ERWIN von Steinbach
Architetto, capocantiere del duomo di Strasburgo per alcuni decenni, fino alla morte nel 1318.Perduta l'iscrizione - peraltro con buona probabilità apocrifa - su uno dei portali di facciata, che proclamava l'opera iniziata da E. nel 1277, il più antico riferimento all'artista nelle fonti è costituito da un contratto del 1284 (Strasburgo, Arch. mun.; Les bâtisseurs des cathédrales, 1989, p. 353), in cui il suo nome compare - ma aggiunto su una parte abrasa - quale capomaestro dell'Opera del duomo della città alsaziana. Più sicuro il termine rappresentato da un secondo contratto del 1293 (Strasburgo, Arch. mun.), mentre l'epigrafe tombale della famiglia, murata alla base di una parete della cattedrale strasburghese, rende note le date di morte dell'architetto, della moglie, e del figlio maggiore Giovanni, che a lui succedette nella carica fino al 1339. Il derivativo von Steinbach compare nelle fonti a partire dal sec. 16°, oltre che nella problematica e perduta epigrafe di facciata, ed è stato perlopiù rigettato dalla critica del nostro secolo (Kunze, Wentzcke, 1913; Kunze, 1915).Anche limitando gli anni in cui E. diresse il cantiere della cattedrale strasburghese al periodo attestato con certezza, appare chiaro come egli abbia condotto per almeno un trentennio i lavori dell'edificio, segnatamente nel fondamentale momento dell'erezione della facciata occidentale, tradizionalmente a lui assegnata per intero e in ogni caso, seppure impostata in precedenza, innalzata negli anni della sua attività fino a tutto il secondo livello, compreso il rosone centrale. Connessi al processo di elevazione della facciata sono i famosi disegni architettonici conservati a Strasburgo (Mus. de l'Oeuvre Notre-Dame, nrr. 1-6,15-16, 21), che costituiscono una serie unica di progetti susseguentisi relativi a una cattedrale gotica (v. Disegno architettonico). Mentre il più antico di tali disegni, il nr. 1 (c.d. A), è stato perlopiù riconosciuto opera preliminare all'avvio dei lavori, risalente al terzo quarto del Duecento e anteriore alla comparsa sul cantiere di E., il successivo disegno nr. 3 (c.d. B) ha permesso di impostare l'intera struttura del corpo occidentale, torri comprese, nel momento dell'inizio della costruzione, ed è stato pertanto spesso ricondotto a E. (Dehio, 1894; 1922; Bony, 1983), malgrado le evidenti discrepanze tra progetto ed esecuzione (Kletzl, 1939). È da ricordare al proposito come i lavori della facciata avessero subìto un arresto a causa dell'incendio del 1298, che può avere comportato, con la necessità di un intervento su parti già eseguite, una riconsiderazione dell'opera nel suo complesso, anche a livello stilistico, e un suo aggiornamento. Questo appare già evidente nel disegno nr. 4 (c.d. D) relativo alla controfacciata, prossimo a quanto poi realizzato e senza dubbio riconducibile agli anni di direzione del cantiere da parte di E., e dunque, con buona probabilità, alla sua mano (Recht, 1969; Wortmann, 1969; Les bâtisseurs des cathédrales, 1989). Dal punto di vista stilistico, si passa da una composizione architettonica di più semplice e meno originale concezione (c.d. A) - riflettente le realizzazioni parigine di Jean de Chelles e Pierre de Montreuil nelle facciate dei transetti di Notre-Dame - a un infittirsi della trama delle arcature coronate a gâbles, con più accentuata valenza decorativa (c.d. B) e con un progressivo svuotamento della parete ancora una volta derivato da contemporanee sperimentazioni francesi, come il Saint-Urbain a Troyes; nell'opera realizzata e nel disegno c.d. D appare invece più chiaramente ravvisabile l'intento di un completo sdoppiamento della parete mediante una diafana struttura di agili membrature, anteposta alla muratura portante e che ne dissimula la possanza. Problematico invece il disegno c.d. C, noto attraverso una copia seicentesca (Norimberga, Germanisches Nationalmus.), forse ricavato dalla facciata in parte già innalzata, che per caratteristiche tecniche, come la compresenza della pianta, sarebbe meglio situabile dopo la metà del Trecento.L'originalità del gusto di E. risiede nell'elaborazione e sistematizzazione del nuovo partito decorativo della doppia parete 'a schermo', che - anche se trasformazione di tema di origine romanica che conta contemporanei e significativi riferimenti ancora una volta nella Francia settentrionale, come il coro della collegiata di Saint-Thibault-en-Auxois - raggiunge con quest'opera una compiutezza formale e una rilevanza estetica che l'avrebbero resa paradigmatica soprattutto in ambito tedesco. Allo stesso stile, dalla tipica autonomous tracery (Frankl, 1962), si ispirano anche le opere scultoree realizzate nella stessa cattedrale sotto la direzione di E., come la Marienkapelle, del 1316 - nota attraverso incisioni (Beyer, 1955, tav. Vb) -, o la tomba dell'arcivescovo fondatore Corrado di Lichtenberg (m. nel 1299), che nella sua elegante struttura architettonica è pressoché sovrapponibile alle trifore del disegno c.d. D, o le parti scultoree della chiesa alsaziana di Saint-Florent a Niederhaslach (Beyer, 1955), costruita dal secondo figlio di E., ivi sepolto.Il rapido diffondersi in area germanica dei conseguimenti tecnici ed estetici dell'opera di E. (Gross, 1933; Binding, 1989), come dimostrano tra l'altro la torre della parrocchiale di Friburgo in Brisgovia e alcune soluzioni adottate nelle cattedrali di Colonia e di Ratisbona, e l'attribuzione a questo architetto dell'intera facciata della cattedrale di Strasburgo sono alla base della mitizzazione di E. quale inventore di uno 'stile nazionale tedesco'. Tale concetto fu soprattutto sviluppato da Goethe ventenne nel Von deutscher Baukunst, ripreso da scritti successivi (Beutler, 1943; Keller, 1974; Knopp, 1979; Kruft, 1982; Liess, 1986b; Les bâtisseurs des cathédrales, 1989), che rivela un approccio soprattutto emozionale con il Gotico di E., la cui irrazionale grandiosità e caleidoscopica, sintattica frammentarietà provocano nel poeta - che arriva a immaginare un dialogo con E. - "eine himmlich-irdliche Freude" (Goethe, 1773, p. 13).Il personaggio di E., avulso in questo modo dalla realtà storica, venne consegnato al mito romantico che ne fece un protagonista di leggende popolari, soggetto egli stesso di un'iconografia (Les bâtisseurs des cathédrales, 1989) comprendente statue, dipinti, incisioni, a opera di artisti come il concittadino Gustave Doré o Friedrich Overbeck, che arrivò a raffigurarlo come rappresentante del Gotico, mentre, a fianco di Filippo Brunelleschi, offre al papa il progetto del duomo di Strasburgo (Francoforte sul Meno, Städelsches Kunstinst. und Städt. Gal.). La critica positivista della seconda metà del secolo scorso ebbe a fatica ragione dell'interpretazione romantica della figura e dell'architettura di E. e arrivò gradualmente a ricondurre la sua opera alla verosimiglianza storica, riconoscendo anzitutto l'infondatezza di tradizioni come quella di un'immaginaria figlia scultrice Sabina - cui era stata finanche attribuita buona parte delle sculture duecentesche del transetto meridionale - e sostituendo la teoria dell'origine della cattedrale gotica da un'unica figura geniale e sovrumana con quella di una lenta opera collettiva perlopiù legata ad anonimi artefici, in graduale e costante evoluzione. Si arrivò a un ridimensionamento persino eccessivo dell'attività di E., che ha però permesso di avviare un sereno e rigoroso riesame complessivo della personalità dell'artista (Dehio, 1894; 1922; Kunze, 1915), sebbene non manchino recenti teorie (Liess, 1985-1986; 1986b) volte, su varie ma discutibili basi, alla riattribuzione all'architetto della progettazione dell'intera facciata eseguita.
Bibl.:
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