DUALISMO
. Storia delle religioni. - Da motivi elementari di semplici antitesi cosmiche e naturistiche - estate e inverno, luce e tenebre, cielo e terra, maschio e femmina, ecc. - si svolsero nel pensiero religioso primitivo rudimentali concezioni dualistiche che già presso popoli incolti appaiono talvolta polarizzate in senso etico (p. es. presso i Masai e i Nandi dell'Africa Orientale l'opposizione fra Ngai nero e Ngai rosso: il Cielo buono o il Cielo cattivo), mentre in ambienti di civiltà più progredita dànno luogo a concezioni più complesse (Seth-Typhon contro Osiride presso gli Egizî, demoni cattivi contro demoni buoni presso i Babilonesi), e poi, in talune religioni superiori, a veri e proprî sistemi organici e complicati, comprendenti una cosmologia, un'antropologia, una soteriologia, ecc. Il dualismo più sistematico si ebbe nella religione di Zarathustra, quando dall'iniziale contrapposizione (nelle Gāthā dell'Avesta), di spenta mainyu (lo "spirito buono" del dio supremo Ahura Mazda) e angra mainvu (lo "spirito cattivo") si passò all'antagonismo di Ormazd e Ahriman, il principio del bene e quello del male, indipendenti e perfettamente contrastanti, fra i quali scegliendo l'uomo partecipa alla lotta universale sino alla finale distruzione del male e alla rigenerazione del mondo. Il dualismo zoroastrico giunge fino a usare una terminologia diversa per uno stesso soggetto o oggetto a seconda che questi appartengano all'ordine buono dell'universo oppure al cattivo. Un superamento del dualismo in seno al zoroastrismo è rappresentato dal zervanismo, che concepisce Ormazd e Ahriman come generati ambedue da un principio unico, che è il Tempo (zervan). Nell'orfismo si ha, in rapporto con l'antropogonia (origine del genere umano dalle ceneri dei Titani fulminati da Zeus), un'antropologia dualistica (l'uomo formato di anima e corpo, il corpo come tomba dell'anima: δῶμα-δῆμα), e quindi una speciale soteriologia (liberazione dell'elemento dionisiaco dal titanico attraverso un ciclo di esistenze successive), da cui dipende una speciale norma di vita ascetica (per accelerare l'uscita dal ciclo delle rinascite).
Il dualismo cosmologico e l'antropologico ebbero particolari sviluppi nei sistemi gnostici (v. gnosticismo), nelle Antitesi di Marcione interferiscono con l'opposizione fra il Dio del Vecchio e il Dio del Nuovo Testamento. Il manicheismo professò, in termini di una complicata mitologia, un radicale dualismo, fondato sull'opposizione del mondo delle tenebre al mondo della luce; i cinque elementi luminosi dell'uomo cosmico, inghiottito dalle potenze delle tenebre, restano imprigionati nell'universo e nel genere umano sino alla loro liberazione (come nell'orfismo) promossa dall'osservanza d'un rigoroso ascetismo. Elementi più o meno cospicui di pensiero dualistico - dei quali non è facile appurare l'eventuale dipendenza genetica dal manicheismo - si trovano nelle sette cristiane degli euchiti (messalliani), pauliciani, bogomili, catari e altre affini.
Bibl.: art. Dualism, in Hastings, Enc. of Rel. and Ethics, V, p. 100 segg.; R. Pettazzoni, La religione di Zarathustra, Bologna 1920, p. 96 seg.; H. Lommel, Die Religion Zarathustras, Tubinga 1930, p. 21 segg.
Storia della filosofia. - Nell'antica Grecia è tipico il dualismo pitagorico della monade e della diade, e, presso eleati ed eraclitei, la contrapposizione della verità all'opinione. In Platone si contrappongono nettamente senso e intelletto, mondo dell'intelletto e mondo del senso. Questo dualismo si tempera in Aristotele, che riconosce il senso necessario alla formazione stessa del conoscere intellettuale, e la vita attiva condizione della contemplativa, che tuttavia se ne separa assorbendosi in sé medesima. Ma l'aspirazione della coscienza cristiana a un regno di Dio contrapposto al mondo, regno del peccato, trova nel dualismo platonico e neoplatonico la sua espressione filosofica più felice.
Il pensiero dei Padri della Chiesa più illuminati non conosce dualismo di rivelazione e ragione, maniere di apprensione diverse della medesima verità. Né pei grandi dottori scolastici del sec. XIII c'è vero dualismo di fede e scienza, perché le verità di ragione rimangono fondamento delle verità soprarazionali. Solo nei tempi dell'Umanesimo e del Rinascimento si diffonde presso filosofi non scolastici, ed è seguita con grande favore, la vecchia dottrina delle due verità, una di fede, l'altra di ragione, l'una utile per la morale popolare, l'altra necessaria alla scienza. Il Descartes cercò di salvare da una parte gli attributi dell'anima (semplicità, spiritualità, immortalità) dall'altra gli attributi del corpo (puro meccanicismo ecc.) col dualismo di sostanza pensante e sostanza estesa. Ritiene, invece, sostanzialmente identici estensione e pensiero lo Spinoza.
Dualistico appare il pensiero delle Critiche kantiane in quanto contrappone un noumeno obiettivo, inconoscibile, a un fenomeno subiettivo, conosciuto; un mondo dell'azione, libero, a un mondo della conoscenza, necessario. Tuttavia l'ammissione che a fondamento della necessità del mondo conosciuto possa esserci quella libertà o teleologismo che constatiamo nel nostro volere apre la via a interpretazioni monistiche del kantismo, quale la fichtiana, e a sistemi monistici, come lo schellinghiano.
Esponendo come sistema della pura razionalità, o logo, quel nesso di categorie, che dànno luogo al mondo naturale, da cui lo spirito torna a sé come pura ragione, Hegel intese realizzare un monismo assoluto; ma dualista egli appare in quanto logo e natura sono da lui astrattamente premessi allo spirito.
Per opporsi al positivismo incline a una concezione monistica della realtà, certe forme di spiritualismo dovettero sostenere il dualismo di natura e spirito. Dualistica fu la critica dell'esperienza quando distinse dall'esperienza pura, assunta come realtà, la soprastruttura intellettuale, che interpretò come meramente utile; e sostanzialmente dualista fu chi, come il Bergson, contrappose all'intelligenza, di valore puramente pratico, l'intuizione metafisica, organo della verità teoretica.
Il dualismo di spirito teoretico e spirito pratico è virtualmente risoluto quando si cerca di stabilire circolarità tra l'una e l'altra forma; né può dirsi dualismo quello di necessità e libertà, natura e spirito, quando si consideri la natura, o la necessità, come l'astratto che lo spirito stesso pone nella sua libertà.