EFESO
(gr. ῎ΕϕεσοϚ; lat. Ephesus; turco Selçuk)
Località della Turchia, situata a km. 70 ca. a S di Smirne, alle foce del Caistro (od. Küçük Menderes).Colonia di fondazione greca sulle coste occidentali dell'Asia Minore, grande porto commerciale e celebre centro religioso legato al culto di Artemide, E. divenne nel 129 a.C. capitale della provincia romana Asia. Devastata dai Goti nel 263, fu oggetto di vasti interventi di restauro promossi da Diocleziano e dai suoi successori. Sino a tutto il sec. 6° il livello economico della città non registrò flessioni, ma l'invasione persiana del 614, cui fecero seguito ininterrotte razzie navali arabe, determinò un sensibile declino nella vita sociale ed economica e profondi mutamenti nel tessuto urbano. Vaste aree furono abbandonate e l'abitato si contrasse all'interno di una nuova cinta, eretta molto probabilmente nel sec. 8°; contemporaneamente venne fortificata anche la collina (Ayasuluk) sulla quale sorgeva il santuario di S. Giovanni, a un miglio a E dalla città, che gradualmente assunse il ruolo di insediamento alternativo.Tra i secc. 7° e 8° E. divenne capitale del tema Thrakésion. A partire dal sec. 9° si cominciò a manifestare una lenta ma progressiva ripresa, solo in minima parte compromessa dall'insabbiamento del porto, i cui impianti furono trasferiti in località vicine. Meta di pellegrinaggi, attratti anche da nuovi centri di spiritualità installatisi nel circondario, sede d'importanti fiere annuali e di concessioni commerciali latine, E. fu anche caposaldo strategico, soprattutto nel sec. 13°, allorquando gli esponenti della dinastia lascaride ristrutturarono le fortificazioni della collina del S. Giovanni, trasformandola in munita cittadella. Conquistata dai Turchi nel 1304, la città visse ancora un lungo periodo di floridezza fino alla conquista ottomana e all'invasione mongola nei primi anni del 15° secolo.I resti monumentali della città romana e bizantina riportati alla luce a partire dalla fine dell'Ottocento sono le testimonianze più eloquenti della grandezza della città. All'età tardoantica e alla prima epoca bizantina deve essere assegnata la ristrutturazione della grande via colonnata (detta Arcadiana), che collegava il teatro al porto, nell'ambito della quale vennero erette in epoca giustinianea quattro colonne, recanti probabilmente sulla sommità le statue degli evangelisti.Nel corso del sec. 4°, il c.d. muséion, un edificio lungo oltre m. 260, posto a N della via Arcadiana, che era stato incendiato dai Goti, fu trasformato in complesso episcopale, articolato in una basilica a tre navate, preceduta da un atrio, che dava accesso sul lato nord al battistero dodecagonale con copertura cupolata e, nel settore ovest, agli ambienti dell'episcopio. In questa basilica, intitolata alla Vergine, si riunirono i concili del 431 e del 449. Già nel sec. 6°, allorquando la sede episcopale era stata trasferita in S. Giovanni, oppure nel sec. 7°, dopo l'invasione persiana, all'interno della grande basilica venne creato un nuovo impianto ecclesiale a croce inscritta cupolata, interamente in laterizio, il cui cantiere tuttavia non fu mai portato a compimento, tanto che si provvide a ristrutturare il settore est dell'antica basilica utilizzandone l'abside; in questa fase le tre navate erano scandite da pilastri con archi. Tale restauro è stato datato genericamente al sec. 8°, mentre è stata ricondotta al sec. 13° la fase susseguente, che vide la chiesa trasformata in cinque navate divise da colonne. Parallelamente il complesso aveva assunto la funzione di chiesa cimiteriale.Alla fase di forte sviluppo dell'edilizia cristiana nei secc. 4°-6° va ricondotta anche la monumentalizzazione del complesso cimiteriale dei Sette Dormienti, scavato nelle pendici orientali del monte Pìon (od. Panayr-Daǧ), che, iniziato molto probabilmente all'epoca di Teodosio I (379-395), culminò nel sec. 6° con la costruzione del mausoleo cupolato di Abradas. La sopravvivenza cultuale del complesso sino a epoca comnena e lascaride è testimoniata da una serie di decorazioni pittoriche.Il monumento cristiano più importante di E. fu comunque il santuario di S. Giovanni, eretto sulla tomba dell'apostolo. La secolare storia architettonica del complesso inizia con un semplice edificio quadrangolare, eretto direttamente sulla tomba venerata. Verso la metà del sec. 5° il martýrion fu incorporato da un grande edificio cruciforme con copertura lignea, i cui bracci erano scanditi da colonne in tre navate, a eccezione di quello orientale, monoabsidato, articolato in cinque navate. La ricostruzione della chiesa fu promossa dal vescovo Ipazio, con il munifico intervento di Giustiniano, intorno all'anno 548. Venne mantenuto l'impianto cruciforme, ma, a somiglianza della chiesa costantinopolitana dei Ss. Apostoli, l'edificio venne coperto con una serie di sei cupole su possenti pilastri, due delle quali poste sul braccio occidentale, più lungo degli altri.L'arredo architettonico e liturgico dell'edificio era estremamente sontuoso, realizzato in gran parte con marmi inviati dalla capitale, tangibile attestato del favore di Giustiniano, il cui nome, insieme a quello di Teodora, sigla i capitelli ionici a imposta delle navate e delle gallerie. L'edificio era preceduto a O da un grande atrio, su terrazzamento, al quale si accedeva da una scalinata; sul lato nord esso venne invece collegato al preesistente battistero, ottagonale con copertura cupolata, affiancato da due vani longitudinali. Sempre sul lato nord, ma più a E, fu costruito, forse alla fine del sec. 6°, uno skeuophylákion (ambiente annesso per conservare gli arredi liturgici), in forma di ottagono cupolato su due piani, inscritto in un quadrato, collegato sia alla chiesa sia al battistero attraverso un nartece a forcipe, che dava accesso anche a un piccolo vano absidato, in cui si conservano tra l'altro interessanti resti di pitture databili all'11° secolo. Alla medesima epoca si possono ricondurre anche i resti di un sontuoso témplon marmoreo.Il santuario fu protetto nel sec. 8° da una cinta muraria, all'interno della quale nel sec. 13° fu costruita una fortezza con torri quadrangolari e pentagonali, che racchiuse i resti di una cappella absidata del sec. 6°, identificata dalle leggende medievali come l'oratorio in cui s. Giovanni aveva scritto il suo vangelo. Nel 1304 il santuario fu saccheggiato e il bottino comprese anche una preziosa stauroteca, donata nel sec. 9° dal cesare Barda; la stauroteca, nota anche con l'appellativo di Croce degli Zaccaria, fu data in pegno ai Genovesi di Focea e giunse più tardi a Genova, dov'è conservata nel Mus. del Tesoro di S. Lorenzo.La collina giovannea era rifornita d'acqua da un acquedotto costruito molto probabilmente da Giustiniano e più volte restaurato fino all'epoca selgiuqide; di quest'epoca si segnala, nell'ambito di una estesa attività edilizia, la costruzione della grande moschea di Isa Bey nel 1375, progettata da un architetto di Damasco.
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