ERA (dal lat. aera, plur. di aes nel senso di "numero"; fr. ère; sp. e ingl. era; ted. Ära, Zeitrechnung)
È un determinato punto fissato nel tempo, generalmente in corrispondenza del verificarsi d'un avvenimento di speciale importanza, e dal quale si cominciano a contare gli anni.
Oriente. - Nell'antico Oriente non sempre troviamo l'uso di vere e proprie ere presso le varie civiltà, talvolta sostituite da cicli d'un certo numero d'anni ricorrentisi regolarmente e costituenti ognuno una piccola era in sé conchiusa.
Poco sappiamo di ere presso Egizî e Babilonesi, a prescindere dalla cosiddetta era di Nabonassar che si fa risalire all'epoca di questo re, e iniziare col 747 a. C.; questa era fu seguita da Ipparco e Tolomeo, e usata dai Greci alessandrini sino alla riforma giuliana del calendario.
Le ere in uso presso gli Ebrei furono, dopo il ritorno dall'esilio babilonese, o la datazione secondo gli anni dei sovrani persiani, o, più tardi l'era seleucidica (v. sotto), detta anche "dei contratti", perché gli Ebrei furono obbligati nell'impero seleucidico a farne uso nei contratti civili; questa era, iniziantesi col 312 a. C., fu seguita dagli Ebrei orientali ancora sino al sec. XVI. L'uso dell'era della creazione del mondo (3760 a. C., secondo la data più comune nei calcoli ebraici), attualmente vigente, non sembra molto antico, e si riscontra in Europa solo a partire da documenti del sec. IX e X d. C. Del pari dalla creazione del mondo, secondo i calcoli del cronografo Giulio Africano, prende le mosse l'era alessandrina, usata dai cristiani di Alessandria, e iniziantesi col 5500 a. C. (in realtà esistono 3 anni di divario fra i calcoli di Giulio Africano circa l'incarnazione, e il computo comune, onde il vero inizio dell'era alessandrina è precisamente il 5503). Con l'avvento al trono di Diocleziano (284), per cause non ben note, questa era subì una diminuzione di 10 anni (era alessandrina minore); in questa forma fu usata dai Copti sin verso il secolo XV, ed è tuttora la più comune fra quelle usate dagli Abissini.
L'era copta tuttora in uso è la cosiddetta era di Diocleziano, o "dei martiri", a ricordo della persecuzione dioclezianea; questa era s'inizia col giorno dell'avvento al trono dell'imperatore, 29 agosto 284 d. C.
Nel calendario armeno la cosiddetta "grande era" ha inizio col 552 d. C., mentre la "piccola era" dovuta alla riforma di Giovanni Diacono, che sostituì il calendario giuliano all'anno vago, comincia col 1084; una terza era, stabilita da Azaria di Giulfā, e diffusa tra gli Armeni di Persia, parte dal 1610.
L'era persiana, o era di Yazdkirt si inizia con l'avvento al trono di Yazdkirt III, ultimo sovrano sassanide, il 16 giugno 632 d.C.
L'era musulmana, ancor vigente o da sola o accanto all'era volgare in tutti i paesi musulmani (eccetto la Turchia), fu stabilita nel 637 o 638 d. C. dal califfo ‛Omar, in seguito ai bisogni pratici dell'amministrazione del nuovo stato islamico, e fissata all'inizio dell'anno arabo in cui aveva avuto luogo la migrazione (hiġrah, donde ègira) di Maometto dalla Mecca a Medina; tale migrazione era avvenuta nell'autunno, ma l'inizio di quell'anno da cui l'ègira parte (cioè il 1 muḥarram, primo mese dell'anno Arabo), coincide col 16 luglio (secondo l'uso civile, o col 15 a sera secondo l'uso astronomico) del 622 d. C.
Per l'India sono da ricordare soprattutto le due ere di Vikrama e di Sālivāhana, la prima risalente al 58 a. C., e diffusa specialmente nell'India settentrionale, la seconda al 78 d. C., piü in uso nell'India meridionale.
In Cina erano usati come tante singole ere i regni degl'imperatori, secondo il nome che ognuno di essi fissava al suo regno (p. es. 1° anno di Ta-te, 2° anno di Ta-te, ecc., sino a cambiamento del nome per opera del successore o dello stesso sovrano regnante). Si avevano cosi tante ere o periodi di regno (nien-hao) quanti erano gl'imperatori, e più ancora. Era anche in uso un computo per cicli sessagesimali, iniziantisi col 2637 a. C., ma la mancanza di numero d'ordine ai varî cicli rende difficile, se altri elementi non soccorrono, l'identificazione della data così indicata.
Nel Giappone oltre al sistema cinese delle varie ere imperiali, vigeva anche un'unica era avente inizio nel 660 a. C., supposta data di fondazione dell'impero giapponese per opera del mitico re Jimmutennō.
Grecia. - Difetto di un'era comune presso i Greci antichi. - Anche presso i Greci, non poterono essere adoperati al più che sistemi assai primitivi di cronologia, prima che si diffondesse l'uso della scrittura; ma, anche dopo che si cominciò a tener memoria, per iscritto, degli avvenimenti più notevoli, al formarsi d'una cronologia greca vera e propria fu d'ostacolo la mancanza di un'era comune, la mancanza, cioè, d'un termine a quo, dal quale si potesse contare una serie di anni, tutti della stessa specie, e che fosse comune a tutte le parti della Grecia. I Greci infatti, anche nell'età classica, solevano contare i loro anni, come gli altri popoli dell'antichità, sulle liste dei re, dei magistrati o dei sacerdoti eponimi (così, p. es., gli arconti ad Atene, i re a Sparta, le sacerdotesse di Era ad Argo); ma ciascuna di queste liste aveva un punto di partenza suo proprio e l'infinita varietà di questi computi risultava inoltre complicata dalle divergenze di calendario esistenti fra una città e l'altra (v. calendario). A ciò si aggiunga l'indifferenza degli storici più antichi di fronte alle questioni cronologiche; essi non si preoccupano, se non sporadicamente e negligentemente, di chiarire ai letti)ri la cronologia dei fatti per mezzo di sincronismi o di riferimenti a date fisse d'ordine generale; perfino i documenti ufficiali anteriori al sec. V a. C., è facile trovarli senza data o con datazione incompleta. Tucidide, per gli avvenimenti anteriori all'inizio della guerra peloponnesiaca, conta gli anni, o dalla distruzione di Troia (I, 11, 2), o dalla battaglia di Maratona (VI, 59, 4), o dalla pace dei trent'anni (II, 2, 1), e cosi via; Polibio, per datare il primo consolato romano (III, 22, 2) si riferisce a un avvenimento posteriore, e cioè alla spedizione di Serse in Grecia, e indica l'anno della presa di Roma da parte dei Galli (I, 6, 1 segg.), riferendosi alla battaglia di Egospotami o a quella di Leuttra, o alla pace di Antalcida.
Lo strumento cronologico che per primo venne in uso nelle opere storiche e letterarie, fu fornito dalle feste cicliche nazionali. Com'é noto, esse erano quattro: le Olimpiche, che si celebravano ogni quattro anni (feste penteteriche); le Nemee, che ricorrevano ogni due anni (feste trieteriche), nel secondo e nel quarto d'ogni olimpiade, cioè del periodo intercorrente da una festa olimpica all'altra (e quindi, per la ragione che diremo in seguito, negli anni dispari a. C., negli anni pari d. C.); le Istmiche, anch'esse trieteriche e incidenti negli stessi anni olimpici delle Nemee (cioè nel secondo e nel quarto), celebrate però in primavera, anziché in estate e perciò negli anni giuliani successivi (e quindi negli anni pari a. C., negli anni dispari d. C.; v. più oltre); infine le Pitiche, ricorrenti ogni quattro anni (in origine, probabilmente, ogni otto) e cioè nel terzo di ciascuna olimpiade. Delle quattro feste nazionali, soltanto le olimpiche entrarono però gradatamente nell'uso generale degli scrittori, per il computo cronologico; e ciò perché, essendo state esse fondate, secondo la tradizione, circa due secoli prima delle altre (e cioè nell'anno 776 a. C.), offrivano il vantaggio di poter datare ininterrottamente, partendo da quell'anno, quasi tutti gli avvenimenti storici del popolo greco, e di poter riferire ad esso, con conteggio non troppo lungo, i pochi fatti anteriori; per i quali è però da tener presente che venne spesso adottato il riferimento alla distruzione di Troia, che peraltro non fu mai datata con sicurezza e andò perciò soggetta alle più disparate collocazioni cronologiche. Le più antiche sono: l'anno 283 prima delle olimpiadi (1059 a. C., presumibilmente in Ferecide), l'anno 320 (1096 a. C. per la prima volta in Isocrate), l'anno 377 (1153, probabilmente in Ellanico); Erodoto sembra datarla al 460 (1236); degli autori più tardi, Sosibio fissò l'anno 395 (1171), Timeo il 557 (1333), Eratostene il 407 (1183); la qual data, accolta da Apollodoro e da Dionisio d'Alicarnasso, finì per imporsi a tutte le altre. Abbastanza presto, cominciarono gli storici greci a tener conto nelle loro opere del computo delle olimpiadi, specialmente in quei casi in cui i soliti riferimenti cronologici locali apparivano assolutamente insufficienti. Pare che già Eforo ne avesse dato l'esempio: ma in modo assai più palese se ne servì Timeo, il quale fissò le corrispondenze degli stadionici olimpici con gli arconti di Atene, con le sacerdotesse argive di Era, con i re e gli efori di Sparta. La datazione per olimpiadi, se non entrò mai nella pratica generale (non si trova adottata che in poche iscrizioni, quasi tutte di Olimpia), divenne però di uso comune per gli scrittori, nel periodo alessandrino, grazie specialmente alle varie tavole cronologiche che (come la Cronaca olimpica ['Ολυμπιονῖκαι] di Eratostene) furono costruite, in quel tempo, in base ad esse; e nell'uso si mantenne finché si seguitò a celebrare la festa, cioè fino al 393 d. C.; dopo quest'anno subentrò all'era olimpica il calcolo per indizioni (v. indizione).
L'era olimpica. - Avendo i cronografi cristiani collocato la nascita del Redentore nel quarto anno della 194ª olimpiade, le feste di Olimpia cadevano negli anni a. C. divisibili per quattro del nostro computo (e cioè, nel 776, 772, 768, ecc.; e, alla fine della serie, nel 12, nell'8, nel 4 a. C.); ed essendo stato fatto corrispondere il primo anno della nostra era al primo della 195ª olimpiade, le feste cadono negli anni d. C. divisibili per quattro ma aumentati di uno (e cioè, nell'1, nel 5, nel 9, nel 13 e così via): questo ci spiega a proposito di quanto abbiamo detto dell'alternarsi delle Istmiche e delle Nemee, come il secondo e il quarto anno delle olimpiadi, cada negli anni dispari a. C., nei pari d. C. I giuochi si tenevano nella stagione calda e, per quanto possiamo dedurre da alcuni casi singoli meglio conosciuti (chiarissima, fra le altre, l'indicazione che rileviamo da Cicerone, ad Att. XVI, 7, per l'anno 44 a. C.) nel tempo corrispondente al mese attico di Metagitnione (agosto-settembre), pari all'ottavo mese del calendario eleo. Recentemente è stato dimostrato che, determinandosi il tempo delle olimpie non sulla base del calendario annuale bensì su quella del ciclo octoeterico (v. calendario e ciclo) ed essendo perciò l'intervallo fra due feste alternativamente di 49 e di 50 mesi, i giuochi olimpici si festeggiavano nell'agosto, nelle olimpiadi pari; nel luglio, in quelle dispari.
Il giorno dei ludi fu da principio uno solo, e precisamente quello del plenilunio, cioè il 14 del mese (cfr. Pind., Olymp. III, 20; X, 73); in seguito i giorni dei giuochi salirono a cinque (dal 468 a. C. al II o al I sec. a. C.), dal 12 al 16 del mese; infine vi si aggiunse il giorno 11 (v. olimpici, giuochi).
Una volta accettate le olimpiadi come era comune, si presentarono tosto due difficoltà: la prima era determinata dal fatto che la festa olimpica non solo veniva a cadere, nell'Elide stessa, lontano dal principio dell'anno, ma il suo principio non corrispondeva né a un solstizio né a un equinozio; sicché l'anno olimpico mal si adattava a qualsiasi altra forma greca di anno; la seconda, dalla data della festa, ricorrente non al principio ma alla metà del mese. Per ovviare alla duplice difficoltà, si adottò generalmente il sistema di far corrispondere, pei singoli calendarî degli stati greci, al primo anno d'una olimpiade quell'anno calendarico nel cui corso cadeva la festa, e di computare dal principio di questo anno l'inizio del periodo quadriennale. Cosi, p. es., in Atene, si collocava l'inizio dell'olimpiade al capodanno ateniese (cioè, al primo Ecatombeone) precedente la festa: sicché il primo anno della prima olimpiade comprendeva, per gli scrittori attici, il periodo corrente dai primi di luglio del 776 alla fine di giugno o al principio di luglio del 771 a. C. S'intende così come si trovino calcolati diversamente gli anni olimpici nei diversi luoghi e dai diversi scrittori: veri anni olimpici, cominciati cioè con l'ultimo giorno della festa e cioè col 16 Metagitnione ha usato, dei grandi scrittori almeno, soltanto Polibio, nei primi cinque libri della sua opera (v. per es. l'indicazione della data della battaglia di Canne in III, 118; V, 111). Per trasformare le date olimpiche in date moderne, basta sottrarre da 777 il numero di olimpiadi complete, moltiplicato per 4 e aumentato, nei singoli casi, di 1, 2, 3, 4, se trattasi di anni a. C.; per gli anni d. C., si sottrae 776 dal numero così ottenuto (esempio: Olimp. 72,3; 71 × 4 = 284 + 3 = 287; 777 − 287 = 490 a. C. Olimp. 210,4; 209 × 4 = 836 + 4 = 840; 840 − 776 = 64 d. C.)
La seguente tabella servirà a chiarire quanto è stato detto sulla corrispondenza delle quattro feste cicliche greche fra loro e con gli anni della nostra era: a questo proposito sarà utile ricordare che i ludi nemei cadevano verso la metà del mese argivo di Panemos, corrispondente all'attico Ecatombeone, e perciò alla fine di luglio o ai primi di agosto; che gli istmici si celebravano invece verso la metà del mese corrispondente all'attico Munichione (aprile-maggio); e i Pitici, infine, nel mese delfico di Bucatio (pari all'attico Metagitnione), probabilmente al principio, e quindi verso la fine di agosto.
Altre ere greche del periodo alessandrino e romano. - Dopo la conquista di Alessandro Magno, entrò in vigore in tutto il territorio dell'antico impero persiano il calendario macedonico, il cui anno cominciava col mese di Dios (ottobre) (v. calendario), ma nei singoli stati si seguitarono a contare gli anni dall'accessione al trono dei rispettivi monarchi. Un sistema cronologico fu però largamente adottato nell'Asia ellenistica, dopo la formazione e il consolidamento dell'impero siro-macedonico: la cosiddetta Era dei Seleucidi, che tuttora è seguita dai cristiani siriaci. L'anno iniziale di essa è l'anno attico 312-11, nel quale fu riconquistata da Seleuco Babilonia e fu conclusa fra i successori di Alessandro un'intesa, che può considerarsi come l'atto di nascita del reame seleucidico. Gli anni dell'era seleucidica ebbero inizio col primo giorno del calendario macedonico, cioè col 1° Dios 312-11 (7 ottobre 312 del calendario solare). Ma anche questa era non fu sempre computata in modo identico.
L'era seleucidica fu adottata per qualche tempo (specie per la datazione delle monete) anche nel regno dei Parti; a lato, però, di un'era nazionale, che cominciava con la fondazione del regno, cioè con l'anno 247-6 (computo babilonese) o col 248-7 (computo macedonico).
Parecchi autori antichi ricorsero talora, nelle loro indicazioni cronologiche, a un sistema fondato sul cosiddetto anno mobile egiziano, legato all'era di Nabonassar. L'anno mobile egiziano è un anno di 365 giorni, senza intercalazione periodica, tale perciò che il capodanno si sposta continuamente, ritornando, dopo 1461 volte, al punto di partenza: l'era di Nabonassar, cosi chiamata dall'omonimo re di Babilonia, assume come punto di partenza il primo giorno dell'anno egiziano (cioè il 1° del mese di Thoth), nel quale Nabonassar divenne re di Babilonia; e cioè del 747 a. C. Questo sistema è chiamato anche canone astronomico o tolemaico, perché fu divulgato specialmente da Tolomeo (v. calendario).
Una continuazione dell'era di Nabonassar fu, sostanzialmente, l'era di Alessandro Magno, che fu più volte usata dagli astronomi antichi e anche da alcuni scrittori dei primi secoli dell'era volgare. Tale era ebbe come anno di partenza quello della morte di Alessandro, corrispondente al 425 dell'era di Nabonassar, e come giorno il 12 novembre (dell'anno 324 a. C.), primo giorno dell'anno civile egiziano nel quale cadde la morte del macedone (i Thoth 324 = 12 nov.).
In Fenicia fu invece adottata nell'uso ufficiale un'era la cui epoca era segnata dalla conquista del paese da parte di Alessandro, e perciò dall'anno 332-i a. C. Identica probabilmente a questa era fenicia è da ritenersi la cosiddetta era dei Lagidi, in base alla quale furono datate le monete tolemaiche coniate nelle zecche fenicie.
Più tardi, in Tiro fu adottata un'altra era (era di Tiro), il cui inizio cadeva probabilmente nella primavera dell'anno corrispondente al 274 a. C. Altre ere furono adottate dalle diverse città fenicie, le cui epoche cadono generalmente tra la fine del sec. III e la prima metà del II.
E, mentre la Macedonia e il regno egiziano dei Tolomei non ebbero alcuna era nazionale, moltissime altre ne furono adottate nell'età ellenistica in varî paesi dell'Oriente; va ricordata, fra queste, l'era di Bitinia, accolta più tardi anche dalla Cappadocia e dal Ponto e la cui epoca fu fissata all'autunno del 297 a. C. (data della vittoria conseguita dal re Zipeta contro Lisimaco).
Roma. - È noto che i Romani adottarono un solo sistema cronologico, il quale non soltanto fu accolto dalla più gran parte degli scrittori latini e, in genere, del mondo romano, ma fu anche ordinariamente usato nella vita pratica. In base a tale sistema, i singoli anni si designavano col nome dei due consoli in carica e il computo del tempo si faceva contando gli anni dalle origini di Roma, o, come si diceva, ab urbe condita (era della fondazione di Roma). Quest'ultimo modo di datazione non divenne per altro d'uso comune che sotto l'impero.
In primo luogo, ha da esser chiarito come si addivenne a fissare l'epoca iniziale di tale era. Poiché i nomi dei due magistrati costituenti il collegio consolare rappresentavano la sola designazione possibile del corrispondente anno, poiché d'altra parte non v'è dubbio che, quando si cominciò a eleggere consoli, già era penetrato in Roma l'uso della scrittura, così è naturale che i Romani abbiano, fin dal principio dell'età repubblicana obbedito ad una inderogabile necessità della vita pratica, redigendo una lista ufficiale dei magistrati eponimi; analogamente, del resto, a quello che si fece in tutte le città greche e italiche, tosto che si fu in grado di scrivere. Tale lista ufficiale ci è giunta in varie redazioni (per le quali è usata ordinariamente la designazione di fasti consolari); e si riconosce ormai dalla maggior parte degli storici moderni come sostanzialmente autentica (v. console; fasti).
Ma, se era relativamente facile arrivare a stabilire, con poche incertezze e su basi documentarie, l'anno iniziale della repubblica, ben più arduo si presentava il compito a chi avesse voluto risalire da questo, attraverso i secoli oscuri e spesso leggendarî del periodo regio, alla data di fondazione della città. Le divergenze fra i diversi cronografi furono qui molto maggiori, essendosi in modo molto diverso computata la durata del regno dei sette re. E così, fermo restando il giorno tradizionale della fondazione di Roma (21 aprile), Fabio Pittore collocò l'evento nell'anno corrispondente al 747 a. C., Cincio Alimento nel 728 e Pisone invece nel 758, Polibio, Apollodoro e altri nel 750, i Fasti Capitolini e i Trionfali nel 752, Varrone nel 753, Dionisio d'Alicarnasso nel 751, Cicerone nel 754; calcolando rispettivamente la durata del periodo regio in 239 anni (Fabio Pittore) oppure in 242 (Polibio), in o 243 (Fasti Capitolini), o in 244 (Varrone), e così via. Di tutte queste date, finirono col prevalere e con l'acquistare, nell'età imperiale, valore ufficiale quella scelta da Attico e da Varrone (cioè il 753) e quella adottata dal compilatore dei Fasti Capitolini (cioè il 752 a. C.): la prima s'impose per l'autorità stessa di coloro che l'avevan proposta e per la conferma che parvero apportarvi i computi astrologici dell'astronomo Taruzio (Plut., Romulus, 12); la seconda, per essere stata in certo modo ufficialmente sanzionata con l'incisione dei fasti nelle pareti della Regia.
L'era varroniana fu poi la più comunemente adottata dagli storici e dai cronografi, ed è usata anche dagli studiosi moderni. Sta di fatto che la data iniziale dell'era della fondazione di Roma, e cioè il 753 a. C., è priva di qualunque valore storico, in quanto poggia su tre presupposti erronei: il primo, che il periodo regio sia durato all'incirca 240 anni, mentre nessuno poteva ormai più sapere, quando si cominciarono a redigere a Roma dei ricordi scritti, quanti re e per quanto tempo si erano succeduti sul trono dello stato; il secondo, che il principio della repubblica, il principio dei fasti e la dedicazione del tempio capitolino, siano tre fatti contemporanei; il terzo, che i collegi dei magistrati eponimi registrati nei fasti corrispondano ciascuno, per la loro durata, a un anno solare, mentre non pochi poterono avere per varie ragioni, durata inferiore. Sicché alcuni studiosi moderni di cronologia (Unger) ritengono che si avvicinino più al vero quelle fonti antiche che danno le cifre più basse per l'anno della fondazione di Roma: tali Cincio Alimento, che indicava l'anno 728, fondando il suo calcolo sui chiodi del tempio capitolino; e Catone, che dava il 739, avendo studiato attentamente i monumenti del passato e confrontato le ere locali di altre città con quella romana. D'altra parte, a correggere almeno in parte l'opinione sopraccennata, non va dimenticato che un certo numero di collegi eponimi è andato certamente perduto nelle successive redazioni dei fasti.
La conseguenza è che riesce difficile, e in molti casi impossibile, stabilire la cronologia precisa degli avvenimenti più antichi del periodo repubblicano, che gli storici greci e romani hanno datato col nome dei magistrati eponimi dell'anno o ab urbe condita: una relativa sicurezza comincia soltanto coi sincronismi greci. La prima data assolutamente sicura è quella dei due consoli (P. Cornelio e Ti. Sempronio) sotto i quali si iniziò la seconda guerra punica (218 a. C.); e, tenendo conto soprattutto delle notizie di fonte greca, si può anche stabilire che l'anno della prima campagna di Pirro in Italia (consoli P. Valerio Levino e Ti. Coruncanio) è il 280 a. C. Dei sincronismi più remoti il solo attendibile (benché anche esso posto in dubbio da qualche cronografo e storico moderno: Unger, Meyer), è quello della presa di Roma da parte deí Galli con l'anno della pace di Antalcida e dell'occupazione di Reggio per opera di Dionisio di Siracusa (387-6): una cronologia sicura è invece impossibile per gli avvenimenti degli anni dal 387-6 al 280 a. C.; e ancora più incerta rimane, per assoluta mancanza di sincronismi, la cronologia del sec. V.
Dopo la fine della repubblica, furono istituite e con maggiore o minor tortuna adottate dagli abitanti delle diverse provincie dell'impero, varie altre ere, delle quali enumereremo qui le principali.
L'era cesarea di Antiochia fu istituita per commemorare la vittoria di Cesare a Farsalo (9 agosto del 48 a. C.), ma i Greci ne fissarono l'inizio (essendo allora il calendario romano assai in disordine col tempo solare) al mese macedonico di Gorpieo dell'anno precedente.
L'era giuliana fu istituita per commemorare la riforma del calendario promossa da Giulio Cesare, e ne fu fissato l'inizio al 1° gennaio del 45 a. C.
L'era di Spagna o dei Cesari comincia con il primo giorno dell'anno seguente a quello in cui fu assegnato a Ottaviano íl governo della Spagna (39 a. C.); fu a lungo adottata nella Penisola Iberica e in genere in tutte le provincie romane sottomesse dai Visigoti, in Africa come in Gallia meridionale. Alcuni concilî di Cartagine e di Arles sono datati con questa era. Negli stati spagnoli e portoghesi l'era di Spagna rimase nell'uso fino ai secoli XIV e XV. Poiché gli anni di questa era cominciano col 1° gennaio e i suoi mesi sono quelli stessi del calendario giuliano, è facile la riduzione all'era volgare, sottraendo 38 dal numero degli anni.
L'era di Azio o di Augusto, fu istituita per commemorare la battaglia d'Azio, combattutasi il 3 settembre dell'anno 31 a. C. (15° dell'era giuliana), e ne fu fissata l'epoca al 1° gennaio dell'anno successivo (30 a. C. = 16° dell'era giuliana). In Egitto, l'epoca di questa era fu il 1° Thoth (29 agosto) di quell'anno; presso i Greci d'Oriente, il 2 settembre: presso di questi, essa ricevé pure il nome di era di Antiochia (da non confondersi con l'era cesarea di Antiochia). A lato dell'era d'Azio vi fu anche un'era di Augusto, che fu istituita per celebrare il conferimento del titolo di Augusto a Ottaviano ed ebbe perciò come epoca l'anno 27 a. C.
Si può anche parlare di un'era alessandrina, riferendosi alla riforma del calendario, introdotta da Augusto in Egitto, nell'anno 26 a. C.: fu costituito allora un anno solare fisso, il cui calendario era però fondato su quello egiziano in uso, pur comprendendo un giorno intercalare ogni quadriennio. Giorno iniziale dell'era fu il 30 agosto dell'anno 26 (nel qual giorno cadeva in quell'anno il primo Thoth). Del resto, il desiderio d'Augusto, di vedere questo calendario e questo computo accolti in tutto l'Egitto, non fu per allora appagato; ancora nel 238 d. C., secondo Censorino, era nella pratica l'anno mobile.
Medioevo ed età moderna. - Era bizantina o greca. - Fu usata a Bisanzio, dove fa la sua prima apparizione nel sec. VII. Fu usata anche in Russia fin verso il 1700. Computa gli anni dalla creazione del mondo (anni ab origine mundi, a creatione mundi), calcolando che al 1° settembre dell'anno 1° avanti la nostra era fossero trascorsi 5508 anni.
Era cristiana. - Si fa risalire l'introduzione di questa era a Dionigi il Piccolo, abate di nazione Scita, assai dotto canonista e computista, il quale viveva a Roma nel sec. VI. Egli, pubblicando una tavola di cicli pasquali in continuazione a quella di Cirillo, sostituì all'era di Diocleziano quella degli anni di Cristo, del quale fissò la data di nascita al 25 dicembre dell'anno 753 di Roma. L'era cristiana fu usata nei primi tempi solo dai cronisti. Nei documenti imperiali il più antico esempio è dell'840; diventa di uso costante dall'876. Nei documenti privati s'introduce alquanto più tardi e specialmente durante i periodi di sede vacante o di minorità del principe: il più antico esempio è del 4 ottobre 890 (Torelli, Le carte degli archivi reggiani, n. 23), seguito a distanza da un altro del 27 novembre 961 (ivi, n. 59). Si ha poi regolarmente l'era di Cristo negli atti che cadono durante il periodo della minorità di Ottone III (983 dicembre-996 maggio 21), e nel tempo compreso tra la morte di Enrico II e la coronazione di Corrado II a re d' Italia (1024 luglio 13 - 1027 marzo 26). Dopo la partenza di Corrado II dall'Italia, si ha saltuariamente l'era di Cristo che ridiventa normale dopo la di lui morte fino alla venuta di Enrico III, quando torna in uso l'era di principato che è usata di solito insieme con l'altra. Morto Enrico III (5 ottobre 1056) e successogli Enrico IV sotto la reggenza di sua madre, l'era di Cristo negli atti privati diventò d'uso costante, né fu più abbandonata. Negli atti pontifici l'era di Cristo fa la sua prima apparizione nel 968 sotto il papa Giovanni XIII.
Era della Repubblica Francese. - Fu istituita dalla convenzione nazionale con decieto del 4 frimaio, anno II (24 novembre 1793) e andò in vigore due giorni dopo con inizio dal 22 settembre 1792, cioè dal giorno in cui ebbe inizio il governo della Convenzione. Prima dell'istituzione dell'era repubblicana, si era avuta in Francia, dopo lo scoppio della rivoluzione, l'era della libertà (an de la liberté) che s'iniziava dal giorno della presa della Bastiglia (14 luglio 1790), e alla quale dopo il 10 agosto 1792 fu aggiunta la denominazione dell'eguaglianza (an de la liberté et de l'égalité). L'era repubblicana fu abolita da Napoleone I il 31 dicembre 1805. Dal giorno 17 febbraio 1802, con circolare del Ministero dell'Interno e Polizia Generale era stata abolita nella Repubblica Italiana, la quale, datasi una costituzione nei comizî di Lione del 26 gennaio 1802, iniziò una nuova era che si indicò con un ordinale usato insieme con l'era cristiana fino alla costituzione del regno d'Italia (19 marzo 1805).
Era fascista. - Fu istituita in Italia con circolare del 25 dicembre 1926 del Capo del governo, il quale desiderava che venisse usata in tutti gli atti ufficiali delle amministrazioni dello stato, in aggiunta alla data del calendario civile; il suo uso divenne obbligatorio dal 29 ottobre 1927. Quest'era ha inizio dal 28 ottobre 1922, data della Marcia su Roma.
Bibl.: v. cronologia; calendario.