Energia
In fisica si definisce energia l'attitudine a compiere un lavoro. Le diverse forme di energia (chimica, cinetica, meccanica, radiante, termica ecc.) sono interconvertibili, nel rispetto del principio generale della conservazione dell'energia, secondo il quale l'energia totale di un insieme isolato di sistemi rimane costante nel tempo. Per quanto concerne l'organismo umano, esso necessita di continui scambi di energia con l'ambiente che lo circonda, sia per espletare le sue funzioni vitali sia per assicurare la trasmissione dell'informazione, percependo ed emettendo stimoli. Si definisce bilancio energetico la differenza fra la quantità di energia introdotta nell'organismo e l'energia spesa nello stesso tempo per le varie attività dell'organismo.
Alla stregua di ogni altro sistema fisico, il corpo umano interagisce con l'ambiente esterno a esso circostante attraverso scambi di energia, effettuati dal lavoro di forze, intese anche nel senso più generale del termine di grandezze intensive termodinamiche. Nella terminologia più familiare e corrente della meccanica, il lavoro L compiuto da una forza F agente su un corpo nello spostare il proprio punto di applicazione eguaglia la variazione ΔE di energia meccanica (cinetica e potenziale) subita dal corpo:
L = ∫ Fdr = ΔE.
La variazione di energia prodotta è pari a quella, di segno opposto, prelevata dall'ambiente esterno, secondo la legge generale di conservazione dell'energia totale, da estendersi a una legge di conservazione della massa e dell'energia, quando siano presenti trasformazioni di materia in energia e viceversa. Gli scambi di energia si trovano, quindi, alla base di qualsivoglia interazione dell'organismo umano con l'esterno, sia esso l'ambiente naturale costituito dal territorio e dall'atmosfera, oppure un altro essere vivente, gli strumenti della vita quotidiana, il suono, la luce, gli stimoli olfattivi ecc. È opportuno, pertanto, trattare in modo parzialmente unitario questi fenomeni, esaminandoli dal punto di vista energetico: quantitativo, per un verso, e qualitativo, per un altro. Quanta energia, cioè, e di quale tipo, è necessaria all'organismo per produrre il lavoro utile alla propria sussistenza, e anche quanta energia, e di quale tipo, è necessaria per produrre livelli di stimolo, percepiti o emessi dall'organismo come segnali. Nelle due fenomenologie indicate le quantità di energia coinvolte sono di ordini di grandezza affatto diversi: nel primo caso, infatti, per es. per il metabolismo basale (MB) - cioè per il solo mantenimento a livello costante della temperatura corporea e per l'attività minimale delle funzioni corporee - sono necessarie circa 105 cal/ora, mentre, nel secondo caso, l'energia recepita, per es., dall'apparato uditivo per l'ascolto di un'opera sinfonica è dell'ordine di 10‒5-10‒6 cal/ora. Pure moltiplicando tale ultimo dato, relativo all'energia acustica incidente sul timpano umano in un'ora di ascolto, per il rapporto tra tutta l'area della superficie corporea investita dal suono e quella del timpano, si otterrebbe un valore dell'ordine di 1 cal per l'energia incidente su tutta la superficie corporea, che è ancora di ben 5 ordini di grandezza inferiore a quello relativo al fabbisogno energetico totale in un eguale tempo.
Parzialmente diverso, dal punto di vista quantitativo, è il valore dell'energia elettromagnetica incidente sul corpo umano, dovuta principalmente alla radiazione solare (diretta o diffusa), alla radiazione termica o di corpo nero emessa da tutti i corpi circostanti in dipendenza della loro temperatura e della superficie radiante, a quella di sorgenti casuali di triboelettricità, fulmini, fiamme ecc., nonché alla radiazione artificialmente emessa nell'ambiente dall'uomo: sorgenti luminose ed elettromagnetiche. Per esposizione diretta alla luce solare, infatti, la quantità di energia incidente sulla superficie corporea in un'ora alle nostre latitudini in orario centrale del giorno è dell'ordine di 10⁵ cal, di gran lunga superiore al valore dell'irraggiamento acustico. L'energia elettromagnetica, tuttavia, anche se incidente in misura rilevante, non è utilizzabile direttamente dall'organismo umano per il fabbisogno energetico. Di tale quantità, infatti, il corpo preleva solo un'infinitesima parte, in media inferiore a 1 cal/ora localizzata nella banda del visibile e incidente sul cristallino, per ricavarne un'informazione di tipo ottico, costruendo e decodificando le immagini che si formano sulla retina. La parte sostanziale della radiazione elettromagnetica entra, viceversa, nel bilancio degli scambi termodinamici (v. oltre).
Analogamente ai contributi energetici che entrano nell'organismo umano, anche per i contributi uscenti vi sono due ordini di grandezza affatto diversi per quelli che veicolano informazione e per gli altri. Per i primi, legati sostanzialmente al messaggio vocale emesso, la potenza acustica irradiata può raggiungere valori dell'ordine di qualche watt, corrispondenti a un'energia di qualche migliaio di calorie in un'ora. Non si hanno casi, invece, di emissione d'informazione veicolata dalla radiazione elettromagnetica, poiché i segnali legati alla gestualità, ricevuti come immagini visive, si propagano utilizzando l'energia elettromagnetica già presente nell'ambiente e diffusa dalle diverse parti del corpo. Da quanto detto risulta, quindi, che gli scambi energetici effettuati dall'organismo umano con l'ambiente esterno cadono in due classi ben distinte dal punto di vista quantitativo, che peraltro corrispondono a due classi anche funzionalmente ben distinte: quella per il mantenimento delle funzioni vitali e quella per la trasmissione dell'informazione. Per il primo caso, nel capitolo sugli aspetti biochimici che segue si tratterà diffusamente dei meccanismi di introduzione, trasformazione e utilizzazione dell'energia necessaria all'organismo per il mantenimento della temperatura corporea a livello costante, indipendente dalla temperatura dell'ambiente, per il funzionamento degli organi (movimenti cardiaci, peristaltici, del diaframma, reazioni chimiche ecc.) e per il lavoro muscolare eventualmente eseguito, oltre che, nei periodi di crescita dell'organismo, per la costruzione del materiale biologico. Escludendo questi due ultimi meccanismi e limitandosi quindi a considerare il fabbisogno corrispondente al metabolismo di base, la spesa energetica per un individuo adulto è approssimativamente compresa tra 1800 e 2000 kcal giornaliere. Queste sono disperse nell'ambiente direttamente o indirettamente attraverso vie diverse. Va opportunamente ricordato che tutta questa quantità di energia, ed eventualmente anche quella liberata sotto forma di lavoro muscolare interno o esterno, diviene in ultima analisi energia termica, ciò che giustifica l'uso delle calorie per la misura del fabbisogno energetico. Da quanto riportato, appare che la perdita principale di energia nell'MB si attua attraverso la superficie corporea, vuoi per via diretta per dispersione del calore, vuoi per quella indiretta dell'evaporazione. Coerentemente con ciò, l'MB dei singoli individui, e anche in generale degli animali, è proporzionale all'area della superficie del corpo, piuttosto che al peso.
Si noti che i valori riportati nelle due tabelle si riferiscono a condizioni standard di misura, con l'organismo disposto in condizione di riposo e alla temperatura esterna costante di 20 °C. L'irraggiamento è comunque diverso dalle differenti parti del corpo, in virtù della diversa temperatura delle singole parti della cute e anche della loro diversa esposizione corporea (concavità, convessità, affaccio con altre parti del corpo). Inoltre, esso cambia leggermente durante il giorno, essendo la stessa temperatura corporea una funzione debolmente dipendente dal periodo giornaliero.
Infine, se la temperatura esterna viene mutata, l'organismo umano, e quello di tutti gli animali omeotermi, adotta misure di termoregolazione, che mantengono la temperatura corporea a un medesimo valore, dissipando quantità di energia diverse sia sotto forma radiativa, sia attraverso variazioni della perspirazione. Nel caso di forte irradiazione solare della cute, inoltre, la temperatura di questa e degli strati adiacenti tende naturalmente a salire, contribuendo al necessario processo di dispersione radiativa dell'energia in eccesso.
Se alla quantità di energia necessaria per l'MB si somma quella corrispondente al lavoro esterno prodotto dall'organismo ed, eventualmente, quella necessaria per la crescita limitatamente a un giorno, si ottiene la quantità di energia media giornaliera che l'organismo deve assumere attraverso il cibo. Nel bilancio del singolo giorno va naturalmente considerato che l'organismo può anche immagazzinare energia sotto forma di materiale biologico nei casi in cui consumi meno di quanto immette o, viceversa, può consumare materiale biologico accumulato nei casi in cui consumi di più, il bilancio a zero valendo ovviamente solo sul lungo periodo.
Sulla radiazione incidente sull'organismo si è già detto del livello necessario perché esso produca le reazioni e i fenomeni indispensabili per la trasformazione in segnali neurologicamente rivelabili, e si è visto come di fatto solo una minima parte di quella incidente su tutta la superficie corporea sia prelevata come segnale: di fatto, quella unicamente incidente sugli organi sensori deputati alla ricezione dell'informazione, occhio e orecchio. L'organismo, peraltro, adotta metodi di difesa nel caso che i livelli della radiazione incidente sugli organi interessati eccedano certi valori limite, identificati come soglie del dolore. Nel caso dell'occhio, oltre alla naturale deflessione dell'organo dalla direzione di incidenza della radiazione, l'organismo si difende mediante la copertura della pupilla attuata dalla palpebra; nel caso dell'orecchio, il sistema di trasmissione osseo sito nell'orecchio medio tra timpano e finestra ovale, costituito da staffa, incudine e martello, qualora l'intensità di radiazione elastica incidente superi i valori della soglia del dolore, si pone in vibrazione a livelli tali che l'energia viene trasmessa in maniera attenuata all'orecchio interno.
1.
La vita di una cellula animale si mantiene grazie alla sua capacità di liberare e utilizzare l'energia presente nei composti chimici (energia chimica), cioè una forma di energia potenziale, vincolata nei legami che si stabiliscono tra gli atomi di una molecola. Essa può essere liberata a seguito della rottura di legami, conseguente a una reazione chimica che modifichi la struttura della molecola. La fonte primaria dell'energia che viene accumulata nei legami chimici è l'energia solare, che può essere utilizzata dalle piante verdi per sintetizzare glucosio mediante il processo di fotosintesi. Il pigmento clorofilla, contenuto nei cloroplasti delle foglie, assorbe l'energia solare incidente e la rende disponibile per la sintesi dei carboidrati a partire da anidride carbonica e acqua. Nelle piante, i carboidrati possono essere successivamente trasformati in lipidi e proteine per creare altre riserve di energia potenziale. Il processo di fotosintesi costituisce anche l'origine dell'ossigeno dell'atmosfera terrestre, utilizzato dalle cellule degli animali nelle reazioni chimiche che danno luogo alla liberazione di energia dalle sostanze nutrienti (glicidi, lipidi, proteine).
L'energia liberata a seguito della scissione dei legami chimici può essere successivamente impiegata dalla cellula al fine di eseguire 'lavoro biologico', ossia quell'insieme di attività che le servono per mantenere la propria struttura e la propria funzione. Il lavoro biologico consiste in: lavoro meccanico, dovuto all'azione muscolare; lavoro chimico, che implica il trasferimento dell'energia nella struttura di un'altra molecola da costruire (biosintesi); lavoro di trasporto, che consiste nel trasportare soluti attraverso le membrane cellulari contro gradienti di diffusione (trasporto attivo). In accordo con le leggi della termodinamica, nei processi di liberazione e di utilizzazione dell'energia, solo una parte di essa, indicata come 'energia libera', può essere trasformata in lavoro. Un'altra parte viene invece dispersa nell'ambiente sotto forma di calore, il quale può essere impiegato per mantenere a un certo valore la temperatura della cellula stessa. L'apporto di energia avviene mediante le sostanze nutrienti le quali, all'interno degli organismi viventi, vengono sottoposte a una serie assai complessa di reazioni chimiche, indicate nel loro insieme con il termine metabolismo. Esso consiste, in larga misura, di due classi generali di reazioni chimiche: a) quelle che comportano la demolizione chimica di sostanze complesse in unità più semplici e la relativa liberazione di energia, indicate con il termine catabolismo; b) quelle che hanno come risultato finale la sintesi di sostanze complesse a partire da sostanze più semplici e il relativo immagazzinamento di energia, indicate con il termine anabolismo. Le reazioni cataboliche implicano un rilascio di energia libera e sono pertanto dette esoergoniche, mentre quelle anaboliche, che per procedere devono assorbire energia, sono dette endoergoniche. Molte delle reazioni che si svolgono nella cellula sono endoergoniche (lavoro di sintesi) e procedono grazie al fatto di essere accoppiate ad altre reazioni esoergoniche: l'energia libera rilasciata da una reazione esoergonica viene usata nella reazione endoergonica. L'energia che si libera dal catabolismo dei nutrienti non viene utilizzata direttamente dalle cellule, ma viene invece impiegata per la sintesi di un composto chimico altamente energetico, l'adenosintrifosfato (ATP). È solo l'energia potenziale contenuta nell'ATP che può essere direttamente utilizzata dalla cellula per eseguire qualunque tipo di lavoro biologico.
Uno degli aspetti fondamentali del trasferimento e dell'utilizzazione di energia da parte della cellula riguarda il contributo degli enzimi (v.), speciali molecole proteiche che aumentano la velocità delle reazioni chimiche che si svolgono all'interno di essa. Ogni reazione, indipendentemente dal tipo, necessita di una certa quantità di energia per essere avviata. Questa energia iniziale è detta energia di attivazione; tanto essa è minore, tanto maggiore sarà la probabilità che la reazione avvenga. La funzione fondamentale degli enzimi è quella di abbassare l'energia di attivazione e, conseguentemente, di aumentare la velocità delle reazioni chimiche.
2.
L'ATP è una molecola costituita da una componente complessa, l'adenosina, e da tre gruppi fosfato. L'adenosina è un nucleotide formato da adenina e da un glicide a cinque atomi di carbonio, il riboso; i tre gruppi fosfato sono collegati in serie con il riboso. I legami che mantengono uniti gli ultimi due gruppi fosfato possiedono un elevato livello di energia e, per tale motivo, vengono comunemente detti legami altamente energetici. L'energia in essi contenuta può essere liberata a seguito di una reazione di idrolisi. Quando viene scisso il legame con il gruppo fosfato terminale, si ottengono i prodotti terminali adenosindifosfato (ADP), fosfato inorganico (Pi), nonché la liberazione di 7,3 kcal di energia per mole di ATP. Più raramente, ulteriore energia può essere liberata dalla scissione di un secondo gruppo fosfato e, in tal caso, la molecola rimanente si chiama adenosinmonofosfato (AMP). La quantità di ATP accumulata in ogni cellula è assai limitata e può sostenere l'attività metabolica di questa solamente per una frazione di minuto; è per tale motivo che, per soddisfare i fabbisogni energetici cellulari, questo prezioso composto, una volta utilizzato, deve essere costantemente risintetizzato mediante la riconversione di ADP in ATP. La rigenerazione di ATP è un processo di sintesi che si avvale dell'energia liberata dalla demolizione delle sostanze nutrienti e dalla scissione della fosfocreatina. Questa liberazione di energia è quindi funzionalmente collegata, ossia accoppiata, alla necessità di risintesi dell'ATP e le reazioni implicate in questo processo vengono dette reazioni accoppiate. Ogni conversione di energia potenziale è accompagnata da qualche perdita e, nel caso delle reazioni accoppiate, non più della metà dell'energia chimica disponibile può essere utilizzata per formare ATP.
3.
L'energia necessaria per la produzione di ATP proviene da tre diversi processi metabolici: l'idrolisi della fosfocreatina, o creatina fosfato (CP), la glicolisi anaerobica e l'ossidazione dei substrati energetici, cioè glicidi, lipidi e protidi. In generale, tutti e tre i processi operano nello stesso modo, poiché l'energia che si libera dalla demolizione delle sostanze implicate nelle reazioni cataboliche è impiegata per la risintesi di ATP a partire da ADP e Pi. La formazione di un legame fosforico è detta fosforilazione. L'idrolisi del CP rappresenta la via più rapida per la formazione di ATP. Il CP è un substrato energetico presente soprattutto nelle fibre muscolari. La sua molecola, in analogia con l'ATP, contiene un gruppo fosforico terminale legato alla restante parte della molecola con un legame altamente energetico. Il CP è contenuto nella cellula muscolare in quantitativo circa 5 volte maggiore dell'ATP e la sua demolizione avviene mediante una reazione di idrolisi catalizzata dall'enzima creatinchinasi. I prodotti terminali della reazione sono creatina e fosfato inorganico e l'energia liberata viene resa immediatamente disponibile per la risintesi di ATP.
La funzione della glicolisi anaerobica è quella di trasferire una parte dell'energia chimica della molecola di glucosio direttamente all'ATP in assenza di ossigeno (metabolismo anaerobico). Mediante una serie di reazioni chimiche, la molecola di glucosio viene demolita fino alla formazione di due molecole di acido lattico e con un guadagno netto di due molecole di ATP. Come sarà indicato successivamente, in presenza di ossigeno l'ulteriore demolizione del glucosio comporta la produzione totale di 38 molecole di ATP. Qualora venga paragonata all'idrolisi del CP, la glicolisi anaerobica risulta un processo alquanto più complesso: essa, infatti, richiede una serie di 12 reazioni chimiche in sequenza, ciascuna delle quali viene catalizzata da uno specifico enzima. Gli enzimi che partecipano alla glicolisi anaerobica si trovano nel citoplasma in elevata concentrazione e, pertanto, le reazioni avvengono a velocità elevata.
In presenza di ossigeno molecolare, la degradazione dei nutrienti avviene mediante una combinazione di reazioni di ossidazione che portano alla formazione di anidride carbonica e acqua, liberando energia in quantità molto più elevata rispetto alla glicolisi anaerobica. Si dicono reazioni di ossidazione quelle in cui si verifica una perdita di elettroni; nei composti organici, che non cedono facilmente elettroni, però, il processo di ossidazione si ottiene solo a seguito della rimozione di interi atomi di idrogeno. Pertanto, in questi composti l'ossidazione consiste in realtà in una rimozione di elettroni sotto forma di atomi di idrogeno (deidrogenazione). La demolizione ossidativa richiede l'attuarsi di numerose reazioni concatenate e la presenza di complessi sistemi enzimatici che si trovano all'interno dei mitocondri. Questi organelli subcellulari sono muniti al loro interno di un sistema di pliche, denominate creste mitocondriali, sulla superficie delle quali si trovano gli enzimi che catalizzano il processo ossidativo. Tutte e tre le classi di sostanze organiche che partecipano al metabolismo cellulare, cioè glicidi, lipidi e protidi, possono subire la degradazione ossidativa e pertanto possono essere impiegate come fonte di energia per la sintesi di ATP. Tuttavia, le proteine svolgono a tal riguardo un ruolo minore; soltanto in condizioni di digiuno, o in caso di mancato apporto alimentare di glicidi e lipidi, il catabolismo proteico può diventare significativo.
Nel metabolismo ossidativo, le fasi fondamentali e comuni alle tre classi di nutrienti sono il ciclo di Krebs e il trasporto degli elettroni. Il ciclo di Krebs, indicato anche come ciclo dell'acido citrico o degli acidi tricarbossilici in base ad alcuni composti chimici che si formano durante il suo decorso, è costituito da una sequenza di reazioni chimiche, a seguito delle quali viene prodotta anidride carbonica e vengono rimossi atomi di idrogeno dai prodotti intermedi. Successivamente, gli atomi di idrogeno rilasciati durante le reazioni di ossidazione vengono trasferiti temporaneamente a particolari coenzimi, tra cui i più usati sono il nicotinamide adenina dinucleotide (NAD) e il flavina adenina dinucleotide (FAD). A loro volta questi coenzimi cedono gli atomi di idrogeno alla catena di trasporto degli elettroni, nota anche come catena respiratoria. Questa è costituita da un gruppo di proteine contenenti ferro, dette citocromi, che si trovano nelle creste mitocondriali. La catena di citocromi, infine, cede l'idrogeno all'ossigeno molecolare per formare acqua. Il flusso di elettroni lungo la catena respiratoria avviene con una liberazione di grande quantità di energia, che è usata per la reazione endoergonica di sintesi dell'ATP. Tale sintesi, che è accoppiata alla perdita di idrogeno, viene denominata fosforilazione ossidativa. L'ossidazione di una mole di glucosio comporta la produzione di 36 moli di ATP, mentre i diversi acidi grassi, che sono generalmente costituiti da catene di 16 o 18 atomi di carbonio, producono rispettivamente 130 e 147 moli di ATP.
4.
Nella demolizione catabolica delle sostanze energetiche, la maggior parte dell'energia potenziale contenuta nei legami chimici compare immediatamente sotto forma di calore e solo una piccola frazione di essa, circa il 20-25%, è usata per eseguire lavoro biologico. Il calore prodotto viene disperso nell'ambiente e, negli animali omeotermi, può essere utilizzato per mantenere la temperatura corporea a un valore più elevato rispetto a quello dell'ambiente (v. termoregolazione). Tuttavia, a eccezione dei periodi di crescita, anche tutto il lavoro biologico interno viene trasformato in calore, cosicché, in assenza di accrescimento, la spesa energetica totale del corpo è data dalla somma del calore prodotto e dal lavoro esterno eseguito dalla muscolatura scheletrica. Nel caso di un soggetto a riposo, cioè escludendo l'esecuzione di lavoro esterno, la spesa energetica totale diventa uguale alla produzione di calore. Pertanto, l'unità di misura che si è rivelata particolarmente conveniente per esprimere la spesa energetica di un organismo vivente è la chilocaloria (kcal) che, per definizione, è la quantità di calore occorrente per innalzare la temperatura di 1 kg di acqua da 14,5 a 15,5 °C.
Nell'uomo, la spesa energetica può essere misurata direttamente o indirettamente mediante la calorimetria. La calorimetria diretta si effettua ponendo il soggetto all'interno di uno strumento, detto calorimetro. Esso consiste in una camera sufficientemente grande, termicamente isolata e munita al suo interno di un sistema di misura dell'innalzamento di temperatura causato dal calore prodotto dall'organismo. Questo metodo, pur richiedendo apparecchiature complesse e costose, permette di eseguire misurazioni in modo rapido e preciso; calorimetri del genere, tuttavia, si trovano solo in pochi laboratori di ricerca specializzati, in quanto il loro uso è poco pratico e quindi limitato.
Un metodo calorimetrico assai più semplice e adatto all'uso generale è invece quello indiretto. La calorimetria indiretta si effettua misurando il quantitativo di ossigeno consumato dal soggetto nell'unità di tempo; si basa sul principio che l'energia liberata ossidando gli alimenti all'interno del corpo deve essere esattamente uguale a quella che si libera ossidando gli stessi alimenti in strumenti di laboratorio. Dalle misure di laboratorio è stato possibile determinare l'equivalente calorico dell'ossigeno, cioè quanto calore si libera per ciascun litro di ossigeno che viene impiegato nelle ossidazioni biologiche. Sebbene il valore calorico dell'ossigeno sia leggermente diverso a seconda delle sostanze energetiche che vengono ossidate (glicidi, grassi o proteine), a esso viene assegnato il valore medio di 4,8 kcal per litro; questa stessa quantità di calore deve essere prodotta quando 1 l di ossigeno viene consumato per le ossidazioni che si svolgono all'interno del corpo.
5.
Il fabbisogno totale quotidiano di energia dipende principalmente da tre fattori: l'MB, l'azione dinamica specifica degli alimenti e l'attività motoria. L'MB rappresenta il livello minimo di energia metabolica necessario per mantenere le funzioni vitali in stato di veglia. Esso viene misurato in condizioni rigorosamente standardizzate che per il soggetto prevedono: il digiuno da almeno 12 ore, la posizione supina in ambiente termicamente confortevole, il riposo per un periodo di circa 30 minuti prima dell'esecuzione della misurazione. Altre condizioni importanti da osservare sono la tranquillità del soggetto e la normalità della temperatura corporea.
Al fine di poter comparare tra loro misure di MB di individui diversi, la produzione di calore viene espressa in rapporto all'area di superficie corporea, onde eliminare le differenze dovute alla diversità di taglia. L'area della superficie corporea può essere calcolata in base alla statura e al peso corporeo del soggetto. L'entità dell'MB è correlata non solo con la taglia corporea, ma anche con l'età e con il sesso. Il metabolismo di riposo del bambino, relativamente alle sue dimensioni corporee, è considerevolmente più elevato rispetto a quello dell'adulto, e quello della donna è generalmente inferiore a quello dell'uomo, anche tenendo conto della differente taglia corporea. Come già detto, una delle condizioni che si richiedono per la determinazione dell'MB è che il soggetto sia a digiuno da almeno 12 ore. Tale norma viene prescritta perché l'ingestione del cibo fa aumentare la produzione di calore. Questo aumento della spesa energetica rispetto all'MB viene definito ADS, azione dinamica specifica, degli alimenti. L'entità di questo effetto varia a seconda del tipo di alimento assunto. Le proteine hanno un'ADS di gran lunga superiore a quella dei glicidi e dei grassi. L'aumento è di circa il 30% e si ritiene che sia dovuto al calore che viene liberato per la rimozione, nel fegato, dei gruppi aminici dalle molecole di aminoacidi. Lipidi e glicidi stimolano il metabolismo facendolo aumentare di circa il 5%.
Il fabbisogno energetico individuale è fortemente influenzato dall'attività fisica ed è assai vario in relazione al tipo di lavoro e di svago. Per es. un incremento, anche minimo, del tono della muscolatura posturale determina un aumento significativo dell'attività metabolica e l'esercizio fisico strenuo può innalzare il dispendio energetico di riposo più di 15 volte. Fattori determinanti per la spesa energetica dovuta all'attività fisica sono l'intensità del lavoro muscolare cui il soggetto si dedica, la sua durata e la frequenza delle pause di riposo. Per la classificazione delle attività fisiche in base all'impegno energetico richiesto è comunemente usato un criterio che prende in considerazione il dispendio energetico dell'attività fisica in relazione a quello basale. A tal fine è stata recentemente introdotta una nuova unità di misura del dispendio energetico denominata MET (Metabolic equivalent). Un MET corrisponde al consumo di ossigeno, o alla spesa energetica, richiesta per minuto in condizioni di completo riposo. Normalizzando questa unità di misura per la massa corporea, essa è uguale a un consumo di ossigeno di 3,6 ml×kg‒1×min‒1. Utilizzando il MET, viene classificato come lavoro leggero quello che comporta un impegno energetico di 3 MET, come lavoro pesante quello che comporta un impegno energetico compreso tra 6 e 8 MET, come lavoro massimale quello che comporta un impegno energetico di 9 o più MET.
Sulla base dei tre determinanti della spesa energetica considerati, si può giungere a individuare il dispendio energetico medio giornaliero. Per la maggior parte della popolazione, raramente la spesa energetica supera di molto il valore di riposo, in quanto le attività quotidiane hanno un costo energetico piuttosto basso. L'individuo medio maschio, di età compresa tra 25 e 50 anni, ha un dispendio energetico giornaliero di circa 2500-2700 kcal, per un soggetto di sesso femminile la spesa energetica è circa 2000-2200 kcal. Nelle attività che richiedono un lavoro pesante la spesa energetica può superare largamente le 4000 kcal giornaliere.
J.V.G.A. Durnin, R. Passmore, Energy, work and leisure, London, Heinemann, 1967.
Exercise, nutrition and energy metabolism, ed. E.S. Horton, R.L. Terjung, New York, Macmillan, 19942.
E. Jequier, J.P. Flatt, Recent advances in human energetics, "News in Physiological Sciences", 1986, 1, p. 112.
M. Kleiber, The fire of life. An introduction to animal energetics, Huntington (NY), Krieger, 1975.
A.L. Lehninger, D.L. Nelson, M.M. Cox, Principles of biochemistry, New York, Worth, 19932.
M. Mott-Smith, The concept of energy simply explained, New York, Dover, 1964.