EDESSA (oggi Urfa in turco; arabo ar-Ruhā)
Città della Mesopotamia del nord presso il fiume Belīkh, antico Balicha. Essa deve il suo nome a quello della città macedone omonima, che le fu imposto da Seleuco I. Dal nome indigeno, Orhai, deriva quello del regno di cui essa fu capitale, l'Orrhoene o Osroene (v.); la forma araba e quella turca ne sono alterazioni. Sede della dinastia, di origine araba, che s'insediò nell'Osroene col decadere dei Seleucidi (metà del sec. II a. C.), fu successivamente sotto la supremazia dei Parti e dei Romani, ed ebbe parte importante nelle guerre tra questi ultimi e i Sāsānidi. Da Edessa si diffusero la lingua e la letteratura siriache (v. siria), favorite dall'espandersi del cristianesimo, il quale, penetratovi per tempo, fu dichiarato religione di stato dal re Abgar IX. Presa dai Persiani nel 608, fu ripresa da Eraclio tra il 622 e il 629, ma cadde poco dopo in potere degli Arabi (638 o 639), e fu a lungo disputata fra essi e i Bizantini, che l'assediarono più volte e nel 1031 la occuparono. Riperduta e ripresa, fu poi espugnata da Baldovino di Fiandra e divenne sede del suo principato; ma nel 1144 ricadde in mano dei musulmani. Nel 1637 fu occupata dai Turchi ottomani.
Edessa aveva notevoli edifizî, dovuti alla sua situazione di capitale, dei quali le fonti ricordano palazzi reali, un ippodromo, ecc. Non ne rimangono che scarsissimi avanzi.
Già nel sec. II aveva una chiesa, che fu distrutta da un'inondazione nel 201. Nell'epoca bizantina e nel Medioevo fu sede metropolitana e occupò il terzo posto nella gerarchia del patriarcato di Antiochia. Era celebre per due reliquie di Cristo: una corrispondenza fra Gesù e il re Abgar V, che doveva difenderla dai nemici, e un'immagine miracolosa di Cristo, inviata allo stesso re. Le copie di quelle lettere, conservate in numerose lingue orientali, si trovano spesso incise sugli edifizî, per proteggerli. Il ritratto di Gesù, portato a Costantinopoli nel 944 da Romano Lecapeno, diede origine al culto del Santo Mandilion, o del Volto Santo. Edessa possiede ancora avanzi importanti dei baluardi e del castello.
Bibl.: R. Duval, Histoire politique, religieuse et littéraire d'Édesse jusqu'à la première croisade, in Journal Asiatique, 1891, 1892; L. J. Tixeront, Les origines de l'église d'Édesse et la légende d'Abgar, Parigi 1888; R. A. Lipsius, Die edessenische Abgar-Sage, Brunswick 1880; Ed. Meyer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, coll. 1933-1938; E. von Dobschütz, Christusbilder, Lipsia 1899; Cabrol e Leclercq, Dict. d'archéol. chrét., IV, ii, Parigi 1921.