979 il lavoro teatrale Cyrano, tratto dall’opera di Edmond Rostand e diretto da Daniele D’Anza).
Un importante aspetto della sua carriera furono le reinterpretazioni della canzone dialettale, quella siciliana (U pisci spada e U minaturi) e quella napoletana (Resta cu’ mme, Strada ‘nfosa e Tu si’ ‘na cosa grande, con la quale nel 1964 si afferma nuovamente al Festival di Napoli).
Modugno trova la sua strada anche nel cinema partecipando a pellicole come Europa di notte (1959) di Alessandro Blasetti, Il giudizio universale (1961) di Vittorio De Sica e Lo scopone scientifico (1972) di Luigi Comencini. Nel 1966 canta su musica di Ennio Morricone sui titoli di testa di Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini. La collaborazione con lo scrittore e regista si rinnova con la canzone Che cosa sono le nuvole? scritta per l’omonimo episodio del film collettivo Capriccio all’italiana (1968) dove Modugno è uno spazzino canterino.
Nel 1984 il cantante viene colpito da ictus nel corso delle prove di una trasmissione televisiva. Due anni dopo inizia un intenso impegno politico e civile nelle file del Partito radicale per il quale viene eletto deputato (1987). Conduce negli anni successivi una serie di battaglie civili a favore di malati ed emarginati, soprattutto, nella sua terra d’adozione, la Sicilia. Nel 1990 viene eletto consigliere comunale ad Agrigento.
L’anno successivo la malattia si acuisce, ma nel 1993 ritorna al lavoro incidendo una raccolta di canzoni con il figlio Massimo. Muore a Lampedusa nel 1994 lasciando alla musica italiana un patrimonio di più di duecento singoli e cento tra album e raccolte per un totale di 30 milioni di copie vendute in tutto il mondo.