EFEBIA (gr. ἐϕηβία da ἔϕηβοι "che hanno raggiunto la ἥβη, la virilità")
I giovani ateniesi, raggiunta la maggiore età (18 anni), erano dai demoti (v. demi) iscritti nelle liste di leva (ληξιαρχικὸν γραμματεῖον), e al tempo stesso nei ruoli dei cittadini (non si è cittadino prima dell'efebia). Un apposito esame (δοκιμασία τῶν ἐϕήβων, cfr. docimasia) doveva prima accertare per ciascun iscrivendo presentato dal proprio padre ai demoti il sussistere dei necessarî requisiti di libertà e di nascita da iustae nuptiae, e, in via presuntiva, di quello dell'età legale, accertando lo sviluppo fisiologico attraverso un'ispezione somatica, e ciò in mancanza di regolari registri di stato civile che documentassero ufficialmente l'età di ciascuno (la dimostrazione in Paoli, Studi di dir. attico, p. 260 segg.). I demoti decidono per votazione; la βουλή rivede poi la lista degli efebi e se le sembra essere stato iscritto qualcuno minore dei 18 anni, infligge ai demoti una multa.
Superata la docimasia, i nuovi efebi passano, distribuiti per tribù, sotto la sorveglianza di due speciali magistrati elettivi (il σωϕρονιστής, sostituito dopo il 303 a. C. dal κοσμητής, dall'ἐπιμελετὴς τῶν ἐϕήβων). Da appositi maestri (tra cui due πιδοτρίβαι, o maestri di ginnastica) ricevono un'educazione, oltre che militare letteraria e musicale. Partecipano a pubbliche cerimonie religiose e fanno sacrifici per conto proprio a certe divinità. Dopo un anno ricevono dallo stato scudo e lancia, e, prestato il giuramento (la formula in Stob., XLIII, 28, Poll., VIII, 105 - cfr. Lyc., In Leocr., 76-78) servono ancora per due anni (secondo altri per un anno) come περίπολοι, a difesa cioè delle frontiere nei presidî; infine tornano tra gli altri cittadini e termina l'efebia. Durante questa non attendono agli affari, salvo certi casi previsti. Istituita, pare, nel sec. IV, l'efebia è attestata fino alla tarda età imperiale; ma fin dal sec. III subì profonde alterazioni del suo originario carattere militare: cessò perfino (pare) di essere obbligatoria, fu aperta agli stranieri e limitata ad un anno. Copiose testimonianze epigrafiche ce ne attestano l'esistenza anche fuori di Atene, in moltissime altre città quali Argo, Sparta, Tebe, Cipro, Rodi, Efeso, ecc.
Bibl.: Th. Thalheim e J. Oehler, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, coll. 2737-2746; Daremberg e Saglio, Dict., III, p. 621 segg.; J. H. Lipsius, Das Att. Recht, I, Lipsia 1905, p. 282 seg.; U. v. Wilamowitz, Aristoteles u. Athen, I, Berlino 1893, pp. 189 segg. (per la questione cronologica pp. 191-93).