Scarlatti, Domenico
Estro e innovazione nella musica per clavicembalo
Compositore e clavicembalista italiano, contemporaneo di Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Händel, Domenico Scarlatti fu autore di musica teatrale e di musica sacra. Il vertice della sua produzione è però costituito dall’imponente corpus di sonate per clavicembalo, una delle espressioni più originali non solo della letteratura per tale strumento ma dell’intera musica del Settecento
Domenico Scarlatti nacque a Napoli nel 1685, sesto figlio di Alessandro, uno dei più noti e acclamati operisti del suo tempo. Compì i primi studi musicali sotto la guida del padre, dimostrando eccezionali qualità tanto da essere nominato nel 1701 organista e compositore di musica della Real Cappella di Napoli. Nel 1702 accompagnò il padre a Firenze e l’anno successivo esordì a Napoli nel campo teatrale con l’Ottavia restituita al trono.
Si trasferì nel 1705 a Venezia, allora capitale dell’opera italiana, dove ebbe modo di proseguire gli studi con Francesco Gasperini e di incontrare Antonio Vivaldi. Al 1709, a Roma, risale probabilmente la celebre gara pubblica di bravura tra Händel e Scarlatti: sull’abilità al cembalo il pubblico rimase diviso, anche se Händel superò Scarlatti all’organo. I due musicisti mantennero rapporti cordiali, con una profonda stima reciproca.
In quell’anno Scarlatti si stabilì a Roma, dove fino al 1714 fu al servizio dell’esiliata regina Maria Casimira di Polonia e fino al 1719 maestro della Cappella Giulia in Vaticano.
In questi anni Scarlatti compose una decina di melodrammi, tra cui Tetide in Sciro (1712), Ifigenia in Aulide (1713), Ifigenia in Tauri (1713), Ambleto (1715), la farsa La Dirindina (intorno al 1715) e musica sacra tra cui uno Stabat Mater, ritenuto il contributo più significativo di Scarlatti al repertorio sacro barocco.
Dopo un soggiorno a Palermo, Scarlatti fu nominato maestro di cappella a Lisbona, alla corte di Giovanni V e diventò anche insegnante di musica dell’infanta Maria Barbara, futura regina di Spagna. Nei primi anni il soggiorno a Lisbona fu interrotto da viaggi e impegni di lavoro a Palermo e a Roma; nel 1725 si recò a Napoli per il commiato dal padre morente. Durante il servizio alla cattolicissima corte portoghese, Scarlatti compose prevalentemente musiche sacre e pezzi d’occasione.
Nel 1729 il compositore seguì Maria Barbara a Siviglia, e nel 1733 a Madrid, dopo il matrimonio dell’infanta con il futuro Ferdinando VI, figlio di Filippo II. Rimase al servizio della corte spagnola fino alla sua morte, avvenuta nel 1757. A Madrid, cessato l’obbligo di scrivere musica vocale sacra o di circostanza, Scarlatti – a parte alcune eccezioni, tra cui un Salve Regina (1756) – si dedicò quasi interamente al clavicembalo.
Al periodo spagnolo risale la maggior parte della vasta produzione clavicembalistica di Scarlatti, alla quale il compositore vede legata la sua fama. Le oltre cinquecento sonate, trenta delle quali erano già state pubblicate a Londra nel 1738 con il titolo Essercizi per gravicembalo, ci sono pervenute in una sontuosa raccolta manoscritta, la cui realizzazione fu voluta da Maria Barbara e dal famoso cantante evirato Carlo Broschi, detto Farinelli, che rivestiva un ruolo di primo piano alla corte di Filippo II.
A questo immane lavoro – che comprende in realtà 857 brani perché ne fanno parte anche delle duplicazioni – Scarlatti si dedicò dal 1752 al 1757 con l’aiuto di un allievo, Antonio Soler, probabile redattore materiale della raccolta. La mancanza di qualunque datazione e di manoscritti autografi rende, però, problematico ogni tentativo di ricostruzione cronologica.
Le sonate di Scarlatti sono perlopiù in un solo movimento bipartito (cioè diviso in due parti) e possono presentare un solo tema o più episodi tematici variamente elaborati. Sono frequenti gli inserimenti di elementi, movenze di danza o atmosfere tratte dalla tradizione popolare spagnola, che conferiscono al linguaggio arditissimo e originale di Scarlatti un colore particolare e unico. La ricerca ritmica e il virtuosismo brillante – frutto di una inesauribile fantasia e finalizzato alla ricerca di timbri e sonorità fino allora impensabili sul clavicembalo –, uniti a una vena melodica cantabile ed espressiva, hanno aperto la strada alla moderna tecnica del pianoforte.