ELETTRODINAMICA quantistica
Necessità di una elettrodinamica quantistica. - La meccanica quantistica (v. XXVIII, p. 592 e in questa App.), malgrado i mirabili successi ottenuti nello spiegare la costituzione degli atomi e delle molecole, non può essere considerata una descrizione fisica chiusa, ma va completata con una teoria pure quantistica del campo elettromagnetico e delle interazioni di questo con la materia; alla teoria così ampliata si dà il nome di elettrodinamica quantistica.
Ci si convince di questo già semplicemente dando uno sguardo allo sviluppo storico della teoria dei quanti: questa ebbe la sua origine (1900) con la soluzione data da M. Planck al problema dell'equilibrio di radiazione, e le successive importanti tappe furono l'ipotesi di A. Einstein dei quanti di luce (1905) e la teoria di N. Bohr degli spettri atomici (1913). La natura quantistica della radiazione elettromagnetica e del meccanismo di interazione di essa con la materia sono stati dunque i primi fatti sperimentali che hanno dato origine alla teoria dei quanti.
La necessità di una teoria del campo elettromagnetico costruita secondo i principî ed i metodi della meccanica quantistica risulta chiara dalle ricerche di N. Bohr e L. Rosenfeld i quali, analizzando procedimenti di misura delle grandezze del campo elettrico e di quello magnetico, hanno dedotto l'impossibilità di misurare contemporaneamente in una stessa regione dello spazio tutte le componenti di questi campi. Vale una relazione di indeterminazione del tipo
(e quelle che si deducono permutando circolarmente xyz) dove ΔEx e a ΔHy sono le indeterminazioni in una misura del valore medio della componente indicata su un volume di dimensione lineare l e h, c sono la costante di Planck e la velocità della luce. La [1] è analoga al principio di indeterminazione di Heisenberg per le particelle materiali e si deduce dal fatto che, per misurare le grandezze di campo che vi figurano, si ha bisogno di un corpo di prova carico elettricamente e che questo è soggetto alle leggi della meccanica quantistica. Si ricordi viceversa che il principio di indeterminazione per le particelle materiali deriva dalle proprietà quantistiche del raggio di luce di cui ci si serve per determinare la posizione della particella e si avrà la chiara visione del fatto, sottolineato da Bohr e Rosenfeld, che la meccanica quantistica e la teoria quantistica del campo elettromagnetico (come la tratteggeremo brevemente) formano due parti inscindibili del corpo completo della teoria dei quanti, ciascuna delle quali è logicamente connessa con l'altra e perde consistenza logica se l'altra viene a mancare.
La creazione, infine, di una elettrodinamica quantistica rientra nel programma generale di dare alla meccanica quantistica una forma soddisfacente al principio di relatività ristretta, cioè invariante per trasformazioni di Lorentz.
Il campo elettromagnetico nel vuoto. - Il formalismo della meccanica quantistica si applica senza difficoltà ad un qualunque sistema che si possa descrivere classicamente in termini hamiltoniani. Ora il campo elettromagnetico può appunto (I. Jeans) rappresentarsi come un sistema dinamico ad infiniti gradi di libertà. Il metodo usuale consiste nel considerare la radiazione chiusa in una scatola molto grande a pareti riflettenti. Se si assumono come grandezze del campo le tre componenti del potenziale vettore ??? (da cui si possono ricavare il campo elettrico e quello magnetico; si approfitta dell'arbitrarietà dei potenziali per poter prendere uguale a zero il potenziale scalare), questo può svilupparsi in serie di onde stazionarie a coefficenti variabili col tempo
Il campo elettromagnetico si presenta come un sistema meccanico la cui configurazione sia individuata dalle coordinate lagrangiane qk. L'evoluzione del sistema nel tempo può ritenersi regolata da equazioni di Hamilton Jacobi con una hamiltoniana del tipo
dove νk è la frequenza dell'onda stazionaria corrispondente. La [2] è la forma che prende l'energia totale della radiazione e si presenta come la somma di tante hamiltoniane di oscillatori armonici.
Per passare alla descrizione quantistica del campo elettromagnetico basta quantizzare ciascun oscillatore con le regole usuali della meccanica quantistica. Fatto ciò, si può dimostrare che il sistema ottenuto è matematicamente equivalente ad uno costituito da un numero indeterminato di particelle uguali che soddisfino la statistica di Einstein-Bose. In questo formalismo risultano così unificate la concezione corpuscolare e quella ondulatoria della luce. Nello stesso schema matematico si trovano operatori che rappresentano quelle grandezze osservabili, che sono le componenti del campo elettromagnetico, ed altri operatori che rappresentano le altre grandezze osservabili, che sono il numero dei fotoni che possiedono certe energie, impulsi e stati di polarizzazione. Queste due specie di operatori non commutano, il che rispecchia il fatto fisico che le grandezze corrispondenti non possono misurarsi contemporaneamente: l'aspetto corpuscolare e quello ondulatorio della luce sono complementari nel senso di Bohr.
Dal formalismo seguono anche delle relazioni di commutazione fra le componenti del campo elettrico e magnetico. Il fatto che non tutte queste componenti commutino, ha per conseguenza la impossibilità di misurarle insieme. Il formalismo viene così a contenere quelle relazioni [1] di indeterminazione, che, come abbiamo accennato possono dedursi per tutt'altra via.
Imerazione del campo elettromagnetico con la materia. - Il primo passo in questo senso è la teoria della radiazione di P. A. M. Dirac (1927), che dà una rappresentazione teorica del tutto soddisfacente dei fenomeni di assorbimento, emissione e sparpagliamento (scattering) della luce da parte di un sistema atomico.
L'atomo ed il campo elettromagnetico sono fusi in un unico sistema secondo i metodi della meccanica quantistica, attribuendo a questo sistema totale una hamiltoniana che è la somma delle hamiltoniane dei due sistemi costituenti, più un opportuno termine di interazione. Il. sistema campo elettromagnetico rappresenta le onde luminose trasversali o i fotoni, mentre l'interazione coulombiana fra le particelle cariche che costituiscono l'atomo è inclusa nella hamiltoniana di questo. Dal punto di vista teorico della concezione maxwelliana, che considera il campo statico coulombiano e le onde luminose come un tutto unitario, questa separazione è insoddisfacente. Dato che per una trasformazione di Lorentz la parte statica e quella ondulatoria del campo si trasformano l'una nell'altra, essa ha la conseguenza che la teoria non è relativisticamente invariante. Questi inconvenienti vengono ovviati nella elettrodinamica generale che considera, anziché l'interazione di un sistema atomico precostituito col campo elettromagnetico, direttamente l'interazione con esso delle particelle elementari cariche e permette così il ritorno ad una concezione unitaria del campo. Di essa sono state date varie formulazioni sostanzialmente equivalenti, fra cui quelle di W. Heisenberg e W. Pauli (1929-30) e di E. Fermi (1929-30).
In queste teorie, come hamiltoniane delle singole particelle cariche (elettroni), sono prese quelle della teoria relativistica dell'elettrone di Dirac. Si ha così modo di tener conto dei fenomeni in cui intervengono elettroni positivi e di avere un formalismo relativisticamente invariante, se pure questa invarianza relativistica vada dimostrata in modo non sempre semplice. Sviluppi ulteriori che non alterano la sostanza fisica della teoria, ma che hanno un alto interesse matematico, sono rappresentati dalle teorie con più tempi come quelle di P. A. M. Dirac, V. Fock e B. Podolsky (1932); un loro grande vantaggio sta nel fatto che le equazioni sono scritte senz'altro in forma relativisticamente invariante.
L'elettrodinamica quantistica, oltre a contenere tutti i risultati della teoria della radiazione di Dirac, dà una buona descrizione di un gran numero di fatti sperimentali, riguardanti l'interazione delle particelle cariche con il campo elettromagnetico. Fra i fenomeni più importanti nominiamo i seguenti: effetto Compton (O. Klein e H. Nishina, 1929), annichilamento di coppie elettrone positrone con emissione di fotoni (Dirac, 1930, H. A. Bethe, 1935), creazione di coppie (Bethe e W. Heitler, 1934), Bremsstrahlung, cioè irraggiamento di fotoni da parte di una particella carica frenata (Bethe e Heitler, 1934). Alcuni di questi fenomeni non hanno addirittura equivalente nella concezione classica. Per quelli che l'hanno, la trattazione quantistica presenta una netta superiorità nei confronti con l'esperienza; la verifica sperimentale è buona anche se sono in giuoco energie piuttosto elevate, come avviene ad esempio nei processi che hanno luogo nella componente molle della radiazione cosmica.
Aspetto problematico. - Per trarre le conseguenze della teoria, si risolvono le equazioni con un metodo di perturbazione, basato sullo sviluppo della soluzione in serie di potenze della carica elettrica delle particelle. Si hanno così per la soluzione successive approssimazioni: si verifica allora lo strano fatto che in generale la prima approssimazione non nulla dà già un buon accordo con l'esperienza, mentre le successive contengono termini divergenti e non hanno quindi significato fisico; è questo uno dei numerosi aspetti problematici della teoria, i quali sono collegati al problema della struttura dell'elettrone e riguardano le difficoltà che sorgono nello studio delle interazioni del campo elettromagnetico con le particelle cariche. La ricerca dell'ultimo periodo è caratterizzata da tentativi di risolvere queste varie difficoltà e di ottenere uno schema privo di contraddizioni; sono da menzionare le ricerche di M. Born e L. Infeld (1934 e seguenti), di P. A. M. Dirac (1933-42 e seguenti), di W. Heitler (1942) e di M. Born e H. W. Peng (1944). In alcune di queste si è ritenuto necessario procedere innanzitutto ad una revisione dei principî dell'elettromagnetismo classico non quantistico) e cioè delle equazioni di Maxwell. Ma si tratta di concezioni ancora in piena evoluzione.
Bibl.: Per le basi logico-formali della teoria: P. A. M. DIrac, The Principles of Quantum Mechanics, Oxford 1947; G. Wentzel, Einführung in die Quantentheorie der Wellenfelder, Vienna 1943. Per una trattazione portata fino al dettagliato confronto con l'esperienza: W. Heitler, The Quantum Theory of Radiation, Oxford 1944.