Esorcismo
L'esorcismo (dal latino tardo exorcismus, greco ἐξορκισμός, composto di ἐξ, rafforzativo, e ὅρκος, "giuramento") è lo scongiuro mediante il quale con gesti, formule e oggetti, una persona investita di un ruolo sacrale scaccia una potenza avversa. Le pratiche esorcistiche constano di riti indetti al fine di liberare dal male soggetti colpiti per intervento di entità soprannaturali, che si presume abbiano invaso il loro corpo provocando una condizione alterata di coscienza, o trance da possessione, con manifestazioni incontrollate (linguaggio sconnesso, percezioni ed esternazioni bizzarre, crisi di agitazione motoria), affini agli stati dissociativi della patologia psichiatrica. Il fenomeno, connesso al pensiero mitico, è ampiamente diffuso presso le società di interesse etnologico, ma è riconosciuto anche dai sistemi religiosi delle culture occidentali.
La credenza nella possessione, ossia nella possibilità che entità spirituali di vario tipo, angeliche o infere, possano entrare in un corpo umano vivente e utilizzarlo temporaneamente o stabilmente, appare condivisa dalla gran parte dei popoli, in tutti i tempi e le aree della Terra. Gli studi di E. Bourguignon (1968) hanno rilevato che, su 488 gruppi sociali organizzati e culturalmente autonomi, 360 (cioè il 74%) credevano nella possessione, fenomeno riconosciuto anche dai grandi sistemi di fede, quali il cattolicesimo, il buddismo, l'islamismo. Nella maggior parte dei casi la possessione è ritenuta un'azione nociva che gli spiriti compiono per punire l'ospite con malattie fisiche o mentali, oppure per servirsi del suo corpo e operare così nei confronti di altri esseri umani; in alcuni contesti culturali è un momento rituale collettivo con funzioni evolutive e catartiche: gli spiriti, scendendo temporaneamente nei posseduti e scuotendoli dal loro stato psicologico, li spingerebbero ad agire in conformità alla loro vera personalità (Lapassade 1976). Si distinguono possessioni volontarie (o indotte e ricercate) e involontarie (spontanee e per lo più temute), e possessioni temporanee, generalmente accompagnate da uno stato alterato della coscienza, detto trance da possessione, e permanenti, che occasionalmente possono dare luogo a episodi critici durante i quali lo spirito invasore si manifesta in modo visibile.
Ancora Bourguignon fa notare che le popolazioni che credono nella possessione sono gruppi sociali che hanno istituzionalizzato nei loro sistemi di fede gli stati modificati di coscienza e su tale base distingue quattro possibilità: 1) quelli che riconoscono solo l'estasi come una condizione nella quale si possono incontrare le divinità o gli spiriti e comunicare con essi; 2) quelli che credono nell'estasi e nella trance da possessione; 3) quelli che ammettono solo la possessione; 4) quelli che escludono sia l'una sia l'altra. Se al campione di 360 società (su 488) che credono nella trance si aggiungono quelle che credono nell'estasi si raggiunge la percentuale del 90%. Ciò induce a pensare che estasi e trance da possessione siano comportamenti umani primari che svolgono funzioni socioreligiose insopprimibili. Sul significato della trance si sono formulate varie ipotesi: si tratta di un momento in cui il posseduto può entrare in ruoli sociali che altrimenti gli sono preclusi; costituisce un meccanismo liberatorio per infrangere in modo relativamente controllato regole sociali troppo rigide; rappresenta una forma di psicoterapia catartica, e così via. In realtà, la trance è in genere un evento pubblico nel corso del quale il posseduto svolge una funzione attiva, simbolica, che può anche indurre a macromutamenti sociali se quanto gli spiriti comunicano viene ritenuto di origine sovrumana.
La trance da possessione si differenzia da altri stati modificati di coscienza (l'estasi, la trance ipnotica) e quelli indotti da droghe, perché priva di allucinazioni e seguita da amnesia. Il sintomo più vistoso che la caratterizza è la dissociazione, una condizione in cui la coscienza ordinaria è sostituita da un'altra, che appare aliena. Tale condizione presenta notevoli analogie con gli stati dissociativi della patologia psichiatrica; in effetti, le sporadiche indagini psicodiagnostiche che si sono potute esperire sui presunti ossessi in ambito cattolico dimostrano un'ampia incidenza di disturbi mentali. La trance è generalmente innescata da una condizione emozionale alterata e perciò appartiene alla categoria degli stati modificati di coscienza, raggiungibili attraverso condizioni che aumentano l'input sensoriale, l'attività motoria e lo stato di vigilanza (Ludwig 1966). In tal modo si accompagna a un'intensa attività neurovegetativa (tachicardia, miosi, polipnea, sudorazione profusa ecc.); sono poi segnalate una flessibilità delle articolazioni e una forza muscolare insolite. Secondo alcune testimonianze, durante la possessione si verificherebbero alcuni eventi che sfidano le leggi della natura, come levitazione, uso di lingue ignote al soggetto, profezie ecc.; cioè fenomeni paranormali che proverebbero la realtà della possessione.
1.
Il tema dell'esorcismo nell'antropologia religiosa comporta l'interpretazione, in termini simbolici, della rappresentazione che del proprio male psichico o fisico tende spontaneamente a farsi il soggetto che si rivolge alla cura dell'esorcista. Il ricorso al terapeuta implica la propensione del paziente a supporre, dinanzi a turbe psichiche, a malattie o sventure, un eventuale maleficio ricevuto o un influsso diabolico. Il sistema di presupposizioni dipende dalle situazioni socioculturali e psicologiche derivate dall'ambiente d'origine. È compito dell'operatore esorcista accertare, mediante un esame e tecniche maieutiche di tipo tradizionale, la presenza o meno di forze malefiche. Le regole sottese all'indagine e alla cura sono fissate, per il sacerdote cattolico delegato dalla Chiesa, nel testo del Rituale romano risalente al 1614, poi ammodernato con qualche criterio di apertura psicologica, che ha affrancato il rito dagli elementi più marcatamente magici e drammatici. Oltre a un'attitudine alla glossolalia e a doti di tipo parapsicologico, sono riconosciuti segni di possessione diabolica una forte avversione al sacro espressa fisicamente contro la persona dell'operatore, crisi di agitazione motoria, depersonalizzazione con mutamento di toni e d'aspetto, linguaggio blasfemo. Fin dalla fase diagnostica o di accertamento, assume un rilievo preminente il linguaggio del corpo, ovvero l'atteggiamento corporeo assunto dal malato in risposta agli stimoli indotti dall'esorcista; questi possono essere di ordine tattile (imposizione delle mani sul capo, pressioni sugli occhi, segnature di croce su parti del corpo cui vengono attribuiti significati simbolico-esoterici) e verbale (formule, preghiere, domande), cui si aggiunge l'uso di oggetti rituali. La fase di accertamento agisce contestualmente con una funzione 'adorcistica', in quanto le operazioni gestuali e manuali, le formule pronunciate dall'esorcista servono come chiamata, evocazione dell'essere di cui si sta verificando la presenza: il fine è di 'presentificare,' cioè rendere frontalmente aggredibile la forza negativa. Nella successiva fase terapeutica, o dello scontro, che continua e sviluppa quella diagnostica, l'operatore usa le più crude espressioni di ripulsa, ostenta con forza l'arma della croce e oppone il nome di Dio al demonio, una volta conosciutone il nome. Un momento saliente del rito è infatti quello della 'nominazione', attraverso un intervento di tipo maieutico sul paziente per indurlo a collaborare svelando l'identità dell'essere che lo possiede: averne il nome è la prima condizione per poterlo dominare e vincere. L'intera procedura dell'esorcismo e il mondo dei presupposti mentali su cui poggia appartengono a un pensiero tipicamente mitico, nel quale domina la logica simbolica, distinta da quella razionale propria del pensiero scientifico-matematico. L'esorcismo avviene, dunque, secondo modi culturalmente determinati, condivisi dagli attori del rito (Talamonti 1996, 1998).
Tra le possibili forme di mali che inducono la persona a ricorrere alla terapia dell'esorcismo, certamente l'insorgenza di crisi spontanee e incontrollate, ossia di possessione, con manifestazioni di aggressività violenta, gesticolazioni ossessive e atteggiamenti animaleschi abnormi, costituisce la più grave sindrome di alterazione psichica. Può apparire contraddittorio che tale alterazione venga curata mediante una strategia consistente proprio nel produrre ex novo la condizione, controllata, di possessione, ma il contesto ritualizzato è debitamente predisposto all'intervento disciplinatore dell'esorcista, che darà al male un significato potenzialmente aperto per una sua eventuale risoluzione. Il rapporto tra esorcista ed esorcizzando risulta fondato sul potere gerarchico del primo sul secondo, in virtù del ruolo riconosciutogli come rappresentante ufficiale della Chiesa. Il terapeuta esercita verso il paziente la facoltà d'intimargli, nel corso della procedura rituale, l'indirizzo da seguire con il corpo e la mente. È da notare che più che le parole, cariche di 'sospettabilità', è ritenuto significativo il linguaggio corporeo, cioè il modo in cui il corpo - luogo simbolico della presenza maligna e centro dell'azione esorcistica - si esprime e reagisce. Nella drammatica condizione della persona posseduta, il corpo offre un quadro di comportamenti, di percezioni sensoriali, di motilità evocativa e simbolica indicanti l'esperienza d'una radicale alterità, passando dalla dimensione umana ordinata a una opposta, caotica. L'esorcista opera con tecniche volte a riaprire un canale di comunicazione, a bloccare la dimensione inumana dando spazio a quella umana ordinata; egli cerca di provocare l'esteriorizzazione del male interno e di indurne l'espulsione, sanando in tal modo l'unità psicofisica infranta (Talamonti 1996).
La possessione diabolica può essere letta anche come una sorta di recitazione di un ruolo, in quanto riattualizzazione di uno schema mentale e comportamentale stereotipato, precostituito, che risponde all'immaginario collettivo del diavolo e dell'indemoniato (Lanternari 1994). In tal senso il rito esorcistico appare determinante nella costruzione della personalità diabolica, e la figura del posseduto può essere intesa in termini di prodotto artificiale, cioè culturale (Talamonti 1996). Sotto questo profilo, la possessione diabolica, come ogni sindrome di possessione di spiriti presente in molte culture africane, si presta a essere intesa come manifestazione non priva di ambiguità, per cui si può parlare di una via intermedia tra 'teatro vissuto' e 'teatro recitato' (Leiris 1958). Va notato che certi mali, quali per es. le forme di 'fascinazione' che nel mondo della magia popolare si usava attribuire a fattura, sortilegio o malocchio, come nei casi testimoniati in gran numero da E. De Martino (1959), sono ormai frequentemente assunti dall'esorcista come altrettanti fenomeni di indemoniamento e sottoposti a terapia; ciò mostra il sincretismo via via attuato tra le guarigioni arcaiche d'ordine magico-popolare e la pratica dell'esorcismo, canonico ed extracanonico.
2.
Nel cristianesimo il diavolo è ritenuto sommo esponente univoco del male, contro il Dio unico, sommo esponente del bene. Nelle culture africane vi è un pantheon che consta di una molteplicità di spiritidivinità, ciascuno con nome, sede e culto personali. Essi sono preposti, nel bene e nel male, alla vita della comunità e alla salvaguardia dell'ordine collettivo. A uno o a un altro spirito-divinità viene ascritta l'origine d'una grave malattia, d'una improvvisa follia, d'una calamità. La malattia può essere la pena inflitta per un'infrazione delle regole di vita; la follia può costituire il segno della 'chiamata' d'uno spirito, che vuole che il soggetto si dedichi al culto divenendo suo sacerdote. L'esperto, in virtù della divinazione, decodifica il senso dell'affezione: attraverso un interrogatorio stringente della persona colpita identifica lo spirito con il suo nome personale, e ciò ha analogie con il momento della 'nominazione' del diavolo nel rito esorcistico cattolico (v. sopra). La malattia, la follia, la sventura, certe crisi di possessione selvaggia - indizio della presenza di un'entità che investe la persona fin quando non avrà confessato le colpe commesse, o non avrà deciso di onorarlo iniziandosi al suo culto - comportano la partecipazione ai riti pubblici indetti da un sacerdote, il quale a sua volta è un ex malato, un ex sventurato, riscattatosi e guarito con la propria conversione allo spirito che lo ha attirato a sé. Ora, lo stesso essere lo ripossiede nella sua trance in ogni occasione rituale, conferendogli l'ispirazione e il potere mistico di guarigione. Diversamente da quanto si verifica nell'esorcismo cattolico, nell'entità sovrannaturale si intravede un potere ambivalente: lo spirito possessore è un tormentatore-punitore che, grazie al comportamento dell'attore postulante, redime il suo ruolo in senso protettivo.
Tra i fattori reali in grado di promuovere eventuali risultati positivi sui soggetti, si possono indicare: l'orizzonte di simbolismo che permea l'intera procedura e ha un'influenza determinante a livello cognitivo, psicofisico e comportamentale; la natura dei gesti, il carattere delle danze, dei canti, delle musiche, e gli interventi del leader religioso sui membri del gruppo; il linguaggio del corpo quale si esprime nella performance della possessione, che coinvolge vari partecipanti insieme. Tali elementi si sommano nel produrre il clima d'una precisa 'efficacia simbolica' sul male del soggetto (Lévi-Strauss 1958; Sargant 1973; Lanternari 1994).
La funzione autoguaritrice, vale a dire la cooperazione del paziente nel processo terapeutico, trova un corrispettivo nell'esorcismo cattolico, in particolare nell'atteggiamento del malato che svela il nome dell'entità negativa che lo possiede; diverso è però l'impegno dell'operatore cattolico, coinvolto direttamente in uno scontro con il nemico, rispetto a quello del guaritore africano, il cui intervento sulla persona o sul corpo dell'afflitto ha carattere di persuasione. Tuttavia, al di là delle differenze di procedure, formulazioni e sistemi mitici, si può cogliere un fondamento comune nei vari riti costituito dalla messa in vibrazione dei corpi dei postulanti-pazienti, come effetto presunto di un rapporto di identificazione con un'entità d'ordine sovrannaturale che possiede il soggetto.
Anche in due fenomeni d'ordine folclorico, quali il tarantismo, rito terapeutico d'antica tradizione rurale in Puglia, e l'argia, diffusa nell'area pastorale della Sardegna, si trova convalidata la procedura di ogni cerimoniale esorcistico, che nell'impiego del corpo entro un contesto mitico vede la via d'una risoluzione di malesseri psichici. I due esempi si riallacciano alla categoria dei sistemi di cure psichiche fondati su pratiche riferibili a un preciso orizzonte ideologico: quello per cui il simbolismo del rito si esprime soprattutto attraverso un metaforico 'discorso del corpo' condotto dal soggetto. All'interno dei contesti rituali viene a prodursi nei simboli stessi un 'surplus di significato' e nella persona coinvolta un 'surplus di potere'; ciò si traduce in una dinamica di forze, in una liberazione di energie da cui deriva l'efficacia simbolica (Gil 1985; Lanternari 1998). Emerge allora l'importanza, nei cerimoniali esorcistici e carismatici, della componente autoterapeutica, che rappresenta, anche nel quadro degli studi etnopsichiatrici recenti, uno degli aspetti più interessanti della psicoterapia.
E. Bourguignon, World distribution and patterns of possession states, in Trance and possession states, ed. R. Prince, Montreal, Bucke Memorial Society, 1968.
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C. Gallini, La ballerina variopinta, Napoli, Liguori, 1988.
J. Gil, Les métamorphoses du corps, Paris, Édition de la Différence, 1985.
V. Lanternari, Verità e finzione, solennità e gioco nei rituali terapeutici di possessione, in Medicina, magia, religione, valori, 1° vol., a cura di V. Lanternari, Napoli, Liguori, 1994.
Id., Introduzione, in Medicina, magia, religione, valori, 2° vol., a cura di V. Lanternari, M.L. Ciminelli, Napoli, Liguori, 1998, pp. 1-32.
G. Lapassade, Essai sur la transe, Paris, Delarge, 1976 (trad. it. Milano, Feltrinelli, 1980).
M. Leiris, La possession et ses aspects théâtraux chez les Ethiopiens de Gondar, Paris, Plon, 1958 (trad. it. Milano, Ubulibri, 1980).
C. Lévi-Strauss, L'efficacité symbolique, in Id., Anthropologie structurale, Paris, Plon, 1958, pp. 205-26.
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W. Sargant, The mind possessed. A physiology of possession in mysticism and faith-healing, London, Heinemann, 1973.
A. Talamonti, Il corpo della posseduta e il nome del diavolo, "I fogli di ORISS", 1996, 5, pp. 79-99.
Id., La produzione rituale della possessione e del ruolo della posseduta nell'esorcismo cattolico, in Medicina, magia, religione, valori, 2° vol., a cura di V. Lanternari, M.L. Ciminelli, Napoli, Liguori, 1998.