DOTTORI DELLA CHIESA
Si definiscono D. della Chiesa coloro che, in qualsiasi epoca, hanno affermato e difeso con i propri scritti l'ortodossia cristiana e il cui ruolo è stato solennemente proclamato da un papa o da un concilio ecumenico (Barbier De Montault, 1891, p. 275). Il loro culto, che, insieme alle raffigurazioni iconografiche, ebbe grandissima diffusione in tutto l'Occidente medievale, giunse a formulazione matura tra i secc. 12° e 13° e si consolidò nel Trecento. Parallelamente a quello degli evangelisti, cui sul piano figurativo sono spesso associati, il numero dei primi D. della Chiesa latina venne fissato a quattro nel 1295 da Bonifacio VIII, che istituì il culto dei ss. Ambrogio, Agostino, Girolamo e Gregorio Magno con rito doppio: nel 1378 Gregorio XI introdusse nella liturgia dei D. della Chiesa la lettura del Credo, espressione del loro carattere di testimonianza autentica (Moroni, 1843). Dopo il 1295, in epoca non precisabile ma anteriore al sec. 16° (Barbier De Montault, 1891), anche i D. della Chiesa greca (megáloi didáskaloi), generalmente tre in ambito costantinopolitano, sulla base della visione di Giovanni Mauropode (Drandakes, 1969, p. 13ss.; From Byzantium to El Greco, 1987), per analogia vennero portati a quattro: i ss. Basilio Magno, Gregorio Nazianzieno, Giovanni Crisostomo, patriarchi di Costantinopoli, e s. Atanasio, patriarca di Alessandria.Di solito accomunati in raffigurazioni unitarie, singolarmente gli otto D. della Chiesa presentano iconografie proprie, che subirono variazioni difficilmente schematizzabili. Agostino veste in prevalenza gli abiti di vescovo, a volte ha una corta barba e reca come attributi la mitra e il pastorale; nei primi esempi più spesso indossa la tunica (Kaftal, 1952; Kaftal, Bisogni, 1985; Ferguson, 1954; Croce, 1961). Ambrogio è d'aspetto anziano con barba canuta; reca mitra e pastorale e a volte una frusta, segno della sua lotta contro l'arianesimo (Kaftal, 1952; Kaftal, Bisogni, 1985; Ferguson, 1954; Aprile, 1961). Girolamo frequentemente veste la porpora di cardinale e il suo volto è incorniciato da una folta barba bianca; in epoca tarda è affiancato dal leone, dal crocifisso o dal gufo, allusioni a singoli episodi della sua storia contemplativa (Kaftal, 1952; Kaftal, Bisogni, 1985; Ferguson, 1954; Casanova, 1965). Gregorio reca le insegne papali (tiara, semplice o tripla, e pastorale con doppia croce); suoi attributi sono la colomba e il modello di un tempio, in quanto edificatore della Chiesa cristiana (Kaftal, 1952; Kaftal, Bisogni, 1985; Ferguson, 1954; Cannata, 1966).I D. greci vestono tutti la pianeta a motivi cruciformi bianchi e neri o il più semplice pallio rifinito dalla fascia con croci sovrapposte. Basilio è magro, calvo, con barba nera appuntita e tempie incavate; i suoi attributi sono la croce e la colomba (Stiernon, 1962; Kaftal, 1965; 1978). Giovanni Crisostomo è figura alta e magra, con barba molto corta (Kaftal, 1965; 1985; Raggi, 1965). Gregorio Nazianzieno porta la barba bianca e a volte è tonsurato (Kaftal, 1965; 1978; Cardinali, 1966). Atanasio è anziano con barba bianca; la sua immagine è assai diffusa in area veneziana, in seguito alla traslazione delle reliquie a Venezia nel 1113 (Stiernon, 1962; Kaftal, 1965; 1978).Nelle raffigurazioni unitarie attributi comuni sono la presenza del nome, la penna, il libro o il rotulo e lo scrittoio, emblemi dello speciale significato degli scritti di dottrina. I D. latini possono essere rappresentati benedicenti e, a volte, vestire l'omophórion, indossato dai patriarchi della Chiesa bizantina, o il pallio con il bordo a croci, specie se affiancati ai D. greci, come Agostino e Gregorio nei mosaici presbiteriali del duomo di Cefalù (1148).La prima raffigurazione dei D. della Chiesa, limitata alle sole figure tunicate di Girolamo, Agostino e Gregorio, è nella pittura sul retro del dittico di Boezio, del sec. 7° (Brescia, Civ. Mus. Cristiano; Leclercq, 1920). Al tempo di Paolo I (757-767) i D. latini furono associati ai D. greci negli affreschi della parete orientale della navata sinistra di S. Maria Antiqua a Roma. Successivamente questa connessione tra D. greci e latini registrò un momento significativo verso la metà del sec. 12°, a seguito di rinnovati influssi bizantini. Esempi compaiono nella Cappella Palatina di Palermo (1143) e nel duomo di Monreale (1178-1183), dove, nella c.d. cappella di S. Paolo, il solo S. Giovanni Crisostomo tra i D. d'Oriente è rappresentato accanto ai Ss. Ambrogio, Agostino e Gregorio ai lati dell'abside. Nei pennacchi delle due cupole del battistero di S. Marco a Venezia, della metà del sec. 12°, i D. latini, nella cupola dell'altare, sono seduti allo scrittoio con il libro aperto, mentre i D. greci, nella cupola del fonte battesimale, con la pianeta crociata, figurano in piedi nell'atto di leggere dal rotulo. In Alto Adige, sull'eco dei motivi presenti a Venezia (e anche ad Aquileia), si conservano numerose raffigurazioni dei D. greci (per es. gli affreschi del battistero di Bressanone, della metà del sec. 13°), anche accoppiati ai D. latini, per es. nelle vele di S. Giovanni a Tubre in alta val Venosta (inizio del sec. 13°), dove sono rappresentati ciascuno al proprio scrittoio, divisi da un leggìo con i rispettivi testi, sormontato dai simboli degli evangelisti.Rilevanti testimonianze scultoree del tema dei D. latini sono: la lastra marmorea, molto rovinata, proveniente dal pontile del duomo di Parma di Benedetto Antelami, del 1178 (Parma, Gall. Naz.), dove i quattro D. con i simboli degli evangelisti affiancano il Cristo in gloria entro la mandorla; l'ambone dei maestri Campionesi nel duomo di Modena, del 1208-1225; la più tarda arca di S. Pietro Martire in S. Eustorgio a Milano, di Giovanni di Balduccio, del 1339, con le figure dei quattro D. poste fra capitello e pilastrini d'angolo, con le teste sporgenti in avanti, sul tipo delle statue di facciata gotiche.Lo spazio quadripartito della crociera gotica apparve ideale per accogliere tali figure, come per es. nella volta dei D. della Chiesa nella basilica superiore di S. Francesco ad Assisi (post 1295), la cui decorazione è connessa al decreto di Bonifacio VIII, o nei busti clipeati delle chiese di S. Bassiano a Lodi Vecchio e di S. Maria in Porto Fuori a Ravenna, rispettivamente dell'inizio e della seconda metà del Trecento. Nel sec. 14° fu questa la loro collocazione più frequente, ma dallo stesso periodo i quattro D. latini poterono anche essere disposti, secondo lo schema greco, nella zona inferiore dell'abside, tra le finestre, dove per es. furono raffigurati da Vitale da Bologna, nella chiesa abbaziale di S. Maria di Pomposa (1351), seduti allo scrittoio, opposti agli evangelisti. Proprio in quest'epoca si stabilizzò la tradizione che li rappresenta seduti allo scrittoio, nell'identità culturale umanistica dell'uomo di studio; un altro esempio è nella volta del cappellone di S. Nicola in S. Nicola a Tolentino, della metà del sec. 14°, dove in ciascuna vela si affrontano, nell'atto di attingere allo stesso calamaio, uno dei D. della Chiesa e un evangelista.Dalla fine del sec. 13° l'immagine dei D. della Chiesa fu legata anche alla rappresentazione della Maestà, nella quale, come nelle absidi bizantine, la presenza intermediaria della Vergine era esplicitazione della Chiesa. In questo senso la scena unitaria dei quattro D. latini, tradizionale sostegno della Chiesa, venne a essere trasposta nello spazio verticale dei polittici, su tavola o a fresco, tanto negli scomparti laterali (per es. nel dipinto di Giovanni del Biondo nella cappella Rinuccini in Santa Croce a Firenze, del 1378, in cui i D. latini seduti su troni affiancano la Vergine), quanto nelle cornici, spesso entro clipei, come nella Maestà di Simone Martini nel Palazzo Pubblico di Siena (1315-1320), o nelle cuspidi laterali dei polittici, come in quello affrescato da Lippo Vanni in S. Francesco a Siena.In Oriente il tema presenta caratteri particolari; rare sono le raffigurazioni su tavola (per es. l'icona doppia con i tre D. della Chiesa greca dell'inizio del sec. 14°; Atene, Byzantine Mus.), mentre diffuse quelle a mosaico (per es. i D. tra Padri della Chiesa, profeti e angeli nei timpani nord e sud della cupola di Santa Sofia a Costantinopoli, terminati dopo l'878). A partire dal sec. 9°, e soprattutto nel sec. 11°, i D. della Chiesa vennero rappresentati nella fascia inferiore dell'abside insieme ad altre figure di Padri della Chiesa, quali fondatori ed edificatori della Chiesa terrena, cui alludeva la figura mediatrice della Vergine con il Bambino nel catino absidale (Lazarev, 1967; Walter, 1974). Nel sec. 12° il libro chiuso venne sempre più spesso sostituito con il rotulo aperto (Falla Castelfranchi, 1991) e le figure, prima frontali, furono rivolte verso il centro dell'abside (per es. in Macedonia nella chiesa di S. Giorgio a Kurbinovo nel 1191 e nella chiesa di S. Nicola a Prilep nel 1200). Basilio e Giovanni Crisostomo, autori dei principali testi eucaristici, occupano quasi sempre il posto centrale (Walter, 1974): già nel sec. 7°, nel terzo strato della parete-palinsesto dell'abside di S. Maria Antiqua a Roma (post 649), i due D. della Chiesa furono scelti per la loro autorevolezza a dare valore al manifesto dogmatico delle dottrine della Chiesa rispetto all'eresia monotelita, condannata dal sinodo lateranense del 649. La conoscenza della raffigurazione a fresco dei D. orientali nelle chiese della Cappadocia (per es. a Direkli, sec. 10°) ha inciso direttamente sulla redazione degli affreschi pugliesi dell'abbazia di S. Maria di Cerrate (fine del sec. 12°), di S. Vito Vecchio a Gravina in Puglia (Mus. E. Pomarici Santomasi; sec. 13°-14°), di S. Salvatore presso Gallipoli (inizio del sec. 14°) e di S. Stefano a Soleto (Falla Castelfranchi, 1991).
Bibl.: G. Moroni, s.v. Dottore della Chiesa, in Dizionario di erudizione storicoecclesiastica, XX, Venezia 1843, pp. 239-240; X. Barbier De Montault, Le culte des Docteurs de l'Eglise, à Rome, RevAC 34, 1891, pp. 275-290; H. Leclerq, s.v. Docteurs de l'Eglise, in DACL, IV, 1, 1920, coll. 1260-1261; O. Demus, Byzantine Mosaics Decoration. Aspects of Monumental Art in Byzantium, London 1947 (19582); G. Kaftal, Saints in Italian Art, I, Iconography of the Saints in Tuscan Painting, Firenze 1952; G. Ferguson, Signs and Symbols in Christian Art, New York 1954 (19552); T. Talbot Rice, Byzantine Art, London 1954; G. Sotiriu, M. Sotiriu, ΕἰϰόνεϚ τῆϚ μονῆϚ Σινᾶ [Icone del monastero del monte Sinai] (Collection de l'Institut français d'Athènes, 100-102), 2 voll., Athinai 1956-1958; A.M. Ammann, La pittura sacra bizantina. Saggi, Roma 1957; s.v. Docteurs de l'Eglise, in Réau, III, 1, 1958, pp. 388-390; E. Croce, s.v. Agostino Aurelio, in Bibl.SS, I, 1961, coll. 596-600; R. Aprile, s.v. Ambrogio. Nell'arte, ivi, coll. 989-990; D. Stiernon, s.v. Atanasio, vescovo di Alessandria, ivi, II, 1962, coll. 522-547: 545-547; id., s.v. Basilio il Grande, ivi, coll. 910-944: 937-944; A.M. Raggi, s.v. Giovanni Crisostomo. Iconografia, ivi, VI, 1965, coll. 700-701; M.L. Casanova, s.v. Girolamo. Iconografia, ivi, coll. 1132-1137; G. Kaftal, Saints in Italian Art, II, Iconography of the Saints in Central and South Italian Schools of Painting, Firenze 1965; A. Cardinali, s.v. Gregorio di Nazianzio. Iconografia, in Bibl.SS, VII, 1966, col. 204; P. Cannata, s.v. Gregorio I. Iconografia, ivi, coll. 278-287; V. Lazarev, Storia della pittura bizantina, Torino 1967, pp. 129, 132; N.B. Drandakes, Εἰϰονογϱαϕία τῶν τϱιῶν ῾Ιεϱαϱχῶν [Iconografia dei tre d. della Chiesa greca], Ioánnina 1969; C. Walter, La place des évêques dans le décor des absides byzantines, RArt, 1974, 24, pp. 81-89; G. Kaftal, Saints in Italian Art, III, Iconography of the Saints in the Painting of North-East Italy, Firenze 1978; B. Ridderbos, Saints and Symbol, Groningen 1984; G. Kaftal, F. Bisogni, Saints in Italian Art, IV, Iconography of the Saints in the Painting of North-West Italy, Firenze 1985; From Byzantium to El Greco. Greek Frescoes and Icons, a cura di M. Chatzidakis, cat., London 1987, pp. 81, 157, fig. 17; M. Falla Castelfranchi, Pittura monumentale bizantina in Puglia, Milano 1991, pp. 140, 213.L. Morganti