downgrading
<dàungreidiṅ> s. ingl., usato in it. al masch. – Nel linguaggio finanziario, revisione, in senso peggiorativo, del livello di qualità creditizia di un determinato strumento finanziario, di una società o anche di entità governative. Il giudizio di d. (declassamento) è espresso di solito da società di qualificate. Dal voto dato all’ente da valutare, il mercato può dedurre, in linea teorica, una sorta di premio per il rischio, ovvero un compenso aggiuntivo rispetto al puro tasso privo di rischio, associato alla rischiosità dell’investimento effettuato su tale ente. Per es., quando si verifica un d. per un emittente di titoli obbligazionari, il premio per il rischio aumenta e l’emittente dovrà remunerare con un tasso di interesse più alto gli acquirenti delle future obbligazioni declassate a meno che il mercato non abbia già precedentemente scontato il downgranding. Di particolare impatto sui mercati è stato il d. del debito a lungo termine degli Stati Uniti da parte di Standard & Poor’s, portato, nell’agosto del 2011, da AAA ad AA+. Anche se il livello di affidabilità rimane alto, è la prima volta che la solvibilità degli Stati Uniti è stata messa in discussione. Tra le ragioni del declassamento, la debole crescita economica e l’incapacità del governo di ridurre o contenere il rapporto deficit/PIL. Per quanto riguarda l’Europa, i d. hanno dapprima colpito la Grecia (aprile 2010, Standard & Poor’s), il Portogallo (5 luglio 2011, Moody’s ) e l'Irlanda (20 luglio 2011, Moody’s), paesi i cui titoli alla fine del 2011 erano considerati spazzatura. Anche in questo caso le cause sono da ricercarsi nell’altissimo livello di debito sovrano, nella sfiducia sulla capacità di realizzare pienamente gli obiettivi delle misure di riduzione dello stesso e nella scarsa prospettiva di crescita economica. I timori di un contagio hanno provocato l’estensione progressiva del d. all’area europea; esso ha colpito in un primo tempo (seconda metà del 2011) selettivamente (Italia e Spagna), e poi in modo generalizzato, con un declassamento congiunto (13 febbraio 2012) di ben sei stati europei (Italia, Malta Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna), accompagnato da un avvertimento (outlook) negativo verso altri tre paesi (Gran Bretagna, Francia e Austria), la cui robustezza, tenuto conto dei loro parametri pienamente in regola con gli standard richiesti, non era mai stata in precedenza messa in discussione.