ENRICO di Baila (de Bulla)
Di nobile famiglia bolognese, giureconsulto, fu, intorno alla metà del sec. XII, una figura di spicco nella vita dello Studium di Bologna. Conosciuto nella letteratura anche come Enrico de Bulla (ad e s., Diplovataccio, p. 6), la sua figura e le sue vicende professionali sono ricordate, in modo aneddotico ed incerto, in tutte le monografie e le opere letterarie riguardanti i primordi dell'università di Bologna.
Risulta difficile, ancor oggi, affermare quale sia stato il periodo della sua maggiore affermazione professionale: il Diplovataccio infatti lo vuole già attivo nel 1134, e sempre in quell'epoca colloca il contrasto che E. ebbe con un altro "legum doctor", il Piacentino († 1192). La data del 1134 ci sembra perciò troppo anticipata. Secondo il Gaudenzi, E. era senz'altro professore nel 1157, anno in cui dovette intervenire per giudicare un'accusa di adulterio mossa ad un suo allievo. Questa notizia è tratta da un atto casualmente inserito in un manoscritto giuridico conservato a Parigi (Parigi, Bibl. nat., ms. Lat. 14475). In un documento già conosciuto dal Sarti, pubblicato nel Chartularium Studii Bononiensis, E. è ricordato, nel 1169, come "causidicus et legum doctor". Possiamo insomma supporre che, proprio intorno alla metà del sec. XII, abbia svolto la sua attività professionale: in un periodo, quindi, che vedeva, dopo il magistero dei "quattro dottori", il definitivo trionfo del metodo e della pratica insegnati negli Studia della città. In quegli stessi anni erano fra l'altro presenti a Bologna personalità come Alberico di Porta Ravegnana, Ruggero Beneventano, Guglielmo da Cambriano e Giovanni Bassiano, e sono sempre di quegli anni le prime concrete rivalità accademiche. Proprio per una di queste E. è principalmente ricordato: tutti gli studiosi, infatti, attingendo dalle notizie fornite dal Diplovataccio, riferiscono degli scontri che egli ebbe con un altro giureconsulto, il Piacentino. Poiché questi aveva confutato in modo eccessivamente ironico la sua interpretazione al titolo De senatuconsulto Velleiano X., 4,29), E. si sarebbe risentito in modo tanto violento che, forte anche di solide protezioni in città ("potens erat Bononie, et ibi legebat et regebat", scrive il Diplovataccio), lo avrebbe aggredito fisicamente la notte stessa della lezione. Proprio in seguito a quest'atto di violenza il Piacentino si sarebbe indotto a riparare a Montpellier dove, secondo una tradizione consolidata (la rifiuta solo il Kantorowicz, 1938), egli affiancò per primo agli studi di medicina, fiorenti nella città provenzale, l'insegnamento del diritto romano.
Questa vera e propria leggenda, accettata e riferita senza ulteriori commenti in gran parte della letteratura scientifica, è stata decisamente accantonata dal Calasso (1957), che ha visto invece nell'allontanamento del Piacentino da Bologna una precisa e cosciente scelta di questo giurista desideroso di professare altrove, e in modo autonomo, la sua scienza nel tormentato periodo che vide le città italiane della Lega lombarda rivendicare la propria autonomia nei confronti dell'autorità imperiale. In una diversa prospettiva di analisil il Cortese ha recentemente riproposto questo episodio evidenziandone gli aspetti simbolici: esso, secondo lo studioso, assume infatti in questo caso il valore di significativo indizio della tendenza da parte dei civilisti di definirsi e qualificarsi socialmente, oltre che culturalmente, come veri e proprii "domini" all'interno del mondo universitario e di quello cittadino.
Difficile risulta anche valutare concretamente l'apporto dato da E. alla scienza ed alla prassi giuridica a lui contemporanee: né le fonti, né la letteratura critica ci permettono, infatti, di giudicare in modo complessivo il suo operato. Odofredo Denari ricorda nel suo commento alla l. 1 del titolo De iuris et facti ignorantia (1, C, I, 18) l'interpretazione di E., ritenuta però dallo stesso Odofredo come sostanzialmente superata e non condivisa dagli altri autori. La stessa qualifica di "causidicus et legum doctor", sopra rammentata, non può certo far attribuire ad E., come sottolinea il Savigny, altri ruoli e funzioni da lui svolti nella città di Bologna, anche perché tale attività era spesso esercitata da qualsiasi giurisperito.
Ad E. la critica meno recente ha attribuito la redazione della più antica delle Summae giuridiche pervenuteci, ossia la Summa Trecensis.
La SummaTrecensis, o "di Troyes", prende il nome della città che ne conserva la più antica redazione a noi nota. Attribuita alla fine del secolo scorso ad Imerio, è stata poi per lungo tempo ritenuta un'opera prodotta in ambito bolognese nella prima metà del sec. XII, e lo stesso E., prima che la Summa fosse definitivamente considerata opera di Rogerio, è stato indicato come uno dei probabili autori.
Le glosse apposte da E., presenti in molte raccolte sia manoscritte sia a stampa, sono generalmente indicate con il monogramma "Yr.". Tale sigla viene qui segnalata, in quanto essa ha spesso sollevato dubbi di attribuzione, data l'evidente coincidenza sillabica con le iniziali del nome di Irnerio. Di certa attribuzione ad E. è un intervento sull'enfiteusi, contenuto in una raccolta di Quaestiones di poco posteriore al 1162ed edito parzialmente nella Bibliotheca iuridica Medii Aevii.
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