Educazione fisica
Per educazione fisica si intende l'insieme degli esercizi tendenti a rendere più robusto il corpo e a favorirne l'armonico sviluppo psicofisico. Presuppone un'attività pianificata e vigorosa, tale da indurre un adattamento organico e neuromuscolare e da promuovere adeguate capacità motorie. La pianificazione dell'attività fisica si basa sull'accurata combinazione di esercizi classificabili in funzione dell'obiettivo didattico perseguito.
L'educazione fisica, intesa come educazione della volontà e come strumento fondamentale per l'armonico sviluppo della persona secondo norme igieniche e terapeutiche, nacque e fiorì nella Grecia classica, e da lì si diffuse nel mondo antico insieme con la civiltà ellenica. A Roma, probabilmente a causa degli influssi etruschi, fu inizialmente finalizzata all'addestramento militare, e tale carattere restò essenziale anche quando furono introdotti i sistemi ellenici. La posizione negativa assunta dal cristianesimo, per cui la cura del corpo parve in dualistico antagonismo con quella dell'anima, determinò un sostanziale disinteresse per il problema dello sviluppo psicomotorio dei giovani. Tale tendenza dominò anche nel Medioevo, quando gli esercizi fisici, sia in forme che si richiamavano ai modelli greco-romani, sia in forme innovative, erano riservati, come l'uso delle armi, a una ristretta classe sociale, destinata alla vita militare. Nel periodo umanistico, con la rinascita della cultura classica, anche l'educazione fisica riacquistò un posto essenziale nei sistemi teorici e nella prassi di tutti i grandi educatori. L'esercizio corporeo, visto come strumento di formazione della disciplina e della volontà, nonché di equilibrio psicofisico, ebbe un ruolo fondamentale nel programma di educazione del Quattrocento, come dimostra l'applicazione pratica nella Casa Gioiosa di Vittorino da Feltre, il convitto-collegio da lui fondato a Mantova. In epoca rinascimentale, il medico G. Mercuriale fu tra i fautori del valore educativo dell'educazione fisica, che illustrò nel trattato Artis gymnasticae libri sex (Venezia 1569): vi sono descritte le diverse applicazioni ai sani, agli infermi, ai giovani, ai vecchi, della ginnastica (medica, atletica e bellica), considerata uno dei mezzi più idonei al miglioramento dell'organismo. Nei secoli 16° e 17° molti medici si occuparono dell'applicazione razionale degli esercizi fisici; sono da ricordare a questo proposito A. Gazi, L. Cornaro, G.C. Scaligero, A. Baccio, G. Alessandrini, M. Cagnati, S. Champier, L. Fuchs, L. Joubert.
Nel 18° secolo tanto i pedagogisti italiani quanto quelli d'oltralpe furono favorevoli alla diffusione dell'educazione fisica. Tutto il sistema educativo fu rinnovato, specialmente in Germania, a opera di J.H. Basedow e dei suoi allievi; in particolare ebbe larga fama, anche fuori della Germania, F. Guts Muths, che forse influì sulle concezioni di J.H. Pestalozzi, convinto sostenitore della ginnastica come disciplina scolastica. Nel 19° secolo i problemi dell'educazione fisica s'identificano con quelli dell'educazione in generale e quindi sono parallelamente trattati da pedagogisti e filosofi. I sistemi dominanti in Europa nei primi dell'Ottocento furono quelli svedese, tedesco e inglese. Il primo, fondato da P.H. Ling (1805) con finalità soprattutto fisiologiche, prevedeva l'uso di attrezzi speciali e costituisce la base della ginnastica medica moderna. Il sistema tedesco, di cui fu coordinatore e iniziatore F.L. Jahn, tendeva soprattutto allo sviluppo muscolare, mentre lasciava in secondo piano l'aspetto formativo, essendo rivolto essenzialmente alla preparazione militare. In Inghilterra la ginnastica era intesa e praticata soprattutto come una preparazione allo sport. In Italia prevalsero i sistemi tedesco e svedese (legge Casati del 1859), che subirono varie modifiche. In complesso, però, nonostante la presenza di molti fautori della diffusione dell'educazione fisica nelle scuole e nell'esercito e l'emanazione di varie disposizioni in proposito (per es. la legge Daneo del 1909), il gusto per gli esercizi ginnici e sportivi si è imposto piuttosto tardi. Nel 1923, con la riforma della scuola, l'educazione fisica fu affidata all'Ente nazionale educazione fisica (ENEF), poi assorbito nell'Opera nazionale Balilla (ONB), riordinata e rinnovata, nel 1937, con la costituzione della Gioventù italiana del Littorio (GIL). Con un decreto del capo provvisorio dello Stato dell'8 novembre 1946 l'educazione fisica fu affidata direttamente alla scuola. All'organizzazione e promozione di questa materia provvede, in collaborazione con il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), il Ministero della Pubblica Istruzione, il quale, per restituire alla disciplina il suo valore formativo del carattere e della personalità ha costituito (1947) un Ufficio speciale, ora Ispettorato per l'educazione fisica.
L'insegnamento dell'educazione fisica negli istituti d'istruzione secondaria è stato innovato nel 1982, sulla base di una più adeguata valutazione delle finalità educative della scuola e di più aggiornate indicazioni delle scienze mediche e psicopedagogiche. I programmi muovono dalla premessa che tale insegnamento concorre, con le altre componenti educative, alla formazione globale dei giovani e al loro inserimento nella società civile. Sono stati così individuati i seguenti obiettivi didattici, comuni agli alunni di entrambi i sessi: potenziamento fisiologico; affinamento e integrazione degli schemi motori; consolidamento del carattere, sviluppo della socialità e del senso civico; acquisizione di una cultura delle attività di moto e sportive, che tenda a promuovere la pratica motoria come costume di vita; scoperta e orientamento delle attitudini personali nei confronti di attività motorie che possano tradursi in capacità trasferibili al campo lavorativo e al tempo libero. La preparazione dei docenti di educazione fisica nelle scuole secondarie è affidata agli Istituti superiori di educazione fisica (ISEF), mentre nelle scuole elementari l'educazione fisica rientra nei vari compiti dell'insegnante ordinario. Attualmente l'organizzazione dell'educazione fisica nelle scuole italiane è di nuovo in discussione, in quanto il livello di impegno fisico dell'attività motoria proposta è giudicato troppo basso per sollecitare adeguati processi di adattamento dell'organismo e indurre l'abitudine e il piacere per il movimento. L'attività fisica scolastica ed extrascolastica, praticata in media per 2-3 ore settimanali, è ritenuta troppo sporadica e quantitativamente non idonea a contrastare gli effetti di un'accentuata tendenza alla sedentarietà riscontrata tra i bambini e i giovani. Varie ricerche hanno messo in luce infatti sia un abbassamento del livello delle capacità motorie dei bambini e dei ragazzi, sia un preoccupante incremento del sovrappeso e dell'obesità, nonché dell'incidenza dei disturbi a questi collegati. Inoltre, si è notato che l'attività fisica extrascolastica sfocia prevalentemente in attività agonistiche, e ciò comporta una specializzazione precoce, non sempre proficua per lo sviluppo armonico di tutte le capacità motorie. Per tali ragioni da più parti si auspica l'inserimento di docenti di educazione fisica nelle scuole elementari e, specialmente, l'incremento del tempo dedicato all'educazione fisica in tutti gli ordini e gradi scolastici, in linea con quanto previsto in altri paesi europei, quali Francia, Germania, Gran Bretagna e Norvegia.
Nel linguaggio sportivo un esercizio è inteso come un atto motorio o un insieme di atti motori, organizzati in modo da produrre effetti specifici, al fine di contribuire allo sviluppo e al consolidamento di una o più capacità motorie. Se l'esercizio si basa su un solo atto motorio, l'organizzazione riguarda l'individuazione del tipo di esercizio, la velocità di esecuzione e il numero di ripetizioni. L'atto motorio può essere molto semplice e coinvolgere pochi distretti muscolari (per es. flettere ed estendere un braccio) oppure molto complesso, allargato a diversi distretti muscolari, come nel caso del correre. Quando, invece, l'esercizio si basa su una combinazione di atti motori, la sua organizzazione riguarda non soltanto la velocità di esecuzione e il numero delle ripetizioni, ma anche la modalità di passaggio da un atto all'altro; il salto in alto, per es., comprende una fase di rincorsa collegata al salto vero e proprio. Qualsiasi esercizio persegue un obiettivo didattico ben determinato e, perciò, può essere raggruppato insieme ad altri mirati a conseguire lo stesso obiettivo. Si può dunque parlare di esercizi per lo sviluppo della forza, oppure della scioltezza articolare e, ancora più in dettaglio, di esercizi per lo sviluppo di una determinata espressione della forza (veloce, elastica, oppure resistente) o di esercizi per lo sviluppo della scioltezza dell'anca, della spalla, della caviglia. Più in generale, nell'allenamento sportivo si distinguono gli esercizi per lo sviluppo delle capacità condizionali da quelli finalizzati allo sviluppo delle capacità coordinative, anche se è identificabile una gamma di esercizi che si colloca in posizione intermedia tra i due obiettivi didattici. Si distinguono, inoltre, gli esercizi a carico naturale, ossia con il solo peso corporeo, da quelli con sovraccarichi di varia forma ed entità. Le diverse classificazioni non hanno confini netti e spesso si sovrappongono, cosicché sia un esercizio con sovraccarichi sia un esercizio a carico naturale possono perseguire lo stesso obiettivo didattico, per es. lo sviluppo della capacità di espressione della forza degli arti inferiori. Infine, è invalsa la distinzione fra esercizi generali e specifici: questi ultimi si riferiscono ad atti motori che, per attinenza e somiglianza biomeccanica o bioenergetica, sono riconducibili a una determinata specialità sportiva.
P. Bellotti, A. Donati, L'organizzazione dell'allenamento sportivo-nuove frontiere, Roma, Società Stampa Sportiva, 1992.
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