Doping
Il doping consiste nell'uso di una sostanza o nell'adozione di una pratica medica non giustificati da condizioni patologiche, finalizzati al miglioramento della prestazione agonistica. La storia del doping inizia fin dalle prime Olimpiadi nel 776 a.C. con l'impiego di sostanze di origine naturale. Nell'antica Grecia, durante lo svolgimento dei giochi olimpici, gli atleti assumevano infusi a base di erbe o funghi. Se un atleta veniva trovato in possesso di semi di sesamo, ritenuti 'dopanti', era immediatamente escluso dai giochi e giustiziato. Nel 1896 la passione per lo sport del barone de Coubertin, la sua perseveranza e i suoi capitali, riuscirono nell'impresa di far risorgere il mito delle Olimpiadi, sospese dall'imperatore Teodosio nel 393 d.C. Tuttavia, con le Olimpiadi moderne, contestualmente al rilancio delle competizioni sportive, si ebbe una ripresa della pratica del doping. In quel periodo si diffuse in Francia il vin Mariani, una mistura stimolante a base di vino e foglie di coca in grado di ridurre la percezione della fatica. L'assunzione di questa mistura e di altre sostanze stimolanti quali caffè, stricnina e nitroglicerina causò agli atleti effetti collaterali talora gravemente invalidanti, se non addirittura mortali.
Negli anni Cinquanta del Novecento comparvero sul mercato gli steroidi anabolizzanti. Inizialmente furono usati androgeni naturali come il testosterone, poi steroidi di sintesi realizzati dall'industria farmaceutica con il fine di separare l'effetto anabolizzante dall'attività androgenica. Nel 1960, nel corso della XVII Olimpiade di Roma, una miscela di acido nicotinico e anfetamine fu fatale al ciclista danese Kurt Jensen, che morì in gara. Fu il primo decesso per doping durante una competizione olimpica e fu anche la scintilla che fece esplodere il problema connesso con l'uso di sostanze potenzialmente mortali da parte degli sportivi. Quest'episodio, oltre a evidenziare l'abuso di steroidi nei giochi olimpici del 1964, favorì l'introduzione del 'controllo doping' a partire dai successivi giochi del 1968, per i quali il Comitato Internazionale Olimpico (CIO) stilò il primo elenco ufficiale delle sostanze proibite.
Oltre agli anabolizzanti, che venivano utilizzati soprattutto per aumentare la massa e la potenza muscolare, negli sport di resistenza si ricercarono sostanze e metodiche capaci di incrementare la durata dello sforzo, intervenendo sulla capacità di trasporto di ossigeno del sangue ai tessuti. Si diffuse la pratica delle autoemotrasfusioni che, alla fine del secolo scorso, fu sostituita dall'uso di eritropoietina (EPO), un ormone peptidico in grado di ottenere il medesimo effetto promuovendo la maturazione dei globuli rossi e la sintesi di emoglobina. Queste procedure avevano il vantaggio di potenziare i processi bioenergetici muscolari senza lasciare tracce rilevabili al controllo antidoping. Trasfusioni e somministrazione di EPO possono portare a un incremento superiore al 50% nel valore dell'ematocrito. In questo caso l'atleta non viene considerato positivo al test ma viene sospeso a scopo cautelare perché l'elevata viscosità del sangue, eventualmente associata alla disidratazione durante la gara, potrebbe nuocere alla sua salute. Da questo breve excursus storico emerge come il doping nello sport sia un evento che si verifica da millenni. Le sostanze e le metodiche impiegate dagli atleti hanno subito un'evoluzione in linea con la disponibilità di molecole di sintesi e, recentemente, con la biotecnologia molecolare, prospettando il 'doping genetico'.
Nell'epoca moderna, con lo sviluppo della chimica, della farmacologia e della biologia molecolare, si sono moltiplicate le sostanze in grado di favorire gli atleti nella preparazione sportiva, nel corso della gara e per recuperare in tempi brevi le energie spese, specie quando gli impegni agonistici sono molto frequenti. Gli atleti assumono tali sostanze principalmente per garantire gli effetti di seguito illustrati in modo completo.
Aumentare la massa e la forza muscolari. L'aumento della massa e della potenza muscolari si ottiene con l'utilizzo degli steroidi anabolizzanti, i β2-agonisti, e con diversi ormoni peptidici quali la gonadotropina corionica (GC), l'ormone luteinizzante (LH), l'ormone della crescita (GH), il fattore di crescita insulino-dipendente (IGF-1) e l'insulina. Gli steroidi sono sostanze naturalmente presenti nell'organismo che derivano dal colesterolo e sono, principalmente, ormoni sessuali: il cortisolo e il testosterone nell'uomo, l'estrogeno e il progesterone nella donna. Il testosterone è il 'capostipite' degli steroidi anabolizzanti e ha la funzione di favorire l', cioè la complessa serie di trasformazioni biochimiche che utilizzano a scopo energetico e costruttivo le sostanze nutritive introdotte con gli alimenti. I β2-agonisti, se inalati, promuovono il rilascio della muscolatura liscia bronchiale favorendo gli scambi gassosi a livello polmonare. Se iniettati, hanno un effetto analogo a quello degli anabolizzanti, favorendo la sintesi proteica nei muscoli.
Tra gli ormoni peptidici, la gonadotropina corionica è l'ormone naturalmente prodotto in gravidanza; promuove la sintesi degli ormoni sessuali e il suo effetto è analogo alla somministrazione di testosterone. Viene spesso impiegato per compensare gli effetti collaterali dell'assunzione cronica di anabolizzanti. Anche l'ormone luteinizzante serve a controllare il tasso di ormoni sessuali e il suo effetto è analogo alla GC. L'ormone della crescita favorisce lo sviluppo corporeo aumentando la lunghezza delle ossa, incrementando la massa muscolare e riducendo il tessuto adiposo. Infine, l'insulina e il fattore di crescita insulino-dipendente agiscono in sinergia con il GH promuovendo l'anabolismo, riducendo il grasso corporeo e fornendo energia attraverso la promozione dell'ingresso di glucosio all'interno delle cellule.
Aumentare l'apporto di ossigeno ai tessuti. L'ossigeno è essenziale per attivare i processi bioenergetici cellulari. Per ottenere energia utile alla contrazione muscolare è quindi necessario garantire un adeguato apporto di ossigeno. Quest'effetto si ottiene sia con i trasportatori artificiali di ossigeno (emoglobine sintetiche e globuli rossi artificiali), sia attraverso trasfusioni di sangue () o con l'uso di eritropoietina (EPO). L'EPO è un ormone peptidico prodotto naturalmente dal rene quando il contenuto di ossigeno nel sangue diminuisce, ed è in grado di stimolare la maturazione dei globuli rossi e la produzione di emoglobina.
Stimolare la prestazione agonistica. Questo effetto si ottiene con gli stimolanti, che agiscono a livello del sistema nervoso centrale favorendo la vigilanza, la concentrazione e la reattività e riducendo la percezione della fatica. Gli stimolanti aumentano la carica agonistica incrementando la frequenza cardiaca e l'efficienza respiratoria.
Ridurre la percezione del dolore. I cortisonici sono e il loro effetto è simile alla somministrazione di ormone adenocorticotropo (ACTH) che è l'agente endogeno in grado di stimolare le ghiandole surrenali a produrre corticosteroidi. Queste pratiche favoriscono il recupero da un eventuale infortunio, mentre gli limitano la percezione del dolore rendendo la prestazione possibile a scapito della parte infortunata. I (morfina e derivati), sebbene siano molto efficienti nel trattamento del dolore, non sono usati per i ben noti effetti collaterali.
Ridurre il peso corporeo. Negli sport in cui il peso costituisce un fattore determinante per l'appartenenza a una categoria di competitori (pugilato, body building), i diuretici consentono un repentino calo ponderale favorendo l'eliminazione di liquidi con le urine. Tra gli stimolanti, le anfetamine hanno proprietà anoressanti, anche se i tempi richiesti per l'ottenimento dell'effetto desiderato sono maggiori rispetto ai diuretici.
Risultare negativi ai controlli antidoping. Gli agenti mascheranti consentono di risultare negativi ai controlli antidoping pur avendo assunto farmaci dopanti. Producono questo effetto i diuretici, che riducono i tempi di eliminazione urinaria delle sostanze vietate e ne diminuiscono la concentrazione aumentando il volume di urine prodotto. Questa diluizione è fondamentale per le sostanze per cui la positività si configura solo con il superamento di una concentrazione definita 'soglia'. Analogamente ai diuretici, gli aumentano il volume ematico e quindi riducono l', mascherando il doping da EPO. Gli effetti di alcune sostanze risultano favorevoli solo in un numero limitato di discipline sportive, per le quali sono vietate. Per esempio, i betabloccanti sono utili negli sport che richiedono massima concentrazione e fermezza (sport di tiro, tuffi), perché riducono tremore, ansia e tachicardia emotiva, mentre negli sport con impegno cardiaco maggiore sono svantaggiosi.
Oltre ai metodi che consentono di aumentare il trasporto di ossigeno (doping ematico), sono proibiti le metodiche di manipolazione chimica e fisica (agenti mascheranti e manomissione dei campioni raccolti nei controlli antidoping) e il (impiego di geni finalizzato al miglioramento della prestazione atletica). L'uso di qualsiasi farmaco dovrebbe essere limitato alle indicazioni mediche, mentre nelle pratiche di doping i farmaci sono impiegati da soggetti sani per ottenere un effetto diverso da quello terapeutico. Questo comporta che gli effetti collaterali, soprattutto a lungo termine, sono difficilmente prevedibili. I principali effetti indesiderati delle sostanze dopanti a breve termine sono a carico dell'apparato riproduttivo (steroidi e loro fattori di rilascio) e cardiovascolare (stimolanti, diuretici, betabloccanti, steroidi e doping ematico), mentre a lungo termine si aggiungono disturbi del metabolismo e . Oltre agli effetti collaterali riportati, studi recenti hanno evidenziato un rischio elevato di contrarre la (morbo di Lou Gehring) tra i calciatori professionisti.
Con la prima Convenzione dell'UNESCO dell'ottobre 2005 e la Dichiarazione di Copenaghen del gennaio 2006 contro il doping nello sport, 184 Paesi hanno sottoscritto il Codice mondiale antidoping della World Anti Doping Agency (WADA) impegnandosi a recepirne e applicarne i contenuti a livello nazionale. Il Codice, che è il documento tecnico attuativo del Programma mondiale antidoping WADA, fornisce il supporto normativo e regolamenta la lotta al doping a livello internazionale, garantendo l'armonizzazione delle regole per tutti gli sport e in tutti i Paesi firmatari. Oltre alla repressione del doping, i sottoscrittori si adoperano per attivare le sinergie necessarie a promuoverne l'eradicazione, sensibilizzando gli sportivi sui problemi conseguenti all'uso e all'abuso delle sostanze vietate attraverso iniziative di prevenzione, educazione, formazione e ricerca. La mancata sottoscrizione del codice da parte di un Paese ne preclude la partecipazione alle gare internazionali e alle olimpiadi.
Il doping in Italia è vietato sia in ambito sportivo, con il Regolamento antidoping del CONI che applica il Codice WADA, sia dall'ordinamento statale, con la legge n. 376/2000 "Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping". Anche se le sostanze e le metodiche vietate sono le stesse, il mondo dello sport persegue soprattutto la frode sportiva esercitata attraverso l'assunzione di sostanze che migliorano le prestazioni agonistiche, mentre la società civile ha un'attenzione peculiare agli effetti dannosi che tali sostanze generano sulla salute, anche a lungo termine. Le sostanze e i metodi vietati sono elencati in una lista che la WADA stila e aggiorna ogni anno. Questa lista costituisce uno strumento attuativo del codice, in quanto l'uso, il possesso, la somministrazione e il traffico di quanto elencato costituiscono reato sia in ambito sportivo sia in campo penale. Vengono distinte le sostanze vietate solo durante la competizione sportiva e quelle proibite soltanto per alcuni sport.
Per facilitare il rispetto delle regole, la l. n. 376/2000 ha introdotto l'obbligo di applicare il 'bollino doping' su tutte le confezioni di medicinali che contengono sostanze vietate. Oltre al bollino, sul foglietto illustrativo contenuto all'interno delle confezioni viene riportata la dicitura "contiene sostanze il cui impiego è considerato doping ai sensi della l. n. 376/2000". La WADA prevede l'utilizzo di alcune sostanze vietate a fini terapeutici. Se un atleta soffre di una patologia per la quale la terapia include farmaci contenenti sostanze vietate, egli può richiedere 'l'esenzione a fini terapeutici' compilando una scheda predisposta dalla WADA e allegando la documentazione medica attestante la patologia sofferta. La violazione del regolamento sportivo prevede, in caso di positività al controllo antidoping, una sanzione corrispondente alla sospensione dell'attività agonistica per due anni e il ritiro di eventuali premi o medaglie vinti. Per garantire il corretto svolgimento delle gare, l'atleta è immediatamente sospeso e la sanzione viene irrogata entro 60 giorni dall'esito positivo delle analisi. La violazione della l. n. 376/2000 costituisce reato penale punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con una sanzione pecuniaria. Tali sanzioni colpiscono, con i tempi della giustizia ordinaria, sia l'atleta sia colui che favorisce l'uso o il traffico illecito di sostanze vietate.
I laboratori antidoping hanno il compito di ricercare le sostanze vietate incluse nella lista WADA sui campioni biologici prelevati ad atleti tesserati per le federazioni nazionali e internazionali. Si tratta di strutture tecnologicamente all'avanguardia presso le quali vengono condotti i test antidoping ufficiali. La WADA vigila sull'operato dei 33 laboratori antidoping nel mondo per garantirne l'attendibilità, l'imparzialità e l'uniformità dei risultati analitici. I referti dei laboratori accreditati devono essere inequivocabili, in quanto costituiscono la prova della violazione della normativa sul doping in sede legale. La maggior parte delle sostanze incluse nella lista sono rilevabili a livello urinario per mezzo di sofisticate e, in misura minore, immunoenzimatiche. Attualmente i laboratori antidoping sono in grado di identificare la quasi totalità delle sostanze vietate. Le ragioni principali per le quali non è possibile riscontrare alcune sostanze riguardano le condizioni seguenti: (a) l'eliminazione della sostanza non avviene attraverso le urine; (b) la sostanza vietata è una molecola che può essere naturalmente prodotta dall'organismo. Le tecniche analitiche attualmente impiegate non sono idonee a distinguere tra sostanza 'endogena', quindi fisiologicamente presente, ed 'esogena', cioè assunta dall'atleta.
Se l'eliminazione non avviene per via urinaria, si può ovviare ricercando la sostanza in matrici biologiche diverse, quali sangue, saliva o capelli. L'analisi del capello, nel quale si accumulano alcune sostanze vietate quali cocaina, eroina e anabolizzanti, consentirebbe di smascherare anche l'abuso di sostanze vietate in periodi lontani dalla gara. Infatti, le diverse sostanze permangono nell'organismo per un intervallo di tempo che dipende dalla loro , ossia dalle caratteristiche chimico-fisiche che ne regolano la ripartizione nei vari distretti dell'organismo e dai processi biometabolici ai quali vengono sottoposte prima di essere escrete. Anche per le sostanze escrete per via urinaria, se l'assunzione non è recente le urine possono risultare negative. Per tale ragione vengono effettuati dei controlli antidoping a sorpresa utili per colpire chi fa uso di sostanze proibite solo fuori gara, ne studia i tempi di eliminazione per sospenderne l'assunzione in tempo utile e risultare negativo ai controlli in gara. Attualmente sono previsti test sul sangue da parte di alcune federazioni sportive, mentre le analisi in matrici biologiche quali capelli o saliva non sono ancora state approvate dalla WADA.
Per distinguere tra produzione endogena e assunzione esogena, gli esperti della WADA hanno adottato due diverse strategie: (a) definire delle concentrazioni urinarie 'fisiologiche', al di sopra delle quali il risultato analitico è incompatibile con una normale produzione endogena, configurando un'elevata probabilità che ci sia stata l'assunzione del prodotto vietato. Si definisce quindi un valore di concentrazione 'soglia' al di sopra del quale l'atleta viene considerato positivo. La soglia viene anche utilizzata per distinguere se la somministrazione di un prodotto è avvenuta per via consentita, come nel caso dei cortisonici, o per discriminare l'assunzione di Cannabis attraverso fumo attivo (vietato) o passivo (tollerato). I valori soglia sono largamente garantisti per l'atleta: è quindi possibile che un atleta colpevole non venga considerato positivo, mentre è praticamente impossibile che un atleta innocente venga ingiustamente incolpato; (b) definire un rapporto 'fisiologico' tra due sostanze: è questo il caso del rapporto tra i due ormoni endogeni testosterone ed epitestosterone (T/E). Gli esperti ritengono che il rapporto T/E non debba essere superiore a 6. Nel caso il rapporto non sia normale, si ha un sospetto di doping e vengono programmati ed effettuati senza preavviso controlli longitudinali, cioè almeno tre prelievi urinari nei tre mesi successivi, con lo scopo di verificare se l'alterazione del rapporto T/E è riconducibile a una condizione fisiologica, patologica o verosimilmente dovuta all'assunzione di testosterone. La Commissione medico-scientifica antidoping del CONI provvede a valutare, caso per caso, le due fattispecie, e l'atleta viene definito positivo solo all'esito di questa valutazione.
Anche se l'atleta che ha assunto sostanze vietate non sempre risulta positivo al controllo antidoping, circa il 2% dei 9000 campioni analizzati ogni anno dal laboratorio antidoping italiano contiene almeno una sostanza vietata. La percentuale di positività è leggermente superiore nei controlli predisposti dal Ministero della Salute ai sensi della l. n. 376/2000, che si riferiscono principalmente a chi pratica sport a livello amatoriale, rispetto a quella riscontrata dal CONI, che per contrastare la frode sportiva controlla prevalentemente i professionisti.
I dati relativi agli ultimi anni in merito all'attività di contrasto su traffici illeciti, commercializzazione, prescrizione e somministrazione di sostanze vietate, operata dalle forze dell'ordine ai sensi della l. n. 376/2000 confermano l'entità della diffusione del fenomeno doping oltre lo sport professionistico. L'operato dei Nuclei Antisofisticazione e Sanità dei Carabinieri nell'anno 2005 ha comportato il sequestro di circa 800.000 confezioni contenenti sostanze dopanti, per un valore commerciale complessivo di oltre 3 milioni di euro, nonché di migliaia di ricette mediche contraffatte. L'inchiesta ha coinvolto oltre 150 persone e ha rivelato connivenze tra medici, farmacisti, commercianti e titolari di palestre. Oltre ai prodotti vietati sono state sequestrate ingenti quantità di integratori. In questi preparati, così come nei cosiddetti 'prodotti naturali' erboristici e in alcuni preparati dietetici, la normativa vigente prevede che nella loro composizione sia presente una piccola percentuale di impurezze. Dagli accertamenti dei laboratori antidoping degli ultimi anni è emerso un cospicuo numero di atleti che sono risultati positivi per anabolizzanti e stimolanti dichiarando di aver assunto i medesimi prodotti di integrazione. Una rete di laboratori ha deciso di effettuare controlli analizzando direttamente il contenuto delle confezioni incriminate. L'esito di queste analisi ha reso possibile accertare che in alcuni lotti di numerosi integratori erano presenti tracce di sostanze vietate. Tali prodotti vengono assunti dagli atleti in quantità complessive di alcuni grammi/die: quindi l'ammontare delle contaminazioni è dell'ordine di alcuni milligrammi che, nel caso degli steroidi, costituisce una quantità farmacologica. È probabile che queste sostanze dopanti vengano addizionate dolosamente da produttori senza scrupoli con il fine ultimo di ottenere un integratore 'efficace' a cui l'atleta, ignaro ma soddisfatto, si affida per la propria preparazione.
Dagli accertamenti effettuati emerge come il fenomeno del doping coinvolga sia i professionisti sia le persone che praticano lo sport a livello amatoriale. Circa 2/3 degli atleti dichiarano di assumere almeno un farmaco o integratore sul verbale di prelievo antidoping. L'atleta moderno ricorre al farmaco con disinvoltura anche per risolvere problemi che potrebbero essere affrontati con la giusta dose di allenamento, una sana dieta e un corretto riposo. Per contrastare il doping non ci si deve limitare a perseguire chi lo pratica, ma occorre educare gli sportivi di tutti i livelli per riavvicinarli ai sani principî dello sport. Al danno diretto sulla salute, il doping associa la perdita della vera essenza della cultura sportiva, che è la sana attività fisica e la determinazione nel perseguire il proprio miglioramento fisico e psichico nel rispetto delle regole e dell'avversario, nonché la fedeltà a quei principî di lealtà e correttezza che costituiscono il vero valore dello sport.
Di Pasquale 1998: Di Pasquale, Mauro G., Doping: uso e rilevamento negli sport amatoriali, Figline Valdarno, Ciccarelli, 1998.
Goodman 2006: Goodman, Louis S., Goodman and Gilman's. The pharmacological basis of therapeutics, 11. ed., New-York-London, McGraw-Hill, 2006.
Palmieri 2004: Palmieri, Giancarlo - Pincolini, Vincenzo - Casti, Amos, Doping 2004, Bologna, Scientific Publishing & Communication, 2004.
Ravazzolo 1996: Ravazzolo, Mariano, Legislazione e normativa riferita allo sport, Roma, CONI, Scuola dello Sport, 1996.