EMBRUN
EMBRUN (lat. Eburodunum)Centro della Francia sudorientale (dip. Hautes-Alpes), posto in un punto di passaggio obbligato, su di un sito fortificato naturalmente, lungo l'itinerario transalpino che metteva in comunicazione la bassa valle del Rodano con la pianura Padana attraverso il Monginevro.E., capoluogo della popolazione dei Caturigi - che in età augustea dipendeva dal regno alpino di Cozio -, è definito kóme ('borgo agricolo') da Strabone (Geographia, IV, 1, 3). In età altoimperiale, la civitas di Eburodunum, citata nei bicchieri d'argento di Vicarello (Roma, Mus. Naz. Romano) e da diverse iscrizioni, venne inclusa nel distretto delle Alpes Cottiae e quindi, dopo la riforma amministrativa di Diocleziano, nella provincia delle Alpes Maritimae, di cui E. divenne sede metropolitana nel 400 ca. (Notitia Galliarum, XVII, 2; MGH. Auct. ant., IX, 1, 1892), soppiantando Cimiez (lat. Cemenelum), nei pressi di Nizza. Questo stato assicurò alla città un ruolo di primo piano nella regione delle Alpi meridionali in età tardoantica e nel Medioevo fino all'epoca moderna (Barruol, 1969; Février, 1991).L'oppidum preromano e la città romana di Eburodunum, di cui non rimangono che poche vestigia, si trovavano esattamente nel sito del centro medievale e moderno. Solo grazie alle fonti cristiane si possono ricostruire alcuni monumenti della città tardoantica: al primo vescovo noto di E., l'africano Marcellino, che poco dopo la metà del sec. 4° sarebbe stato, insieme con i suoi compagni Vincenzo e Donnino, l'evangelizzatore delle Alpi Marittime, alla fine del sec. 6°, Gregorio di Tours (De gloria martyrum, 68) attribuiva la costruzione di un piccolo battistero (di cui non si conserva alcuna traccia), mentre la Vita sancti Marcellini (AASS, Aprilis, II, Paris 1866, pp. 749-753), che dovrebbe risalire al sec. 7° o all'8°, afferma che, in seguito all'espandersi della comunità cristiana, egli avrebbe fatto costruire una maior ecclesia sul sito del primitivo luogo di preghiera posto presso le mura della città. Si ritiene generalmente che questa chiesa primitiva vada ricercata nel sito della cattedrale romanica, nella quale si conservano frammenti di una recinzione di coro di epoca carolingia. Sempre secondo le fonti, la tomba di Marcellino - importante luogo di culto presso il quale i malati trovavano guarigione - era ubicata in un edificio che potrebbe essere identificato con la chiesa medievale dedicata appunto al santo, posta vicino alla porta di Briançon e all'antico convento dei Cordeliers e andata distrutta nel corso delle guerre di religione (Février, 1986; 1991).La cattedrale, dedicata alla Vergine, ubicata nella parte sudorientale della città medievale, venne ricostruita tra la fine del sec. 12° e gli inizi del 13° (iniziata intorno al 1170, è definita ecclesia nova nel 1211 e nel 1225). Si tratta di uno dei monumenti romanici più notevoli delle Alpi francesi: a pianta basilicale (m. 5626), è articolata in una navata centrale, coperta da volte a crociera ogivali, separata dalle laterali, voltate a botte, da grandi arcate poggianti su pilastri rettangolari cui si addossano semicolonne; tutte e tre le navate si aprono verso E su altrettante absidi semicircolari coperte a calotta. Interamente realizzata con un paramento murario in calcare locale, la cattedrale si caratterizza, sia all'interno sia all'esterno, per una vivace bicromia, di origine lombarda, ottenuta con l'alternanza di tufo bianco e di schisto nerastro. L'edificio è illuminato da aperture relativamente ampie; il rosone occidentale, che è però frutto di un intervento successivo, è decorato da una vetrata degli inizi del sec. 15°, molto restaurata, che costituisce una rara testimonianza dell'arte vetraria del Sud-Est della Francia. La sobria decorazione dei capitelli di età romanica ha carattere essenzialmente ornamentale. Di grande interesse, sia per l'armonia dell'impianto e dell'alzato, sia per la decorazione, sia infine per la policromia dei materiali impiegati, è il portale, detto Réal, preceduto da un portico, che si apre sulla facciata settentrionale della cattedrale, orientato verso la città. Il portico è sorretto da colonnette poggianti su leoni nella parte anteriore e su atlanti in quella posteriore (Thirion, 1972; 1980). Per quanto riguarda gli arredi, va ricordata la presenza di una vasca battesimale in marmo del sec. 13° sostenuta da un leone accovacciato.Di fronte alla cattedrale sorge la casa dei Canonici, pregevole edificio romanico, il cui paramento esterno in pietra è movimentato da finestre gemine su due facciate e su due livelli e da una grande arcata duecentesca al piano terra costituita da larghi conci. Verso N-E, la torre Scura (sec. 13°) è l'antico donjon degli arcivescovi: di pianta rettangolare su tre livelli, essa è traforata da una finestra con arco a tutto sesto, con timpano cieco e claustra di pietra. Non restano che poche vestigia della cerchia muraria costruita nel sec. 14° per fortificare il borgo e ancora ben riconoscibile sulla pianta redatta da Belleforest nel 1570 (Humbert, 1972, p. 261). Bibl.: J. Roman, s.v. Embrun, in Répertoire archéologique du Département des Hautes-Alpes, Paris 1888, coll. 57-69; G. Barruol, Les peuples préromains du Sud-Est de la Gaule. Etude de géographie historique, Paris 1969, pp. 341-344; J. Humbert, Embrun et l'Embrunais à travers l'histoire, Gap 1972; J. Thirion, Notre-Dame d'Embrun, CAF 130, 1972, pp. 91-135; F. Enaud, Le trésor de la cathédrale d'Embrun, ivi, pp. 136-151; C. Gardet, Les fresques de l'ancienne église des Cordeliers d'Embrun, ivi, pp. 152-161; J. Thirion, Notre-Dame d'Embrun, in Alpes romanes (La nuit des temps, 54), La Pierre-qui-Vire 1980, pp. 401-411, tavv. 117-129; P.A. Février, Embrun, in La topographie chrétienne des cités de la Gaule des origines au milieu du VIIIe siècle, II, Provinces ecclésiastiques d'Aix et d'Embrun. Narbonensis et Alpes Maritimae, a cura di V. Duval, P.A. Février, J. Guyon, Paris 1986, pp. 69-72 (con bibl.); Peintures murales des Hautes-Alpes, XVe et XVIe siècles, Aix-en-Provence 1990, pp. 97-113; P.A. Février, Trois villes (Gap, Embrun, Briançon) et quelques cités, in Archéologie dans les Hautes-Alpes, Gap 1991, pp. 239-246.G. Barruol