ENDOCARDITE (dal gr. ἔνδον "dentro" e καρδία "cuore")
Processo flogistico dell'endocardio (v. cuore) dovuto all'azione flogogena d'agenti infettivi. Molte sono le malattie infettive che possono provocare l'endocardite, dal reumatismo articolare, che ne rappresenta la causa più frequente, alla scarlattina, al tifo, all'infezione pneumococcica, alla blenorragia, alle infezioni setticemiche comuni, alla tubercolosi, ecc. In genere si tratta di localizzazioni di germi infettivi che, insediandosi nell'endocardio, e più specialmente negli apparati valvolari, provocano un processo infiammatorio a tipo necrotico con deposizione di trombi. Ricerche batteriologiche hanno permesso d'isolare i più svariati germi, e talora con essi di riprodurre sperimentalmente il quadro morboso. La mancata dimostrazione di germi in molti casi può spiegarsi col periodo della malattia in cui le ricerche sono state eseguite, quando cioè il processo attivo era già esaurito, o con la natura non identificata dell'agente infettivo, come nel reumatismo; quindi non è argomento sufficiente per ammettere l'ipotesi d'una endocardite di natura puramente tossica. Il processo può interessare le valvole, l'endocardio parietale, quello dei muscoli papillari, ecc.; e può dar luogo a forme anatomiche diverse per gravità di lesione, cui corrispondono diversi quadri clinici; e cioè una forma semplice, superficiale, o benigna, e una forma vegetante, ulcerosa, maligna. Non esiste nessun rapporto costante fra la natura dell'agente infettante e la forma alla quale dà origine, per cui in clinica può osservarsi una notevole diversità di forme insorgenti in seguito a una stessa infezione, come pure s'osservano forme di transizione fra i due tipi.
Endocardite semplice superficiale, detta anche verrucosa. - È la più frequente, quella che s'osserva di solíto nel corso del reumatismo articolare. La lesione caratteristica consiste in un'alterazione necrotica dell'endotelio, dovuta all'azione dei germi su di esso localizzati, per la quale rimane scoperto, e spesso alterato, il tessuto sottoendoteliale. Su queste soluzioni di continuo si formano depositi trombotici, che successivamente, per il processo della cosiddetta organizzazione del trombo, dànno luogo alla produzione di tessuto connettivo che subisce tutte le sue fasi d'evoluzione fino alla trasformazione in tessuto fibroso con esito in ispessìmenti, sclerosi, retrazione, e con formazione di piccoli noduli fibrosi i quali dànno all'endocardio l'aspetto verrucoso da cui il nome della forma. La sintomatologia clinica suol essere nell'inizio insidiosa, mascherata dalla sintomatologia dell'infezione in corso. Spesso soltanto l'esame fisico rivela la localizzazione endocardica, ma a questo riguardo bisogna essere assai prudenti perché spesso fenomeni fisici, specie stetoscopici, transitorî, possono trarre in inganno. Il prolungarsi della febbre dopo che le altre localizzazioni infettive sono estinte, specie nel reumatismo articolare, deve essere tenuto come segno sospetto d'una endocardite tuttora in periodo d'attività flogistica. Tali forme tendono alla cronicizzazione e da esse si originano con tanta frequenza i vizî valvolari la cui storia si confonde con quella dell'endocardite cronica (v. cardiaci, vizî) e possono presentare delle riacutizzazioni (endocardite ricorrente). La prognosi dell'endocardite semplice è collegata con quella del vizio che da essa si può originare. La terapia si confonde con quella delle infezioni che hanno originato l'endocardite; questa non è una controindicazione alla cura salicilica nell'infezione reumatica, sebbene, purtroppo, l'efficacia dell'acido salicilico non sia così evidente contro le localizzazioni endocardiche come è contro quelle articolari.
Endocardite ulcerosa vegetante o maligna. - Si distingue dalla precedente per la maggiore gravità delle lesioni anatomiche e soprattutto dei fatti necrotici in rapporto con la maggiore virulenza degli agenti infettivi. Il processo anatomico fondamentale è analogo a quello descritto sopra per l'endocardite verrucosa, sennonché nell'endocardite ulcerosa le vegetazioni e il tessuto necrotico sottostante subiscono un processo di rammollimento che provoca ampie perdite di sostanza costituenti l'ulcera endocardica. Le ulcerazioni così formate possono interessare le valvole, fino a perforarle o distruggerle in gran parte, localizzarsi sulle corde tendinee, che possono spezzare provocando un'insufficienza valvolare acuta, o occupare l'endocardio parietale, approfondendosi nei sottostanti tessuti, con produzione dell'aneurisma del cuore, il quale può giungere alla perforazione. Se il processo ulcerativo volge a guarigione susseguono i processi di riparazione con neoformazione connettivale già descritti per la forma precedente, salvo una maggiore gravità delle conseguenze. In questa forma è sempre possibile dimostrare, spesso anche col solo esame istologico, la presenza dei microrganismi che l'hanno provocata, streptococchi, stafilococchi, bacilli del tifo, pneumococchi, gonococchi, ecc.; in essa, per il rammollimento necrotico che subiscono i tessuti, è più facile che nella forma precedente che la corrente sanguigna ne distacchi dei frammenti, producendo degli embolismi con tutte le loro conseguenze. Spesso si tratta di emboli settici. La sintomatologia dell'endocardite ulcerosa corrisponde a quella degli stati setticemici gravi: esordio di solito brusco, con brividi, febbre alta che può essere remittente e presentare delle interruzioni nel suo decorso, stato generale grave, ingrandimento del fegato e della milza, subittero, albuminuria. Da parte del cuore s'hanno facili palpitazioni e si riscontrano i segni fisici corrispondenti alla sede della lesione (che spesso interessa più apparecchi valvolari) e alle sue conseguenze. Non di rado s'ha contemporaneamente una pericardite con tutti i suoi sintomi soggettivi e oggettivi. Si distinguono clinicamente due forme: una forma tifosa caratterizzata dalla gravità dei fenomeni generali, che decorre rapidamente con adinamia, delirio, aridità della lingua, diarrea, meteorismo, eruzioni cutanee, complicanze broncopolmonari e ha termine inesorabilmente con la morte; e una forma piemica caratterizzata dalla natura suppurativa del processo, che imprime alla temperatura il caratteristico decorso a grandi oscillazioni, proprio delle forme piemiche, ed è soprattutto caratterizzato dalla produzione d'emboli settici, che possono a loro volta dar luogo a focolai suppurativi localizzati in altri organi. Frequenti sono le artriti purulente e frequenti pure le alterazioni cutanee dovute a embolismi microbici. Anche in questa forma, che può avere decorso più prolungato e periodi di remissione, l'esito letale è la regola, sebbene siano registrate rare guarigioni con permanenza, naturalmente, d'un vizio valvolare.
Merita particolare rieordo una forma definita come endocardite lenta, la quale forse dovrebbe più convenientemente essere compresa fra le infezioni generali che non fra le malattie del cuore, poiché in essa la localizzazione cardiaca rappresenta solo un episodio della malattia. Si tratta d'una forma particolare d'endocardite settica che è stata attribuita all'azione patogena d'uno speciale microrganismo, lo Streptococcus viridans, il quale però non ne rappresenterebbe l'agente esclusivo. Tale forma insorge di solito sopra una preesistente lesione cardiaca, s'inizia con la sintomatologia d'una malattia febbrile a decorso piuttosto mite e non caratteristico, tanto da poter essere confusa con l'influenza, con la febbre tifoide, con la malaria, con la febbre di Malta, ecc., decorre con andamento capriccioso e irregolare, s'accompagna ben presto con una profonda anemia, che è il sintoma forse più appariscente, con eruzioni cutanee, chiazze di porpora, cospicuo tumore di milza, nefrite emorragica. I fenomeni cardiaci non hanno niente di caratteristico e di solito consistono nella permanenza dei sintomi obiettivi preesistenti. Come si vede, il quadro della malattia generale prevale sopra i fenomeni cardiaci. Frequenti sono gli embolismi, frequenti le alterazioni delle arterie che possono condurre alla formazione d'ectasie. La durata della malattia può essere notevole, giungendo fino a un anno, l'esito letale può dirsi costante, poiché i pochi casi di guarigione descritti lasciano adito a discussione. Non esiste una terapia specifica di questa forma contro la quale, come contro tutte le forme settiche, deve tentarsi l'uso dei mezzi terapeutici proprî delle setticemie. (V. setticemia).