DURAZZO
(gr. ᾽ΕπίδαμνοϚ, Δυϱϱάχιον; lat. Dyrrachium; albanese Durrës)
Città e porto sull'Adriatico, situata nell'Albania centrale, all'estremità meridionale della dorsale dei monti di D., su un'isola unita alla terraferma da due cordoni litoranei.Nel Tardo Impero D. fu il centro della provincia romana di Epirus nova e sede dell'amministrazione civile, militare e religiosa, nonché di importanti manifatture per la produzione di laterizi. Ai tempi dell'imperatore Anastasio I (491-518) la città era difesa da una poderosa cinta muraria e furono costruiti l'ippodromo e numerosi monumenti pubblici.Dalla seconda metà del sec. 6° i territori dell'impero bizantino furono oggetto di una serie di attacchi da parte delle popolazioni slave. Nel 548 le tribù degli Anti e degli Sclaveni arrivarono fino alle mura di D., ma non riuscirono a conquistarla. La città riuscì a superare anche la grave crisi economica che colpì l'impero tra la fine del sec. 6° e gli inizi del successivo e che vide scomparire del tutto molti antichi centri, un tempo potenti e prospere, come Apollonia d'Illiria, Fojnica (Phoenice), Butrinto. All'inizio del Medioevo D. - che non sembra aver subìto alcun danno all'epoca delle invasioni avaro-slave - conservava la fisionomia e l'estensione urbanistica ereditate dalla Tarda Antichità e poteva ancora contare su una vasta attività economica e commerciale. L'ultimo rappresentante della dinastia giustinianea, Maurizio (582-602), fece riparare il sistema fognario e i dati archeologici, e specialmente quelli numismatici, dimostrano che durante il regno di Foca (602-610) D. attraversò un periodo relativamente tranquillo. La situazione restò invariata sotto Eraclio (610-641), dei cui celebri interventi rimangono poche tracce nella parte occidentale della città.Nei secc. 7° e 8° D. è citata in alcuni documenti religiosi: al concilio Trullano II, tenuto a Costantinopoli negli anni 691-692, era presente il metropolita della città e al secondo concilio di Nicea (787) partecipava il vescovo Niceforo, che firmò gli atti conciliari come rappresentante della provincia di D. e della regione degli Illiri.Negli anni venti del sec. 9° un nuovo impulso venne dato all'attività economica e sociale della città dalla creazione del tema autonomo di D.; quest'organismo amministrativo, che si opponeva alla talassocrazia araba, al pericolo franco e alla pressione commerciale veneziana, rinforzò ulteriormente la capacità difensiva della città e della sua regione.Nei secoli centrali del Medioevo, D. fu una delle più importanti città delle regioni occidentali dell'impero bizantino e vide nascere e affermarsi una potente aristocrazia locale e, sul piano economico, uno sviluppo della produzione artigianale, ben testimoniato dagli abbondanti materiali presenti nei depositi archeologici, cui si collegarono un aumento degli edifici di culto e un incremento della circolazione monetaria. Grazie agli stretti legami con il suo entroterra, D. ebbe anche un ruolo importante nella formazione dell'unità economico-sociale e nell'accelerazione del processo di unificazione linguistica e culturale della popolazione albanese.A partire dalla metà del sec. 10° e fino alla conquista turca, la storia di D. è segnata da una lunga serie di occupazioni. Conquistata a più riprese da Bulgari (fine del sec. 10°-1042), Normanni (1082-1085), Veneziani (1205-1212), la città ritornò sempre in possesso dei Bizantini e fu, sino alla fine del sec. 12°, il più importante porto imperiale sull'Adriatico. A partire dal 1272, quando venne conquistata da Carlo d'Angiò, che ne fece la capitale del suo regno d'Albania, D. fu a lungo contesa tra Angioini e Serbi, prima di essere ceduta ai Veneziani (1392) e prima della definitiva occupazione turca (1501). La cinta muraria di D. - pervenuta nella sua fase più tarda, legata a un rifacimento veneziano del sec. 15° - venne eretta tra i secc. 5° e 6° per volontà dell'imperatore Anastasio I. Essa si sviluppava per km. 3,5 ca. e le cortine costruite interamente in mattoni (cm. 30365), alcuni dei quali bollati con monogrammi riferibili allo stesso Anastasio, erano rinforzate da quattro torri pentagonali alte m. 18. Lungo il lato sudoccidentale, un tratto di muro ben conservato per una lunghezza di m. 500 ca. testimonia l'alto livello tecnico raggiunto dalle maestranze. Per proteggere la città sul lato settentrionale venne costruita, nel punto più stretto tra la palude e il mare, una barriera lunga m. 20 munita di torri quadrangolari e di una porta realizzata con la tecnica dell'opus mixtum. Secondo la testimonianza di Anna Comnena (Alexiade), nel sec. 11° presso l'entrata principale di D. si trovava la statua di un colosso di bronzo; nel 1223 Teodoro Angelo Ducas Comneno fece costruire una possente torre sul lato nord. Negli anni 1274-1280 gli Angioini ricostruirono l'acropoli - definita allora fortezza superiore e sede del duca di D. - e aumentarono l'altezza delle mura e delle torri.All'interno dell'anfiteatro della città venne costruita in epoca imprecisata una piccola chiesa, che ospita in una cappella un'interessante decorazione musiva parietale - l'unica finora nota in Albania -, di cui rimangono due pannelli posti rispettivamente sulle pareti occidentale e meridionale dell'ambiente. Il primo, parzialmente conservato, presenta una figura femminile di rango imperiale, affiancata da due altre figure rappresentanti la Pace e la Sapienza. Il secondo, meglio conservato, presenta a sinistra S. Stefano e al centro una figura di rango imperiale dai tratti femminili posta tra due arcangeli e due piccole figure di donatori; alcuni studiosi identificano nella figura centrale l'imperatore bizantino Alessandro (912-913), mentre altri ritengono che si tratti di una Madonna in vesti imperiali del 6°-7° secolo.Nel sobborgo di Arapait, residenza estiva del metropolita, è stata scoperta una grande basilica a tre navate e tre absidi, preceduta da un quadriportico. In una delle navate si conserva un grande mosaico pavimentale (m. 69), di notevole qualità esecutiva e dai vivaci colori, che presenta due riquadri figurati circondati da una larga cornice. Al centro del primo riquadro si trova un cratere da cui esce un tralcio di vite affiancato da due cervi; nel secondo compare una composizione più libera, con pastori, cavalli, cani e capre.
Bibl.:
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Letteratura critica. - Historia e Shqipërisë [Storia dell'Albania], I, Tiranë 1959.M. Korkuti