BIANCHI, Edoardo
Nacque a Milano il 17 luglio 1865 da Luigi e da Antonietta Conti, in una famiglia di povere condizioni. Il padre, infatti, nel 1859 aveva avuto distrutto, per rappresaglia all'uccisione di un ufficiale austriaco, il ben avviato negozio di alimentari. Partito poi per la guerra del 1866, era ritornato mutilato di una gamba.
Rimasto orfano nel 1869, il B. fu accolto nell'orfanotrofio detto dei "Martinitt"; uscitone a otto anni, età minima consentita per il lavoro dei minori, si occupò presso un artigiano come fabbro ferraio. Da allora, per più di dieci anni, lavorò in varie officine meccaniche milanesi - come quella di Gerosa e Rosati - finché nel 1885 - in via Nirone - mise su una piccola officina di precisione, dove iniziò tra l'altro a rifare per terzi modelli inglesi di bicicli. L'anno seguente il B. produceva biciclette con ruote pressocché dello stesso diametro; nel 1888, nella nuova officina di via Bertani a Porta Tenaglio, costruiva la prima bicicletta con gomme pneumatiche. Nel 1890 si trasferiva nei locali più grandi di via Borghetto, e poco dopo iniziava esperimenti di applicazione del motore a scoppio su tricicli e quadricicli.
L'inizio dell'attività industriale del B anche se duro, fu facilitato dalla crescente diffusione della bicicletta. Una solida industria del ciclo, oltre che a Milano, si andava sviluppando anche a Torino e in altre città settentrionali ed emiliane, come Modena. E l'importanza che la produzione e la diffusione della bicicletta assumevano in Italia è confermata proprio in quell'anno dall'istituzione della tassa di circolazione sui velocipedi (legge 22 luglio 1897, n. 318).
All'Esposizione internazionale ciclistica di Milano del 1896, il B. presentò pochi modelli, ma con particolarità tecniche e pezzi meccanici "ben ideati meglio costrutti" (La bicicletta). Nel 1897-98 iniziava la costruzione della prima bicicletta a motore.
La ditta, che ora ebbe la ragione "E. Bianchi di Milano, Esercizio pel commercio di velocipedi", si sviluppò tanto rapidamente che nel 1900 sede e fabbrica furono trasferite in via Nino Bixio. In questi anni il B. entrava in contatto con l'ambiente industriale piemontese, e con altri industriali come Marzotto di Valdagno, S. Crespi, Florio di Marsala - tutti pionieri dell'automobilismo italiano - e costruiva i primi modelli di autovetture. Secondaria inizialmente, poi sempre più sviluppata, questa nuova attività impose la trasformazione finanziaria e della ragione sociale dell'industria. Il 27marzo 1905nasceva così la "Società anonima Fabbrica automobili e velocipedi Edoardo Bianchi e C.", con capitale sociale di 800.000 lire suddiviso in 8.000 azioni di 100 lire cadauna, e veniva impiantata la nuova sede in viale Abruzzi. La solidità dell'impresa era confermata, nel 1907, dal superamento della crisi che in quell'anno investiva l'economia italiana, determinando la fine di molte officine sorte grazie alla protezione legislativa italiana. Quello stesso anno il B. era nominato unico consigliere delegato.
La Società ebbe negli anni successivi un grande sviluppo, soprattutto nel settore dei velocipedi e dei motocicli, cioè laddove la concorrenza della produzione straniera era stata annullata, e i massicci interventi dello Stato sotto forma di ordinazioni belliche - guerra di Libia e prima guerra mondiale - agivano selettivamente come incentivo allo sviluppo delle industrie meglio avviate. La Società denunciò, per gli esercizi 1916 e 1917, profitti del 60%, e nel 1918 portò il capitale versato a 9 milioni (nel 1914 a 14 milioni, nel 1924 a 30 milioni). D'altra parte, l'improvvisa e violenta incentivazione della produzione bellica provocò forti reazioni da parte degli operai, e la fabbrica fu così uno dei centri delle lotte e dei conflitti sociali a Milano e in Lombardia.
In questo periodo e negli anni successivi alla guerra il B. sviluppò soprattutto il ramo produttivo dei cicli e dei motocicli, cioè quello in cui, dopo la crisi del 1907, la Società era rimasta una delle industrie più forti. A tal, fine, anzi, fin dal 1914il B. aveva provveduto a impiantare una piccola fonderia di alluminio che riforniva la grande produzione meccanica. Nel 1928, a più di vent'anni dalla ristrutturazione, la Bianchi produceva solo 900 automobili all'anno - contro le 3.000 della Lancia e le 47.000 della Fiat -, ma il numero di biciclette che immetteva sul mercato era superiore alle 30.000 unità. Nel 1934 la Società, che dava lavoro a 2.500 tra operai, tecnici e impiegati, raggiunse la produzione complessiva di 50.000 biciclette (più del 60% della produzione della ditta), 2.000 automobili e 4.000 motociclette.
Tuttavia a lungo andare la scelta produttiva del B. (rimasto fino alla morte presidente e consigliere delegato della Società), positiva per i primi due o tre decenni del secolo, doveva rivelarsi una remora allo sviluppo successivo. Mentre la Bianchi dava grande impulso alla diffusione del ciclo e del motociclo, il progressivo espandersi dell'industria automobilistica impose al B. scelte limitative in questo ramo, indirizzandolo cioè ad una produzione automobilistica non di massa.
La seconda guerra mondiale segnò l'inizio del declino delle fortune del B.; pochi mesi prima dell'entrata in guerra dell'Italia, la società aveva provveduto ad aumentare il capitale a 56 milioni mediante una emissione di azioni. Nel 1943 le totali distruzioni belliche provocarono il trasferimento a Desio di alcune lavorazioni; l'anno seguente moriva Giuseppe Tomaselli, braccio destro del B. fin dal 1905.
Il B. morì poco dopo la fine della guerra, il 2 luglio 1946, a Varese, quando si era appena delineata un'operazione finanziaria di salvataggio, mediante l'emissione di azioni per l'aumento del capitale a 112 milioni.
Dopo l'iniziale costruzione di bicicli del 1885 il B. realizzò, l'anno seguente, un modello assai pratico e moderno, con ruota anteriore di diametro inferiore e telaio a croce. Col 1888 cominciò la produzione di biciclette, a telaio trapezoidale, sterzo tubolare, gomme pneumatiche. Dall'allargamento della ditta, nel 1890, la fabbricazione di biciclette, via via articolata in numerosi modelli sui due tipi fondamentali "viaggio" e "sport", fu sempre particolarmente curata, negli ammodernamenti tecnici e nelle finiture, e costituì, con la fabbricazione di motociclette, la scelta produttiva di base della ditta.
Al 1897 risale il primo tentativo di applicazione - sul manubrio - del motore alla bicicletta (monocilindrico, valvola di aspirazione automatica, trasmissione a catena, accensione a chalumeau), cui seguirono dal 1900 nel nuovo stabilimento di via Bixio motocicli ad accensione con rocchetto di Rumkorf e batterie ad interruttore. Risale al 1914 il modello C 75 (monocilindrico, 500 cmc, cambio in blocco a tre velocità), di particolare robustezza e durata; prodotto in gran serie, equipaggiò largamente l'esercito italiano in guerra; al 1919 risale il modello 250 cmc, che venne dapprima prodotto nella versione a valvole laterali e successivamente nella versione a valvole in testa.
Completata la riorganizzazione del dopoguerra, entrarono in produzione il modello A (monocilindrico, 498 cmc, cambio ad ingranaggi); il modello G (bicilindrico, 650 cmc, trasmissione mista a catena e ingranaggi, cambio a tre velocità, ruote intercambiabili); il modello BN che segnava, con tutta una serie di nuove concezioni e accorgimenti, l'evoluzione verso le cilindrate minori ad alto rendimento, elevata velocità e grande potenza: monocilindrico, 348 cmc, magnete ad alta tensione,carter in blocco unico, cambio in blocco a tre velocità, valvole laterali, trasmissione a catena, aumentata superficie delle alette di raffreddamento, telaio molto basso, forcella elastica a parallelogramma con due molle centrali. Nel 1925 uscì il modello B2N (indicato anche col nome di "Freccia celeste") nelle versioni "normale" e "sport"; fra i miglioramenti: la nuova distribuzione (valvole in testa, a doppia asta), due ammortizzatori a frizione regolabili aggiunti al parallelogramma della forcella, freni ad espansione. Usciva anche il modello P 175 (monocilindrico, 171 cmc, valvole in testa, due velocità), particolarmente maneggevole, veloce, economico (peso 45 kg; velocità 70-75 km/h, consumo 45 km 1 litro di benzina).
I modelli B2N e P 175 rappresentarono per la ditta un particolare successo commerciale, sì da assorbire, negli anni 1927-28, la quasi totale produzione settoriale della casa; ulteriore incremento al secondo modello fu dato dalla legge 2 dic. 1928 n. 3179, che equiparava a quello delle biciclette il trattamento fiscale dei motocicli di cilindrata fino a 175 cmc.
Una particolare svolta, per velocità, stabilità,comfort, potenza e economia, fu segnata con la comparsa dei vari modelli detti "Freccia d'oro", tutti con telaio elastico e valvole in testa. Sino alla seconda guerra mondiale furono prodotti i modelli 250 N (a tre rapporti) e 250 S (a quattro rapporti) e quelli 500 N, 500 S, 500 SS (a quattro rapporti).
La prima autovettura fu prodotta nel 1899, propulsa da un motore De Dion da 3 e 1/4 HP. L'anno successivo erano in produzione tricicli da 2 e 1/4 HP, quadricicli a sterzo snodato da 2 e 1/2 HP, vetturelle a due posti del peso di 175 kg e vetture a tre posti del peso di 300 kg con motore della potenza di 4 HP.
Nel 1903 vennero costruite autovetture da 4 e 1/2 HP a un cilindro, da 6 HP, da 8 HP, da 10 HP, e da 12 HP a 4 cilindri. Nel 1905 venne immessa in commercio un'automobile con chassis del peso di 680 kg, propulsa da un motore a 4 cilindri separati della potenza di 12 HP a 1350 giri al minuto; tra le particolarità del motore erano: tre supporti di banco, ventilatore sul volano, radiatore a nido d'ape, carburatore automatico a livello costante, magnete Simms-Bosch, oliatore a pressione, frizione a dischi metallici; la vettura era dotata di freni a pedale sul differenziale, di freni a leva sulle ruote posteriori, di cambio a quattro marce più la retromarcia.
Al Salone di Torino del 1906 la Bianchi presentò le autovetture tipo C (cilindrata cmc 4137, versioni 18 e 24 HP) e tipo D (cilindrata cmc 6720, versioni 28 e 40 HP) oltre ad autotelai nelle versioni 16 e 24 HP, 28 e 40 HP, 50 e 70 HP. I motori delle autovetture erano tutti quadricilindrici biblocco, con regime di 1200 giri al minuto e frizione a dischi in olio, mentre quelli degli autotelai avevano un numero di giri massimo di 1350 giri al minuto, 4 cilindri accoppiati, frizione a dischi, freno a mano sulle ruote posteriori e sul differenziale, freno a pedale sul differenziale. Tutti i veicoli erano dotati di cambio a quattro velocità più la retromarcia. Nel 1906 fu prodotto il tipo EI nelle versioni 50 e 60 HP.
Durante la prima guerra mondiale vennero prodotti i modelli B 1 (1914) e B 2 (1916), nelle due versioni 18 e 30 HP (il primo) e 3 e 35 HP (il secondo) al regime di 2200 giri al minuto. Il primo modello aveva motore monoblocco a quattro cilindri verticali di 3296 cmc; il secondo modello aveva maggiorato l'alesaggio (3672 cmc). Entrambi i tipi di autovetture avevano un cambio che consentiva quattro marce, più la retromarcia, e frizione a dischi multipli in olio.
Al periodo tra le due guerre mondiali appartengono le autovetture tipo 15 (anni 1920-22, 4 cilindri 70 × 110), tipo 16 (anni 1923-24, stessa cilindrata del tipo 15), tipo 18 (anni 1923-26, 4 cilindri 72 × 120), tipo 20 (entrata in produzione nel 1924, 4 cilindri 78 × 120), modello V 3 (entrato in produzione nel 1928, 8 cilindri 68 × 94), V 8 (entrato in produzione nel 1929, della stessa cilindrata del modello V 3), S 4 (anni 1925-27, 4 cilindri 64 × 100), S 5 (anni 1927-34, della stessa cilindrata del modello S 4 sino al 1931, poi con 4 cilindri 68 × 100), S 8 (anni 1931-34, 8 cilindri 68 × 100) modificato nel modello S 8 bis con cilindrata leggermente maggiorata (8 cilindri 68,5 × 100), ed infine S 9 (anni 1934-39, 4 cilindri 68 × 100).
Infine va ricordata l'attività sportiva che la casa intraprese - con notevoli successi, e conseguente diffusione della marca - nei tre settori della sua produzione. L'attività fu però ben presto limitata al settore motociclistico e ciclistico, e da ultimo solo a questo secondo.
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Fonti e Bibl.: Dati biografici, e sulla prima attività del B., sono in Milano 1848-1948, Milano 1948, p. 512; A. Ciavatta,Il cinquantenario della Casa Bianchi, in L'industria,rivista tecnico-scientifica ed economica, XLVIII (1934), n. 5, pp 165 s.; V. Bonicelli,Gli anni felici di E. B., in Pirelli,rivista di informazione e di tecnica, III(1950), n. 5, p. 17; E. Baila,Le opere e i giorni, Uomini benemeriti, in La Martinella di Milano: V(1951), n. 3. pp. 171 s. Per l'attività industriale si veda, nell'Archivio storico della Camera di commercio industria e agricoltura di Milano, il fascicolo E. B. (senza altra indicazione) e Elenco Ditte, n. d'iscrizione 7100; si ricordi che l'archivio della Società è andato distrutto durante la seconda guerra mondiale. Si veda inoltre La bicicletta, III(1896), n. 14, p. 3; L'indipendenza economica italiana, a cura di L. Lojacono, articolo del B. a pp. 343-346; E. Corbino,Annali della economia italiana, IV, s.a., p. 287; A. Fossati,Lavoro e produzione in Italia…, Torino 1951, pp. 336, 408; B. Caizzi,Storia dell'industria italiana, Torino 1965, pp. 433, 503. Per le caratteristiche dei modelli prodotti, si vedano le pubblicazioni pubblicitarie della ditta, gli articoli e avvisi comparsi sulla stampa, e La Storia della Bianchi, pubblicazione della Casa, St.-Gall 1935, e le schede presso il Museo dell'Automobile C. Biscaretti di Ruffia a Torino; articoli vari in Bianco Celeste, rivista della Casa, a partire dal 1948, utili anche per l'attività agonistica della ditta. Per questa in particolare, e per un quadro generale, vedi Storia illustrata del motociclismo in Italia, edito dalla Federazione motocicl. italiana, Milano s.d., I (dalle origini al 1924) e II (dal 1925 al 1945),passim.
M. Gobbini