BRASCA, Erasmo
Nacque a Milano verso il 1445 da Matroniano e da Margherita Rozio; incerto resta il giorno che nelle fonti oscilla tra il 28 settembre e il 3 ottobre. Sbagliato è inoltre l'anno 1463 che si può desumere dall'epitaffio conservato nella chiesa di S. Eufemia in Milano, perché risulta in contrasto con gli altri dati sicuri della sua biografia.
Col favore di Cicco Simonetta nel 1476 il B. ottenne un posto nel Consiglio ducale, ma nella primavera 1477, dopo il fallito colpo dei fratelli Sforza contro il governo della duchessa Bona, andò in esilio fino al 1479. Negli anni ottanta risulta al servizio di Ludovico il Moro che l'utilizzò in qualche ambasceria; così per esempio lo inviò presso la corte di Ferrara per confermare il matrimonio di Alfonso I con Anna Sforza, celebrato poi nel 1491. Il B. fu impiegato inoltre in alcune missioni diplomatiche più importanti a partire dal 1490, alla vigilia della spedizione italiana di Carlo VIII; in tale occasione egli ebbe l'incarico di ottenere dal re l'investitura di Genova secondo le istruzioni del 24 e 25 ott. 1490. Ludovico il Moro si servì di una persona di rango non elevato - il B. non era ambasciatore, ma solo segretario - con la precisa intenzione di mitigare il possibile affronto che poteva derivargli in caso di rifiuto dell'investitura. Nel gennaio del 1491 il B. poté tuttavia prestare il giuramento feudale al re in nome del duca.
In questo stesso periodo il B. dovette svolgere anche una missione culturale: per incarico del duca cercò nei monasteri francesi di Marmoutier, Saint-Hilaire de Poitiers e Saint-Martin de Tours rari incunaboli e manoscritti che doveva acquistare o far copiare. Alla fine di gennaio del 1491 accompagnò un'ambasceria francese a Milano e nell'autunno dello stesso anno ritornò in Francia, dove poteva contare ormai su persone assai influenti. Questa missione, che tendeva alla stipulazione di una lega, si concluse nel maggio del 1492.
Nel gennaio del 1493 il B. fu nominato ambasciatore milanese alla corte di Massimiliano I re dei Romani, del quale si conquistò in breve tempo tutta la fiducia. Doveva impedire azioni militari di Massimiliano nel corso della imminente spedizione di Carlo VIII a Napoli, e nell'aprile del 1494 poté informare la corte ducale di avere ottenuto precise assicurazioni in questo senso. Il compito principale, che il B. doveva assolvere insieme a Baldassarre Pusterla e Giasone del Mayno, riguardava però le trattative per il matrimonio di Bianca Maria Sforza, nipote del Moro, con il re dei Romani. I patti nuziali, conclusi il 24 giugno 1491 furono negoziati in effetti dal B., e con notevole abilità. Prima di rientrare a Milano nel luglio del 1493, si incontrò a Ivrea con un'ambasceria francese e con alcuni rappresentanti della marchesa del Monferrato, per trattare la conclusione di una nuova lega.
Nel novembre dello stesso anno accompagnò la sposa Bianca Maria a Innsbruck, con il compito ingrato di introdurla in Germania, dove il suo matrimonio aveva incontrato serie resistenze. Successivamente la dovette consolare per la trascuratezza del re, che per mesi non si occupava di lei, e nel gennaio del 1494 fu costretto a intervenire presso lo sposo per convincerlo a incontrarsi con lei almeno per ragioni politiche. Quando nel marzo Massimiliano si presentò finalmente a Innsbruck, il B. lo considerò un suo grande successo. Sempre pronto a consigliare e influenzare la regina che si comportava spesso in modo irragionevole, entrò in violento contrasto con le intriganti dame di corte, e in particolare con l'influente Violante Caimi.
Il B. godeva dell'alto favore del re, malgrado la sua difficile posizione di rappresentante del duca, che lo metteva spesso in difficoltà per via dei suoi intrighi con la Francia. Massimiliano gli permise tuttavia di partecipare persino alle discussioni del suo Consiglio e nel marzo del 1494 lo nominò anche cavaliere. In questi anni il B. prestò pure un aiuto diplomatico prezioso all'ambasciatore ferrarese presso Massimiliano, Pandolfa Collenuccio. Restò alla corte di Massimiliano, con brevi interruzioni, fino al giugno del 1496, quando fu sostituito provvisoriamente fino alla fine del 1497, da suo fratello Santo.
Di nuovo a corte il B. venne iniziato di frequente ai progetti spesso fantastici del re. Fra tutti gli ambasciatori italiani presenti a corte egli aveva fi maggiore influsso su Massimiliano. Si sforzava anche di arrivare a un atteggiamento comune con i suoi colleghi, ma senza successo. Proprio Venezia, per la cui riconciliazione con il re si era tanto adoperato, nutriva la maggior diffidenza verso di lui. Quando nell'aprile del 1498 Massimiliano minacciò di insabbiare definitivamente il progetto di una lega italiana e di rimandare in Italia gli ambasciatori, fu proprio il B. che lo impedì. Col tempo scivolò tuttavia sempre più decisamente verso un atteggiamento antiveneziano, in particolare dopo i contrasti che opposero Milano alla Repubblica e dopo la rottura del re con la stessa.
I suoi rapporti con il Moro si guastarono nel giugno del 1498 allorché il B., giunto a Milano insieme a un'ambasceria del re, caldeggiò la concessione di un sussidio finanziario eccezionalmente alto. Ludovico, del resto, l'aveva rimproverato in precedenza per la sua eccessiva libertà di iniziativa. Riavutosi da una violenta malattia, il B. nel luglio successivo ritorno alla corte di Massimiliano, che aveva già intavolato trattative con Luigi XII. Per non restare completamente escluso dal nuovo corso politico, dovette pronunciarsi a favore della pace con la Francia, a condizione tuttavia di includere il ducato di Milano nei trattati. Nel dicembre del 1498, a dispetto della sua ostilità verso Mantova, più volte pubblicamente manifestata, egli venne incaricato di portare al marchese Francesco Gonzaga le insegne di capitano generale in Italia. In tale occasione figura per la prima volta come ambasciatore del re dei Romani; in sua compagnia viaggiava, come incaricato del Moro, Galeazzo Visconti. Ormai era entrato definitivamente al servizio di Massimiliano: il 28 dicembre fu nominato infatti governatore di Trieste. Di passaggio per Venezia, vi tenne, in una udienza pubblica davanti al doge, un discorso che attaccava esplicitamente la Repubblica e provocò quasi uno scandalo; il duca di Milano declinò ogni responsabilità per le parole del Brasca.
Il 13 genn. 1499 il B., che come governatore aveva poteri più ampi di quelli dei suoi predecessori, fu accolto a Trieste con grandi feste. I Veneziani reagirono concentrando truppe a Udine e bloccando il commercio con Trieste. A queste misure il B. replicò con varie rappresaglie e senza tralasciare di rafforzare la difesa dei confini. Sebbene solesse soggiornare di tanto in tanto a corte e vi rappresentasse anche gli interessi milanesi, egli si dedicò sempre con zelo al governo di Trieste, si preoccupò dell'ordine pubblico, compiendo anche viaggi d'ispezione, e finanziò a proprie spese, con somme considerevoli, lavori di restauro nel porto, nel palazzo del governo e nella chiesa di S. Pietro. Dal re ottenne il rientro in patria dei Triestini esiliati nel 1469.
Richiamato da Massimiliano a corte alla fine del 1499, ritornò nella sua sede in seguito a una supplica dei suoi governati. A Trieste non gli mancavano tuttavia gli oppositori, se nel gennaio del 1501 fu aggredito di notte e ferito gravemente.
Sostituito al più tardi nel dicembre del 1501 da Giorgio Moisesso nella carica di governatore, il B. morì il 5 febbr. 1502 a Trieste. Secondo le sue disposizioni testamentarie, le spoglie furono trasferite a Milano e seppellite nella tomba di famiglia nella chiesa di S. Eufemia.
Nel 1501 aveva subito la confisca di tutti i suoi beni nel Milanese, in conseguenza dell'occupazione francese del ducato. A dispetto delle difficoltà finanziarie nelle quali si venne a trovare, egli si conquistò, proprio negli ultimi anni di vita, fama di mecenate delle scienze e delle arti, con particolare attenzione per la geografia.
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