ZACCAGNA, Domenico
– Nacque a Carrara il 3 settembre 1851 da Felice, scultore ornamentista, e da Enrichetta Cucchiari, nata Rossi.
La madre era sorella di Domenico Cucchiari (1806-1900), famoso quanto controverso generale delle guerre risorgimentali, deputato della Destra al primo Parlamento del Regno d’Italia, poi senatore, e figlia di una sorella di un altro carrarese illustre, Pellegrino Rossi. Seppure di condizioni relativamente modeste, la famiglia Zaccagna faceva parte dei notabili della città.
Dopo il ciclo di studi secondari a Carrara e la frequentazione dell’istituto tecnico di Genova, nel 1874 Zaccagna si laureò in ingegneria civile a Torino, dove l’insegnamento di Bartolomeo Gastaldi lo indirizzò verso la geologia. Fu allievo dell’École des mines di Parigi dal 1874 al 1876, distinguendosi nel folto gruppo di studenti stranieri. Nonostante Zaccagna si fosse più volte lamentato di aver frequentato l’École a sue spese, per il primo anno beneficiò in realtà di una borsa di studio messa a disposizione dalla municipalità di Carrara, e per il secondo di un sussidio del MAIC (Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio). Tornato in Italia, il 15 dicembre 1877 faceva domanda di assunzione quale geologo rilevatore presso l’Ufficio geologico di Roma, incaricato del rilevamento e della pubblicazione della Carta geologica del Regno. Il responsabile dell’ufficio, Felice Giordano, amico di Gastaldi, gli fece avere una sovvenzione speciale per un viaggio d’istruzione all’estero, al fine di apprendere le tecniche di rilevamento e di cartografia geologica. Al ritorno dal periodo di perfezionamento, Zaccagna si trovò ad affrontare il suo primo incarico importante, lo studio delle Alpi Apuane, e la prima di una serie di controversie che lo accompagnarono per tutta la carriera.
Il Servizio geologico, fondato da Igino Cocchi a Firenze nel 1867, era stato trasferito d’autorità a Roma nel 1873. Inattivo per diversi anni, il rientro di Felice Giordano da un lungo viaggio e la sua nomina a responsabile del progetto ne segnarono la ripresa. Al fine di rompere con la passata gestione di Cocchi, venne promulgato un regolamento che riservava i rilevamenti ai soli ingegneri delle miniere, escludendo docenti universitari e privati naturalisti.
Sulle Apuane aveva lavorato lo stesso Cocchi e stava lavorando un allievo della Scuola geologica pisana, Carlo De Stefani, un laureato in legge. Una memoria di Zaccagna, pubblicata nella primavera del 1880, prendeva di mira i precedenti lavori di De Stefani, scatenando una accesa polemica (D. Zaccagna, Osservazioni stratigrafiche nei dintorni di Castelpoggio (Alpi Apuane), in Bollettino del Reale Comitato geologico d’Italia, s. 2, XI (1880), pp. 139-155). De Stefani rispondeva in diversi interventi pubblicati negli Atti della Società italiana di scienze naturali, che ospitò anche le puntuali messe a punto polemiche di Zaccagna e di Bernardino Lotti, che affiancava Zaccagna nei rilevamenti (per es., D. Zaccagna, In risposta alle osservazioni del De Stefani sopra alcune pubblicazioni del R. Comitato geologico Italiano sulle Alpi Apuane e B. Lotti, In risposta alle osservazioni di De Stefani, in Atti della Società italiana di scienze naturali. Processi verbali, II (1881), pp. 179-188). Alle Alpi Apuane Zaccagna dedicò lavori e carte geologiche a diverse scale: una visione d’insieme, 1:500.000 (Carta geologica delle Alpi Apuane e delle regioni limitrofe, alla scala 1:500.000, Firenze 1900); 1:250.000 (Carta geologica delle Alpi Apuane e regioni limitrofe, Roma 1899); 1:50.000 (Carta geologica delle Alpi Apuane alla scala di 1:50.000 in 4 fogli, Roma 1896); infine, diciassette tavolette in scala 1:25.000, pubblicate nel corso di diversi anni (Carta geologica delle Alpi Apuane rilevata alla scala di 1:25.000, Novara 1917; Note illustrative della carta geologica delle Alpi Apuane, Roma 1920), che a suo avviso erano le sole in grado di dar conto della complessa morfologia della regione. Si impegnò anche nel rilevamento di una carta a grandissima scala (1:2.000) della zona marmifera, in parte finanziata dal Comune di Carrara (1891). Il lavoro d’insieme Memoria geologica delle Alpi Apuane (Roma 1932) veniva pubblicato quando Zaccagna era in già pensione da diversi anni (1919), e dopo un estenuante braccio di ferro, protrattosi per più di quattro decenni, con l’Ufficio geologico e i responsabili amministrativi e politici del MAIC. Zaccagna fu anche autore, da solo o con altri, di fogli della Carta geologica alla scala di 1:100.000.
Dopo la scomparsa di Giordano nel 1892, suo grande estimatore e protettore, il direttore generale del ministero, Nicola Miraglia, cercò di imporre a Zaccagna il rispetto degli accordi presi riguardo la pubblicazione del lavoro d’insieme sulle Apuane e chiese a Giovanni Cappellini, presidente del Comitato geologico, di recarsi a Carrara per esaminare lo stato di avanzamento dei lavori (9 ottobre 1893). La visita ispettiva si chiuse con la promessa di Zaccagna di dedicarsi interamente al lavoro delle Apuane, di cui era prevista la consegna nel corso del 1894. Il 3 agosto 1895 il ministro Augusto Barazzuoli scriveva al direttore dell’Ufficio geologico lamentando che erano passati sedici anni dall’inizio dei rilevamenti; dava disposizione che a partire dal 1° settembre Zaccagna fosse richiamato a Roma e dispensato da ogni incarico fino a quando non avesse completato il lavoro, ivi compresa la memoria descrittiva (Atti ufficiali, in Bollettino del Reale Comitato geologico, s. 3, VI (1895), p. 12). Nel 1896 Miraglia assunse la direzione del Banco di Napoli, il che diede un breve periodo di tranquillità al geologo che continuò a risiedere a Carrara, passando solo alcuni mesi dell’anno a Roma.
Come documentato da testimonianze conservate presso gli archivi del MAIC, del Comitato geologico e sulle pagine del Bollettino, Zaccagna riuscì a resistere a ripetuti tentativi di convincerlo a terminare il lavoro, complici, va detto, i suoi stessi superiori. Dal 1891 al 1894 il ministero gli aveva affidato la direzione della Scuola mineraria di Carrara, e nei due decenni successivi continuò a incaricarlo di nuovi rilevamenti in Liguria, nel Biellese e nel Bresciano. Zaccagna venne anche messo a disposizione di altri ministeri e amministrazioni pubbliche: per es., per rilevamenti idrogeologici in Tripolitania (febbraio-giugno1914), per eseguire perizie ferroviarie e patrimoniali o occuparsi di interventi edilizi nella natìa Carrara, in cui continuò a svolgere lucrose attività imprenditoriali e professionali, attirandosi le invidie di colleghi.
I lavori di Zaccagna sulle Alpi Apuane costituiscono il contributo più duraturo della sua opera, non tanto per le interpretazioni della tettonica elucidate nella Memoria del 1932, inevitabilmente superate, quanto per la precisione di rilievi accuratissimi a grande scala, ancor oggi utili agli studiosi della regione o del marmo delle Apuane (P. Conti et al., Note illustrative della Carta geologica d’Italia alla scala 1:50.000. Foglio 260, Viareggio, Roma 2012, pp. 10 s.)
Il secondo filone delle sue ricerche e della sua inesauribile vena polemica concerneva lo studio delle Alpi occidentali. Dal 1883 al 1885 percorreva le Alpi Cozie e Marittime, allestendo una carta all’1:500.000 che venne presentata al Congresso geologico internazionale di Berlino del 1885, per passare poi, nel 1886, alle Alpi Graie e Pennine. Affidava i primi risultati delle sue ricerche a una memoria, Sulla geologia delle Alpi Graie, con due tavole di sezione ed una Carta geologica (Bollettino del Reale Comitato geologico, s. 2, VIII (1887), pp. 346-417). Collaborò anche alla pubblicazione della Carta geologica delle Alpi occidentali alla scala 1:400.000 (Roma 1908).
L’Ufficio geologico diretto da Giordano proclamava che la precisione geometrica dei rilevamenti condotti da ingegneri delle miniere avrebbe evitato le annose polemiche che rendevano impossibile un accordo sui risultati ottenuti da parte di geologi universitari o provenienti dalle scienze naturali. L’auspicio non si concretizzò: il dissidio sull’interpretazione della stratigrafia e tettonica delle Alpi occidentali scoppiato tra Zaccagna e Secondo Franchi, suo sottoposto nel rilevamento della regione dal 1888 al 1891, poi acerrimo rivale, perdurò sino alla morte dei protagonisti. Zaccagna rifiutò sistematicamente ogni ipotesi di compromesso sulla datazione delle ‘Pietre verdi’, formazioni di calcescisti che il carrarese riteneva ostinatamente prepaleozoiche, e che Franchi e altri dichiaravano appartenere al Mesozoico (P. Mosca - G. Fioraso, La Carta geologica delle Alpi occidentali in scala 1:400.000, in Memorie descrittive della Carta geologica d’Italia, C (2017), pp. 61-72). Già nella riunione ispettiva tenutasi a Carrara nell’ottobre del 1893, sollecitata da Miraglia, Zaccagna aveva chiesto che fosse aggiunta alla relazione sulle Apuane una sua dichiarazione in cui accusava Franchi di utilizzare le tavolette di campagna da lui rilevate: l’Ufficio geologico non aveva il diritto di affidare ad altri il risultato del suo lavoro. Diciotto anni dopo, non trovandosi un accordo tra i due, una commissione nominata dal Comitato geologico, pur elogiando i rilevamenti di Zaccagna, diede ragione a Franchi, il che non semplificò affatto le cose.
Memoria dopo memoria, i due continuarono a scambiarsi accuse scientifiche e personali (T. Taramelli - C.F. Parona, Sull’età da assegnare alla zona delle Pietre verdi nella Carta geologica delle Alpi occidentali, in Bollettino del Reale Comitato geologico, s. 5, II (1911), pp. 9-24). Il 14 marzo 1918 Franchi scriveva al direttore dell’Ufficio geologico che il collega si era impossessato di un foglio da lui stesso rilevato, che non era più al suo posto nella sede romana di S. Susanna. Anche dopo il 1932, anno della scomparsa di Franchi, Zaccagna continuò a insistere che l’Ufficio geologico aveva proditoriamente inserito in carte al 1:100.000 da lui redatte le determinazioni stratigrafiche di Franchi (Sui fogli 91 (Boves) e 92 (Albenga) della Carta geologica d’Italia al 1:100.000, in Memorie dell’Accademia Lunigianese, XVIII (1938), 166).
Secondo un fedele amico e biografo, lo scultore Ezio Dini, Zaccagna avrebbe esternato a Benito Mussolini, probabilmente in occasione della consegna del premio Mussolini conferitogli nel 1939 dall’Accademia d’Italia, la propria convinzione che gran parte delle carte geologiche d’Italia al 100.000 già pubblicate andavano completamente rifatte (E. Dini, Domenico Zaccagna geologo, Pescia 1943, pp. 6, 15). Particolarmente feroce fu la sua critica contro i rilevamenti di Federico Sacco, presidente del Comitato geologico dal 1927 al 1943, reo di non condividere la sua datazione delle argille scagliose; Zaccagna lo tacciava di incompetenza e di poca conoscenza dei territori di cui si era assunto il rilevamento (I fogli di Chiavari e Rapallo 1:100.000 del prof. Sacco, in Memorie dell’Accademia lunigianese, XX (1939), 170). Nonostante ripetuti tentativi, Zaccagna non fu mai ammesso all’Accademia d’Italia. È probabile che l’ostilità di Sacco, notabile del Regime, costituisse un ostacolo insormontabile. Stessa sorte ebbero i suoi tentativi di divenire membro dell’Accademia dei Lincei. Fu presidente della Società geologica italiana per il 1919.
Per tutta la sua carriera Zaccagna si prodigò per valorizzare il marmo delle Alpi Apuane. Divenne lui stesso coproprietario di una segheria, associandosi allo scultore e uomo politico mazziniano Alessandro Biggi; per alcuni anni, con l’aiuto di parenti di sua moglie Clementina Bardi, residenti a Nizza, si occupò di esportazione del marmo apuano in Francia. Negli anni Ottanta dell’Ottocento cercò inutilmente di convincere le autorità a utilizzare il marmo delle sue montagne per il monumento a Vittorio Emanuele II, oggi Altare della Patria. Propose e disegnò tracciati ferroviari per rendere più accessibili le zone di estrazione. Legatissimo alla sua terra (preferiva il dialetto carrarese alla lingua italiana), progettò edifici pubblici e di culto per la sua città, e fu incaricato da Capellini del progetto della sua villa a Porto Venere.
Morì a Roma il 12 marzo 1940.
Fonti e Bibl.: Il fondo Zaccagna, donato dalla famiglia nel 1942 e conservato presso l’istituto di istruzione superiore Domenico Zaccagna di Carrara, è descritto in A. Rossi, L’Archivio D. Z. Le Alpi Apuane, la città, i trasporti, Carrara 1996, e in P. Cervia - F. Frugoni, Il carteggio del fondo Zaccagna, Carrara 2011. Altre notizie si trovano presso il fondo del MAIC in Roma, Archivio centrale dello Stato, descritto da N. Eramo, Fonti per la storia della scienza e della tecnica negli archivi del ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, in Gli archivi per la storia della scienza e della tecnica. Atti del Convegno internazionale di studi..., Desenzano del Garda... 1991, a cura di G. Paoloni, II, Roma 1995, pp. 1019-1039. Gli archivi del Servizio geologico e del Comitato geologico, originariamente conservati presso la sede di largo di S. Susanna, a Roma, sono ora depositati presso la Biblioteca dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, a Roma.
E. Haug, Les régions naturelles des Alpes, in Annales de géographie, III (1894), pp. 150-172; F. Baratta, Commemorazione di D. Z., La Spezia 1940; E. Beneo, D. Z., in Bollettino del Reale Ufficio geologico, XLV (1940), 8, pp. 1-12 (contenente la lista delle opere di Zaccagna); A. Guillaume, Contribution à l’étude géologique des Alpes liguro-piémontaises, I, Lyon 1969; D. Brianta, Europa mineraria. Circolazione delle élites e trasferimento tecnologico (secoli XVIII-XIX), Milano 2007; P. Corsi, Much ado about nothing: the Italian geological survey, 1861-2006, in Earth sciences history, XXVI (2007), 1, pp. 97-125; D. Z. (1851-1940): il marmo. L’imprenditoria, l’arte, la scienza, a cura di L. Passeggia, Pisa 2013; L. Barale - G. Fioraso - P. Mosca, Il “periodo d’oro” degli studi geologici nelle Alpi Marittime tra il XIX e il XX secolo, in Rendiconti online della Società geologica italiana, XLIV (2018), pp. 64-71, https://www.rendicontionline.it/297/article-3962/il-periodo-d-oro-degli-studi-geologici-nelle-alpi-marittime-tra-il-xix-e-il-xx-secolo.html.