(struggle for life, o for existence) Locuzioni che esprimono il concetto darwiniano della competizione fra gli organismi viventi, dovuta alla necessità per ciascuno di assicurarsi il nutrimento, lo spazio vitale e la riproduzione: tale l., nella quale soccombono gli individui meno adattati all’ambiente in cui vivono, è alla base della selezione naturale e quindi, secondo Darwin, dell’evoluzione biologica.
Per la lotta agli organismi nocivi ➔ lòtta biològica.
Combattimento corpo a corpo di due contendenti che, senz’armi e attrezzi, cercano di dominarsi e atterrarsi a vicenda con l’allacciamento delle membra e la pressione del corpo; è una gara di forza e di destrezza, praticata fin dall’antichità come competizione agonistica individuale.
Praticata anche da Egizi, Assiro-Babilonesi, Etruschi ed Ebrei, la l. fu conosciuta dai Greci sino da età remota; se ne attribuisce l’invenzione ad Apollo ed Ermete e celebri sono le lotte di Eracle con Anteo, Erice e Cercione. In effetti, la l. come attività sportiva risale alla civiltà greca. I Greci praticavano diversi tipi di l.: uno si combatteva in piedi, cercando di gettare l’avversario a terra per tre volte; un secondo, simile al precedente, veniva praticato prevalentemente in allenamento, perché durava fino alla resa di uno dei contendenti; in un terzo i lottatori si servivano solamente delle dita. Quando fu ammessa anche la l. in ginocchio e a terra non fu più sufficiente atterrare l’avversario per vincere, ma si dovette porlo con le spalle a terra. In Grecia gli atleti si ungevano il corpo allo scopo di tonificare i muscoli, e al tempo stesso spargevano sabbia sulla propria pelle, per le prese. La l. fu inclusa nel programma dei Giochi Olimpici nel 708 a.C. Gare di l. ebbero luogo anche in tutti gli altri agoni dell’età classica ed ellenistica. Il più grande lottatore greco fu Milone di Crotone.
A Roma, la l. ebbe sensibile sviluppo solo nell’età imperiale, e soprattutto nei giochi circensi. In tale periodo prosperarono vere e proprie corporazioni di lottatori professionisti, reclutati in tutte le province dell’Impero, ma particolarmente in quelle africane. Anche a Roma la l. si praticava sia in piedi sia a terra e sempre con l’uso delle gambe e con notevole brutalità. Nel Medioevo, la l. perdette il suo carattere prettamente sportivo, per divenire esercizio per l’educazione fisica dei cavalieri e dei soldati. In tale senso ebbe una diffusione notevole, soprattutto in Germania, nei Paesi Scandinavi e in Gran Bretagna.
La l. nel senso moderno ha avuto origine verso la metà dell’Ottocento in Francia e in Italia e si è rapidamente sviluppata in tutta Europa, nel Medio Oriente e nell’America Meridionale. Tra i pionieri fu il romano B. Bartoletti, cui si attribuisce l’adozione della denominazione ‘l. greco-romana’. La l. ebbe all’inizio un carattere prevalentemente professionistico che presto abbandonò in favore della versione dilettantistica. Nel 1904, con i Giochi di St. Louis, fu ufficialmente ammessa nel programma olimpico, prima solo nello stile libero, poi anche in quello greco-romano. I primi campionati nazionali di l. greco-romana e di l. libera si disputarono rispettivamente nel 1901 e nel 1930. L’attività internazionale italiana ebbe inizio con la partecipazione ai Giochi Olimpici di Londra (1908), dove E. Porro conquistò la prima medaglia d’oro azzurra, nei pesi leggeri; tra gli altri campioni olimpici figurano, sempre per la l. greco-romana, G. Gozzi (1932), P. Lombardi (1948), V. Maenza (1984, 1988), e nella l. libera C. Pollio (1980).
La differenza sostanziale tra i due stili riconosciuti dalla FILA (Fédération Internationale des Luttes Associeés), lotta greco-romana e lotta libera, consiste nel fatto che mentre la prima si pratica senza l’ausilio attivo delle gambe, la l. libera comprende anche prese con le gambe e alle gambe. I combattimenti si disputano su un tappeto imbottito di gommaspugna del diametro di 9 m, circondato da una fascia di protezione dello stesso spessore e di larghezza variabile da 1,20 a 1,50 m (fig. A). La durata dei combattimenti è di 5′, con un prolungamento di 3′ nel caso in cui il punteggio, al termine dell’incontro, sia ancora di zero a zero. La vittoria può essere conseguita prima del limite, per schienata (costringendo l’avversario con le spalle al tappeto per un apprezzabile tempo di arresto; fig. B), per squalifica dell’avversario (a seguito di grave scorrettezza), per passività o per manifesta superiorità sull’avversario, oppure, al termine dell’incontro, ai punti. Le gare vengono in genere disputate sotto forma di tornei della durata di più giorni. Gli atleti sono suddivisi in 10 categorie (48, 52, 57, 62, 68, 74, 82, 90, 100, oltre 100 kg) e indossano un costume a maglia, sbracciato e scollato, lungo fino a metà coscia, l’uno di colore rosso e l’altro di colore blu; calzature leggere e un sospensorio sportivo.
Nella l. greco-romana è vietato afferrare l’avversario sotto le anche, nella l. libera è anche vietata la forbice con le gambe alla testa o al corpo. Le principali azioni tecniche sono: i colpi (tra i più noti, sia nella l. greco-romana sia nella l. libera: il rovesciamento, con torsione, con corsa, con scavalcamento ecc.; la portata a terra, con strappo, con tuffo, con seduta ecc.; lo schiacciamento, con spinta, con torsione ecc.; la proiezione, con rotolamento, con rotazione, con piegamento ecc.); i controcolpi; le combinazioni e le difese. Le posizioni fondamentali assunte dall’atleta all’inizio della gara sono la posizione in piedi, a terra (bassa e alta), in ponte (o mezzoponte).
In campo internazionale le gare sono regolate dalla FILA. In Italia la federazione competente è la FIJLKAM (Federazione Italiana Judo, Lotta, Karate, Arti Marziali).
Nell’accezione più generale, i conflitti tra gruppi sociali consolidati, sostenitori di interessi economici diversi. Nel materialismo storico marxista (Klassenkampf), ampio criterio storiografico (la storia interpretata come storia delle l. di classe), specie in relazione allo sviluppo del capitalismo. Il principio e il programma della l. di classe, contrapposti all’interclassismo e agli interessi borghesi, furono affermati e praticati da molte organizzazioni operaie europee a partire dalla metà del 19° sec. e poi fatti propri da partiti socialisti e comunisti e dai sindacati.