APPIANI, Emanuele
Era figlio di Iacopo I e di Polissena di Emanuele Pannocchieschi conte d'Elci. Gherardo I aveva disposto per testamento che egli sarebbe stato suo erede nella signoria di Piombino qualora si fosse estinta la sua discendenza maschile; l'A., invece, alla morte di Iacopo II (1441), per l'accortezza della cognata Paola Colonna, si trovò escluso dalla successione che andò alla nipote Caterina. L'A., allora, dopo aver inutilmente tentato di impadronirsi di Piombino con la forza, trovandosi ostili gli stessi Piombinesi, si rifugiò presso Alfonso d'Aragona di cui aveva sposato una figlia spuria. Colà egli rimase finché Paola visse ed anche durante la signoria della di lei figlia Caterina andata sposa a Rinaldo Orsini conte di Tagliacozzo e d'Alba. In questo decennio, andarono a vuoto tutti i tentativi da lui fatti per impadronirsi della signoria; né potè conseguire lo scopo con l'aiuto di Alfonso che, nel 1448, cinse a lungo d'assedio, ma senza esito, Piombino. Qualche anno dopo, invece, morto l'Orsini (5 luglio 1450) e non riuscito un altro tentativo dei Genovesi di ottenere Piombino e l'Elba, fallito per l'inaspettata morte di Caterina (19 dic. 1451), che era sul punto di nominare sua erede la Repubblica di Genova, l'A. ottenne finalmente la signoria (consenzienti Firenze, Siena e l'Aragonese) dagli stessi Piombinesi cui, in cambio, riconobbe favorevoli capitolazioni. L'A., col denaro e con le armi, provvide subito a liberare il suo stato dai parenti dell'Orsini che si erano impadroniti di alcune fortezze. Una volta sicuro all'intemo, confermò i rapporti di "raccomandigia" già esistenti con Firenze e con Siena. Rimanevano da regolare le relazioni con Genova e coi Banco di S. Giorgio a cui, per i motivi detti, l'avvento dell'A. aveva procurato una grossa delusione. Anche per questo l'A. accettò ben volentieri nel 1454 la proposta del doge di Genova di trattare il matrimonio - che di lì a poco fu celebrato - tra Iacopo suo erede e Battistina Campofregoso sorella del doge. Assicurato lo stato in tal modo si preoccupò di potenziarne l'economia favorendo i commerci e le industrie. Morì il 15 febbr. 1457.
A lui successe il secondogenito Iacopo III, il quale, perfezionando il sistema di alleanze su cui era basata in gran parte la sicurezza del piccolo stato, cercò anche la protezione di Ferdinando d'Aragona cui era legato da parentela per parte di madre, ottenendo il privilegio (12 febbr. 1465) di poter usare msieme al cognome paterno anche quello d'Aragona. Governò i suoi sudditi in maniera dispotica e talora si macchiò anche di crudeltà, tanto che contro di lui, già nel 1457, si formò una congiura che gli riusci però di sventare. Più tardi, nel 1471, bande di fuorusciti aiutati segretamente da Galeazzo Maria Sforza attaccarono di sorpresa, ma invano Piombino. Contro gli odi popolari da lui stesso suscitati, negli.ultimi anni cercò la salvezza in una guamigione di soldati offertigli da Ferdinando d'Aragona. Ebbe vivo il gusto per le cose belle e fu amministratore oculato e parco delle sue private ricchezze e di quelle dello stato, a cui cercò di creare nuove risorse favorendo lo sviluppo dell'agricoltura e specialmente della cultura dell'ulivo nell'Elba. Morì l'8 marzo 1474.
Bibl.: L. Capipeffetti, Storia della città e stato di Piombino dalle origini al 1814, Livorno 1897, pp. 88-114; A. Pesce, Un tentativo della Repubblica di Genova per acquistare lo stato di Piombino (dic. 1450-febbr. 1451), in Arch. stor. ital., LXXI, I (1913), pp. 30-86; Id., Le trattative per il matrimonio di Battistina Fregoso con Iacopo III d'Appiano (1454), ibid., 2, pp. 132-141; R. Cardarelli, Baldaccio d'Anghiari e la signoria di Piombino nel 1440-41, Roma 1922.