EMANUELE Sescalco
Nacque a Cremona verso il 1225 da una famiglia poco nota, il cui cognomen, apparso solo alla fine del sec. XII, sembra indicare la discendenza da locali funzionari vescovili.
Dal sec. XVII in poi il breve periodo in cui E. fu vescovo di Cremona fu collocato intorno al 1170: la vera data venne ristabilita soltanto all'inizio del sec. XX, quando vennero alla luce gli episodi più salienti della sua vita movimentata.
La prima notizia che abbiamo risale solo al 1277, quando E., già arcidiacono di Cremona e quindi tra i dignitari più importanti del capitolo della cattedrale, insegnava diritto canonico nell'università di Parigi. Ciò appare piuttosto insolito per un italiano, per cui sembrerebbe più naturale la presenza all'università di Bologna, più vicina e più famosa. In quell'occasione E. subì il suo primo rovescio: dopo aver rifiutato ostinatamente di pagare la sua parte di affitto per le aule di insegnamento, aggravò la sua posizione citando in giudizio il decano; infine, nel febbraio 1277, fu privato del diritto all'insegnamento.
Nel 1286 ritroviamo E., ormai tornato a Cremona, di nuovo in difficoltà: il vescovo lo aveva citato in giudizio da più di un anno, accusandolo di aver cumulato tre canonicati in diverse chiese della diocesi, oltre al suo arcidiaconato, e di essersi rifiutato di versare la sua parte delle decime pontificie. E. fuggì da Cremona e di conseguenza fu privato di tutti i benefici: rifiutandosi poi di presentarsi davanti alle diverse autorità religiose a cui la causa fu successivamente presentata, fu scomunicato non meno di sette volte nello spazio di tre anni.
Si appellò in seguito all'arcivescovo di Milano, intentando a sua volta un processo al vescovo e al capitolo della cattedrale di Cremona, ma perse la causa (1288); in seguito ebbe un'effimera rivalsa, divenendo a sua volta vescovo di Cremona.
Sfortunatamente non ci restano fonti dirette sul suo episcopato, che conosciamo soltanto per il titolo di episcopus cremonensis che egli porta dal 1295 in poi.
I termini del problema, come li hanno raccolti U. Berlière e F. Novati nel 1909, sono assai semplici: il suo persecutore, il vescovo Cacciaconte Sommi, morì nell'agosto 1288; il successore di questo, Ponzio Ponzoni, morì a sua volta nel luglio 1290 e il seggio era ancora vacante nel gennaio dell'anno successivo. La prima menzione del vescovo seguente, Guizzardo de Persico, è dell'aprile 1296: appena eletto, morì a Roma, e Bonifacio VIII provvide a nominargli un successore. Pertanto E. fu eletto vescovo e fu deposto - o abdicò al suo seggio - tra l'inizio del 1291 e quello del 1296: tra la fine del marzo e l'inizio dell'aprile 1295 era anche lui a Roma, certo per difendere - vanamente - il suo seggio.
La brevità e la spiacevole conclusione del suo episcopato non sono d'altronde fatti eccezionali: il seggio episcopale di Cremona subì a quell'epoca, per parecchi decenni, i contraccolpi delle lotte di fazione che agitavano endemicamente la città, tanto che nessuno dei predecessori e dei successori dell'E. poté esercitare tranquillamente le sue funzioni.
Dopo aver lasciato Roma nell'aprile o nel maggio del 1295 E. iniziò un lungo viaggio verso il Nord. Stranamente è proprio su quest'ultima parte della vita, passata nell'esilio e in continui spostamenti, che siamo meglio informati.
Già durante il soggiorno romano E. aveva manifestato il proprio interesse per i paesi situati a settentrione delle Alpi, sottoscrivendo con altri vescovi delle indulgenze indirizzate a parecchi monasteri tedeschi (Passavia, Monaco, Michelfeld, Kentrup) e a un lebbrosario nei pressi di Lovanio (aveva comunque sottoscritto testi analoghi anche a favore di un monastero di Forlì e d'una chiesa di Bologna).
Alla fine di maggio E. era nei Grigioni, dove consacrò due altari per le benedettine di Münster. Nel dicembre lo ritroviamo a Karden, nella diocesi di Treviri, dove nuovamente consacrò due altari e lasciò l'impronta del suo sigillo.
Nella primavera del 1296 consacrò la chiesa dei domenicani di Wezel, nei pressi di Kleve. Solo sulla costa del Mare del Nord, in Frisia, si arrestò il suo viaggio: E. finalmente trovò un rifugio stabile, per i pochi anni che gli restavano da vivere, nel monastero cisterciense di S. Bernardo di Adwert nei pressi di Groninga, dove arrivò, al più tardi, nel corso del 1297, quando consacrò la cappella dell'infermeria.
Non si sa se egli sia rimasto ad Adwert come ospite, o se vi abbia fatto anche professione; la cronaca - tarda - del monastero riferisce comunque che E. aveva stabilito di passarvi il resto della sua vita. Comunque egli potrebbe aver fatto ancora un viaggio, dato che è imprecisabile la data in cui consacrò un altare del monastero di Radstede, presso Brema, ma è probabile che la notizia si riferisca piuttosto a un'ultima tappa, prima di Adwert, del suo lungo viaggio.
E. morì ad Adwert il 1º ott. 1298, in odore di santità, a quanto riferisce la cronaca del monastero.
Il suo sepolcro, posto davanti all'altar maggiore della chiesa abbaziale, fu oggetto di venerazione fino alla fine del sec. XVI, quando il monastero fu distrutto. Un tentativo per ottenere la beatificazione di E. fallì per ragioni economiche e non ha apparentemente lasciato tracce archivistiche; i cisterciensi nondimeno hanno posto E. tra i loro santi e lo festeggiano il 27 febbraio, data tradizionale della morte.
Nel 1940 scavi archeologici hanno permesso di ritrovare la tomba di Emanuele. L'esame delle ossa dimostrò ch'egli era alto un metro e settantasei e che era morto a poco più di settanta anni: era quindi nato verso il 1225 e aveva vissuto dopo i cinquant'anni il periodo più burrascoso della sua vita. Oggi le sue reliquie sono conservate nell'abbazia di Nostra Signora di Sion a Diepenveen, nei pressi di Deventer.
La personalità di E. rimane decisamente indecifrabile, con molteplici sfaccettature difficili da conciliare: nell'età matura, pervenuto a posizioni di prestigio - docente universitario, arcidiacono, ricco prebendario, infine vescovo le perse una dopo l'altra, in gran parte per suo ostinarsi in indifendibili cause giudiziarie. Ma di questa vita così agitata sono proprio gli ultimi anni ad essere i più sconcertanti, con la fuga verso i paesi del Nord, la pace infine trovata presso i cisterciensi e l'imprevedibile fama di santità che acquistò nella terra lontana in cui ebbe fine serena la sua vita tumultuosa.
Fonti e Bibl.: G. B. Mittarelli-A. Costadoni, Annales camaldulenses, V, Venetiis 1760, pp. 302, 304; Monumenta Boica, XIX, München 1810, p. 449; XXI, ibid. 1813, p. 391; XXV, ibid. 1823, p. 116; Historia monasterii Rastedensis, a cura di G. H. Pertz, in Monum. Germ. Hist., Scriptores, XXV, Hannoverae 1880, p. 503; Chartularium universitatis Parisiensis, a cura di H. Denifle, I, Parisiis 1889, n. 472 p. 542; Codex diplomaticus Cremonae, a cura di L. Astegiano, I, Torino 1895, nn. 1061 s. p. 374, 1086 p. 378, 1000 s. p. 379; II, ibid. 1898, p. 174; Vitae ac gesta abbatum qui coenobio in Adwert praefuerunt, a cura di H. Brugmans, in Bijdragen en Mededeelingen van het Histor. Genootschap te Utrecht, XXIII (1902), pp. 52 s.; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, IV, Venetiis 1719, p. 603; F. A. Zaccaria, Cremonensium episcoporum series, Mediolani 1749, p. 126; E. Sanclemente, Series critico-chronologica episcoporum Cremonensium, Cremonae 1814, p. 94; Acta sanctorum Februarii, III, Parisiis 1865, p. 677; U. Berlière, (S.) E., évêque de Crémone (c. 1290-1298), in Revue bénédictine, XXVI (1909), pp. 96 ss.; F. Novati, Un vescovo cremonese semisconosiuto: s. E., in Arch. stor. lomb., s. 4, XI (1909), pp. 167-172; Id., Di nuovo sul vescovo di Cremona semisconosciuto, E. di s., ibid., XIII (1910), pp. 415-424; F. Savio, Gli antichi vescovi d'Italia, II, 2, Bergamo 1932, pp. 140-144; G. Brambilla, S. E., electus episcopus Cremonensis, Cremonae 1926; S. Lenssen, Hagiologium cisterciense, I, Tilbourg 1948, p. 322; A. Alma, Le bienheureux Emmanuel, Nettetal-Breyell 1962; Biblioth. sanctorum, IV, col. 1158.