PELUZZI, Eso
PELUZZI, Eso. – Nacque a Cairo Montenotte (Savona) il 6 gennaio 1894 da Giuseppe, liutaio, e da Placida Rodino, fotografa, quinto di otto figli.
Nutrì inizialmente il sogno di diplomarsi in violino al Conservatorio di Parma, ma il rifiuto della domanda d’iscrizione per raggiunto limite d’età lo costrinse a studiare nelle scuole tecniche di Savona (1906) e Torino (1907), dove nel 1911 entrò all’Accademia Albertina, divenendo allievo di Paolo Gaidano, Cesare Ferro e Giacomo Grosso. Nel 1913 con il dipinto Il pastore vinse la medaglia d’oro e una borsa di viaggio, con la quale visitò Perugia, Assisi, Siena e Firenze. L’anno seguente con una seconda borsa soggiornò a Venezia. Diplomatosi nel 1915, sposò Delfina Pugno, da cui ebbe una figlia, Elsa. Allo scoppio della guerra militò nel 1° reggimento artiglieria da montagna; poi, rimasto invalido, fu assegnato all’arsenale di Torino come disegnatore.
Nel 1919 si stabilì nel borgo sorto intorno al santuario di Nostra Signora della Misericordia a Savona, dove rimase trent’anni e dove nel 1920 giunse da Vado Ligure Arturo Martini, con il quale strinse una duratura amicizia. Espose per la prima volta nel 1920, partecipando a Torino alla LXXXIX Promotrice (Studio di testa) e alla XXII Mostra della Società amici dell’arte – dove il suo Case al sole (ubicazione ignota) fu acquistato dal re Vittorio Emanuele II – nonché alla LXVI Esposizione della Società di belle arti di Genova con Le comari al sole e I decaduti, dall’impronta verista. Sulla scorta della lezione di Angelo Morbelli, sviluppò presto nuovi soggetti di gusto divisionista e tono austero incentrati sul tema dell’emarginazione, ottenendo alla LXXXI Promotrice di Torino del 1922 il premio Vittorio Avondo con opere ispirate alla vita rurale della provincia savonese. In virtù di tali tematiche Emilio Zanzi recensendo su Il momento (Torino, 14 aprile 1922) la Quadriennale di Torino del 1923 inseriva Peluzzi nel ‘gruppo contadino’ nato attorno a Giuseppe Manzone.
Tra il 1923 e il 1925 soggiornò spesso a Como, dove partecipò all’annuale Esposizione autunnale e conobbe il mecenate Giovanni Balbis. Trascorse l’estate del 1924 ad Assisi dipingendo ascetici interni di chiese che presentò alla IX Esposizione autunnale di Como nel 1925 e che sviluppò in seguito a un viaggio in Olanda, improntando la propria ricerca a un maggiore rigore formale. Sempre nel 1924 tenne una personale alla Bottega di poesia a Milano presentato da Raffaello Giolli che collocò «al centro della polemica tra impressionisti e classicisti» le opere raccolte da Peluzzi per l’occasione: alcune, come l’Autoritratto (1924, pastello, coll. priv.), di gusto divisionista, altri secessionista (Rosario per i morti, 1921, coll. Opere sociali della Misericordia, Savona), altri ispirati alla pittura francese (Silenzio autunnale, coll. priv.). Carlo Carrà lo segnalò in un articolo su L’Ambrosiano (8 novembre 1924) e lo introdusse nel gruppo Novecento sostenuto da Margherita Sarfatti, che lo invitò nel 1926 alla XV Biennale di Venezia (Paesaggio delle Langhe, Contadina delle Langhe, coll. priv.) e nel 1929 alla II Mostra del Novecento italiano a Milano (disegni dal ciclo Canto dell’Evangelo).
Risalgono al 1927 i primi lavori ad affresco: i quattro tondi con busti di Evangelisti e l’ovale con il Martirio di s. Bartolomeo nella volta della parrocchiale di Ellera (Albisola Superiore), seguiti nel 1928 dal Coro degli angeli nell’abside della basilica del santuario di Nostra Signora della Misericordia. Nel 1927 fu a Roma alla XCIII Esposizione della Società amatori e cultori di belle arti con il dipinto Santuario di Savona e nel 1929 alla I Mostra del sindacato laziale fascista degli artisti con opere di soggetto sacro ispirate alla Natività, poi selezionate da Cipriano Efisio Oppo per una mostra a San Paolo del Brasile. Soggiornò quindi a Parigi, dove incontrò Raffaele De Grada, Enrico Prampolini, Filippo de Pisis e Tina Mennyey, e ad Albisola (1929-30), dove conobbe Tullio d’Albisola, Virgilio Marchi, Vittorio Orlando Tommasini, detto Farfa, e attraverso lo scultore Nanni Servettaz frequentò il gruppo futurista torinese, tanto che nel 1931 fu tra i convitati della taverna Santopalato. Nello stesso anno Fillia (Luigi Colombo) recensì la sua personale alla galleria Guglielmi di Torino su Il Giornale dell’arte (Milano, 15 marzo 1931), rilevando «l’irrealtà fisica» e un «respiro d’infinito» nei suoi paesaggi.
Se Poveri dell’ospizio di Santuario era stato acquistato da Nemesio Beltrame alla XVI Biennale di Venezia (1928), Stazione (Santuario di Savona), comparso con Maschere di paese (coll. priv.) nell’edizione del 1930, entrò alla Galleria d’arte moderna di Torino. Alla I Quadriennale nazionale d’arte di Roma del 1931 il dipinto Mattino fu destinato dal ministero dell’Educazione nazionale alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma e Giorno di sagra fu scelto per una mostra d’arte italiana al Baltimore Museum of art (1931). Un altro, Piazza del Santuario a Savona, inviato a Firenze alla I Mostra internazionale dei sindacati fascisti di belle arti (1933), fu acquisito dalla Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti; mentre Inverno a Santuario di Savona, comparso con altri sei paesaggi alla XVIII Biennale veneziana (1932), fu acquistato dalla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma e nel 1939 esposto nel padiglione italiano della Fiera mondiale di New York.
Attraverso la Biennale di Venezia molte sue opere furono esposte all’estero: nel 1933 in Germania (itinerante) e a Buenos Aires; nel 1934 a Varsavia; nel 1935 in Polonia, Romania (itinerante) e alla mostra L’art italien des XIXe et XXe siècles a Parigi (La devota o Vieille femme, coll. priv.). Nuovamente presente alla Quadriennale di Roma (1935), espose Ritratto di mio zio notaio, la grande tela Mattino di pesca (Finale Ligure, Palazzo comunale) e Il nano delle Langhe, che gli valse il premio acquisto della Confederazione professionisti e artisti (1935). Datano agli stessi anni l’affresco sull’esterno della torre del Brandale a Savona con l’Apparizione della Mater Misericordiae al Beato Antonio Botta (perduto) e l’incarico dal Comune di Savona di riordinare insieme a Orlando Grosso e a Mario Gambetta la Pinacoteca di palazzo Pozzobonello, dove Peluzzi dirigeva i corsi di pittura della scuola locale dall’inizio del decennio e dove ebbe lo studio sino al 1942.
Numerosi furono i ritratti esposti dalla metà del decennio: Zia Teresa (Savona, Pinacoteca), inviato alla XX Biennale veneziana del 1936; Ritratto, presentato alla II Mostra del Sindacato nazionale fascista di belle arti a Napoli (1937) e Ritratto di prete (1937) alla III Quadriennale romana del 1939. Improntate a un solido realismo sociale di matrice ottocentesca e caratterizzate da una notevole capacità d’introspezione psicologica, queste opere gli assicurarono il III premio al concorso premio San Remo per il ritratto (Vittorio Sapetti, imbalsamatore, Savona, Pinacoteca).
Già autore degli affreschi Il Seminatore e la Minestra dei poveri nel salone della sede della Cassa di risparmio di Savona (staccati, Fondazione A. De Mari, Savona), nel 1936-38 portò a termine con Gambetta nel palazzo comunale della stessa città un ciclo sulla storia del nuovo capoluogo di provincia. Datano agli stessi anni le personali organizzate al palazzo delle poste di Savona con la presentazione di Servettaz (1936) e alla galleria Genova a Genova con l’introduzione di Attilio Podestà (1937), che sottolineò lo schiudersi della sua pittura a un lirismo tonale.
Nel 1938 fu nominato accademico di merito dell’Accademia ligustica e un successo di vendite registrò per lui la XXI Biennale di Venezia: Sulle rive della Bormida (Belgrado, Museo Principe Paolo), Bambini in classe (Torino, Galleria d’arte moderna), A Denice D’Acqui (Genova, Galleria d’arte moderna), Inverno nelle Langhe (Venezia, coll. Cassa di risparmio). Due dipinti dello stesso anno, Paesaggio ligure e Paesaggio delle Langhe (1938, Savona, Museo del Santuario di Nostra Signora della Misericordia), furono esposti in occasione della Mostra nazionale del paesaggio italiano I premio Bergamo (1939), mentre Il pittore A. Brilla (1938, coll. priv.), esposto l’anno dopo alla XXII Biennale di Venezia con Bambini in classe (Torino, Galleria d’arte moderna), veniva ad arricchire la galleria di ritratti di persone singolari e amici pittori (Carlo Leone Gallo, 1954) composta negli anni dall’artista.
Richiamato alle armi e congedato per problemi di salute, nel 1941 riprese l’attività espositiva. Dopo la distruzione dello studio a causa dei bombardamenti, nel 1943-46 si trasferì a Como dove tenne due personali (Broletto, 1943; galleria Como, 1944) e dipinse per la parrocchiale di Capiago grandi quadri sul tema della Passione nonché gli affreschi Abramo e Isacco, Caino e Abele. Mentore Alfonso Gatto, nel 1945 ebbe luogo a Varese (galleria Varese) un’altra sua personale poi trasferita a Milano, città in cui uscì nel 1946 la prima monografia a lui dedicata a firma di Ugo Nebbia, cui seguì, nel 1950, quella di Alberto Sartoris in cui si poneva in luce la sua capacità di muoversi tra realtà e fantasia attraverso eleganti semplificazioni e radi particolari realistici. Nel 1947 dipinse la Deposizione per S. Maria Annunziata a Roccaverano (Asti) e nel 1948 si stabilì a Monchiero nel Cuneese.
Nel 1963, nominato accademico di S. Luca (Autoritratto a capodanno, 1962, Roma, Accademia di S. Luca), acquistò l’oratorio dei Disciplinati a Monchiero, lo restaurò e ne fece il proprio studio.
Tre anni dopo il Comune di Montechiaro d’Acqui gli conferì la cittadinanza onoraria, allestendo una sua mostra di dipinti ispirati al paesaggio locale. Analogamente fecero i Comuni di Monchiero (1967), Savona (1971) e Torino (1979).
Insieme a Raffaele Cortina, Gambetta e altri realizzò illustrazioni per il volume di poesie di Silvio Riolfo Marengo La colombera (1966) e nel 1967 partecipò in palazzo Strozzi a Firenze alla collettiva Arte moderna in Italia 1915-35. Dopo l’antologica allestita nei saloni della Provincia di Taranto (1954), tenne alla galleria Gian Ferrari di Milano una personale con opere dal 1917 al 1965 presentata da Mario De Micheli (1967). Lo stesso firmò il volume Peluzzi al Santuario, che uscì nel 1970, un anno dopo l’ampia donazione fatta dall’artista delle proprie opere alle Opere sociali di Nostra Signora della Misericordia di Savona.
Rimasto vedovo, nel 1970 sposò Maria Antonietta Tartaglino Oneglia a Bardonecchia, cittadina che aveva preso a frequentare dal 1949 partecipando ai raduni di pittori dell’hotel Palazzo Fréjus. Risale al 1972-73 il restauro degli affreschi con la Storia di Savona nella sala consiliare del municipio, che terminò con l’aiuto del nipote Claudio Bonichi. Dal 1975 un nuovo tema, tratto dai ricordi d’infanzia, dominò la sua pittura, i violini, trasformando la natura morta in uno spazio scenico memore di fughe metafisiche (molte opere di questo ciclo sono conservate a Monchiero, Casa-Museo Eso Peluzzi). Nello stesso anno firmò per Garzanti la copertina del libro di Beppe Fenoglio, Una questione privata.
Morì a Monchiero il 17 maggio 1985.
Fonti e Bibl.: U. Nebbia, E. P., Milano 1946; A. Sartoris, La pittura di E. P., Como 1950; G. Arpino, E. P. (catal.), Torino 1975; Id., Incanti e realtà di E. P., s.l. 1977; L. Carluccio - G. Arpino, E. P. (catal., Torino), a cura di M. De Micheli, Milano 1979; E. P.: frammenti di violini (catal.), Cremona 1982; D. Piazza, La decorazione del palazzo comunale di Savona e il dibattito sulla pittura murale, in Atti e memorie della Società savonese di storia patria, XXIX (1993), pp. 187-198; M. Fagiolo dell’Arco, E. P., Torino 1994; S. Brizio - P. Fraire, E. P. dalle collezioni Braidesi (catal.), Bra 1998; S. Bottaro, E. P., gli affreschi del Comune di Savona, in Pigmenti. Giornale dell’Associazione Renzo Aiolfi, n. speciale, Savona 2005; E. P. e il suo tempo (catal., Acqui Terme - Montechiaro d’Acqui), a cura di C. Bracco - L. Zunino, Acqui Terme 2012.