GORRA, Egidio
Nacque il 1° giugno 1861 a Fontanellato, presso Parma, da Fausto e da Barbara Ranza. Originaria di Piacenza, la famiglia vi fece ritorno pochi anni dopo la nascita del G., che vi frequentò le scuole tecniche e l'istituto tecnico, ottenendo la licenza nella sezione fisico-matematica. Riuscì poi, studiando privatamente il latino e il greco, a conseguire anche la licenza liceale (dopo aver abbandonato la facoltà di matematica, cui si era in un primo tempo rivolto). Si iscrisse quindi alla facoltà di lettere di Torino, dove fu allievo di A. Graf (e dove conobbe V. Cian, cui l'avrebbe legato una lunga amicizia), per passare dopo un anno all'Istituto di studi superiori di Firenze, dove si laureò il 1° luglio 1886 sotto la guida di A. Bartoli e di P. Rajna. L'inizio della carriera di insegnante nelle scuole medie inferiori a Fiorenzuola e quindi a Piacenza non lo distolse dagli studi, il che gli permise di ottenere un posto di perfezionamento interno all'Università di Torino, sempre sotto la direzione del Graf e di R. Renier. Nel successivo anno accademico (1890-91) proseguì il perfezionamento prima a Berlino, dove seguì i corsi di linguistica francese e provenzale e di storia della poesia provenzale di A. Tobler, quindi a Parigi, come allievo di G. Paris e di P. Meyer al Collège de France e all'École des hautes études: qui conobbe tra gli altri A. Farinelli, con il quale mantenne sempre uno stretto vincolo di amicizia.
Intanto il G. lavorava alle sue prime opere. Tradotta la Storia dell'epopea francese nel Medio Evo di C. Nyrop (Firenze 1886), pubblicò, nella loescheriana "Biblioteca di testi inediti o rari" diretta da R. Renier, i Testi inediti di storia troiana, preceduti da uno studio sulla leggenda troiana in Italia (Torino 1887), un tipico esempio di lavoro erudito-filologico della scuola storica, destinato a una lunga utilità, e presto seguito dall'introduzione a Il Fiore, riveduto sul manoscritto da G. Mazzatinti (in appendice a Manoscritti italiani delle biblioteche di Francia, III, 5, Roma 1888). Tra il 1890 e il 1892 pubblicò nella rivista tedesca Zeitschrift für romanische Philologie due saggi su La fonetica del dialetto di Piacenza (XIV [1890], pp. 133-158) e Il dialetto di Parma (XVI [1892], pp. 372-379), ma il più rilevante dei primi scritti di oggetto linguistico del G. è Dell'epentesi di iato nelle lingue romanze (in Studi di filologia romanza, VI [1893], pp. 465-597). Altri lavori di linguistica a carattere manualistico apparvero nella collana dei "Manuali Hoepli": Lingue neolatine (Milano 1894) e Morfologia italiana (ibid. 1895); quindi, più avanti, l'antologica Lingua e letteratura spagnola delle origini (ibid. 1898).
Le inclinazioni del G. lo portavano però più che a studi di carattere linguistico, a quelli letterari. Una prima raccolta di questi ultimi si trova nel volume zanichelliano Studi di critica letteraria (Bologna 1892), che comprende, oltre a saggi sul Roman de la rose, sull'autore del Pecorone e sul Reggimento di Francesco di Barberino, l'importante studio Il "Cavaliere errante" di Tommaso III di Saluzzo, che dimostra la notevole caratura dell'erudizione del G., abile nella ricerca su materiale anche inedito (vengono indagati in particolare un manoscritto parigino e uno torinese).
Nel 1892 il G. ottenne a Torino la libera docenza in storia comparata delle letterature neolatine: in quella disciplina tenne il suo primo corso come incaricato nel 1894 presso l'ateneo torinese. Aveva intanto praticato l'insegnamento secondario, prima nel ginnasio comunale di Piacenza, poi, per incarico, a Torino, conseguendo infine la cattedra di italiano a Trani. Subito dopo, nel 1896, vinse il concorso per professore straordinario (poi ordinario) di storia comparata delle letterature neolatine presso l'Università di Pavia. Occupando tale posto sino al 1915, arrivò a essere eletto preside della facoltà di lettere e filosofia (1907-10) e rettore dell'ateneo pavese (1913-15).
La produzione critica di fine Ottocento fu raccolta dal G. nel volume hoepliano Fra drammi e poemi. Saggi e ricerche (Milano 1900), in cui spiccano lavori di ricerca delle fonti (in particolare Una romanza spagnuola nella poesia popolare e nel teatro: l'"Alarcos" di Federico Schlegel, La teorica dell'amore e un antico poema francese inedito e l'ampio contributo Il dramma religioso di Calderón de la Barca). Da notare anche il saggio conclusivo Delle origini del dramma moderno, in cui il G., riprendendo in parte F. De Sanctis, teorizza la flebilità del sentimento tragico non solo degli Italiani, ma più in generale dei popoli latini, eredi della vis comica della Roma antica (contrapposti, naturalmente, ai popoli germanici, più portati al tragico). La vistosa discutibilità dell'ipotesi è parzialmente compensata da alcune osservazioni non inopportune sul tendenziale lirismo della tragedia italiana, e in particolar modo di quella alfieriana.
Anche se continuò a pubblicare saggi sulla poesia italiana e francese delle origini, gli ultimi venti anni della vita del G. furono, dal punto di vista scientifico, dominati dagli studi danteschi, che l'autore non fece a tempo a raccogliere in un ponderoso volume pur progettato prima della morte. L'esordio in questo campo avvenne con Il primo accenno alla Divina Commedia (Piacenza 1898, ripreso in Fra drammi e poemi), sulla dibattuta questione del momento in cui si definisce il progetto del poema. L'anno dopo apparve presso Zanichelli Il soggettivismo di Dante (Bologna 1899), in cui era sostenuta una tesi meno incautamente psicologistica di quanto farebbe presumere il titolo: Dante sarebbe soggettivista in quanto riproduce fedelmente l'oggettiva realtà storica del suo tempo, personalizzandola in un approccio totalmente lirico.
Circa il presunto lirismo a tutto tondo della Commedia va registrato il dissenso di E.G. Parodi, espresso in una lunga recensione (Boll. della Società dantesca italiana, VII [1899], pp. 1-36). Sempre col Parodi e con M. Barbi ebbe a questionare il G. circa i tempi di composizione della Commedia (tema allora assai in voga) in due articoli apparsi nei Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XXXIX (1906-07), pp. 666-689, 827-852. Oltre alla traduzione di A. Bassermann, Sulle orme di Dante in Italia (Bologna 1902), sono poi da ricordare almeno i saggi Carlo I d'Angiò nel Purgatorio dantesco (in Miscellanea in onore di A. Graf, Bergamo 1903, pp. 741-773), I "nove passi" di Beatrice (in Romanische Forschungen, XXIII [1907]), e Dante e Clemente V (in Giorn. stor. della letteratura italiana, LXVII [1917], pp. 193-216), questi ultimi due tesi anch'essi a inferire una cronologia bassa circa la composizione del poema.
Dal 1° nov. 1915, dopo la scomparsa di R. Renier, il G. venne chiamato a occupare la cattedra di storia comparata delle letterature neolatine presso l'Università di Torino, dove sarebbe restato sino alla morte. Vincendo poi qualche perplessità iniziale, accettò di dirigere il prestigioso Giornale storico della letteratura italiana, principale organo della scuola storica di ala danconiana che la morte del Renier e, a breve distanza, quella di F. Novati avevano lasciato privo di direzione (si veda in proposito la lettera del G. a C. Salvioni dell'11 febbr. 1916 riportata in Carini, pp. 34 s.).
Nel suo primo editoriale, Riprendendo il cammino, pubblicato nel f. 199 della rivista, il G. proclamava la propria fedeltà alla tradizionale linea di ricerca: "Il Giornale riprende dunque la via; quella via che fu segnata e per lunghi anni percorsa da' suoi fondatori. L'indirizzo e il carattere fondamentali rimangono quali questi li vollero, quali gli studiosi li vogliono; l'indagine letteraria sarà cioè "storica" nel senso ampio della parola, per altri indirizzi o tendenze il nostro paese dispone di organi di grande autorità e valore" (Giorn. stor. della letteratura italiana, LXVII [1916], p. 15). Ma i tempi non sorridevano più alla scuola storica e lo stesso G. ne era un esponente di seconda generazione ma anche di seconda fila. Pur non essendo lontano da quelle premesse che avevano spinto V. Cian ad auspicare in una prolusione torinese del 1914 una "buona intesa" tra metodo storico e metodo estetico, il G. attaccò sul Giornale B. Croce, che della scuola estetica era l'indiscusso capofila, stigmatizzando in sede di recensione (Boll. bibliografico, ibid., LXX [1917], pp. 357-361), non senza una certa sarcastica ruvidezza, alcune riserve sulla scuola storica da quello espresse nel volumetto Gli scritti di Francesco De Sanctis e la loro varia fortuna (Bari 1917). Risentito, il Croce si scagliò contro la ristrettezza mentale del G., coinvolgendo nella condanna la comunità dei docenti universitari dediti al metodo storico (Rivista bibliografica, in La Critica, XV [1917], pp. 322-324).
Non troppo toccato dagli strali crociani, il G., seguendo il lento tramonto della scuola cui apparteneva, morì il 27 ag. 1918, dopo poco più di un mese di degenza nella clinica neuropatologica dell'Università di Pavia.
Fonti e Bibl.: A. Balsamo, E. G., in Boll. stor. piacentino, XIII (1918), pp. 49-56 (con bibl. delle opere); V. Cian, In cammino, in Giorn. stor. della letteratura italiana, LXII (1918), pp. 225-244; A. Farinelli, E. G., in Nuova Antologia, 1° febbr. 1919, pp. 256-264; s. db. [S. Debenedetti?], in Annuario accademico della R. Università degli studi di Pavia, 1921-22, pp. 367-369 (necr.); D. Bianchi, Figure di critici. E. G., in Boll. stor. piacentino, LVI (1961), pp. 47-64; R. Schippisi, Due piacentini studiosi di Dante tra Ottocento e Novecento, Ildebrando Della Giovanna e E. G., in Piacenza a Dante nel settimo centenario della nascita, Piacenza 1967, pp. 126-139; D. Bianchi - G. Grana, E. G., in Letteratura italiana. I critici, II, Milano 1969, pp. 929-942 (il contributo di Bianchi, pp. 929-937, riproduce in parte il suo articolo sopra citato); C.F. Goffis, G., E., in Enc. dantesca, III, p. 252; S. Carini, Motivi culturali e civili nelle lettere di E. G., in Boll. stor. piacentino, LXXIX (1984), pp. 21-37; G. Tammi, E. G., in Diz. biogr. piacentino(1860-1980), Piacenza 2000, sub voce.