BONER, Edoardo Giacomo
Nacque a Messina il 29 febbr. 1864 (così risulta da un registro di atti di stato civile conservato nel locale Archivio di Stato, da Federico, cittadino svizzero, e da Anna Larini. Nel 1883 le fiorenti imprese commerciali del padre subirono un tracollo e il B. dovette dedicarsi all'attività di rappresentante di commercio, intraprendendo anche viaggi in Italia e all'estero. Compiuti, in Italia e in Germania, gli studi letterari, fu insegnante di tedesco all'istituto tecnico "Carlo Gemmellaro" di Catania e, dal 1893, lettore di lingua e letteratura tedesca all'Università di Messina, dove insegnò anche italiano nel liceo "Maurolico" dal 1903 al 1906. In relazione con i letterati più illustri del suo tempo, già nel 1884 il B. inviava al Rapisardi un suo manoscritto poetico (Galanthus nivalis): da allora data un'amicizia che vide il Rapisardi accettare, senza particolari entusiasmi, il ruolo di protettore di questo fedele ammiratore e discepolo, cui avrebbe aperto fra l'altro le porte della Nuova Antologia. Un'intensa attività critico-erudita, dispersa per altro in campi assai disparati, gli valse, nel 1906, la cattedra di lingua e letteratura tedesca presso la facoltà di lettere dell'Università di Roma. Durante un soggiorno a Messina il B. morì nel terrernoto del 28 dicembre 1908.
Il motivo nascosto che dà unità alla disparata produzione del B. (tipica di un eclettismo letterario ed erudito provinciale) è la coscienza di appartenere contemporaneamente a più mondi diversi: il mondo tradizionale siciliano e quello della nuova Italia, il mondo della tradizione classica e quello delle tradizioni popolari e poetiche del Nord. Tale coscienza avrebbe potuto comportare un certo svecchiamento della tradizionale impostazione retorica della vita culturale, ma in gran parte i germi di rinnovamento vennero isteriliti dall'adesione del critico ai moduli dell'erudizione positivista, adesione che - come osservava già il De Lollis nel suo necrologio - appare frutto non di una radicata convinzione, ma piuttosto di un complesso di inferiorità di fronte agli ambienti accademici del tempo. Al B. va comunque riconosciuto il merito di essere stato fra i primi universitari italiani a dedicarsi alla letteratura tedesca e a quella che ancora non si chiamava "filologia germanica". Anche con lui però, come con molti fra i germanisti accademici del tempo, siamo di fronte non a un'autonoma impostazione critica italiana, ma a una meccanica recezione dei metodi tedeschi di ricerca e a un provinciale interesse per i rapporti e gli "influssi" (positivisticamente intesi) fra le due letterature e le due lingue. Il bizzarro incrocio fra un attardato romanticismo (in qualche misura di tipo "scapigliato") e un intemperante sfoggio erudito avrebbe raggiunto poi nel Farinelli forme di risonanza europea, ma già nel B. ne abbiamo una prima anticipazione. Se egli esplicitamente respinge un'impostazione glottologica dei propri studi, anche quella filologica risulta superficiale: nelle sue ricerche (L'Italia nell'antica letteratura tedesca, in Nuova Antol., 1º giugno 1887, pp. 424-450; L'influenza italica sulla linguatedesca, in Saggi di letterature straniere, Messina 1896, pp. 345-468; La toponomastica italiana negliantichi scrittori tedeschi, Palermo 1900) i copiosi materiali, privi di vera luce storiografica, sono accozzati in forma di centone e i giudizi risultano per lo più di riporto. Anche per il problemi della cultura popolare vengono passivamente accettate le posizioni correnti (per es., nel campo della filologia finnica, quelle del Comparetti nello studio Il Kalevala, in Saggi di letterature straniere, Messina 1896, pp. 222-345) e manca, nonché un'impostazione moderna, un'originale rimeditazione della problematica romantica o anche di quella positivistica. Le note più personali si hanno dove l'arida struttura erudita fa posto a un discorso più sentimentalmente aperto alla nostalgia per il mondo delle leggende (Leggende boreali, Milano 1886; Natale e capo d'anno nella letteraturanordica, in Saggi..., pp. 101-221). Non diverso è il livello delle ricerche di argomento non germanico. Un'impostazione problematica affiora semmai solo nello studio Il pessimismo nelromanzo russo (in Saggi..., pp. 1-100), anche se si tratta di un problema non di critica letteraria ma di polemica "civile": nonostante l'esplicita simpatia per il mondo psicologico del romanzo nichilistico, il B. conclude con l'augurio che questa letteratura distruttiva ceda il passo a un'arte più serenamente e insieme più combattivamente realistica, che possa avviare il riscatto del popolo russo.
Le opere letterarie del B. più scopertamente documentano (accanto alle lettere al Rapisardi) il fondamento storico della situazione di disagio psicologico in cui viveva lo scrittore (la purezza del mito garibaldino contrapposto alla meschinità della vita borghese, l'idealismo umanitario contrapposto alla brutalità della politica di potenza, dello sfruttamento degli umili, che dal canto loro hanno il torto di concepire la lotta in termini puramente economici). Che si tratti però di una rispondenza passiva risulta dal sintomatico e inorganico giustapporsi dei più disparati modelli e tendenze letterarie, a seconda del genere a volta a volta prescelto. Il novelliere si adagia in un bozzettismo veristico in cui prevale la ritrattistica di personaggi bizzarri, posti ai limiti della normale convivenza sociale e pure depositari di una più profonda umanità (Racconti peloritani, Roma-Torino-Napoli s.d. [1890]; Sul Bosforo d'Italia, Torino 1899). Nei lavori teatrali (A Palermo, nel cit. volume Sul Bosforo d'Italia; Bellini, in Natura ed Arte, XII [1902-1903], n. 9, pp. 581-589; n. 10, pp. 690-699; n. 11, pp. 763-769) la problematica "meridionale" si estenua nelle forme della commedia sentimentale. Tutt'altro il quadro della lirica: alle sopravvivenze sentimentali tardoromantiche si sovrappone una produzione eclettica, in cui gli echi della poesia "civile" del Foscolo, del Manzoni e anche del Carducci trovano un'esteriore unità nel fumoso pathos idealistico e umanitario di un Rapisardi (le due raccolte Novilunio, Milano 1884, e Plenilunio, Milano 1889, poi rifuse in Versi(1880-1892), Girgenti 1893, e Musa crociata, Torino 1897.) Pur contrapponendo coscientemente la propria poesia educativa e magniloquente al vacuo sacerdozio della forma cui gli sembrava ridursi la nuova poesia decadente, il B. era tutt'altro che immune dai pericoli del formalismo, come risulta in particolare dalla sua ultima raccolta (Le Siciliane. Versi, Catania 1900). Le Siciliane rappresentano per altro soprattutto un accademico ritorno al classicismo tradizionale, se si fa eccezione per qualche raro componimento come Nella grotta di Maccagnone in cui, attraverso la patina vichiano-foscoliana di una poesia delle origini preistoriche, sembra quasi di intrasentire qualche nota decadentistica.
Bibl.: C. De Lollis, E. G. B., in R. Università degli Studi diRoma. Annuario dell'anno scolastico 1908-1909, pp. 237-238; T. Massarani, Una nobile vita. Carteggio inedito, II, Firenze 1909, pp. 449-450; M. Rapisardi, Epistolario, Catania 1922, pp. 451-452; F. Granata, Un grande figlio di Messina: E. G. B., in La Gazzetta (Messina), 19 nov. 1937; S. Cannavò, E. G. B.e M.Rapisardi, in Boll. stor. catanese, VI-VII (1942-1943), pp. 193-203.