EMILIA-ROMAGNA
(XIII, p. 898; XXIX, p. 928; App. II, I, p. 849 e II, p. 740; III, I, p. 540; IV, I, p. 683)
Popolazione. - La popolazione residente, che aveva registrato un incremento di circa il 3% nell'intervallo censuario 1971-81 (da 3.846.755 ab. a 3.957.513), si è ridotta nel decennio successivo di circa l'1,5% (3.899.170 ab. al censimento 1991). La fecondità è ulteriormente diminuita, tanto da risultare inadeguata ad assicurare il rinnovo delle generazioni. D'altra parte, i progressi della medicina prolungano la durata media della vita: da qui la crescente rilevanza delle classi anziane. Si è quindi intensificata l'immigrazione − sempre più consistente quella dai paesi extracomunitari − che ha finora trovato una discreta facilità d'inserimento. L'andamento demografico è differenziato a seconda delle province: solo quelle di Forlì, Modena e Reggio vedono aumentare la popolazione residente; tutte le altre registrano una flessione (minore in quella di Parma, accentuata in quella di Ferrara). Le prime rientrano nel modello delle aree demograficamente più dinamiche, per la loro capacità di polarizzare le nuove iniziative imprenditoriali; nell'ambito della provincia di Forlì si segnala Rimini (il 6 marzo 1992 è stato approvato il decreto legislativo che ne istituisce la provincia e al contempo muta la denominazione della prov. di Forlì in quella di Forlì-Cesena) per lo sviluppo delle attività turistiche. Nel complesso, si verifica un aumento di popolazione nei comuni delle fasce o delle corone suburbane, mentre declinano un po' tutte le città, a cominciare dalle maggiori. Tra le province di Modena e Reggio si segnala il dinamismo demografico del ''distretto della ceramica'', incentrato su Fiorano e Sassuolo con l'area industriale di Maranello (sede della prestigiosa casa automobilistica Ferrari); mentre anche l'area manifatturiera di Carpi si è ormai saldata con quella modenese. Si deve comunque sottolineare un fattore che l'E.R. ha in comune con le regioni più avanzate: la carenza di manodopera che ormai costituisce il vincolo principale all'ulteriore crescita dell'industria. Fin d'ora, viste le tendenze demografiche, l'espansione economica rischia di rallentare se non di fermarsi, senza immigrazione qualificata e rilancio della formazione professionale.
Attività economiche. − Fra le attività economiche sono da sottolineare alcuni aspetti che hanno registrato mutamenti in anni recenti. L'agricoltura, che mantiene un suo punto di forza nella diffusione delle cooperative, costituisce un settore altamente specializzato chiamato a svolgere in futuro un ruolo di primo piano nell'ambito sia regionale che nazionale, anche se si possono prevedere non poche difficoltà sia per la crescente concorrenza dei paesi dell'Europa orientale, sia per alcune carenze strutturali, come nella commercializzazione dei prodotti. Nel settore operano circa 151.000 aziende che occupano 110.000 addetti, con una superficie utilizzabile di oltre 1.230.000 ha. La produzione lorda vendibile si è aggirata negli ultimi anni attorno ai 7000 miliardi di lire, con un valore aggiunto che sfiora i 5000 miliardi. L'andamento delle principali colture è vario: mentre nel settore dei cereali (a eccezione del mais) e delle leguminose si registrano diminuzioni di superfici messe a coltura, appare in netta espansione il comparto delle coltivazioni in serra. Alcuni meccanismi della politica agricola comunitaria, quali il set aside (messa a riposo delle terre previo indennizzo), faranno prevedibilmente diminuire tutto il settore dei seminativi, mentre è crescente l'impatto, su varie colture e ancor più sulle relative tecniche impiegate, da parte delle istanze ambientaliste contro l'inquinamento prodotto da concimi, antiparassitari e diserbanti.
La zootecnia, che garantisce circa il 47% della produzione lorda vendibile del settore primario, annovera prodotti tipici conosciuti in tutto il mondo, che hanno riaffermato la validità dei loro marchi di qualità (formaggi, prosciutti, insaccati). Si è ridotto il patrimonio bo vino (da 1 milione a circa 800.000 capi), anche se, nel contempo, sono aumentate le produzioni unitarie. Vari problemi contraddistinguono il settore suinicolo (1.875.000 capi, di cui il 70% nelle province di Modena, Reggio e Parma) a causa delle preoccupazioni che riguardano lo smaltimento dei liquami e i conflitti che possono sorgere col piano di risanamento delle acque varato dalla Regione. Particolare importanza ha il settore avicolo che conta su un'elevata efficienza e su forme avanzate di integrazione verticale fra aziende.
Le attività agro-industriali hanno registrato, nel loro complesso, espansioni in termini di occupazione e di unità locali, unite spesso a incrementi di produttività. I processi innovativi hanno innescato fasi di ristrutturazione ma i comparti della trasformazione dei prodotti ortofrutticoli, insieme alla macellazione e trasformazione delle carni, mantengono le loro posizioni di primato. Nel settore delle conserve, l'E.R. è seconda solo alla Campania, mentre latte e carne danno luogo alla più fiorente attività di trasformazione a livello nazionale. Un andamento complessivamente positivo è registrato, nell'ultimo decennio, anche dalle altre attività industriali, pur attraverso fasi di congiuntura negativa; in anni recenti i processi innovativi a livello internazionale hanno costretto alcuni comparti a non facili adeguamenti, in alcuni casi (tessili, calzature) ancora in corso. Sono tuttora in fase dinamica i comparti della meccanica e dell'elettromeccanica − spesso riuniti in aree-sistema ove spiccano aziende di grande prestigio −, della ceramica (piastrelle), dell'abbigliamento (pelletteria). Le industrie di base, presenti sulla fascia costiera, hanno attraversato vicende legate a fattori extra-regionali, e negli anni Novanta vanno riprendendo il loro ruolo tradizionale. Fra le attività terziarie, da sottolineare il ruolo dell'E.R., favorito dalla posizione geografica per quanto riguarda il sistema delle comunicazioni, tanto da farne la regione cerniera per i flussi sulla direttrice Nord-Sud. Assumono particolare rilevanza le funzioni di nodo autostradale e ferroviario di Bologna, affiancato validamente dagli altri maggiori centri della Regione. Il sistema aeroportuale, con gli scali di Bologna (1,28 milioni di passeggeri) e Rimini (150.000 passeggeri), si è ormai consolidato su buoni livelli, mentre il porto di Ravenna (con 12,9 milioni di merci movimentate) si è affermato fra i più dinamici d'Italia. A livello regionale si è rafforzato il sistema dei servizi alle imprese, anche se rimangono molte lacune da colmare. I progressi sono però evidenti: per es., nel panorama fieristico italiano, l'E.R., che aveva un'attrezzatura modesta negli anni Settanta, ha ormai assunto un ruolo di primo piano assieme alla Lombardia. Il comparto, che appare imperniato sul polo fieristico di Bologna, ma è ben ramificato a livello provinciale, qualifica tutto il quadro delle relazioni regionali ed è favorito da un'ampia gamma di attrezzature ricettive, da buone strutture congressuali e da una rete capillare di comunicazioni.
Fra le attività terziarie, con poco meno di 24 milioni di presenze nel 1989, va infine segnalato il ruolo assunto dal turismo. Da anni, ormai, le attrattive naturali e antropiche, l'attrezzatura di prim'ordine, la qualità dei servizi offerti, i prezzi concorrenziali, hanno collocato la regione ai primi posti nell'offerta turistica nazionale e internazionale. Dal 1989, la crisi ambientale dell'Adriatico ha dato l'avvio a una fase delicata per la quota più rilevante dell'offerta, quella balneare. Le presenze turistiche tendono a diminuire e l'offerta sta gradualmente spostandosi da un modello centrato esclusivamente sulla spiaggia e sul mare, a un tipo più diversificato quanto ad attrattive, coinvolgendo maggiormente l'entroterra.
Negli ultimi vent'anni l'E.R. ha consolidato i suoi livelli di sviluppo, mantenendo la maggior parte delle caratteristiche che hanno delineato, fin dagli anni Sessanta, il cosiddetto ''modello emiliano di sviluppo'', la cui individuazione è stata oggetto di un'ormai cospicua letteratura. Tra le principali caratteristiche di tale modello è utile richiamare quelle che più si sono consolidate nel tempo; il primo elemento riguarda la specializzazione produttiva industriale in alcuni settori tipici, legata spesso a fattori storici, culturali, socio-economici, locali. Il secondo elemento, strettamente collegato al precedente, riguarda la prevalenza, nel sistema produttivo, di dimensioni aziendali piccole e piccolissime. Se tale aspetto è stato considerato positivo per la maggiore elasticità e flessibilità del sistema, da qualche tempo si sta manifestando la convinzione che possa risultare un elemento di relativa fragilità nell'attuale fase di rapida trasformazione e di progressivo ampliamento dei mercati. Un terzo elemento riguarda l'elevata apertura verso l'estero del sistema produttivo regionale che condiziona, in buona misura, l'andamento della domanda. Un quarto elemento, trasversale rispetto a quelli finora richiamati, riguarda la tendenza all'internazionalizzazione delle fasi intermedie di produzione e commercializzazione. Va poi aggiunto il crescente processo di terziarizzazione che ha aperto l'era postindustriale favorendo, date le caratteristiche del sistema produttivo regionale, una buona presenza di servizi alle imprese, accanto a una valida e affermata gamma di servizi alle famiglie. Fra questi, il comparto turistico, soprattutto nella componente dell'offerta balneare, costituisce un elemento strutturale di primaria importanza per il suo apporto al reddito regionale, anche se, sul finire degli anni Ottanta, si sono fatti sentire gli effetti congiunti della concorrenza internazionale e delle conseguenze negative dell'inquinamento dell'Adriatico.
In questo contesto, ricco e articolato, il settore agricolo, pur perdendo numero di occupati, mantiene una notevole importanza (Parma, Reggio) soprattutto per le sue intense connessioni con le attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti. Fra le altre componenti del sistema regionale, è da richiamare la buona dotazione di infrastrutture che, pur presentando indubbie lacune in settori legati alle attività produttive, appare superiore a quelle di regioni simili per modello di sviluppo, quali Veneto, Toscana, Marche.
Quanto a potenziale economico, l'E.R. si colloca tra le prime regioni italiane ed europee e tra le più vitali e dinamiche per i risultati degli ultimi anni, misurati in base ai più consueti indicatori, primi fra tutti quelli relativi al reddito. Nei primi anni Novanta, l'E.R. è infatti ai primi posti in Italia per l'ammontare del reddito pro capite, mentre Bologna è ai vertici della graduatoria nazionale delle province (stime Istituto Guglielmo Tagliacarne).
L'attuale evoluzione della situazione regionale sembra prefigurare alcune tendenze capaci di condurre a cambiamenti strutturali e che derivano da opportunità relative alla dinamica dell'economia internazionale, oltre che da quella del sistema nazionale. Con le barriere nazionali che si abbassano ulteriormente anche al di fuori del sistema comunitario e i vantaggi che possono derivare dalla ''globalizzazione'' dei mercati, vanno a diminuire, se non a sparire, quelle ''nicchie'' che consentono alle piccole e medie imprese di operare in un quadro di relativo isolamento, al riparo dalla concorrenza. Tendono sempre più ad affermarsi, quindi, le imprese che operano ''a tutto campo'', inserite in reti aziendali, ancora poco numerose nella regione; da qui la tendenza a diminuire della quota delle esportazioni emiliane sul totale nazionale (dal 10% del 1980 a meno del 9% attuale). Nell'insieme però l'E.R. presenta una situazione più solida della maggior parte delle regioni italiane, capace di far fronte ai rapidi mutamenti degli scenari internazionali. Il sistema delle imprese, in particolare, ha dato finora prova di un notevole dinamismo, tanto da rendere attendibile la previsione che, sia pure attraverso un processo disseminato da fasi difficili e insidiose, l'economia regionale possa inserirsi fra quelle più evolute a livello europeo e svolgere un ruolo di cerniera fra Nord e Sud anche in ambito comunitario. Appaiono comunque necessari nuovi modelli di comportamento e nuovi rapporti fra settore pubblico e settore privato; nel caso dell'E.R., accanto alla stabilità di governo, dovrebbe affermarsi un'adeguata capacità programmatoria per rispondere in modo innovativo e non tradizionale alle sollecitazioni interne ed esterne che pervengono al sistema. Vedi tav. f.t.
Bibl.: L. Avellini, M. Palazzi, L'Emilia Romagna: una regione, Bologna 1979; S. Conti e altri, L'economia emiliana nel dopoguerra, Venezia 1979; Regione Emilia Romagna, Dip. Bilancio e Programmazione, Assetto territoriale dell'economia dell'Emilia Romagna e problemi di riequilibrio, Bologna 1980; La Regione nell'economia e nella politica economica (vol. ii: Il caso dell'Emilia Romagna), a cura di P. Formica e M. G. Totola Vaccari, ivi 1981; AA. VV., Riflessioni geografiche sull'Emilia Romagna. Atti del Seminario di studio dei geografi delle Università emiliane, a cura di C. Brusa, Milano 1983; Regione Emilia Romagna, Dip. Bilancio e Programmazione, Rapporto sull'industria in Emilia Romagna, Bologna 1986; Unione Regionale Camere di Commercio Emilia Romagna, Statistiche regionali (annate varie) e Rapporti annuali sull'economia regionale; Bologna 1937-1987, cinquant'anni di vita economica, a cura di F. Gobbo, ivi 1987; Regione Emilia Romagna-ARCEL, Aspetti della popolazione nei comuni dell'Emilia-Romagna, ivi 1988; Scenari prossimi venturi per l'Emilia-Romagna. Idee, problemi, proposte, Milano 1990.
Archeologia. - Le ricerche e le scoperte degli ultimi anni hanno ampliato le conoscenze in tutti i campi dell'archeologia. A oltre un milione di anni fa si fa risalire la presenza dell'uomo, in seguito agli scavi del deposito in località Ciola di Monte Poggiolo (Forlì) che ha restituito strumenti di tecnica Levallois associati a bifacciali. Raccolte di superficie nei terreni quaternari estesi nel Pedeappenino emiliano-romagnolo hanno rivelato numerose stazioni del Paleolitico inferiore. Indagini compiute a Fornace Cappuccini di Faenza tra il 1978 e il 1990 attestano la presenza di aspetti arcaici della cultura della ceramica impressa di tradizione abruzzese-marchigiana del Neolitico Antico, della prima metà del 5° millennio a.C. L'industria litica di tradizione mesolitica è su selce di provenienza marchigiana e su ossidiana. Nella seconda metà del 5° millennio genti in possesso della cultura di Fiorano, già documentata nell'E. occidentale, raggiungono la Romagna. A Lugo, in una cava d'argilla, alla profondità di 14 m dal piano di campagna, un insediamento di notevole estensione ha restituito un crollo di travi lignee pertinenti a una palizzata ad andamento curvilineo, connessa a un fossato e a un argine. La diffusione della cultura dei vasi a bocca quadrata nel 4° millennio a.C. in area padana raggiunge la R. dove è presente nella fase più antica con ceramica di stile geometrico lineare a Fornace Cappuccini di Faenza. La fase successiva, con ceramica di stile meandro-spiralica, nota fino a ora nell'E. occidentale, si è rinvenuta a Vecchiazzano (Forlì), dove si trova in successione stratigrafica la cultura di Diana del Neolitico Finale, già nota, con influenze di Ripoli e Fossacesia, a Sant'Egidio di Cesena e a Misano Adriatico. Nel Modenese si è riscontrata, nei recenti ritrovamenti di Spilamberto, un'evidente influenza occidentale che assomma tra la fine del 4° millennio e l'inizio del 3° le correnti culturali delle facies Chassey-Lagozza-Cortaillod.
Fino a poco tempo fa ogni testimonianza eneolitica dell'Italia settentrionale veniva attribuita genericamente alla cultura di Remedello (2500-1800 a.C.). Le ricerche condotte a Spilamberto, dove la necropoli è in relazione con l'abitato, hanno evidenziato una facies sepolcrale autonoma: la ceramica è influenzata dalle culture centro-italiche di Rinaldone e del Gaudo ed è presente la ceramica a squame. Tra l'Eneolitico e il Bronzo Antico s'inserisce come fase cronologica a sé stante la cultura del vaso campaniforme. Cronologicamente i primi aspetti del campaniforme sembrano contemporanei all'insediarsi nell'Italia settentrionale del gruppo di Remedello, dove il vaso campaniforme appare come elemento intrusivo in alcuni contesti sepolcrali; successivamente tale cultura compare pura negli insediamenti di Sant'Ilario e Rubiera, indicando una fase autonoma rispetto ai gruppi indigeni coevi, finendo per partecipare attivamente alla formazione degli aspetti culturali dell'antica età del Bronzo. La revisione dei vecchi dati, cui non si hanno recenti riscontri, non aggiunge nuove conoscenze sul Bronzo Antico (1800-1600 a.C.): gli elementi della cultura di Polada provengono da contesti, mai sicuri, mentre nell'area adriatica si notano evidenti influenze del protoappenninico peninsulare.
Il Bronzo Medio e Recente in E. s'identifica con la cultura terramaricola. La prima fase (16° secolo a.C.) si collega con le facies centro-italiche di Grotta Nova e del riparo del Lauro di Candalla, parallela al protoappenninico B dell'Italia peninsulare. Nella seconda e terza fase (15°-14° secolo a.C.) si ha l'affermarsi degli insediamenti terramaricoli con argini e fossati, documentati dagli scavi nel 1984 di Tabina di Magreta (Modena) e di Santa Rosa di Poviglio in corso dal 1984. In quest'ultimo sito, un abitato sul lembo di un dosso sabbioso forse appartenente a un antico alveo del Po, quadrangolare, di circa 7 ha, circondato da terrapieno difensivo e fossato e databile tra 13° e 12° secolo, Bronzo Recente, racchiudeva un villaggio del Bronzo Medio, quadrangolare, esteso non più di un ettaro. Queste ricerche confermano che le terremare sono strutture complesse, nate da una pianificazione territoriale, e trasformatesi nel loro sviluppo durante un certo arco di tempo; l'elevato numero degli insediamenti documenta tra 13° e 12° secolo una densità demografica mai più raggiunta fino all'età romana. Nel Bolognese e in R. nel Bronzo Medio e Recente giungono le correnti culturali peninsulari dell'appenninico e del subappenninico, riscontrate negli insediamenti di Misano Adriatico e Riccione.
L'assetto demografico del Bronzo Finale (12°-10° secolo a.C.) presenta ancora molti problemi aperti; sembra confermato l'abbandono della maggior parte degli insediamenti alla fine del 12° secolo e una non coincidenza topografica coi siti occupati nella prima età del Ferro.
La documentazione del periodo tardovillanoviano a Bologna si è arricchita con la scoperta nel 1985 in Via Fondazza, corrispondente alla zona suburbana della città etrusca, di due monoliti cilindrici di arenaria, caratterizzati da profonde modanature e decorati con motivi tratti dal repertorio orientalizzante.
Essi sono stati interpretati come altari, collocati in un'area sacra monumentalizzata, frequentata dalla seconda metà del 7° secolo a.C. (villanoviano IV B 1-2) fino al 4° secolo a.C. I due monumenti datati alla fine del 7° secolo indicano la potenzialità sociale ed economica della città, che coincide con l'utilizzazione della scrittura, come attesta l'anforetta Melenzani. Il comprensorio della città ubicato tra le vallate del Reno e dell'Idice ha restituito nuclei di tombe in varie località, con corredi che attestano l'esistenza di una classe aristocratica in un momento leggermente più tardo rispetto a Bologna. In R., Verucchio, insediamento d'altura sorto nel 9° secolo a.C., ha rivelato attraverso gli interventi di restauro compiuti negli ultimi anni, a seguito degli scavi del 1970-72, sui corredi delle necropoli disposte lungo il pendio, un accumulo di beni di prestigio, che sta a indicare una classe di personaggi di rango per la presenza di troni, armi da parata, carri, ambre e oreficerie. Gli evidenti confronti con Veio e Tarquinia confermano il ruolo di Verucchio, quale avamposto dell'Etruria tirrenica in Adriatico, con massima fioritura databile al periodo orientalizzante, tra la seconda metà dell'8° e l'inizio del 6° secolo a.C.
L'espansione capillare etrusca nel Modenese e nel Reggiano è documentata da numerosi ritrovamenti a partire dalla fine dell'8° secolo a.C. A Rubiera sono stati casualmente scoperti due cippi funerari istoriati, con animali fantastici tratti dal repertorio orientalizzante disposti a fasce e con iscrizioni, databili tra la fine del 7° e l'inizio del 6° secolo a.C. Su uno di essi compare la più antica iscrizione magistratuale etrusca con menzione di uno zilath.
L'utilizzazione dell'alfabeto dell'Etruria settentrionale e un'impronta chiusina nel sistema grafico dei cippi, oltre ad avvalorare un'espansione di Chiusi nell'Etruria padana, è dimostrazione di una realtà etnico-linguistica etrusca già alla fine del 7° secolo a.C.
A Bologna nel 1986-87 sono state scavate 29 tombe nel sepolcreto felsineo dei Giardini Margherita: in prevalenza a inumazione, si datano tra l'ultimo quarto del 6° e la prima metà del 5° secolo; a Marzabotto sono riprese dal 1988 le ricerche sulle fasi più antiche dell'impianto urbano; a Spina è continuata l'esplorazione di alcuni settori dell'abitato, mentre nelle valli del Mezzano e del Mantello (Ferrara) strutture insediative della prima età del Ferro attestano un popolamento del territorio antecedente alla formazione di Spina. In R. recenti scoperte confermano tra 6° e 4° secolo a.C. la presenza di un aspetto culturale ben caratterizzato che può essere attribuito a un movimento migratorio di genti centro italiche: tra queste gli Umbri, di cui Ravenna e Rimini sarebbero state colonie (Strabone V, 1, 7).
All'inizio del 4° secolo a.C. si ha l'invasione gallica dell'Italia settentrionale: attraverso l'analisi dei vecchi scavi e le nuove ricerche si tende a modificare la tesi della distruzione totale di alcuni centri, come Marzabotto, che mostra invece attraverso scavi recenti una sopravvivenza almeno per tutto il 4° secolo e un'indubbia convivenza dei due elementi etrusco-celtici. Il declino della Felsina etrusca, pur nella scarsità della documentazione archeologica, resta difficile da determinare, essendo la città divenuta capoluogo della confederazione tribale dei Boi e nel 189 a.C. colonia latina. A Monte Bibele, nella valle dell'Idice (comune di Monterenzio, Bologna), è in corso dal 1972 l'esplorazione di un abitato d'altura con relativa necropoli, la cui esistenza è attestata tra la seconda metà del 4° e l'inizio del 2° secolo a.C. L'analisi dei corredi delle 124 tombe finora scavate, parte a inumazione e parte a incinerazione, mostra una convivenza tra Etruschi e Celti; l'uso di deporre guerrieri con armamento La Tène e molte associazioni hanno riscontro nell'area centro-italica.
La romanizzazione dell'E. inizia con la deduzione della colonia di Ariminum nel 268 a.C.; nella città recenti interventi hanno consentito alcune precisazioni topografiche sulle mura repubblicane e l'edilizia civile e pubblica. A Sarsina si è esplorato l'insediamento umbro preromano (4°-3° secolo a.C.); si sono acquisiti nuovi dati sull'edilizia privata d'età imperiale; tra il 1982 e il 1984 la ripresa degli scavi nella necropoli di Pian di Bezzo ha messo in luce ai lati di una via glareata sepolture a bustum con copertura alla cappuccina e stele databili tra il 1° e il 2° secolo d.C., e inoltre tracce di suoli di frequentazione per il rituale funebre. A Faenza rinvenimenti di porzioni di pavimenti musivi del 6° secolo d.C., mai riconducibili a planimetrie complete, attestano un'attività edilizia da collegare forse alla sede imperiale di Ravenna. Dati nuovi si hanno sulla topografia romana e tardo-antica di Ravenna, con la scoperta di un tratto delle mura tardo-repubblicane, di edifici privati, del sistema viario; nel territorio classicano è in corso lo scavo, nel podere Chiavichetta, di un impianto portuale, con canale, strade basolate e magazzini, attivo fino al 7° secolo d.C. A Imola, in località Montericco, sono stati identificati resti di un edificio templare di età repubblicana.
A Voghenza (Ferrara), conclusi nel 1983 gli scavi nella necropoli del Podere Setta, che ha restituito stele, cippi, sarcofagi e ricchi corredi (2°-3° secolo d.C.), sono iniziate le ricerche del Vicus Habentia, considerato dalle iscrizioni un saltus imperiale di Ravenna, con la scoperta di un edificio di età romana, con abbondante materiale e una tabella bronzea di honesta missio, rilasciata dall'imperatore Traiano a un veterano dalmata della flotta di Ravenna. A Bologna numerosi interventi hanno chiarito il già noto reticolo viario, riconoscendo tecniche diverse nella costruzione delle strade, secondo la loro coincidenza nei percorsi cittadini. Prospezioni e scavi nel centro storico mostrano dislivelli, presenza di corsi d'acqua, e successivi livellamenti con riporti di terreno; si spiega così la diretta sovrapposizione degli strati romani a quelli villanoviani e la scomparsa di quelli etruschi e gallici. Nel settore meridionale, in Via Carbonesi, si sono rinvenuti i resti del teatro romano, databile nel suo primo impianto all'età sillana e collegabile tecnicamente alla tradizione architettonica centroitalica tardo-repubblicana. Nerone, a partire dal 53 d.C., ampliò e abbellì l'edificio con un ricco apparato architettonico. Nulla di nuovo aggiungono le indagini nell'ambito dell'edilizia residenziale e nelle aree sepolcrali. A Modena gli strati d'età romana sono a profondità variabile dai 4 agli 8 m; in alcune parti della città si sono verificate stratigrafie, si è riconosciuto a grandi linee il sistema stradale ortogonale imperniato sulla Via Emilia, che è il decumano massimo, mentre incerta resta la collocazione del Foro e degli edifici pubblici. A Reggio Emilia l'esplorazione di un'insula ai lati dell'antica Via Emilia ha restituito documentazione di una domus dall'età repubblicana al tardo impero. A Parma nuovi dati sulla topografia antica si sono avuti nell'area di Palazzo Sanvitale, con una complessa stratigrafia dal 13° secolo all'età imperiale romana. Dalla località Campore di Salsomaggiore proviene una tabula patronatus in bronzo, attestante che alla metà del 4° secolo d.C. Fidentia era municipio romano. Interventi di tutela nel centro di Piacenza hanno restituito nuovi dati sull'impianto della città a partire dall'età repubblicana. Numerosi impianti produttivi sono stati indagati in varie parti della regione; significative le fornaci per anfore di Forlimpopoli e Maranello, oltre ai complessi di Casteldebole (Bologna) e le Mose presso Piacenza. Vedi tav. f.t.
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Età del Bronzo: G. Bermond Montanari, L'eneolitico e l'età del bronzo in Emilia e Romagna, in Atti XIX Riun. Istituto Preistoria e Protostoria, Firenze 1975 (pubbl. 1976), pp. 137-62; M. Bernabò Brea, A. Cardarelli, M. Cremaschi, Preistoria e protostoria nel bacino del Basso Po, in Atti Accademia delle Scienze, 61, Ferrara 1984, pp. 147-75; M. Bernabò Brea, M. Cremaschi, Poviglio (RE), insediamento terramaricolo di S. Rosa, in Studi e Documenti di Archeologia, ii, Bologna 1986, pp. 131-33; A. Cardarelli, L'età del bronzo: organizzazione del territorio, forme economiche, strutture sociali, in Modena, dalle origini all'anno Mille, cit., pp. 86-127; G. Bermond Montanari, L'età del bronzo nel territorio di Misano, in Storia di Misano, Rimini 1989.
Villanoviano-Etrusco: G. Uggeri, S. Patitucci, Topografia ed urbanistica di Spina, in St. Etr., 42 (1974), pp. 69-97; G. V. Gentili, Il problema del villanoviano sull'Adriatico, in Introduzione alle antichità adriatiche, in Atti del I Conv. di Studi sulle antichità adriatiche, Chieti-Francavilla al Mare 1971, Pisa 1975, pp. 52-67; C. Morigi Govi, La prima età del ferro in Emilia e Romagna, in Atti XIX Riun. Istituto Preistoria e Protostoria, Firenze 1975 (pubbl. 1976), pp. 163-80; G. Colonna, Problemi dell'archeologia e della storia di Orvieto Etrusca, in Annali della Fondazione per il Museo ''Claudio Faina'', i, Orvieto 1975 (pubbl. 1980), pp. 43-53; C. Morigi Govi, G. Colonna, L'anforetta con iscrizione etrusca da Bologna, in St. Etr., 49 (1981), pp. 67-93; Romagna tra VI e IV sec. a.C., Catalogo della mostra, Imola 1981; AA.VV., Monterenzio e la Valle dell'Idice, Archeologia e storia di un territorio, Bologna 1983; G. Sassatelli, Bologna e Marzabotto, Storia di un problema, in Studi sulla città antica, l'Emilia e Romagna, Roma 1983, pp. 252 ss.; G. V. Gentili, Il villanoviano verucchiese nella Romagna orientale e il sepolcreto Moroni, in Studi e Documenti d'Archeologia, i, Bologna 1985; S. Patitucci Uggeri, Classificazione preliminare della ceramica dipinta di Spina, in St. Etr., 51 (1985), pp. 91-139; La Romagna tra VI e IV sec. a.C., nel quadro della protostoria dell'Italia centrale, Atti del Convegno, Bologna 1982 (pubbl. 1985); D. Vitali, Monte Bibele (Monterenzio) und andere Fundstelle der keltischen Epoche im Gebiet von Bologna, in Kleine Schriften aus dem Vorgeschichtlichen Seminar, 16, Marburgo 1985; G. Bartoloni, Relazioni interregionali nell'VIII sec. a.C.: Bologna - Etruria mineraria - Valle Tiberina, in Studi e Documenti d'Archeologia, ii, Bologna 1986, pp. 45-57; E. Hostetter, Bronzes from Spina, i, Magonza 1986; La formazione della città in Emilia e Romagna. Prime esperienze urbane attraverso le nuove scoperte archeologiche, Catalogo della mostra, a cura di G. Bermond Montanari, Bologna 1987; L. Malnati, Recenti rinvenimenti dell'età del ferro nel Modenese e nel Reggiano, in Preistoria e Protostoria del Bacino del Basso Po, Atti del Convegno (Ferrara 1984), pubbl. 1987, pp. 195-226; Romagna protostorica, Atti del Convegno, San Giovanni in Galilea 1985, Viserba 1987; Celti ed Etruschi nell'Italia centro-settentrionale dal V sec. a.C. alla romanizzazione, Atti del Colloquio Internazionale, Bologna 1985, Bologna 1987; J. Ortalli, G. Bermond Montanari, Il complesso monumentale protofelsineo di Via Fondazza a Bologna, in St. Etr., 54 (1988), pp. 15-45; G. Bermond Montanari, I cippi di Rubiera, in Riv. Epigrafia Etrusca, St. Etr., 54 (1986), pubbl. 1988, pp. 239-44; La formazione della città preromana in Emilia Romagna, Atti del Convegno di Studi, Bologna-Marzabotto 1985, Bologna 1988; G. Bergonzi, I Celti nel Modenese, in Modena dalle origini all'anno Mille, cit., pp. 153-67.
Periodo romano: F. Bergonzoni, G. Bonora, Bologna Romana, i, Fonti letterarie. Carta archeologica del centro urbano, Bologna 1976; M. Calvani Marini, Parma nell'antichità, in Parma, la città storica, Parma 1978, pp. 20 ss.; Analisi di Rimini antica, Storia e archeologia per un Museo, Rimini 1980; V. Righini Cantelli, Un Museo archeologico per Faenza. Repertorio e progetto, Ist. Beni A.C.N. Regione EmiliaRomagna, Documenti 11, Faenza 1980; Ravenna e il Porto di Classe. Venti anni di ricerche archeologiche tra Ravenna e Classe, a cura di G. Bermond Montanari, Imola 1983; M. G. Maioli, La casa romana di Palazzo Diotallevi a Rimini (FO): fasi di costruzioni e pavimenti musivi, in III Colloquio Internazionale sul mosaico antico, Ravenna 1980, Ravenna 1984, pp. 461-74; La necropoli romana di Voghera, Catalogo della mostra, Ferrara 1984; AA. VV., Voghenza, una necropoli di età romana nel territorio Ferrarese, ivi 1984; G. Bermond Montanari, Ravenna 1980 − Lo scavo della Banca Popolare - Relazione preliminare, in Felix Ravenna, 1984-85, pp. 21-36; M. Stoppioni, Note di topografia ravennate: la nuova necropoli Sud, ibid., pp. 437-48; M. Marini Calvani, Piacenza in età romana, in Cremona Romana, Atti del Convegno storico-archeologico, Cremona 1985; S. Gelichi, L. Malnati, J. Ortalli, L'Emilia centro-occidentale tra la tarda età imperiale e l'alto medioevo, in Società romana e tardo imperiale. Le merci, gli insediamenti, a cura di A. Giardina, Bari 1986, pp. 543-645; Notiziario Soprintendenza, in Documenti e Studi d'Archeologia, ii, Bologna 1986, pp. 109-70; J. Ortalli, Il teatro romano di Bologna, con appendici sui materiali di scavo, in Documenti e Studi XIX, Deput. St. P. per le Province di Romagna, ivi 1986; Id., La via dei sepolcri di Sarsina. Aspetti funzionali, formali e sociali, in Römische Gräberstrassen. Selbstdarstellung-Status-Standard, Kolloquium in München 1985, Monaco 1987, pp. 155-82; G. Bermond Montanari, Supplemento epigrafico 1987, in XXXIV Corso d'Arte Ravennate Bizantina, Ravenna 1987, pp. 27-30; M. G. Maioli, L'edilizia privata tardoantica in Romagna: appunti sulla pavimentazione musiva, ibid., pp. 209-52; G. Bermond Montanari, Introduzione ai problemi relativi alle necropoli di età romana di Ravenna e Classe, in XXXV Corso d'Arte Ravennate Bizantina, ivi 1988, pp. 237-42; L. Malnati, La città romana: Mutina, in Modena dalle origini all'anno Mille, cit., pp. 307-37.
Arte. - Nel corso degli anni Settanta il parziale decentramento di alcune competenze in materia di biblioteche e musei d'interesse locale, unitamente all'acceso dibattito teso a sottolineare il ruolo fondamentale dell'ente locale nella gestione del patrimonio culturale e storico-artistico, ha indotto le Regioni a legiferare in materia e a dotarsi di opportune strutture operative. In particolare la Regione E.R. ha fondato l'Istituto per i beni artistici culturali e naturali, dotato di propri organi amministrativi (l.r. 46 del 1974).
L'Istituto è concepito come strumento della programmazione regionale e organo di consulenza degli enti locali nel settore dei beni artistici e culturali. Nei primi quindici anni di attività sono stati percorsi due filoni di ricerca, il primo rivolto a indagini di tipo ''esemplare'' attraverso saggi in aree omogenee e su momenti storicamente nodali dell'organizzazione museale e dei processi di valorizzazione; il secondo relativo alla conoscenza del patrimonio attraverso schedature che interessavano in tutto o in parte il territorio regionale, accompagnate dall'indispensabile documentazione grafica e fotografica. All'Istituto attiene sostanzialmente l'elaborazione di metodologie per la catalogazione e l'inventariazione dei beni, la predisposizione di progetti per la ristrutturazione e il riordino di istituzioni museali, interventi di restauro e conservazione, nonché la realizzazione di corsi di formazione professionale a diversi livelli. La l.r. 42 del 1983 ha inoltre conferito all'Istituto nuove competenze sul piano dei beni librari e documentari, istituendo una vera e propria Soprintendenza ai beni stessi. È stata poi approvata una legge in materia di musei (l.r. 20 del 9 marzo 1990), la cui gestione viene in parte demandata all'Istituto beni culturali, incaricato di predisporre i piani poliennali d'intervento e di coordinare la catalogazione del patrimonio, accentuando così i compiti di servizio nei confronti della Regione e degli enti locali.
All'impegno regionale ha corrisposto una crescita delle iniziative di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio artistico e storico da parte degli organi statali competenti e da parte degli enti locali, direttamente responsabili di un gran numero di istituzioni. In E.R. infatti è assai alta la percentuale di musei civici, capillarmente diffusi in tutto il territorio, nei capoluoghi di provincia e nei piccoli comuni. Particolare attenzione è stata quindi rivolta alla conoscenza e alla schedatura del patrimonio museale e al riordino delle raccolte e dei percorsi espositivi, secondo criteri più moderni che tengono conto tanto delle modalità di aggregazione storica delle raccolte, quanto delle necessità che vengono poste da una sempre migliore fruizione e dal naturale incremento delle collezioni. In questo ambito interventi di ristrutturazione sono stati realizzati in vari centri dell'E.R. (v. oltre: Tutela dei beni architettonici).
L'attiva collaborazione fra le competenti soprintendenze e gli enti locali, oltre a favorire una migliore conoscenza dei materiali attraverso efficaci campagne di schedatura, ha permesso l'approfondimento di temi specifici anche attraverso la realizzazione di esposizioni che hanno interessato l'intero territorio regionale, come per es. la mostra organizzata nel 1979 sui temi dell'arte e della cultura settecentesca in diverse città capoluogo, oppure la ricerca specifica che è stata condotta sul patrimonio culturale delle IPAB (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza) ed è anch'essa sfociata in alcune mostre in centri urbani del territorio regionale.
Numerosissimi sono anche i cantieri di restauro aperti in quest'ultimo trentennio, che hanno consentito il pieno recupero di complessi monumentali gravemente minacciati. Si possono ricordare, per fare alcuni esempi, tra gli altri, il restauro delle cattedrali di Ferrara e Fidenza, del Battistero di Parma, nonché delle cupole correggesche di quest'ultima città. Altrettanto significativi sono apparsi il recupero degli affreschi del Pordenone in Santa Maria di Campagna e delle statue equestri del Mochi a Piacenza, o i capillari interventi condotti in area romagnola sui complessi chiesastici e conventuali.
Non meno attento è stato in questi anni il lavoro di ricerca volto a indagare tematiche specifiche delle vicende artistiche e storiche regionali, dall'età medievale ai fenomeni pittorici fra Quattrocento e Seicento, fino alle vicende culturali del tardo Ottocento e del primo Novecento.
Bibl.: A. Emiliani, Una politica dei beni culturali, Torino 1974; Arte e pietà. I patrimoni culturali delle Opere Pie nella provincia di Piacenza, Bologna 1981; Musei e raccolte dell'Emilia-Romagna, Documenti IBC 21, ivi 1984; Una nuova conoscenza per la politica dei beni culturali. Ricognizione su dieci anni di lavoro dell'IBC (1976-1985), a cura di F. Lenzi e M. L. Pagliani, Informazioni IBC, ii, n.s., gennaioaprile 1985; A. Emiliani, Il museo alla sua terza età, Bologna 1985. Cataloghi di mostre: L'arte del Settecento emiliano. La pittura, Bologna 1979; L'età neoclassica a Faenza, ivi 1979; Società e cultura nella Piacenza del Settecento, Piacenza 1979; Arte e pietà, Bologna 1980; La formazione della città in Emilia e Romagna, a cura di G. Bermond Montanari, ivi 1987; v. anche bologna, in questa Appendice.
Tutela dei beni architettonici. - Negli anni Settanta e Ottanta l'attività di conservazione dei monumenti è stata particolarmente massiccia: accanto all'azione delle soprintendenze hanno operato, con grande fervore, le amministrazioni locali, coordinate, a partire dal 1976, dall'Istituto regionale per i beni artistici, naturali e culturali.
Delicate operazioni di restauro sono state compiute negli interni del Duomo di Modena e di Parma (ove sono i preziosi cicli correggeschi). Ma è nel settore dei musei che si registrano i risultati più significativi: tra le molte realizzazioni, citiamo il ripristino del Palazzo Farnese a Piacenza (adibito a sede dei civici musei), l'ampliamento e il completo rinnovamento delle strutture espositive della Galleria nazionale di Parma, compiuto in diverse fasi, a partire dal 1974, su progetto di G. Canali. Se il programma per il museo parmense è quello di maggiore impegno finanziario, il sistema museale di Ferrara si segnala per l'alto grado di organicità: ormai completato, il piano comprende la ristrutturazione del Palazzo di Ludovico il Moro (sede del Museo Archeologico Nazionale), l'ampliamento della Pinacoteca Nazionale, lo spostamento del Museo Civico e del Museo Boldini in appositi contenitori. Vanno poi segnalati i restauri dei musei bolognesi (Pinacoteca Nazionale e Museo Civico d'Arte Industriale); il riallestimento del Museo Archeologico di origine ottocentesca a Modena; e in R. i casi di Ravenna e di Imola, ove i maggiori musei sono stati insediati in strutture conventuali appositamente restaurate. Da ricordare infine le risistemazioni del Museo delle ceramiche a Faenza, delle collezioni civiche a Forlì, in corso di realizzazione entro il grande quadrilatero settecentesco dell'ex Ospedale e gli interventi di ristrutturazione museale in corso a Rimini e Reggio Emilia. È impossibile completare un elenco di opere, che tocca anche una serie di centri minori.
Tutela dei beni ambientali. - Per quanto riguarda le preesistenze ambientali, va notato il fatto che la regione è stata una delle prime a redigere un ''piano paesistico'' ai sensi della legge Galasso (i ricorsi ne hanno però impedito la ratifica definitiva). Relativamente scarso è comunque il quadro delle risorse naturalistiche meritevoli di tutela: tra queste segnaliamo, accanto ai pochi residui di foresta planiziale lungo il Po, le parti superstiti della grande pineta che un tempo copriva l'intero litorale, ora comprese in una riserva naturale tripartita (Pineta di San Vitale, di Classe e di Cervia). Più a nord il Bosco della Mesola e una porzione della Laguna di Comacchio faranno parte dell'istituendo Parco nazionale del Delta padano.
Più significative sono le preesistenze lungo la dorsale appenninica; la maggiore estensione di faggete e di conifere sta tra R. e Casentino: qui la riserva naturale di Campigna sarà raccordata alle foreste del versante toscano nel futuro Parco dei monti Falterona e Fumaiolo.
Bibl.: I beni naturali dell'Emilia-Romagna, a cura dell'Ist. per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, Bologna 1980; La conservazione dei musei, a cura dello stesso Istituto, ivi 1982; Emilia-Romagna, a cura del TCI (nella serie Attraverso l'Italia), 2 voll., Milano 1985-86.