Ecce bombo
(Italia 1977, 1978, colore, 100m); regia: Nanni Moretti; produzione: Mario Gallo per Filmalpha/Alphabeta; sceneggiatura: Nanni Moretti; fotografia: Giuseppe Pinori; montaggio: Enzo Meniconi; suono: Franco Borni; scenografia: Massimo Razzi; costumi: Lina Nerli Taviani, Fabrizia Magnini; musica: Franco Piersanti.
Michele si aggira sul set di un film indipendente, modesto e velleitario, dal titolo I metalmeccanici hanno pochi fucili. I passatempi di Michele e dei suoi amici Mirko, Vito e Goffredo sono quelli ormai consunti della sua generazione: cinema, pizzeria, bottiglieria, ma più spesso si trascorre il tempo seduti al bar senza far niente, tra difficili rapporti sentimentali, scarso dialogo familiare, incontri di autocoscienza, rinuncia alle consuetudini borghesi. Ma a questi ventenni in crisi non fanno difetto l'autocritica e l'ironia, quando guardano alla propria socialità grottesca e alle mode di facile consumo ‒ le demenziali televisioni private e radio 'libere', i rituali delle occupazioni studentesche, le comuni ‒ oppure quando aspettano l'alba su una spiaggia di Ostia per poi scoprire che il sole è sorto alle loro spalle, mentre un robivecchi in bicicletta grida "ecce bombo". È Mirko, in una delle tante riunioni di autocoscienza, a mettere a fuoco la situazione: "Penso che sbagliamo quasi tutto: nei rapporti con le donne, tra noi, con lo studio, in famiglia, nel lavoro". Nel gruppo entrano Cesare e la sua compagna Flaminia, di cui Michele si invaghisce senza successo. Agli esami di maturità, dove i docenti si sforzano goffamente di mettere i candidati a proprio agio, c'è chi porta come argomento le poesie di uno sconosciuto capellone presente in carne e ossa; alla radio, qualcuno confessa di procedere nella vita di tutti i giorni "facendo finta". Ed ecco l'estate con i primi concerti sui prati, dove si radunano coppie infelici. Una sera differenti gruppi di amici, a esclusione di Michele, decidono casualmente di andare tutti insieme da Olga, amica lucida ma sola e depressa. Paradossalmente, sarà Michele l'unico a recarsi da lei: gli altri, per indifferenza o distrazione, hanno trovato qualcosa di diverso da fare.
Ecce bombo è un'esclamazione tanto incomprensibile almeno quanto lo è la generazione rappresentata da Nanni Moretti, autobiograficamente avvolta da una nube di sofferenza e isolamento, condannata a un ripiegamento irrisolto e inconcludente, ma pur sempre vitale nella esigenza del cambiamento e nell'opposizione alle regole dei padri. In questo primo film 'professionale' di Moretti ‒ pur se il tempo e la critica hanno rivalutato il precedente Io sono un autarchico, girato in formato amatoriale nel 1977 ‒ le gag e gli sketch fanno sì che la vicenda sia frammentaria, lasciando però inalterati i rapporti di causa ed effetto tra generazioni separate da distanze siderali. Nanni-Michele si addentra nei drammi di una realtà giovanile che ignora i percorsi del terrorismo strisciante, preferendo la gradualità dell'autocoscienza dei primi anni Settanta: una generazione che anela al libero amore ma finisce vittima di ruoli borghesi e di una concezione tradizionale della sessualità. Questi giovani che irridono ai luoghi comuni di TeleCalifornia, televisione privata ingessata nella sua retorica comunicativa, che poi si avviluppano nei dibattiti notturni delle piccole emittenti radiofoniche locali, sono avvezzi alla critica della società ma fondamentalmente incapaci di cambiare il 'sistema'. Sono giovani che realizzano film amatoriali dal titolo originale ma con l'obiettivo di un successo conformista, prigionieri della ricerca di un'identità che solo quella stessa società contestata può attribuire. La crisi di questa gioventù è palpabile, emerge dalle riunioni collettive dei trentenni così come dall'autogestione scolastica, si palesa nelle discussioni programmatiche sul modo di innamorarsi come pure nei racconti allucinati in attesa di un'alba per nulla imparentata con quella che chiude La dolce vita di Fellini. E infatti la realtà generazionale di Moretti e amici non ha neanche la possibilità di illudersi sul proprio destino, impegnata com'è nell'analisi lucida delle proprie insicurezze e delle proprie debolezze.
La migliore abilità del regista consiste nella cifra umoristica, nell'autoironia pungente, nella satira del giovanilismo alternativo che riesce a sfuggire di continuo al quesito del "come vivi, cosa fai, che genere di lavoro hai?". Per altro verso, i momenti più spietati sono probabilmente quelli in cui Moretti si sofferma sulla crisi della famiglia. Come in un gioco di specchi, le generazioni si osservano in un perenne rimando al passato; nella stessa inquadratura Michele osserva la sorella Valentina mentre questa si organizza per occupare la scuola, e il padre a sua volta osserva Michele: ciascuno, non visto, rivede se stesso nell'altro, senza parlare, senza avvicinarsi. È un quadro dolente e malinconico che tornerà in tanto cinema di Moretti, in cui il dialogo efficace e lo scambio di effusioni tra genitori e figli lasciano definitivamente il passo al silenzio e all'isolamento domestico. E a proposito di isolamento, che dire del paesaggio di campagna abitato soltanto da una singola automobile, o del bar affacciato sul mare dove gli unici avventori sono Michele e Silvia, in procinto di chiudere la loro relazione? La solitudine, che affiora sovente anche negli incontri di autocoscienza tra compagni, è dunque l'irriducibile nemica con cui confrontarsi e alla quale cedere con amarezza. A sottolineare questa condizione di sconfitta personale, contribuiscono le scelte musicali di Franco Piersanti: le canzoni lontane di Gino Paoli e Adamo, le arie di Puccini dedicate all'amata, le consonanze con il pizzicato delle Gymnopédies di Erik Satie. Di positivo rimane la tensione costante del protagonista e dei suoi coetanei verso qualcosa di realmente costruttivo, uno slancio vitale compresso dal divertimento e dalla disperazione: sentimenti che nascono dalla frattura tra i personaggi e una realtà non governabile con quei pochi, inefficaci strumenti della subcultura di massa.
Senza ricevere riconoscimenti eclatanti (citiamo tuttavia un Nastro d'argento 1978 all'autore per il miglior soggetto originale), Ecce bombo ha mietuto vastissimi consensi soprattutto nel pubblico giovane, dando avvio al culto del cinema morettiano e rappresentando una svolta nella lettura critica dell'universo giovanile e delle sue vivaci contraddizioni.
Interpreti e personaggi: Nanni Moretti (Michele), Luisa Rossi (sua madre), Glauco Mauri (suo padre), Lorenza Ralli (Valentina, sua sorella), Fabio Traversa (Mirko), Paolo Zaccagnini (Vito), Piero Galletti (Goffredo), Lina Sastri (Olga), Susanna Javicoli (Silvia), Carola Stagnaro (Flaminia), Maurizio Romoli (Cesare), Cristina Manni (Cristina), Simona Frosi (Simona), Giorgio Viterbo (intervistatore televisivo), Luigi Moretti (attore disoccupato), Age (professore agli esami), Mauro Fabretti, Maurizio De Taddeo (due studenti), Cristiano Gentili (il poeta Alvaro Rissa), Vincenzo Maria Vitobello (amico dell'etiope), Giampiero Mughini (l'intellettuale), Andrea Pozzi (Goffredo bambino), Alberto Abruzzese, Luciano Agati, Benedetta Bini, Sandro Conte, Roberto De Lellis, Pierluigi Farri, Nadia Fusini, Filippo La Porta, Giovanni Pietro Lombardo, Gaetano Marchione, Augusto Minzolini.
P. Valmarana, Ecce bombo, in "La rivista del cinematografo", n. 4, aprile 1978.
G. Fofi, Vitelloni 78. Ma è davvero così fragile questa generazione?, in "Linus", n. 158, maggio 1978.
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