(gr. ᾿Ελαγάβαλος; lat. Elagabălus) Divinità solare siriaca, era il Baal di Emesa. Erodiano ci fornisce, grecizzato, il nome originario del dio, Elaiagabalos, cioè il «dio della montagna»: forse perché il suo tempio a Emesa era situato sulla rocca. E. conobbe un momento di grande ma effimera fortuna a Roma con il principato di Elagabalo (lat. M. Aurelius Antoninus, detto Elagabalus o Heliogabalus; Emesa 204 - Roma 222), che, già sacerdote del dio a Emesa dove Macrino aveva relegato la sua famiglia, volle fare di E. la divinità suprema protettrice di Roma, trasportandone la pietra simbolica che lo rappresentava e il culto nell’urbe; qui fu edificato sul Palatino un tempio per la nuova divinità (Deus invictus Sol Elagabalus). Dopo la morte dell’imperatore, il culto di E. a Roma fu soppresso e la pietra sacra rinviata a Emesa.
E., nato da Sesto Vario Marcello e Giulia Soemiade, figlia di Giulia Mesa, cognata di Settimio Severo, fu fatto passare come figlio naturale di Caracalla e fu proclamato imperatore nel 218 dalla legione romana di Emesa, grazie agli intrighi della madre e della nonna. Macrino si oppose, ma fu abbandonato dalle sue stesse truppe, sconfitto presso Antiochia dai rivoltosi, e poi ucciso. Dopo che alcuni tentativi di opposizione erano stati repressi, nel 219 E. raggiunse Roma, dove si dedicò a vita dissoluta e lasciò il governo nelle mani di Giulia Mesa, la quale fece sì che E. associasse al trono Alessandro Severo, figlio dell’altra sua figlia Giulia Mamea. Diffusosi sempre più il malcontento per il malgoverno, E. fu ucciso dai pretoriani.