Enrico II Imperatore
Figlio di Enrico duca di Baviera e di Gisella, sorella di Corrado re della bassa Borgogna, nacque nel 973.
Avviato in un primo tempo alla carriera ecclesiastica, la interruppe allorché il padre, che era stato privato del feudo per ribellione al re di Germania, fu reintegrato nei suoi possessi. Divenuto duca di Baviera nel 995, alla morte di Ottone III, dopo una lotta con i vari pretendenti, fu incoronato re di Germania in Aquisgrana (8 settembre 1002). Gl'inizi del suo regno furono funestati dalla rivolta dei vari feudatari, e dalla lotta con Boleslao duca di Polonia, che si protrasse con alterne vicende dal 1003 al 1018.
In conformità con la politica degli Ottoni, E. intervenne nelle cose d'Italia, e, sconfitto Arduino Marchese d'Ivrea re d'Italia dal 1002, nel 1004 fu incoronato a Pavia. Scese nuovamente in Italia nel 1013 per porre fine ai disordini a Roma dove due papi, l'uno, Gregorio, appoggiato dai Crescenzi, l'altro, Benedetto VIII, dai conti di Tuscolo, si contendevano la tiara. E. appoggiò il Tuscolano che il 14 febbraio 1014 lo incoronò imperatore. La terza discesa in Italia (1021-1022) ebbe quale fine l'affermazione dei diritti imperiali nelle terre meridionali, ma la spedizione ebbe scarso successo, e una pestilenza scoppiata fra le truppe convinse l'imperatore a tornare in patria ove morì poco dopo (13 luglio 1024): con lui si estinse la casa di Sassonia.
E. fu un sovrano profondamente pio e sollecito della riforma della Chiesa, sul governo della quale però esercitò una notevole influenza, conformemente alla politica dei suoi predecessori; venne canonizzato da Eugenio III nel 1046.
D., che non ha un interesse specifico per E., lo cita solamente quale protagonista di un episodio narrato da Vincenzo di Beauvais e ricordato per esemplificare che l'uomo è degno di loda e di vituperio solo in quelle cose che sono in sua podestà di fare o di non fare ... Onde noi non dovemo vituperare l'uomo perché sia del corpo da sua nativitade laido, però che non fu in sua podestà farsi bello ... E così non dovemo lodare l'uomo per biltade che abbia da sua nativitade ne lo suo corpo, ché non fu ello di ciò fattore, ma dovemo lodare l'artefice, cioè la natura umana... E però disse bene lo prete a lo 'mperadore, che ridea e schernia la laidezza del suo corpo: " Dio è segnore: esso fece noi e non essi noi " (Cv III IV 6-8).
Bibl. - B. Bartoli, Arrigo II in Italia, Bologna 1896, passim; L. Duchesne, I primi tempi dello Stato pontificio, Torino 1967, ad indicem; si veda inoltre The Cambridge Medieval History, III, Cambridge 1924, 143-261 passim.