RAGIONIERI, Ernesto
RAGIONIERI, Ernesto. – Nacque a Sesto Fiorentino (Firenze) il 10 giugno 1926 da Rodolfo e da Gisa Biondi. Il padre era farmacista e proprietario di una piccola azienda di prodotti galenici che crebbe nel tempo. Per quanto la madre fosse imparentata con il primo sindaco socialista di Sesto, Pilade Biondi, non si respirava il socialismo nella famiglia del giovane Ernesto. Piuttosto c’era un’aria di laboriosità tranquilla e severa: la farmacia garantiva alla famiglia una posizione sociale elevata ma i ragazzi (Ernesto e le sorelle Anna e Marta) dovevano dar prova quotidiana di impegno per meritare i privilegi di cui godevano. Fu nell’ambiente di famiglia che Ernesto apprese la consuetudine alla lettura, e forse anche l’interesse per la storia, se il padre leggeva dopo cena ai figli la Vita di Garibaldi di Gustavo Sacerdote e la Storia del Risorgimento e dell’Unità italiana di Cesare Spellanzon.
Fece i suoi studi superiori al liceo classico Galileo di Firenze negli anni della seconda guerra mondiale. Iscrittosi poi alla facoltà di lettere dell’Università di Firenze, si laureò in storia moderna nel 1948 con una tesi (La polemica sulla Weltgeschichte) preparata sotto la guida di Carlo Morandi. Il rapporto con Morandi, per quanto breve (poco più di cinque anni: Morandi sarebbe morto, a soli 46 anni, nel 1950), svolse un notevole influsso sul giovane Ragionieri; ricordandolo su Belfagor, ne sottolineò le qualità di straordinario maestro capace, in anni di trasformazioni politiche e culturali rapide e turbolente, di guidare allo studio giovani disorientati cresciuti sotto il fascismo.
Come a volte accade agli studenti che intendano approfondire gli studi con la stima e l’incoraggiamento dei loro maestri, Ragionieri pubblicò i suoi primi scritti prima della laurea, entrando a far parte di quel laboratorio stimolante e vivace della cultura italiana che fu la rivista Belfagor fondata e diretta da Luigi Russo. Vi entrò anche per la presentazione di Morandi di cui, proprio sulla rivista di Russo, era apparso un saggio che avrebbe esercitato notevole peso su Ragionieri stesso, Per una storia del movimento socialista in Italia (1946). Di Belfagor e del suo spirito laico e battagliero Ragionieri sarebbe rimasto collaboratore fedele per tutta la vita.
Accanto all’insegnamento di Morandi e alla collaborazione a Belfagor, un’altra esperienza capitale nella formazione di Ragionieri fu rappresentata dalla collaborazione alla terza pagina del Nuovo corriere. A quel quotidiano Ragionieri collaborò fino alla sua chiusura, nel 1956, con note e recensioni fittissime che costituiscono una documentazione costante delle sue letture e dei suoi gusti e che danno conto di una curiosità intellettuale e di una molteplicità di stimoli inconsuete nel panorama italiano degli anni Cinquanta.
Proprio sul Nuovo corriere, come presentazione di un ideale programma di lavoro, apparve l’articolo Storiografia in cammino (6 marzo 1949), nel quale il ventitreenne neolaureato sottolineava «La crisi dell’indirizzo dominante negli studi storici italiani» – quello influenzato da Benedetto Croce – che si era mostrato incapace di promuovere studi scientifici sulla storia d’Italia. I suoi modelli, in un indirizzo europeo che spaziava fra Alexis de Tocqueville, Leopold von Ranke e Johan Huizinga, erano quelli di Delio Cantimori e di Federico Chabod, di Morandi e di Walter Maturi, quelli cioè di un «maschio e consapevole umanesimo» che fosse in grado di aprirsi a una visione ampia della storia e che fosse capace di sollecitare i «fermenti di nuova cultura marxista» indirizzandoli verso la ricerca e lo studio.
La pubblicazione nel 1951 della tesi di laurea, un lavoro erudito sulla storiografia europea dall’Illuminismo alla fine del XIX secolo, concentrato attorno alle discussioni sull’idea di Weltgeschichte e all’opera di Ranke, provocò l’acida reazione di Croce. La polemica segnalava un clima culturale ormai largamente segnato dalle contrapposizioni radicali della guerra fredda e dalla formazione di uno schieramento di intellettuali vicino al Partito comunista italiano (PCI).
Nel 1951 Ragionieri sarebbe stato candidato come indipendente (e poi eletto) nelle liste del PCI per il Consiglio comunale di Firenze di cui avrebbe continuato a far parte fino al 1970. Era il primo passo verso l’impegno politico che, dall’anno successivo, lo avrebbe visto militante attivo del PCI. Nel Partito, in cui rimase fino alla morte, avrebbe ricoperto importanti incarichi, divenendo dal 1963 membro del Comitato centrale e, dal 1966, condirettore di Critica marxista, la rivista teorica del Partito e poi di Studi storici.
Era allora, all’inizio degli anni Cinquanta, che si stava formando quella storiografia sul movimento operaio italiano e sul movimento socialista cui Ragionieri dette un notevole contributo. «La generazione a cui appartenne Ernesto Ragionieri», è stato scritto, «si trovò nella condizione irripetibile di affrontare in maniera pionieristica un terreno completamente vergine» (Ernesto Ragionieri..., 2001, p. 54). Il contesto e le forme concrete del dissodamento di quel terreno vergine hanno sollecitato una lettura prevalentemente politica di quella stagione: il contenuto storiografico fu in realtà quello di un notevole rinnovamento degli studi. La ricerca di Ragionieri su Sesto Fiorentino (1953), ad esempio, fu uno studio esemplare nel quale accanto alle suggestioni di provenienza francese – l’attenzione per l’onomastica come spia della scristianizzazione o l’interesse per i cerimoniali socialisti – aveva spazio una visione di storia politica e del movimento operaio – il Comune socialista, gli operai della Richard Ginori – che finiva con il dare all’opera di «storia locale» un robusto profilo unitario che richiamava sia la proposta di Morandi del 1946 sia la lettura di Gramsci.
Si stava formando allora un gruppo di giovani storici fra i quali non emerse un primus inter pares. Ragionieri, Giuliano Procacci, Franco Della Peruta, Renato Zangheri, Luciano Cafagna, Alberto Caracciolo e molti altri, per quanto cresciuti su di un terreno comune – di esperienze politiche, di vicende accademiche, di primi contatti con case editrici e istituti di ricerca e di discussione (Feltrinelli, Einaudi, Laterza, l’Istituto Gramsci) – erano studiosi con sensibilità e curiosità diverse che sarebbero apparse evidenti in termini politici dopo la rottura del 1956 e poi nel loro futuro di studiosi. La distanza dai loro maestri rese la loro vita universitaria non facile. Assistente di Cantimori e, dopo la libera docenza, dal 1955 professore incaricato alla facoltà di lettere e filosofia a Firenze, Ragionieri sarebbe andato in cattedra nel 1969 e avrebbe continuato a insegnare a Firenze fino alla morte.
Il Congresso internazionale di scienze storiche di Roma (1955), conosciuto prevalentemente come l’occasione polemica degli Epiloghi congressuali di Cantimori, seccato con i giovani storici «marxisti» (e soprattutto con Ragionieri) accusati di non saper guardare alla storiografia al di fuori dei loro furori ideologici fu anche, per Ragionieri, l’occasione per incontrare giovani storici europei a cui sarebbe rimasto sempre legato. Fritz Klein, uno dei suoi amici più cari, ricorda che Ragionieri amava spesso parlare dei «nostri», un ideale gruppo di studiosi aperti e cosmopoliti di qua e di là della cortina di ferro (oltre a Fritz Klein ed Eric Hobsbawm, Georges Haupt, Franz Marek, Herbert Steiner), tutti insofferenti dei regimi comunisti e tutti idealmente iscritti al PCI, visto come un esempio di comunismo antidogmatico e gramsciano (F. Klein, Drinnen und draussen: ein Historiker in der DDR: Erinnerungen, Frankfurt am Main 2002, p. 231).
E fu allora che iniziò una stagione di lavoro intensissimo, nella quale si mescolavano riunioni di politica e di cultura, l’Istituto Gramsci di Roma e il Consiglio comunale di Firenze, l’insegnamento e la ricerca, e i viaggi di studio nella Germania orientale (DDR) negli archivi di Berlino, Potsdam e Merseburg. Era il lavoro preparatorio che sarebbe sfociato nel libro sulla socialdemocrazia tedesca e la sua influenza sulle origini del Partito socialista italiano (PSI; Socialdemocrazia tedesca e socialisti italiani, Milano 1961).
Il libro analizzava la crescita della socialdemocrazia tedesca negli anni delle leggi antisocialiste di Bismarck e ricostruiva, in un meticoloso ed erudito intreccio di influenze, il ruolo che i marxisti tedeschi, assistiti dal vecchio Friedrich Engels, avevano svolto nella formazione del PSI. Le origini del socialismo italiano venivano sottratte al tradizionale intreccio lombardo-romagnolo di Filippo Turati e di Andrea Costa e proiettate nel gran mondo del socialismo internazionale. Ed era proprio quel mondo che Ragionieri si apprestava a descrivere e a interpretare nei suoi studi sulla storia del marxismo. Era una storia ricca e originale: al posto della dottrina, intellettuali e riviste; mentre al posto delle dispute nominalistiche, i ritmi e le forme concrete della diffusione delle idee con al centro Karl Kautsky, la Neue Zeit e tutto un intreccio di echi, di influssi, di traduzioni. Era questo atteggiamento intellettuale, curioso di ogni Rezeptionsgeschichte, erudito e attento alla storia delle idee, uno degli esiti dell’influenza di Cantimori, acquisita non senza contraddizioni all’inizio degli anni Cinquanta.
Anche Socialdemocrazia tedesca e socialisti italiani non fu esente da polemiche e sottolineature politiche: ad alcuni sembrò che l’opera intendesse estendere la longa manus del marxismo di Labriola e di Engels – due icone della cultura comunista – sulla fondazione del PSI.
Ma era poi marxista, Ragionieri? Sono probabilmente improprie, almeno a proposito di Ragionieri, definizioni e formule come quelle di «storiografia marxista» o «storiografia gramsciana». Invece di ideologie di ricerca si svilupparono in lui piuttosto tendenze di lavoro, curiosità, influenzate dalla lettura di Marx e di Gramsci, ma soprattutto dalla politica culturale del PCI il cui centro togliattiano, che aveva un forte profilo storicistico, contribuì a orientare Ragionieri verso la storia politica. Nell’opera di storico di Ragionieri non è dato trovare semplicistici collegamenti di «strutture» e «sovrastrutture». Deve essere invece ricordato in qualche aspetto della sua produzione nella seconda metà degli anni Cinquanta, un certo tono scolastico e dottrinario che sembra il frutto dell’urgenza della politica e anche di un interesse per gli studi storici «marxisti» condotti nella DDR e nell’Unione Sovietica.
I saggi sulla storia del marxismo, usciti in volume nel 1968, sono invece più vicini all’ambiente di studio aperto e culturalmente ricco e cosmopolita dell’Istituto internazionale di storia sociale di Amsterdam, dove Ragionieri soggiornò a lungo con la famiglia nel 1961 e dove consolidò le sue relazioni intellettuali con gli studi di storia del socialismo in una dimensione europea.
I temi degli echi e della Rezeptionsgeschichte sono poi al centro anche del suo interesse per l’Italia giudicata (1969), una storia dell’idea di Italia dal 1861 al 1945 nelle pagine di scrittori, uomini politici e osservatori stranieri. Era una «storia degli italiani scritta dagli altri» che prendeva le mosse da una suggestione di Pasquale Villari (autore amato da Ragionieri) e si distendeva nella descrizione della «fortuna» internazionale del fascismo, soprattutto nei Paesi di lingua inglese.
I saggi contenuti in Politica e amministrazione (1967) portano a conclusione una serie di temi già affrontati da Ragionieri nelle discussioni che accompagnarono il centenario dell’Unità d’Italia: la storia del Risorgimento come storia di una «rivoluzione borghese»; il significato della dimensione «amministrativa» della storia locale e infine la questione dei prefetti e degli istituti della centralizzazione. Anche in questo caso, gli elementi di originalità e di innovazione sono a volte moderati da un non nascosto impegno politico: da una parte, infatti, è esplicita l’adesione al programma comunista delle autonomie locali, dall’altra si presenta invece la sottolineatura del valore dell’unità del Paese e l’affascinante inizio di una prosopografia dei prefetti del Regno, pensata avendo presente il lavoro di Lewis Bernstein Namier sul Parlamento inglese nel Settecento e, soprattutto, quello di Charles Beard sulla Interpretazione economica della Costituzione degli Stati Uniti d’America che Ragionieri conosceva in modo speciale dal momento che l’opera era stata tradotta per Feltrinelli dalla moglie Pina Sergi, anglista e brillante traduttrice di Henry James e di Herman Melville.
Dall’unione con Pina nacquero i figli Maria Giovanna (1952), Rodolfo (1953) e Delia (1965).
L’attività politica ebbe, per Ragionieri, il carattere di un intenso stimolo intellettuale. Un forte gusto pragmatico e contrario a ogni visione ideologica della storia avrebbe convissuto con l’attività nella politica culturale del PCI e avrebbe continuato a essere un connotato costante della sua opera insieme alla sottolineatura dei caratteri profondi della conoscenza storica, contro ogni ‘moda’ culturale. Accanto a questo, si deve ricordare il forte impegno personale, la passione intensa per gli studi, il lavoro ininterrotto che intese sempre come un «combattimento impastato di fatica e di sofferenza».
L’insegnamento svolse un ruolo primario nella biografia di Ragionieri, sia per i corsi e i seminari tenuti dal 1955 al 1975, sia per l’ambiente straordinario e irripetibile in cui quei corsi, o almeno la parte centrale di essi, furono tenuti. Eugenio Garin teneva lezioni su Marsilio Ficino, Cantimori sul Capitale di Marx, Cesare Luporini sulla sinistra hegeliana, Ragionieri su Engels e Labriola. Si formarono alla sua scuola diversi studiosi che sarebbero stati un’eredità significativa della sua opera, da Mario G. Rossi a Simonetta Soldani, da Arnaldo Salvestrini a Gabriele Turi, da Tommaso Detti a Maurizio degli Innocenti, Renzo Martinelli, Carlo Pazzagli, Franco Andreucci e molti altri. Alcuni di loro avrebbero contribuito a completare la Storia d’Italia Einaudi (IV, 3) che Ragionieri non poté concludere.
Fu nella seconda metà degli anni Sessanta che per Ragionieri ebbe inizio lo studio della storia del PCI. Fra il 1966 e il 1973 lavorò a una biografia intellettuale di Palmiro Togliatti che finì con l’essere anche una storia del Partito comunista e una storia d’Italia.
Ragionieri collocava infatti Togliatti, da lui sinceramente ammirato, nel panorama della storia d’Italia e nel mondo dell’Internazionale comunista rendendolo interprete di una certa visione dell’Italia e della politica. Ne era al centro il leninismo, considerato una «guida per l’azione» e l’analisi «differenziata» della realtà e del fascismo come necessarie premesse del «fare politica» in un «regime reazionario di massa».
Anche la storia del comunismo italiano fu studiata da Ragionieri in un contesto internazionale. Gli studi raccolti in La Terza internazionale e il Partito comunista italiano (Torino 1978), oltre che presentare la collocazione internazionale del PCI, segnalano con tempestività il ritardo nella riabilitazione di Bucharin e soprattutto mostrano, nel saggio sulla formazione del «partito nuovo», una rinnovata sensibilità per la storia dal basso.
All’inizio degli anni Settanta l’attività di Ragionieri, già molto intensa, divenne febbrile per il sovrapporsi al lavoro sulle Opere di Togliatti di due impegni per l’editore Einaudi: la progettazione di una Storia del marxismo e la scrittura dell’ultimo tomo della Storia d’Italia, quello intitolato Dall’Unità a oggi. La storia politica e sociale (Torino 1976).
Nel suo ampio contributo alla Storia d’Italia Einaudi, Ragionieri sottolineò fortemente il ruolo dello Stato nella storia d’Italia. Il peso dell’istituto monarchico, il significato del reticolo amministrativo, le strutture dello Stato erano elementi in grado di dare continuità agli esiti del Risorgimento. L’impegno con il quale si dedicò alla Storia d’Italia è stato ricordato come «una sorta di ascesi» (Garin, 1978, p. 315): Ragionieri sentiva fortemente la responsabilità ‘politica’, propria del suo tempo, di consegnare una storia d’Italia nella quale si integrassero una ‘concezione del mondo’, una sintesi elevata delle conoscenze storiografiche e la sua visione della storia politica e delle istituzioni politiche. Secondo molti critici riuscì nel suo impegno.
Morì improvvisamente il 19 giugno 1975, pochi giorni dopo aver compiuto quarantanove anni.
Opere. La bibliografia delle opere è censita in Istituto Ernesto Ragionieri, Bibliografia degli scritti di Ernesto Ragionieri, Firenze 1980, che contiene anche un elenco dei corsi tenuti, delle tesi dirette e degli interventi al consiglio comunale di Firenze. Un elenco sommario delle sue opere (delle 744 elencate nella Bibliografia) deve contenere: La polemica su la Weltgeschichte, Roma 1951; Un comune socialista: Sesto Fiorentino, Roma 1953; Socialdemocrazia tedesca e socialisti italiani 1875-1895. L’influenza della socialdemocrazia tedesca sulla formazione del Partito socialista italiano, Milano 1961; Politica e amministrazione nella storia dell’Italia unita, Bari 1967; Il marxismo e l’Internazionale. Studi di storia del marxismo, Roma 1968; Italia giudicata. 1861-1945 ovvero la storia degli italiani scritta dagli altri, Bari 1969; [Memoria famigliare], in R. Ragionieri, Ricordi di un farmacista. Con una memoria famigliare del figlio Ernesto, Sesto Fiorentino 1972; La storia politica e sociale, in Storia d’Italia, IV, Dall’Unità a oggi, t. 3, Torino 1976; le sue introduzioni ai primi tre volumi delle opere di Togliatti (scritte fra il 1967 e il 1973) sono contenute in Palmiro Togliatti. Per una biografia politica e intellettuale, Roma 1976; La Terza Internazionale e il Partito comunista italiano. Saggi e discussioni, con una presentazione di F. Marek, Torino 1978.
Fonti e Bibl.: Presso la Biblioteca Ernesto Ragionieri di Sesto Fiorentino sono conservati l’archivio dello storico e la sua biblioteca. Per l’epistolario, si veda L’epistolario di E. R.: inventario, a cura di F. Capetta, con una prefazione di G. Santomassimo, Firenze 2004.
E. R. e la storiografia del dopoguerra, a cura di T. Detti - G. Gozzini, Milano 2001 (tra cui il saggio di G. Santomassimo, La storiografia dei maestri, pp. 39-54). Numerosi studi specifici sono contenuti nel n. 120 (1975) di Italia contemporanea, dedicato alla memoria di Ragionieri. V. anche E. Garin, E. R., in Belfagor, XXXIII (1978), 3, pp. 297-320. Su aspetti particolari della sua attività di storico: G. Santomassimo, La formazione intellettuale di E. R., in Passato e Presente, 1985, n. 8, pp. 103-144; M.G. Rossi, Resistenza e storia d’Italia nell’opera di E. R., in Italia contemporanea, 1999, n. 214, pp. 5-20; N. D’Elia, E. R. storico della socialdemocrazia tedesca, in Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento, XXVIII (2002), pp. 621-646. Un’opera generale, utile a collocare nel tempo gli studi di Ragionieri è G. Zazzara, La storia a sinistra. Ricerca e impegno politico dopo il fascismo, Bari 2011, come anche D. Coli, Idealismo e marxismo nella storiografia italiana degli anni ’50 e ’60, in La storiografia italiana, indirizzi e problemi, a cura di P. Rossi, Milano 1987, pp. 39-58. Si veda anche La storia politica e sociale di E. R. Un dibattito con interventi di Gianpasquale Santomassimo, Carlo Spagnolo, Marco Gervasoni, Fabio Rugge, a cura di S. Neri Serneri, in Contemporanea, XV (2011), 3, pp. 533-555.