SARRO (Sarri, Sarra), Domenico Natale
SARRO (Sarri, Sarra), Domenico Natale. – Nacque a Trani il 24 dicembre 1679, da Filippo e Isabella d’Altamura. Dal 1686 visse a Napoli, dal 1688 studiò al conservatorio di S. Onofrio con Angelo Durante.
Autore della cantata Di tre dee sull’Ida (1701), esordì nel 1702 con il dramma sacro L’opera d’Amore, cui seguirono la Partenope liberata per il patrocinio della Vergine Addolorata (1704) e Il fonte delle grazie (1706). Nel 1703, concorse al posto di maestro della Real Cappella, vinto da Gaetano Veneziano. Nominato vicemaestro il 16 dicembre 1704, nello stesso anno divenne maestro di cappella nel Pio Monte della Misericordia e in S. Paolo Maggiore. Nel 1704, la serenata L’Oreto festivo fu eseguita a Palermo.
Il 12 febbraio 1705, sposò Caterina Tortorella. Il 7 gennaio 1706, debuttò con Le gare generose tra Pompeo e Cesare nel teatro di S. Bartolomeo; in estate, adattò la Griselda di Albinoni; il 6 dicembre, varò Candaule re di Lidia; nel carnevale del 1707, Vespesiano; lo stesso anno rivide Amore fra gli impossibili e probabilmente un Lucio Vero il 13 dicembre.
Con l’avvento degli austriaci fu licenziato dalla cappella reale (31 agosto 1707). Di fatto però s’impose proprio nella Napoli asburgica. Rivale di Alessandro Scarlatti e Francesco Mancini, compì il cursus honorum nella cappella reale, disertò i conservatori, ma fece fronte ad abbondanti committenze nobiliari e mieté ampi successi nel teatro d’opera. Maestro di cappella in sei istituzioni ecclesiastiche, fornì musiche a un’altra ventina tra chiese, monasteri e congregazioni. Di tanta produzione sacra, pur diffusa Oltralpe (Dresda, Praga, Boemia, Slesia), poco sopravvive.
In rapporti con la corte, Sarro celebrò l’aristocrazia con un’assidua fornitura di serenate (1704-39), tra cui Il gran giorno d’Arcadia (Palazzo Reale, maggio del 1716), Scherzo festivo tra le ninfe di Partenope (ivi, 1° settembre 1720: 140 esecutori), L’Endimione (9 giugno 1721: prima collaborazione documentata con Pietro Metastasio), Il Florindo (4 febbraio 1725). Scrisse oltre 70 cantate da camera, soprattutto nel primo ventennio del secolo. Nel 1729, concorse alle musiche per le Tragedie cristiane di Annibale Marchese. Reintegrato nel 1725 come vicemaestro della Real Cappella – nel 1732 Nicola Maria Rossi lo ritrasse nella grandiosa tela della Festa dei quattro altari (Schloss Rohrau, Austria) –, dal 1728 fu anche maestro della ‘Fedelissima città di Napoli’.
La posizione di Sarro sulle scene napoletane culminò nei primi anni Venti. Il 13 febbraio 1713 diede al teatro dei Fiorentini I gemelli rivali (con gli intermezzi Batto e Lisetta) e il 15 maggio adattò Il comando non inteso et ubbidito (con Spilletta e Frullo). Ritornato al S. Bartolomeo nel 1716, musicò il Ciro di Pietro Pariati (19 novembre 1716); con Armida al campo (con Melinda e Curio) del 13 febbraio 1718 aprì una serie ininterrotta: il 15 maggio, La fede ne’ tradimenti (con Rosicca e Padiglio); il 10 dicembre, Arsace (con Merilla e Morante; ripreso a Napoli l’anno dopo e come ‘pasticcio’ a Bruxelles nel 1727; facsimile a cura di H.M. Brown, New York-London 1978); il 14 maggio 1719, Alessandro Severo (con Eurinda e Curio; poi Bruxelles 1729); il 20 maggio 1720, Ginevra principessa di Scozia (con Brunetta e Burlotto); il 24 gennaio 1722, il Lucio Vero (con Sestilia e Quinzio). Il 9 dicembre 1722 trionfò la Partenope (con Eurilla e Beltramme) in una versione aggiornata dal librettista originario, Silvio Stampiglia.
Forse in quanto maestro della principessa di Belmonte, protettrice di Metastasio a Napoli, musicò il primo, memorabilissimo dramma del giovane poeta romano, Didone abbandonata, il 2 febbraio 1724 (con gli intermezzi Dorina e Nibbio, ossia L’impresario delle isole Canarie: edizione moderna a cura di C. Toscani, Pisa 2016); l’opera fu ripresa a Torino (1727), Venezia (1730, rivista da Sarro), Brno (1734) e forse Graz (1737). Il 18 gennaio 1725 presentò Tito Sempronio Gracco, il 25 gennaio 1727 Siroe re di Persia (con Moschetta e Grullo), versione definitiva del dramma metastasiano, il 7 gennaio 1731 Artemisia (con La furba e lo sciocco: edizione moderna a cura di E. Boaro, Pisa 2017).
Il 22 novembre 1712, erano bensì andati in scena al S. Angelo di Venezia gli intermezzi Barillotto e Slapina. L’unica piazza extranapoletana che Sarro frequentò con assiduità fu però Roma, in rapporto con la corte in esilio di Giacomo III Stuart. Nel Carnevale del 1724, il teatro della Pace allestì Brunetta e Burlotto e Partenope, forse in collaborazione con Leonardo Vinci, che nel 1725 a Venezia ripropose l’opera come Rosmira fedele, basandosi sulla musica di Sarro. Il 28 marzo 1725, il Seminario romano diede l’oratorio S. Ermenegildo, ripreso a Firenze (1727), Siena (1731), Pesaro (1732), Jesi (1733) e Brno (1727). Il 24 gennaio 1726, Sarro fu aggregato all’Arcadia con il nome di Daspio. Il 6 febbraio, diede al teatro delle Dame Il Valdemaro (edizione moderna a cura di K.A. Jürgensen, Roma 2013), il 1° marzo, Il sacrificio di Jefte al Seminario romano, ripreso nel 1728. Il 13 gennaio 1732, Berenice inaugurò il teatro Argentina. Il 13 febbraio, Partenope fu ripresa al teatro Tordinona da Giovanni Battista Costanzi. Il 1° aprile 1737, la metastasiana Passione di Gesù Cristo risuonò alla Vallicella, poi a Genova (1737) e a Bologna (1738).
Per Roma l’impresario fiorentino Luca Casimiro degli Albizzi tentò invano di ottenere da Sarro una Rodelinda per il teatro della Pergola (1736-37). Il conte Giovanni Adamo di Questenberg gli commissionò la serenata Il giudizio di Paride, eseguita il 13 giugno 1738 a Jaroměřice in Moravia, dove avevano dato Siroe nel 1735 e Dorina e Nibbio nel 1736. A Londra, Georg Friedrich Händel impiegò arie da varie sue opere nei pasticci Elpidia, Ormisda e Semiramide riconosciuta. Con intermezzi e arie sostitutive di Sarro fu dato a Brno l’Orlando furioso di Antonio Vivaldi (1735). L’impegno, nell’insieme più contenuto, nella commedia per musica, avviato collaborando alla Finta pellegrina di Antonio Orefice (Napoli, teatro Nuovo, 1734), proseguì con Gli amanti generosi (15 maggio 1735 ai Fiorentini), Fingere per godere (primavera del 1736 al Nuovo) e La Rosaura (inverno del 1736 ai Fiorentini, ripresa nel 1738).
Sarro consolidò la propria posizione sotto i Borboni. Il 20 gennaio 1735, il Demofoonte composto con Mancini e Leonardo Leo celebrò il genetliaco del re. Ripresa il 20 gennaio 1737, Didone abbandonata fu l’ultima opera data al S. Bartolomeo. Maestro della Real Cappella dal 3 ottobre 1737, l’11 propose il piano dell’orchestra per il nuovo teatro di S. Carlo, che il 4 novembre inaugurò con Achille in Sciro (forse ripreso nel 1738 a Roma per la riapertura del teatro delle Dame). Non fu scritturato per la seconda stagione, «perché era troppo comodo e lungo, d’età avanzata, e il più anziano di tutti» (Prota-Giurleo, 1959, p. 82).
Rimasto vedovo il 10 gennaio 1739, il 2 marzo sposò Rachele De Siena. Il 4 novembre 1739, alla Partenope il re «chiacchierò durante una metà dell’opera e dormì durante l’altra», costringendo l’uditore Erasmo Ulloa Severino a difendere il compositore, «sempre mai celebrato. È vero però che fiorì in tempo vetusto» (p. 83). Sarro ottenne comunque la commissione della festa Le nozze di Teti e Peleo (Palazzo Reale, 19 dicembre 1739). L’11 ottobre 1741, propose una Serenata per la venuta dell’ambasciatore ottomano, il 4 novembre Ezio. Nel 1742, il triduo per la beatificazione di Camillo de Lellis fu celebrato con musica sua, di Leo e Francesco Durante. Il 20 gennaio 1743 diede Alessandro nell’Indie.
Morì a Napoli il 25 gennaio 1744.
Come autore di oratori Sarro ebbe una fortuna diffusa: L’andata di Gesù al Calvario (1708); forse un Oratorio per la festività di S. Gaetano (1710); Il trionfo dell’Amor divino nella Redenzione dell’uomo (Firenze 1717); Divi Aloysii cor divini amoris victima (Palermo 1729); Ester riparatrice (Napoli 1734), ripresa altre sei volte fino al 1757 tra Genova, Bologna, Macerata e Spello; Gesù adorato da’ Re Magi (Genova 1737, con Francesco Feo); L’Assuero (Senigallia 1738).
La produzione strumentale si limita a due concerti (Napoli, Conservatorio di S. Pietro a Majella; New York, Public Library) e tre sonate per flauto (Parma, Biblioteca Palatina).
Per anagrafe e stile collocato a metà tra Scarlatti e la generazione di Vinci e Leo, associato a cantanti di prima sfera come Marianna Benti Bulgarelli, Nicolino Grimaldi e Faustina Bordoni, Sarro raggiunse la piena maturità verso il 1720. Dal 1725, si accostò al gusto moderno, come notarono Johann Joachim Quantz, Charles Burney ed Ernst Ludwig Gerber. Non fu però una metamorfosi: Demofoonte, Achille in Sciro e la Messa in Re maggiore (1739) esibivano misura, eleganza, brio, non però grazia né dono melodico galanti. Alla principessa di Caposele, l’Achille parve «troppo lamentoso» (Di Giacomo, 1909, p. 23); nel 1739, Charles de Brosses (1799, pp. 155-157) trovò Sarro «savant, mais sec et triste»; nel 1821, Giuseppe Sigismondo (2016, p. 168) lo bollò come «vecchio» già intorno al 1731. Ma la stima dei contemporanei non gli mancò. Nel 1725, Benedetto Marcello aveva pubblicato una sua epistola nel volume V dell’Estro poetico armonico.
Fonti e Bibl.: La bibliografia critica su Sarro, mancando una monografia compendiosa, è dettagliata in Raffaele Mellace, 2018. Qui si menzionano soltanto gli studi fondamentali e quelli citati nella voce: J.J. Quantz, Herrn Johann Joachim Quantzens Lebenslauf, in F.W. Marpurg, Historisch-kritische Beyträge, I, Berlin 1754, p. 226; C. Burney, A general history of music, London 1789, p. 548; E.L. Gerber, Historisch-biographisches Lexicon der Tonkünstler, II, Leipzig 1792, coll. 387 s.; Ch. de Brosses, Lettres historiques et critiques sur l’Italie, II, Paris 1799, pp. 155-157; S. Di Giacomo, Figure e paesi: il teatro, la canzone, la storia, la strada, Napoli 1909, p. 23; H. Hucke, La “Didone abbandonata” di D. S. nella stesura del 1724 e nella revisione del 1730, in Gazzetta musicale di Napoli, II (1956), 11-12, pp. 180-190; U. Prota-Giurleo, D. S., in Archivi, XXVI (1959), pp. 73-89; M.F. Robinson, Naples and Neapolitan Opera, Oxford 1972, ad ind. (trad. it. L’opera napoletana, Venezia 1984, pp. 36, 43, 46, 94, 99-103, 199, 206 s., 218 s., 241-243); R. Strohm, Italienische Opernarien des frühen Settecento (1720-1730), I, Köln-Graz 1976, pp. 45-51, II, pp. 81-87, 216-222; C. Troy, The comic intermezzo, Ann Arbor (Mich.) 1979, pp. 42 s., 83 s., 98-101, 106 s., 142 s., 147 s., 161, 169, 172 s., 214, 218; R. Strohm, Essays on Handel and Italian opera, Cambridge 1985, pp. 58, 173, 200 s., 203, 207; H. Hucke, L’“Achille in Sciro” di D. S. e l’inaugurazione del teatro di San Carlo, in Il Teatro di San Carlo 1737-1987, a cura di B. Cagli - A. Ziino, II, Napoli 1987, pp. 21-32; T.M. Gialdroni, Le cantate profane da camera di D. S., in Musicisti nati in Puglia ed emigrazione musicale tra Seicento e Settecento, Roma 1988, pp. 153-211; G.D. Brandenburg, Zur Geschichte der weltlichen Solokantate in Neapel im frühen Settecento. Die Solokantaten von D. S., Franfkurt am Main 1991; F. Cotticelli - P. Maione, Onesto divertimento, ed allegria de’ popoli, Milano 1996, ad ind.; T.M. Gialdroni, I primi dieci anni della “Didone abbandonata” di Metastasio: il caso di D. S., in Analecta musicologica, vol. 30, Laaber 1998, pp. 437-500; F. Cotticelli - P. Maione, Le carte degli antichi banchi e il panorama musicale e teatrale della Napoli di primo Settecento, in Studi pergolesiani / Pergolesi studies, 2006, n. 5, pp. 24, 31, 36, 39, 44 e CD-ROM allegato; T.M. Gialdroni, Le serenate di D. S., in La serenata fra Seicento e Settecento. Musica, poesia, scenotecnica, a cura di N. Maccavino, Reggio Calabria 2007, pp. 247-299; A. Magaudda - D. Costantini, Musica e spettacolo nel Regno di Napoli attraverso lo spoglio della «Gazzetta» (1675-1768), Roma 2009, p. 53 e CD-ROM, ad ind.; Storia della musica e dello spettacolo a Napoli. Il Settecento, a cura di F. Cotticelli - P. Maione, Napoli 2009, ad ind.; E. Čermáková, Duchovní hudba Domenica Sarriho v Čechách (Le opere sacre di D. S. in Boemia), diss., Università Carolina di Praga 2011; E. Corp, The Stuarts in Italy, 1719-1766, Cambridge 2011, ad ind.; A. Romagnoli, Una gara per il compleanno del re Carlo: il “Demofoonte” di Leo, Mancini, S. e Sellitto, in Il pasticcio. Responsabilità d’autore e collaborazione nell’opera dell’età barocca, a cura di G. Pitarresi, Reggio Calabria 2011, pp. 221-256; K.A. Jürgensen, «Con placido sembiante...». L’opera “Il Valdemaro” di. D. S., in Analecta Romana Instituti Danici, XXXVII (2012), pp. 79-149; F. Cotticelli - P. Maione, Spoglio delle polizze bancarie di interesse teatrale e musicale reperite nei giornali di cassa dell’Archivio del Banco di Napoli..., in Studi pergolesiani / Pergolesi studies, 2015, n. 9, CD-ROM allegato, Archivio Storico del Banco di Napoli 1726, 1728, 1730, 1731; M. Marino, Le carte degli antichi banchi e il panorama musicale e teatrale della Napoli di primo Settecento, ibid., pp. 660, 662, 665, 669, 671-677; M. Schneider, “Orfeo imaginato”. Beobachtungen an zwei langsamen Sätzen von Antonio Vivaldi und D. S., in Fluchtpunkt Italien: Festschrift für Peter Ackermann, a cura di J. Volker Schmidt - R.O. Schwarz, Hildesheim 2015, pp. 91-100; G. Sigismondo, Apoteosi della musica del Regno di Napoli, a cura di C. Bacciagaluppi - G. Giovani - R. Mellace, Roma 2016, ad ind.; R. Mellace, Alle soglie dello stile galante: profilo critico-documentario di D. S., in Studi musicali, n.s., IX (2018), in corso di stampa.