Giurista romano (m. 228). Praefectus praetorio assieme a Paolo, è uno dei cinque giuristi indicati dalla cosiddetta legge delle citazioni (426) di Teodosio II e Valentiniano III, come coloro alle cui dottrine dovevano attenersi i giudici nella decisione delle controversie. Le sue opere maggiori sono i due commentari ad edictum in 81 libri e ad Sabinum in 51 libri.
Nativo di Tiro in Fenicia, fu con Paolo assessore di Papiniano nella prefettura del pretorio (205-211); esiliato da Eliogabalo (222), ebbe poi da Alessandro Severo, su cui esercitò grande influenza, incarichi sempre più importanti: magister libellorum e membro del consilium imperiale; poi praefectus annonae, infine praefectus praetorio; fu ucciso dai pretoriani. Inferiore per originalità di pensiero a Paolo, lo superò nella chiarezza e nella semplicità dello stile; nessun campo del diritto fu lasciato da lui inesplorato. Fu tenuto in grande stima nei secoli a lui successivi.
Scrisse inoltre 6 libri de fideicommissis, 10 libri de appellationibus, 2 libri responsorum, 10 di Disputationes, 2 di Institutiones, 7 di regulae, e anche libri dedicati al diritto pubblico, di cui 3 de officio consulis, 10 de officio proconsulis, e commenti di leggi di cui 4 ad legem Actiam Sentiam, 20 ad legem Iuliam et Papiam, 5 ad legem Iuliam de adulteriis. Scrisse inoltre Notae ai Digesta di Marcello e ai Responsa di Papiniano e un liber singularis regularum, di cui ci è pervenuto un estratto, anche detto Tituli ex corpore Ulpiani o Epitome Ulpiani, sunto postclassico in cui sono utilizzate anche altre fonti. Incerta è l'attribuzione a U. dei Sex libri opinionum, probabilmente una compilazione postclassica di brani ricavati dalle sue opere. Circa un terzo del Digesto è formato da frammenti estratti dalle sue opere.