ESECRAZIONE (lat. exsecratio)
Era nell'antichità propriamente un'imprecazione verbale che invitava le potenze infere o a far perire la persona designata, nemica o avversaria dell'esecrante, o almeno a torturarla e a legarla paralizzandone l'intelligenza e le facoltà fisiologiche e pervertendone i sentimenti. Gli eroi delle tragedie greche sono molto prodighi di queste imprecazioni, e Cicerone cita come un capolavoro del genere quella di Tieste contro Atreo. Nella storia romana sono note le imprecazioni che il tribuno Ateio lanciò contro Crasso che partiva per l'Oriente, e quelle che il giovane Druso indirizzò contro Tiberio dal fondo della prigione. Lo stato e i privati usavano formule deprecatorie per assicurarsi, in mancanza di sanzioni legali, o in concorrenza con esse, il rispetto dei luoghi consacrati, delle tombe, dei trattati, dei testamenti, e in generale della volontà dei defunti. Queste maledizioni sotto condizione erano ordinariamente scritte sui luoghi stessi e nei documenti che esse dovevano preservare da ogni irriverenza. Quando si trattava non più di minacciare, ma di agire, e quando l'operazione era condotta secondo le regole dell'arte magica, le formule venivano incise su una laminetta, per lo più di piombo (v. per maggiori particolari defixiones).
Il maggior numero di tali documenti proviene dalla Grecia, donde l'uso si propagò nell'Asia Minore, nell'Egitto, in Italia, nell'Africa proconsolare; fu poi trasmessa ovunque ad opera degli eserciti romani. Anche i cristiani non ritennero del tutto inutile ricorrere a formule esecratorie quando si trattasse di assicurare la pace e il rispetto della tomba. Ciò è sembrato ad alcuni non confacente alla pietà e alla mansuetudine cristiana. Così in alcune iscrizioni del sec. IV e del V se ne trovano di quelle che predestinano i violatori delle tombe a una morte violenta, invocano per loro la mancata sepoltura, la mancata resurrezione dei corpi, e la compagnia del traditore Giuda.
Bibl.: A. Bouché-Leclercq, Dictionnaire des antiquités romaines, s. v. Devotio, II, i, p. 113; R. Wuensch, Corpus inscriptionum atticarum, Appendix continens defixionum tabellas, Berlino 1897; L. Cesano, in E. De Ruggiero, Dizionario epigrafico di antichità romane, s. v. Defixio, II, ii, p. 1589; A. Audollent, Defixionum tabellae, Parigi 1904.