DALLA COSTA, Elia
Nacque a Villaverla, nei pressi di Vicenza, il 14 maggio 1872, da una famiglia della piccola borghesia. Il padre Luigi, segretario comunale, educò da solo Luigi ed Elia, gli unici sopravvissuti di una famiglia di cinque figli, dopo la morte della moglie, Teresa Dal Balcon, avvenuta ad appena sei mesi dalla nascita del Dalla Costa. Frequentò il ginnasio a. Vicenza e nel 1886 entrò nel seminario vescovile di quella città, dove, seguendo il liceo ed i corsi di teologia, rimase fino al 1895, anno della sua ordinazione sacerdotale. La figura di mons. Giovanni Veronesi, rettore del seminario vicentino dal 1887 al 1923, sembra aver influito notevolmente come modello spirituale e ascetico sul D. e sugli altri sacerdoti della diocesi. Il corso di studi per il clero diocesano si connotava per urta impostazione classico-umanistica nel periodo del ginnasio e del liceo e per l'indirizzo neotomista negli studi teologici. Nel 1894, terminato il terzo anno di teologia, il D. si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia dell'ateneo di Padova. Seguì i corsi con impegno, riuscendo a laurearsi nel 1898, con il massimo dei voti, discutendo una tesi in letteratura latina. In quella facoltà egli frequentò anche le lezioni del filosofo Roberto Ardigò, diligentemente, ma con un certo distacco, senza che se ne trovi traccia nei suoi scritti o discorsi successivi. La possibilità di iscriversi all'università, di norma negata ai chierici, gli fu probabilmente consentita, sia per le sue spiccate doti intellettuali sia per l'adesione piena all'orientamento teologico prevalente nella Chiesa cattolica in quel periodo.
Dopo un anno come cappellano a Villaverla, il D. fu chiamato ad insegnare in seminario, nonostante la sua predilezione per l'attività pastorale. Nel 1899 fu inviato a Pievebelvicino per curare disturbi di natura bronchiale e, dal 1900 al 1911, prima come cappellano e poi come parroco, risiedette a Pozzoleone, piccolo centro agricolo dell'alta pianura vicentina, dove i contadini vivevano alquanto poco veramente. Nel 1911 il vescovo Rodolfi nominò il D. parroco a Schio, zona industrializzata per la presenza dei lanifici Rossi. Come già a Pozzoleone, anche qui, benché in una situazione diversa per gli insediamenti operai, egli si impegnò unicamente nella vita liturgica e nella catechesi.
Dal 1923 al 1931 il D. fu vescovo della diocesi di Padova.
Il suo programma pastorale si incentrava sui tre cardini fondamentali dell'"istruzione religiosa, del culto eucaristico, dell'Azione cattolica". La catechesi, in particolare, veniva indicata come la principale risposta agli errori del mondo moderno, secondo una lettura della secolarizzazione della società, cqxa all'intransigentismo ottocentesco, che era stata ripresa da Pio X e da Pio XI. Anche l'Azione cattolica riceveva notevole impulso dal governo pastorale del D., ma con una impostazione diversa rispetto a quella sviluppatasi durante l'episcopato di mons. Pellizzo. Negli anni 1923-31, nel mutato clima politico, egli si attenne rigidamente alle indicazioni romane e ribadì più volte la scelta "religiosa" dell'associazione. In questa linea, che corrispondeva profondamente a tutta la sua impostazione spirituale e pastorale, sono da collocare i frequenti richiami al clero perché si ponesse al di fuori e al di sopra dei dibattiti e delle competizioni politiche. Si assisteva così nella diocesi padovana, in quegli anni, a una diminuzione delle associazioni a carattere sociale e a un incremento delle confraternite, pie unioni ed organismi e comitati per la difesa ed il rinnovamento del costume morale. Ribadendo l'ambito unicamente religioso dell'Azione cattolica, il D. difese molto decisamente l'associazione dagli attacchi e dalle violenze fasciste, tanto nel '25 quanto nel '31.
Nominato arcivescovo di Firenze nel dicembre del 1931, il D. reggerà la diocesi fino al 1958, lasciando un'impronta precisa nella struttura diocesana e nella formazione del clero. Fin dai primi mesi del 1932 il nuovo vescovo annunciava con chiarezza e decisione quelle che sarebbero state le linee portanti del suo governo: concilio plenario etrusco (che si sarebbe svolto nel maggio 1933), sinodo diocesano (celebrato poi nel settembre 1935), visite pastorali (condotte con molta cura e zelo), riforma dei seminari.
Un problema cruciale per il governo della diocesi fiorentina era da tempo quello della formazione del clero. Infatti i futuri sacerdoti erano suddivisi tra il seminario di Cestello, collegio Eugeniano, convitto della Calza e seminario di Firenzuola, destinato quest'ultimo ai chierici provenienti dalle montagne dell'Appennino. L'arcivescovo, seguendo le indicazioni della Congregazione dei seminari e richiamandosi al codice di diritto canonico, decise ben presto di riunire in un unico, nuovo ed ampio seminario minore tutti i chierici più giovani, separandoli dagli alunni del liceo e di teologia che rimanevano nel seminario di Cestello.
Il 13 marzo 1933, poco prima del concilio plenario etrusco, Pio XI elevò alla dignità cardinalizia il D., che veniva anche nominato legato pontificio all'assemblea dei vescovi toscani. Nel celebrare il concilio etrusco e il sinodo diocesano, si mirava a realizzare una maggiore uniformità disciplinare sia nella diocesi sia nella regione, in relazione principalmente alla promulgazione del codice di diritto canonico del 1917.
Una delle novità di maggior rilievo introdotta dal sinodo fu la suddivisione della diocesi in cinque vicariati urbani e trentanove foranei. Parallelamente venne attuato lo smembramento delle parrocchie più estese e vennero istituite nuove parrocchie, soprattutto urbane. Ma, oltre che alla riorganizzazione strutturale e disciplinare della diocesi, molto rilievo venne dato dal D. anche ad una adeguata preparazione del clero. Il concilio etrusco e soprattutto il sinodo furono l'occasione per delineare un modello di spiritualità sacerdotale. Questo aspetto emerge sia dalle disposizioni conciliari e sinodali sia dalle omelie tenute durante il sinodo, pubblicate con il titolo di Esortazioni al clero. Nella stessa prospettiva sono da ricordare Videte vocationem vestram (1938), dedicato ai seminaristi fiorentini, che conobbe una vasta diffusione, e Inspice et fac, che raccoglie le omelie pronunciate nel successivo sinodo fiorentino del 1946. Anche le meditazioni del sinodo padovano del 1927 erano state pubblicate come Ricordi di un sinodo, conoscendo numerose ristampe. Sulla "organizzazione delle scuole di dottrina cristiana" l'arcivescovo di Firenze insisterà moltissimo durante tutto il suo episcopato, anche perché su questo piano egli aveva trovato una situazione molto carente in diocesi. La sua attenzione era rivolta sia al catechismo per i bambini, organizzato come una vera scuola, con registri e lezioni da ripetere a memoria, sia a quello per gli adulti; furono tenuti anche tre convegni catechistici diocesani: nel 1933, nel 1940 e nel 1948. Ma, se per quanto concerne la catechesi ai bambini si poté notare una certa diffusione ed organizzazione, il catechismo agli adulti non riusci maia coinvolgere il popolo. Il culto eucaristico, titolo e tema della lettera pastorale del 1933, rappresenta un altro momento fondamentale della pastorale dell'arcivescovo di Firenze. La vita di pietà si sarebbe dovuta incentrare maggiormente su una visione eucaristica, sottolineando il momento centrale della messa nei confronti delle devozioni extraliturgiche.
Nei confronti del regime fascista e dei problemi politici contemporanei l'atteggiamento del D. fu caratterizzato da un certo riserbo, mentre accentuata fu la sua dedizione alla riorganizzazione disciplinare della diocesi. Non molto frequenti erano le sue presenze a manifestazioni ufficiali; le prime prese di posizione significative avvennero a proposito delle guerre italo-etiopica e di Spagna, e delle leggi razziali. L'omelia del 9 maggio 1936, pronunciata durante la funzione di ringraziamento per la fine della guerra d'Etiopia, conteneva una forte esaltazione della pace finalmente ottenuta, anche se nella parte finale venivano ripetuti alcuni dei temi più diffusi della propaganda clericale e fascista a proposito delle sanzioni economiche. Nel medesimo discorso, come in un altro precedente, dell'aprile dello stesso anno, oltre che l'invocazione alla pace, si potevano trovare cenni molto angosciati per la guerra di Spagna, dove il carattere antireligioso, o quanto meno anticattolico, che talvolta assumeva la lotta delle forze repubblicane sembrava confermare l'immagine di un "comunismo demolitore della proprietà, della famiglia, di ogni ordine religioso e civile". Del febbraio 1938 è la nota pastorale del D.: La Chiesa oggi che cosa fa ? che cosa vuole?; il documento è tra i primi, tra quelli pubblicati in quei mesi dalla gerarchia ecclesiastica, che contengano espressioni di critica verso le leggi razziali.
Questo testo, che suscitò grandi entusiasmi a Firenze in ambienti cattolici antifascisti, mirava soprattutto a ribadire la alterità e la superiorità della Chiesa, rispetto alla società civile. Erano gli anni in cui Giorgio La Pira diventava per tanti cattolici, fiorentini e non, un punto di riferimento molto importante con le sue meditazioni su Principi. L'arcivescovo permetteva che fossero vissute certe esperienze di avanguardia e se a volte, come nel caso del convegno dei laureati cattolici del 1938, si lasciava condizionare da considerazioni prudenziali, in altri momenti sembrava incoraggiare quegli orientamenti anche con alcune sue pastorali, come quella del '38., già citata, e quella del '39, dal titolo significativo: La pace.
Per il conclave del 1939, che avrebbe visto eletto Pio XII, il D. venne indicato da molti come papabile; la sua era considerata una candidatura "religiosa" di fronte alla figura di Pacelli, noto per le sue capacità diplomatiche, che era sostenuto soprattutto da un gruppo "democratico" capeggiato dai cardinali francesi. Dopo il discorso natalizio di Pio XII del '42, nella Chiesa fiorentina si assisté ad una certa mobilitazione, testimoniata anche dalla lettera pastorale del 1943: Il nostro dopoguerra. Durante l'occupazione nazista l'azione del D. fu caratterizzata da un deciso impegno in favore degli ebrei e dei ricercati politici e da un tentativo diplomatico, condotto con l'appoggio vaticano e a livello internazionale, per "Firenze città aperta".
Una sua Lettera al clero e al popolo per la pacificazione degli animi del 4 dic. 1943, scritta pochi giorni dopo l'uccisione di un ufficiale dell'esercito fascista repubblicano ad opera del. G.A.P. (Gruppi di azione patriottica) suscitava vivaci polemiche, anche perché in questo documento non si faceva riferimento alla immediata rappresaglia fascista del 2 dicembre. Tra le risposte quella che ebbe maggior eco a Firenze fu l'articolo di E. Enriquez Agnoletti dal titolo Questione morale, pubblicato su La Libertà, periodico toscano del Partito d'azione. Nelle omelie per il Natale 1943 il D. riprendeva quei temi con una esplicita condanna delle torture che venivano. inflitte dai tedeschi ai prigionieri politici, accennando ad una grande coalizione nazionale capace di far risorgere l'Italia.
Nel dopoguerra egli, seguendo l'indirizzo della gerarchia cattolica italiana, intervenne con molto maggiore frequenza su temi politici. Si possono ricordare, tra l'altro, l'omelia del 10 maggio 1945 agli operai sull'unità sindacale, l'intervento alla Settimana sociale dell'ottobre 1945 su "Costituzione e Costituente", i numerosi appelli in occasione delle elezioni secondo le indicazioni della Congregazione concistoriale. Tutta la vita della Chiesa fiorentina e italiana venne fortemente influenzata e caratterizzata da scadenze politiche ed elettorali. Il decreto di condanna dei comunisti del 1° luglio 1949 fu preceduto da analoghe norme di carattere ufficioso che vennero emanate dall'episcopato italiano fin dai primi mesi del 1948 in rapporto anche con la scadenza elettorale dell'aprile dello stesso anno.
Il D. si adeguò prontamente a questa linea con una serie di indicazioni "riservate ai confessori", pubblicate nel bollettino diocesano. Contemporaneamente però pose l'accento sulla necessità di una pastorale che si ispirasse in primo luogo ai temi della misericordia e del perdono. Lo stesso decreto di scomunica del 1949venne interpretato dal D. in chiave restrittiva e uno dei suoi primi commenti è di rimprovero per l'eccessivo zelo e il settarismo usati talvolta nell'applicazione. Costante fu anche la sua riproposizione della figura del sacerdote e del vescovo come "banditore di pace", anziché di divisione. Nell'aprile 1951 i vescovi toscani, richiamandosi ad un Monito del S. Uffizio del luglio 1950, emanavano una notificazione molto rigida riguardante tutte le associazioni giovanili comuniste, negando la ammissione ai sacramenti ai bambini ad esse iscritti. Il D., in un corsivo di precisazione, imponeva ai parroci di consultarlo prima di prendere una decisione tanto grave e in pratica ne limitava ampiamente la portata: a questo proposito rimane il problema di quanto possano aver influito su di lui l'azione e le argomentazioni di Giorgio La Pira. Questi dal '51sarà sindaco di Firenze ed il cardinale lo appoggerà costantemente, a volte con un silenzioso avallo, a volte, come nel '56, con un esplicito ed ampio elogio della sua attività pubblicato nel bollettino diocesano.
Negli ultimi anni del suo governo episcopale il cardinale prese alcuni provvedimenti nei riguardi di don Lorenzo Milani e di don Giulio Facibeni che suscitarono commenti e polemiche in alcuni settori della Chiesa fiorentina. Nel 1954 don Milani da Calenzano, dove aveva dato vita ad una significativa esperienza di scuola popolare, venivo. destinato alla minuscola parrocchia di Barbiana nel Mugello, sentita dallo stesso don Lorenzo come un "esilio". Nel 1955 veniva separata giuridicamente l'Opera "Madonnina del Grappa", fondata nel primo dopoguerra dal Facibeni, dalla parrocchia di Rifredi, di cui lo stesso don Giulio era parroco. L'imprimatur dato dal D. all'opera di don Milani Esperienze pastorali del 1958, per le modalità con cui venne concesso, non può essere ritenuto una risoluzione di tutte le incomprensioni precedenti.
Dal 1954 il governo effettivo della diocesi passerà lentamente, ma progressivamente, nelle mani del neoeletto vescovo coadiutore alla sede, Ermenegildo Florit. Ma il vecchio presule sarà ancora presente in diocesi sia come modello di spiritualità, sia con alcune prese di posizione significative, come nel '58 in favore degli operai in lotta per la paventata chiusura delle officine "Galileo". Nello stesso anno la guida della diocesi passava definitivamente nelle mani di mons. Florit. Il D. trascorse gli ultimi tre anni della sua vita nel raccoglimento e nella preghiera. Morì a Firenze il 22 dic. 1961, quando già la sua figura in diocesi aveva il valore di un modello di santità per i sacerdoti e gran parte dei fedeli. La stima di cui godeva il cardinale fiorentino presso strati molto vasti della popolazione è testimoniata anche dalla commemorazione tenuta dal Consiglio comunale il giorno successivo alla sua morte.
Opere: Le lettere pastorali e le direttive al clero diocesano si possono trovare nel Bollettino diocesano di Padova e nel Bollettino dell'arcidiocesi di Firenze, ad annos. Tra gli scritti del D. sono da ricordare le seguenti raccolte di meditazioni ed omelie: Ricordi di un sinodo, Padova 1927; Esortazioni al clero, Firenze 1935; Videte vocationem vestram, Firenze 1938; Inspice et fac, ibid. 1947. Numerose lettere pastorali, apparse nei bollettini diocesani, furono ripubblicate anche in forma di opuscoli. Sono inoltre da ricordare gli atti dei sinodi diocesani e del concilio etrusco come momenti centrali dell'indirizzo pastorale del D.: Synodus Dioecesana Patavina diebus XIII XIV XV septembris MCMXXVII celebrata, Patavii 1927; Synodus Dioecesana Florentina diebus X XI XII septembris MCMXXXV celebrata, Florentiae 1936; Synodus Dioecesana Florentina diebus VIII IX maii MCMXLVI celebrata, Additiones et variationes in constitutionibus praecedentis Synodi, Firenze 1946.
Fonti e Bibl.: I fondi archivistici diocesani e romani relativi all'azione del D. non sono ancora accessibili. Una documentazione riguardante l'opera da lui svolta durante la seconda guerra mondiale è stata depositata in fotocopia presso l'Istituto storico della Resistenza in Toscana (Documentazione su clero e Resistenza. Dall'archivio del card. E. D.). Le informazioni ed i giudizi delle fonti di polizia sul D. sono in gran parte conservati a Roma, in Arch. centr. dello Stato, Ministero dell'Interno, Dir. gen. affari culto, 1919-1945, b. 85, fasc. 180. Non esiste ancora un esauriente studio della vita e dell'opera dei D.: i ricordi e le pubblicazioni celebrative dei suoi collaboratori hanno per lo più impostazione agiografica. Così si può dire anche per: T. Casini, E. D. Vita e magistero, Firenze 1972; G. Lorini, E. D., una luce nelle tenebre, Firenze 1973; G. Villani, Il vescovo E. D. Per una storia da fare, Firenze 1974 (che, comunque, contiene un buon indice delle fonti e degli scritti del e sul D.). F. Rossi, E. D. vangelo vivente, Roma 1977. Gli studi e le ricerche a carattere storiografico riguardano solamente aspetti o periodi della sua attività. Sulla formazione vicentina e l'episcopato padovano, cfr.: A. Grossi, Il card. E. D.vescovo di Padova (1872-1931), in La Chiesa del concordato. Anatomia di una diocesi. Firenze 1919-1943, a cura di F. Margiotta Broglio, I, Bologna 1977, pp. 263-284; Id., Il vescovo D, e la diocesi di Padova nel primo decennio fascista. Dagli atti delle due visite pastorali (1924-1931), in Chiesa, Azione cattolica e fascismo nell'Italia settentr. durante il pontificato di Pio XI(1922-1939), Atti del Quinto Convegno di storia della Chiesa, a cura di P. Pecorari, Milano 1979, pp. 730-748; S. Tramontin, Cattolici, popolari e fascisti nel Veneto, Roma 1975, pp. 201-303; Id., La Chiesa veneta e la Conciliazione, in Chiesa, Azione cattolica e fascismo..., cit., pp. 629-680. Sul governo della Chiesa fiorentina, cfr. B. Bocchini Camaiani, Il cardinale D. arcivescovo di Firenze(1931-1938), in La Chiesa del concordato, Cit., pp. 287-335; Id., Il cardinale E.D. e la Chiesa fiorentina durante l'occupazione nazista, Firenze 1980; Id., Il governo della diocesi di E. D. (1947-1954), in Don Lorenzo Milani, Atti del Convegno di studi, Firenze 1981, pp. 143-161; Id., Ricostr. concordataria e processi di secolarizzazione. L'azione pastorale di E. D. (1931-1954), Bologna 1983.