EFETI (ἐϕέται, ephĕtae)
Giudici ateniesi incaricati di giudicare in tre tribunali diversi le cause di omicidio. Incerta è l'etimologia del nome. Erano 51; ignoriamo in qual modo essi fossero scelti originariamente; all'epoca di Aristotele erano estratti a sorte. Condizioni necessarie per essere nominati efeti erano: l'età superiore ai 50 anni, una vita incensurata, l'appartenenza alla classe degli eupatridi (questo requisito è affermato dal De Sanctis, negato dal Miller; è probabile che solo all'età di Draconte esso sia stato necessario). È discusso se gli efeti esistessero già al tempo di Draconte, o se invece siano stati istituiti da esso.
Secondo il Miller, il collegio degli efeti fu istituito per limitare il campo di attività dell'Areopago, col quale, prima di Solone, esso condivideva la giurisdizione criminale. Con Solone invece le cause più importanti furono tolte agli efeti per essere affidate all'Areopago. L'attività degli efeti si svolgeva in 3 tribunali (Arist., 'Αϑ. πολ., 57; cfr. Plut., Sol., 19,4): nel Palladio si discutevano le cause di omicidio involontario e di uccisione di servi, meteci, forestieri; nel Delfinio quelle in cui taluno confessava di aver ucciso un altro, ma sosteneva di averlo fatto legittimamente (ϕόνος δίκαιος), p. es. per averlo sorpreso in adulterio o per non averlo riconosciuto in guerra; nel Freatto contro colui che, assente, veniva accusato di omicidio o di ferimento. Il tribunale era presieduto dal Βασιλεύς (Arist., loc. cit.) ossia dall'arconte re, che aveva giurisdizione sacrale. Sembra che in età posteriore, tra il 403 e il 397 a. C., il Palladio appartenesse agli Eliasti (Dem., LIX, 10; Isocr., XVIII, 52).
Bibl.: G. De Sanctis, Ατϑίς, 2ª ed., Torino 1912, p. 169 segg.; Ch. Lécrivain, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités gr. et rom., II, pp. 644-647; G. Busolt, Griech. Staatskunde, II, Monaco 1926, pp. 803 segg., 811 segg.; I. Miller, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IX, col. 2824 segg.