elite
Gruppo di persone che esercita influenza, autorità o potere. Il termine è ampiamente utilizzato nel linguaggio comune per indicare minoranze particolarmente qualificate o esercitanti una rilevante influenza sociale e politica. Nelle scienze politiche e sociali contemporanee alla nozione di é. si lega una specifica teoria che ha avuto sino a oggi una notevole fortuna. La teoria delle é. è stata sviluppata, tra il 19° e il 20° sec. a opera di teorici della politica europei e americani quali G. Mosca, V. Pareto, R. Michels, J.A. Schumpeter, H.D. Lasswell, C. Wright Mills, R.A. Dahl, e pur nella diversità delle interpretazioni si basa sull’idea secondo cui in ogni sistema sociale e politico è sempre una minoranza, una é., appunto, che detiene il potere nelle sue varie forme, a fronte di una maggioranza che ne è priva ed è dominata dalla prima. Questo principio, secondo i teorici dell’é. (o elitisti) vale sia per il mondo antico sia per il mondo moderno e contemporaneo, sia per le società e le forme di governo aristocratiche o autoritarie sia per quelle democratiche. Gli elitisti hanno analizzato a fondo le ragioni di questo predominio, studiando i meccanismi che regolano la formazione delle é., i modi in cui le diverse é. (politiche, sociali, economiche, intellettuali) interagiscono tra di loro all’interno di un dato sistema politico e sociale, i processi di circolazione e di sostituzione delle élite. Pensatori realisti e disincantati, i primi elitisti sono stati aspri critici della democrazia. Poco per volta, tuttavia, la teoria delle é. è diventata parte essenziale delle teorie contemporanee della democrazia, il cui significato in questa interpretazione ha subito uno slittamento semantico, da «governo del popolo» a governo di é. che, in competizione tra loro, riescono a conquistare il consenso popolare.