VERITÀ, don Giovanni
Sacerdote patriota, nato a Modigliana il 18 febbraio 1807, morto ivi il 26 novembre 1885. Figlio di un capitano dell'esercito del Regno Italico, che poi si ascrisse alla Carboneria, vestì l'abito talare, ma non disgiunse l'esemplare osservanza delle pratiche religiose da un grande amore per le civili libertà, e per l'indipendenza e l'unità d'Italia. Già dal 1831 egli era tenuto in sospetto dalla polizia pontificia e toscana per aver preso parte a una dimostrazione politica durante i funerali di un liberale del suo paese; e due anni dopo fu denunziato come uno degli autori di scritte rivoluzionarie, per cui fu condannato a qualche giorno di reclusione in Rocca San Casciano. Negli anni successivi si mantenne sempre devoto alla causa liberale e quando avvenne il tentativo rivoluzionario di Savigno (agosto 1843), egli non solo facilitò la fuga dei fratelli Muratori, organizzatori di quel moto, ma ospitò in casa sua il Farini, consigliato a esulare insieme con il Lovatelli e con il Rasponi dal card. Amat di San Filippo, e di più si trovò disposto a tenere in ostaggio i cardinali Mastai, Amat e Falconieri, che i rivoluzionarî, comandati dal Ribotti, si proponevano di catturare a Imola, dove erano convenuti. Fu anche partecipe ai preparativi dell'altro moto rivoluzionario detto delle Balze (settembre 1845), facilitando anche questa volta la fuga dei maggiori compromessi. Cooperò a trarre a salvamento Garibaldi, quando l'eroe poté da Ravenna trovare rifugio a Modigliana, presso la casa di don V. (la notte del 20-21 agosto 1859), che qualche giorno dopo lo consegnava a persona fidata alle Filigare, da dove Garibaldi poté giungere in salvo a Portovenere. Durante il decennio di preparazione don Giovanni V. continuò nell'opera sua patriottica, ospitando spesso emigrati politici. Scoppiata la guerra del 1859, si diede cura di raccogliere a Modigliana i giovani più ardenti di libertà, accompagnandoli egli stesso al confine toscano, e si pose in relazione con il Ricasoli, al quale dava spesso notizie sulle mene dei reazionarî in Romagna. Sedette deputato all'assemblea che a Firenze votò la decadenza della casa di Lorena e l'annessione al Piemonte. Rivide Garibaldi a Modigliana quando (8 ottobre 1859) fu nominato generale dell'esercito della Lega e lo seguì in qualità di cappellano a Rimini, separandosi da lui quando Garibaldi si ritirò a Caprera (novembre 1859). Entrò allora come cappellano nell'esercito regolare e vi rimase fino al 1866.
Bibl.: Un'estesa bibl. su don G. V. in Camicia rossa dell'agosto 1935.