LEONE, Enrico
Nacque a Pietramelara, in Terra di Lavoro, l'11 luglio 1875 da Pietro e Marianna di Muccio. Stabilitosi fin dal 1886 a Napoli, dove i genitori gestivano una modesta locanda, si iscrisse nei primi anni Novanta alla facoltà di giurisprudenza dell'Università partenopea. Proprio in questo periodo il L. si avvicinò alla politica attiva, dapprincipio associandosi a un circolo universitario di tendenze anarchiche capitanato da R. D'Angiò, personaggio vicino a E. Malatesta. L'adesione del L. agli ideali anarchici fu però davvero epidermica, e già tra il 1894-95 egli si spostò nettamente verso il socialismo.
Si iscrisse infatti alla Federazione socialista napoletana, embrione della prima sezione del Partito socialista italiano (PSI), partecipando anche alla propaganda e alle manifestazioni politiche cittadine, tanto che durante una di queste fu arrestato e costretto a circa tre mesi di carcere. Negli anni della dura repressione crispina e della difficile opera di decantazione del socialismo dall'anarchia, il L. fu vieppiù attratto dall'universo concettuale marxiano, che iniziò ad approfondire attraverso studi appassionati quanto eclettici.
Dopo brevi collaborazioni a periodici socialisti di secondo piano e, in qualità di recensore, alla Rivista critica del socialismo di F.S. Merlino, il L. si mise in luce soprattutto come membro del gruppo di giovani socialisti partenopei che nel 1899 diede vita al settimanale La Propaganda.
Accanto a personaggi come Arturo Labriola, E.C. Longobardi, E. Guarino, R. Soldi, W. Mocchi, G. Caivano, S. Fasulo, R. Marvasi, E. Ciccotti e A. Lucci, fra l'altro quasi tutti suoi coetanei, il L. fu in prima linea nell'opera di rifondazione e rilancio del socialismo napoletano. Furono questi gli anni che incubarono letteralmente quello che diventerà poi il sindacalismo rivoluzionario, anche se tra la fine dell'Ottocento e i primissimi del Novecento l'azione del gruppo della Propaganda non va ritenuta antipartitica. Il PSI era anzi al centro dell'attività politico-pubblicistica dei "propagandisti", che miravano a dotare la sezione socialista di prerogative salde, accentuando l'autonomia tanto dall'anarchismo quanto dalle frazioni più avanzate della democrazia, con le quali pure venne costantemente ricercata una collaborazione tattica. La nascita di una definita strategia socialista concerneva tre punti qualificanti: il rafforzamento organizzativo del PSI a Napoli, cui il giornale si dedicò alacremente; l'individuazione di un vero processo di industrializzazione capitalistica della città, che passò anche per una dura lotta contro la camorra (nello specifico napoletano incarnata dalla giunta comunale Casale-Summonte), emblema dell'arretratezza partenopea a livello sia politico sia economico; e, infine, favorendo una reale acquisizione da parte del proletariato urbano di una coscienza di classe profonda, che lo rendesse conscio dei suoi interessi economici specifici e del fine socialista della sua azione politico-sindacale.
Non a caso il L., insieme con Guarino e altri socialisti, partecipò attivamente alla fondazione, nel 1900, della Borsa del lavoro di Napoli, primo contenitore dell'associazionismo operaio partenopeo, seppur mutuato, fin nel nome, dall'esempio sindacale francese, e che già nel 1902 organizzava 12.000 lavoratori.
Fino al 1903 il L., redattore della Propaganda e vicino a Labriola, può tuttavia essere considerato allo stesso modo affine a E. Ferri, grazie al quale collaborò alla rivista dell'ala intransigente del PSI, Il Socialismo, divenendo inoltre, dal maggio 1903, redattore dell'Avanti!, il cui direttore era proprio Ferri. Il sindacalismo rivoluzionario in questi anni era d'altronde in una fase di gestazione, così come la complessa opera di revisione della dottrina marxista cui il L. si stava dedicando. Un momento di passaggio fondamentale in tal senso fu senz'altro il primo sciopero generale nazionale del settembre 1904, punto culminante di una stagione intensa di lotte operaie, un evento questo che spinse molti sindacalisti rivoluzionari, tra cui il L., ad accelerare il processo di formazione di una corrente distinta dalla Sinistra ferriana. Proprio la diversa percezione del proletariato in lotta da parte del L. e dei sindacalisti indusse la frazione a dissociarsi sia dal riformismo turatiano sia dal massimalismo ferriano. Alla nascita a Milano del giornale Avanguardia socialista e alla crescita di un'area sindacalrivoluzionaria che già al Congresso di Bologna del PSI del 1904 si era presentata con suoi caratteri specifici, fece quindi seguito abbastanza logicamente la genesi di un gruppo sindacalista romano, che vide proprio nel L., trasferitosi nella capitale dalla metà del 1903, il principale leader.
Avendo progressivamente accentuato sulle pagine dell'Avanti! una linea politica meridionalista, antiprotezionista, ma soprattutto oramai apertamente sindacalrivoluzionaria, il L. insieme con un nutrito gruppo di redattori del quotidiano (tra cui M. Bianchi, P. Orano, T. Monicelli, V. Panella e G. De Nava) entrò in rotta di collisione con Ferri. All'inizio del 1905 i redattori, de facto espulsi, diedero vita al quindicinale Il Divenire sociale, prestigiosa rivista teorica del socialismo e organo del sindacalismo rivoluzionario romano.
Attorno al periodico, impegnato in una difficile e contraddittoria opera di revisione teorica del marxismo e sovente aperto ai contributi dei sindacalisti francesi, si raccolse un numeroso stuolo di intellettuali, sindacalisti e non: P. Mantica, Orano, A. De Pietri Tonelli, R. Michels, A. Lanzillo, S. Panunzio, A. Polledro, A. Renda, C. Spellanzon, G. Marangoni, A. Niceforo e molti altri. Erano questi gli "anni d'oro" del sindacalismo romano e italiano; i gruppi dell'azione diretta, ben radicati in ambito operaio, riuscirono infatti a egemonizzare diverse Camere del lavoro e Federazioni di mestiere.
Proprio a Roma dalla metà del 1905 il locale organismo camerale, conquistato dai sindacalisti, fu l'ispiratore del settimanale Il Sindacato operaio, diretto dal segretario R. Sabatini, aperto ai contributi del L. e degli intellettuali "leoniani", ma soprattutto dei dirigenti sindacali di tutta Italia: da Guarino a E. Branconi, da Z. Lenzini a A. De Ambris, da C. Rossi a E. Verzi. Il tentativo era quello di pilotare la nascita di una Confederazione del lavoro unitaria, ispirata alle massime dell'azione diretta ma anche in grado di realizzare un'unità di intenti con buona parte del riformismo sindacale di Rigola, Cabrini e D'Aragona all'insegna di una convergenza di natura "laburista", che sottostimasse il partito politico rispetto al sindacato di mestiere. Nella concezione del L., cristallizzatasi in quegli anni, il partito politico veniva considerato infatti non inutile all'interno del processo rivoluzionario, ma subordinato all'azione diretta della classe, riunita in sindacati operai. Tale prospettiva subiva tuttavia una pesante sconfitta tra il 1906 e il 1907.
Il sindacalismo rivoluzionario, isolato dalla progressiva convergenza tra riformismo turatiano e Sinistra socialista, ma soprattutto dalla intensa campagna antisindacalista patrocinata da O. Morgari, nuovo leader intransigente, venne sconfitto al congresso del PSI di Roma del 1906, non riuscì a egemonizzare la neonata Confederazione generale del lavoro (CGdL), e fu infine estromesso dalla Federazione nazionale giovanile socialista, autentica roccaforte dell'azione diretta.
In questa fase il L., restio sino alla fine a patrocinare un'uscita dei sindacalisti dal PSI, non seppe però impedire una radicalizzazione delle posizioni. Il "caso Scarano", dovuto all'accusa lanciata da Morgari al L. e agli altri sindacalisti romani di godere di finanziamenti "illeciti" a favore del quotidiano L'Azione (fondato alla fine del 1906 e di cui il L. era direttore) attraverso la figura di G. Scarano, presunto confidente della polizia, ebbe il merito di accelerare il processo di distacco dal PSI. L'insinuazione, rivelatasi poi infondata, riuscì nondimeno nell'intento di screditare il L., di far espellere i sindacalisti romani dal PSI prima del congresso di Firenze del 1908, che ratificò su scala nazionale una scissione già consumata, ma anche di radicalizzare i gruppi dell'azione diretta nella loro opposizione al partito.
Non a caso dal 1908, pur partecipando alla prima difficile fase "autonomistica" di un sindacalismo rivoluzionario oramai fuori dal PSI, dal movimento giovanile socialista e ben presto anche dalla CGdL, il L. fu ridimensionato nella sua autorità politica, tanto che si può parlare d'ora innanzi di "un suo puro e semplice confinamento nella sfera dei gruppi" (W. Gianinazzi, L'itinerario di E. L., Milano 1989, p. 119). Perciò negli anni Dieci il L., che pur proseguì nella sua opera di teorizzazione sindacalista, si distaccò dalla militanza attiva: nel 1911 si trasferì da Roma a Bologna, dove insegnò economia politica nella locale Università e soltanto nel 1913 poté ripartire una sua attività pubblicistica, perlopiù antitripolina e volta a realizzare un patto d'azione tra Unione sindacale italiana (USI) e PSI sull'Avanti! mussoliniano, su Utopia, ma anche sulla Critica sociale. È nondimeno importante ricordare come dal 1910 diventassero seri gli squilibri mentali del L., probabilmente dovuti a una sifilide contratta alla nascita, nonché accresciuti dalle amarezze politiche e dalla morte di un giovane figlio.
Tali squilibri lo costrinsero ripetutamente al ricovero in case di cura e ad atroci sofferenze, delle quali testimonianza agghiacciante è la corrispondenza con A. Loria.
Sopraggiunta la crisi della prima guerra mondiale e orientatosi gran parte del sindacalismo su posizioni interventiste, il L., pur parzialmente e confusamente attratto dal nazionalismo in una fase iniziale, finì nel complesso per propugnare una ferma opposizione al conflitto, non a caso dalle colonne del periodico Guerra di classe, organo dell'USI di A. Borghi. Un nuovo impulso alla militanza e a un rientro nell'agone politico lo diede tuttavia al L. la Rivoluzione d'ottobre, e soprattutto l'esperienza del soviet, organo rivoluzionario dell'autonomia della classe, nel quale, non a torto, scorgeva diverse similitudini con il "sindacato operaio" da lui teorizzato. Dal 1918 il L. fece parte della minoranza "soviettista" della frazione massimalista, polemica con G.M. Serrati ma non in misura minore con A. Gramsci e A. Bordiga, per l'importanza eccessiva data da queste componenti al partito politico rispetto al soviet. In questa veste il L. partecipò al Congresso del PSI di Bologna del 1919, all'attività di giornali come La Squilla e Il Lavoratore, ma soprattutto accettò commosso, nel 1920, la candidatura al Consiglio comunale di Bologna (dove risultò eletto) per conto di quello stesso PSI che lo aveva espulso con disonore nel 1907.
Dinanzi al fascismo montante fu tuttavia costretto a subire attacchi squadristici e, nel 1922, l'espulsione dall'Università felsinea, sebbene in un articolo dell'Avanti! del 1925 venissero definite "memorabili le parole che [il L.] lanciò in Piazza Calderini all'uscita della Scuola commerciale contro i fascisti che tentavano di porlo a ludibrio della città" (Gianinazzi, cit., p. 138). Deluso dall'avvento del fascismo, dalla svolta "antisovietica" del leninismo, in condizioni economiche miserevoli una volta ritornato a Napoli, pure il L. nei suoi ultimi anni di vita sembrò assumere un atteggiamento "possibilista" nei confronti del mussolinismo, a ben vedere però dovuto più a disperazione personale che a una meditata scelta politica. Concessogli un posto d'insegnamento a Napoli nel 1925 per questa sua "non ostilità" al fascismo, nello stesso anno fu tuttavia costretto a un nuovo ricovero in una casa di cura della città partenopea, dalla quale non sarebbe più uscito.
Il L. morì a Napoli il 19 giugno 1940.
Il pensiero politico ed economico del L. si svolge secondo due principali direttive: la revisione del marxismo e il tentativo di fornire al movimento operaio una dottrina rivoluzionaria incentrata sull'autonomia della classe. Non sempre coincidenti, in grado di dar luogo a esiti contraddittori, pure i due momenti della riflessione del L. presentano notevoli elementi d'interesse. Gravida di sviluppi è infatti l'impostazione "edonistica" che il L. diede alla revisione della dottrina marxista: subendo l'influenza di G. Sorel e V. Pareto, ma soprattutto di economisti marginalisti come Loria, A. Graziani, M. Pantaleoni, L. Walras, W.S. Jevons, il L. dà progressivamente vita a un sistema, che potremmo definire "neomarxista", originale. Esso parte dal postulato edonista consistente nel porre quale fondamento all'agire economico dei soggetti sociali la legge naturale del "minimo mezzo": ogni uomo tende cioè naturalmente a raggiungere il massimo utile economico attraverso il minor sforzo (o "pena" o "quantità di lavoro") possibile. Il sistema capitalistico di produzione, considerato dal L. un pervertimento di questa legge naturale, che se lasciata dispiegarsi liberamente porterebbe a un equilibrio degli agenti economici, quindi a un'uguaglianza effettiva dei beni posseduti e dei "piaceri" ottenuti, viene perciò contestato e sovvertito a partire da premesse ultraliberiste, originalmente fuse con motivi marxiani. Considerando "antiscientifica" la teoria marxiana del valore ma non quella della lotta di classe, il L. progressivamente costruisce un sistema politico-economico in cui il proletariato, riunito in sindacati sempre più idonei a sostituirsi alla privata intrapresa capitalistica, nonché pensati quale autonoma fonte di diritto, antitetica perciò allo Stato borghese, si trasforma in quel soggetto sociale in grado di estendere all'intera collettività il postulato edonistico. Quest'ultimo, grazie al sindacato operaio di cooperazione e resistenza, candidato alla gestione dei mezzi di produzione, finisce quindi per coincidere con il fine economico del socialismo marxista. La rottura "rivoluzionaria" dell'ordine produttivo e statuale del capitalismo è garantita dal sindacato operaio, organo insieme politico ed economico, giuridico e tecnico-scientifico, attraverso l'uso progressivo ed espropriatore dello sciopero generale, che ristabilisce l'equilibrio edonistico degli agenti economici. È allora evidente come, in un "sistema" siffatto, trovi ragion d'essere una svalutazione radicale del partito politico (considerato elemento costitutivo e non sovvertitore d'una società capitalista), seppur non della categoria più generale della "politica", che infatti il L. ebbe costantemente cura di non separare dall'azione concreta del sindacato operaio, certo attraverso una sintesi non sempre coerente e lineare.
Opere: Appunti critici sulla economia loriana, Milano 1900; Il programma amministrativo socialista per il Comune di Napoli, Napoli 1901; Il giubileo del manifesto comunista. Lineamenti del marxismo, ibid. 1901; L'economia sociale in rapporto al socialismo, Genova 1904; Prefazione a G. Sorel, Lo sciopero generale e la violenza, Roma 1906; Prefazione ad A. De Pietri Tonelli, La teoria malthusiana della popolazione criticata dal punto di vista storico-realistico, Carpi 1906; Relazione sui rapporti del Partito con le organizzazioni economiche, Roma 1906; Relazione sui rapporti del Partito col gruppo parlamentare, ibid. 1906; Il sindacalismo, Milano-Palermo-Napoli 1907; La revisione del marxismo, Roma 1909; Che cos'è il sindacalismo, ibid. 1910; L'economia edonistica, ibid. 1910; Il principio dell'equilibrio economico, Pescara 1911; Espansionismo e colonie, Roma 1911; (con G. Sorel) La Dalmazia è terra d'Italia. Socialisti francesi e italiani per l'italianità dell'Italia, ibid. 1919; Indirizzo sindacale e politica, Bologna 1922; Il neo-marxismo. Sorel e Marx, ibid. 1923; Anti-Bergson, Napoli 1923; Lineamenti d'economia politica, Bologna 1925; Teoria della politica, Torino 1931.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, ad nomen; Arch. di Stato di Torino, Fondo A. Loria, Incarto Leone - Loria; Torino, Fondazione Luigi Einaudi, Carte R. Michels, Corrispondenza Leone - Michels; Atti della Direzione del PSI, Resoconto stenografico del IX Congresso nazionale (Roma, 7-10 ott. 1906), Roma 1907, passim; Bibliografia del socialismo e del movimento operaio italiano (Periodici), Milano 1956, ad ind.; Bibliografia del socialismo e del movimento operaio italiano (Libri), II, Roma-Torino 1964, ad ind.; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario: 1883-1920, Torino 1965, ad ind.; G. Arfé, Storia del socialismo italiano (1819-1926), Torino 1965, ad ind.; Id., Il movimento giovanile socialista. Appunti sul primo periodo (1903-1912), Milano 1966, passim; G. Procacci, La lotta di classe in Italia agli inizi del secolo XX, Roma 1970, ad ind.; G.B. Furiozzi, Sorel e l'Italia, Messina-Firenze 1975, ad ind.; A. Riosa, Il sindacalismo rivoluzionario in Italia e la lotta politica nel Partito socialista in età giolittiana, Bari 1976, ad ind.; E. Zagari, Marxismo e revisionismo, Napoli 1976, ad ind.; G. Arfé, Storia dell'Avanti!, Roma 1977, ad ind.; A. Riosa, Il sindacalismo rivoluzionario in Italia dal 1907 alla "Settimana rossa", in Movimento operaio e socialista, 1979, n. 1, pp. 51-86; G. Aragno, Socialismo e sindacalismo rivoluzionario a Napoli in età giolittiana, Roma 1980, ad ind.; G. Cavallari, Classe dirigente e minoranze rivoluzionarie, Camerino 1983, ad ind.; S. Nistri De Angelis, Sergio Panunzio: quarant'anni di sindacalismo, Firenze 1990, ad ind.; M. Canali, C. Rossi: da rivoluzionario a eminenza grigia del fascismo, Bologna 1991, ad ind.; W. Gianinazzi, Intellettuali in bilico. "Pagine libere" e i sindacalisti rivoluzionari prima del fascismo, Milano 1996, ad ind.; P. Favilli, Storia del marxismo italiano, Milano 1996, ad ind.; A. Pepe, Storia del sindacato in Italia nel '900 (La CGdL e l'età liberale), Roma 1997, ad ind.; G.B. Furiozzi, Dal socialismo al fascismo: studi sul sindacalismo rivoluzionario, Napoli 1998, ad ind.; M. Carli, Nazione e rivoluzione: il socialismo nazionale in Italia, Milano 2001, ad ind.; D. D'Alterio, Roma 1903, sciopero generale. Azione diretta e crisi del riformismo nella capitale durante la prima età giolittiana, Soveria Mannelli 2004, ad ind.; Id., Vincenzo Cardarelli sindacalista rivoluzionario…, Roma 2004, ad ind.; F. Andreucci - T. Detti, Il movimento operaio italiano. Diz. biografico (1853-1976), Roma 1977, sub voce.