ESPOSIZIONE
(XIV, p. 361; App. I, p. 562; II, I, p. 877)
La prima e. universale, dopo la seconda guerra mondiale, venne inaugurata a Bruxelles nel 1958, dopo ben 13 anni dal conflitto. Il tema fissato dall'Expo era ''Bilancio del Mondo'', nell'ottica di un universo più umano. Simbolo della manifestazione era l'''Atomium'', una costruzione alta 102 m, che rappresentava un atomo di ferro ingrandito 150 miliardi di volte (ispirato alla funzione della Torre Eiffel all'e. di Parigi del 1889). Sia questa costruzione sia le opere realizzate dai paesi partecipanti disattendevano l'obiettivo prefissato dal tema dell'Expo. La maggior parte dei padiglioni erano un'affermazione dei progressi tecnologici raggiunti, con spazi espositivi di notevoli dimensioni e grande impiego di strutture metalliche e vetro.
Padiglione emblematico di questa architettura era quello gigantesco degli USA (arch. E. D. Stone), ben risolto all'interno, dove una copertura semitrasparente (ispirata alla forma di una ruota di bicicletta) con un impluvium permetteva la conservazione delle alberature esistenti. Tra i padiglioni costruiti in alluminio fu premiato quello relativo all'Edificio dei Trasporti (progettisti: T. Hoet-Segers, H. Montoies, R. Courtois, J. Goossens-Bara, R. Moens de Hase), allestito dal Belgio: quasi un'aerea galleria, dove sottili piloni perimetrali sostenevano una copertura di m 200 × 68. Tra gli allestimenti di maggiore impegno tecnologico, si distinguevano i padiglioni dell'URSS (arch. J.I. Abramov, A.B. Boreckij, A.T. Pol'janskij) e della Francia per la Philips (arch. Le Corbusier). Quest'ultimo, brillante nella soluzione progettuale, aveva presentato notevoli problemi costruttivi, per essere la sua forma impostata su paraboloidi iperbolici di notevoli dimensioni.
Tuttavia alcune nazioni, nel realizzare i loro padiglioni, avevano scelto soluzioni meno grandiose, ma dotate di una maggiore coerenza con le loro tradizioni culturali e di una più attenta ricerca della misura umana. Tra questi, si ricordano i padiglioni finlandese, austriaco e italiano. La Finlandia (arch. R. Pietilä; interno T. Wirkkala) presentava un padiglione di raffinata unità stilistica, con volumi semplici realizzati in legno che sottolineavano l'origine tradizionale e culturale della sua architettura. L'Austria (arch. K. Schwanzer) si manteneva più vicina all'International Style, riuscendo a dare un'immagine misurata e armonica, tipica della tradizione viennese. Il padiglione proposto dall'Italia (arch. L. Barbiano di Belgiojoso, A. De Carlo, I. Gardella, E. Peresutti, G. Perugini, L. Quaroni ed E.N. Rogers) suscitò all'inaugurazione notevoli perplessità e giudizi critici molto aspri. I progettisti avevano rinunciato alla costruzione in vetro preferendo richiamarsi alla propria tradizione culturale. In questa logica, il padiglione ricreava un ''paese in collina'', con le strade, le case, le corti interne, la piazza con il palazzo comunale. Nel bilancio critico finale dell'e., l'Italia riuscì a ribaltare il giudizio iniziale negativo, ottenendo un'affermazione come il padiglione che meglio era riuscito a rispettare la ''scala umana''.
Dal 1958 al 1967 furono organizzate altre e. di notevole interesse, tra cui ''Expo Saffa'' a Zurigo (1958), ''Italia '61'' a Torino (1961), entrambe a carattere nazionale, e l'e. di New York del 1964.
Nel 1967 l'e. universale allestita a Montreal, in Canada, fu una delle più vaste e costose mai realizzate: vi parteciparono ben 67 nazioni. L'intero allestimento si estendeva per 400 ha, comprendendo le isole di St. Helen e Notre Dame, la sistemazione lungo il corso del fiume St. Lawrence e il parco dei divertimenti nel bosco de La Ronde, il tutto collegato alla città con un'articolata rete di infrastrutture (autostrade, viadotti, metrò, minirail, tranvia aerea). In questo vasto territorio, progettato e urbanizzato solo per l'e., e che, a manifestazione finita, venne in gran parte riprogrammato come ''una parte della città'', s'inserirono i padiglioni delle varie nazioni.
Il tema proposto dall'Expo, ''Le terre degli uomini'', era assai vago e lasciava i paesi partecipanti abbastanza liberi nel proporre i propri allestimenti. Questi ultimi presentavano nella maggior parte dei casi una scarsa aderenza tra materiale esposto e costruzione atta a ospitarlo; erano per lo più spazi che potevano contenere qualsiasi cosa.
Tra le soluzioni architettoniche più interessanti, il padiglione degli USA, ''Habitat '67'', il padiglione tedesco e quello italiano. Gli Stati Uniti (arch. Buckminster Fuller e Cambridge Seven Associates) realizzarono un padiglione geodetico, con una struttura in metallo e pannelli ricurvi in plexigas di notevole suggestione. ''Habitat '67'' (arch. M. Safdie), costruito sul Mackay Pier, è una struttura permanente che propone un'aggregazione di cellule residenziali prefabbricate (riproposte utopicamente nei progetti per New York e Puerto Rico del 1968-71), incastrate a grappoli, per 158 appartamenti di 15 tipi diversi. La Germania occidentale (arch. O. Frei) costruì un padiglione di circa 3000 m2, sperimentando le tenso-strutture che avrebbe riproposto a Monaco. L'Italia (progettisti A. Antonelli, M. Greco, F. Piro, S. Rossi), dopo un'incertezza iniziale sulla sua partecipazione all'Expo, propose un padiglione articolato in tre settori: ''la poesia'' (arch. C. Scarpa), ''il costume'' (L. Ricci), ''l'industrializzazione'' (B. Munari). Ogni settore venne evidenziato ponendo una scultura sulla struttura a vela che costituiva la copertura del padiglione. Anche qui l'Italia si distaccava dalle realizzazioni tecnologicamente avanzate degli altri paesi, allestendo un padiglione con una corrispondenza univoca tra materiale esposto e involucro architettonico.
Nel 1970 s'inaugurò in Giappone la prima e. universale in Oriente, a Osaka (direttore artistico e manager dell'intera operazione fu l'architetto K. Tange). L'impianto urbanistico dell'Expo sorgeva a 15 km a nord di Osaka ed era progettato per realizzare un centro satellite di collegamento tra la città commerciale e i due centri culturali di Kyoto e Nara. L'e. fu per Tange quasi un pretesto per realizzare una serie di infrastrutture ed edifici di carattere permanente, come il teatro, il museo, la stazione ferroviaria, gli uffici, il vasto giardino giapponese, il lago artificiale e lo ''spazio del simbolo'', caratterizzato da un grande tetto a traliccio metallico.
In questo disegno di futura città, i padiglioni delle nazioni s'inserivano senza alcun ordine che si riflettesse sulla qualità architettonica delle singole opere. Anche in questa manifestazione, incentrata sul tema ''Progresso e armonia per l'umanità'', prevaleva il grande uso delle conquiste tecnologiche. Vennero proposte forme già sperimentate nelle altre e.: la cupola geodetica, la volta parabolica, la piramide, la tenda, l'assemblaggio di cellule, ecc. Tra i padiglioni più interessanti si notavano quelli dell'Australia (arch. J. Maccornick), con una costruzione denominata ''Il dinosauro'', dell'Olanda (arch. J.B. Bakema e C. Weber), della Gran Bretagna (Powell & Moya), dell'Italia (arch. G. Valle, T. Valle, S. Brusà-Pasquè).
Nel 1981 venne allestita a Portopia un'e. con carattere nazionale, e nel 1985, sempre in Giappone (a Tsukuba), un'altra e. come manifestazione universale il cui tema era ''Scienza e tecnologia per la vita dell'uomo e della casa''. L'impostazione urbanistica fu progettata e realizzata in modo da utilizzare l'area espositiva come futura zona industriale. Caratteristica del progetto era la creazione di una vasta zona centrale in cui furono situati l'Expo Park, la Childrens Plaza e Potchand Pond. I padiglioni delle nazioni erano situati in modo da circondare quelli del Giappone, paese ospitante, mentre i due grandi padiglioni degli USA e dell'URSS si trovavano agli estremi della zona periferica, per bilanciare l'intera composizione planimetrica. Anche in questa e. l'uso della tecnologia avanzata era preponderante, sia per l'allestimento dei singoli padiglioni che per la costruzione dei servizi, come la ruota gigante del tecnocosmo e la scala del Jumbo Sony.
L'Italia partecipava con due padiglioni, ''Casa e ambiente'' e ''Scienza e tecnologia per la vita dell'uomo'' (allestimento: P. Sartogo, N. Grenon; architettura: M. Bellini, G. Origlia e C. Pedrazzini).
Nel 1986 si aprì l'e. mondiale di Vancouver, in Canada, con il tema ''Mondo in movimento-Mondo in contatto''. Le nazioni partecipanti (solo 50) allestirono i padiglioni ai piedi della città, lungo False Creek. L'area dell'e. comprendeva anche il complesso del Canada Place (arch. E. H. Zeidler), formato da una torre di vetro (in cui si trovava il Pan Pacific Hotel), il Centro commerciale mondiale di Vancouver, un terminal per le navi e il Centro per congressi del British Columbia, che, durante l'e., fungeva da padiglione del Canada. Coordinatore dell'intera manifestazione fu l'architetto B. Freschi, che curò anche la progettazione urbana, incentrata su tre elementi principali: l'acqua, la spina della circolazione e la piazza. Tra i vari padiglioni, di particolare interesse quello dell'Ontario (arch. Z. R. Partnership), che ospitava un anfiteatro (concepito come spazio aperto a più usi), alcuni spazi espositivi, un cinema, un ristorante e il giardino. La forma del padiglione seguiva la curva del viale principale dell'Expo, e l'intera struttura era costituita da pilastri tubolari collegati con travi imbullonate, con una copertura in tessuto speciale, tesa a ombrello. Conclusa l'Expo, il padiglione è stato smontato, ma sarà possibile la sua totale riutilizzazione per un eventuale futuro allestimento, come previsto dalla progettazione.
Nel 1989 venne inaugurata l'e. universale di Brisbane, in occasione delle celebrazioni per il bicentenario della scoperta ufficiale dell'Australia. Anche in questo caso l'allestimento dell'Expo fornì il pretesto per interventi di notevoli dimensioni nella città: in particolare furono restaurati i vecchi insediamenti edilizi per promuovere un più rapido sviluppo urbanistico.
L'intero allestimento, creato da J. Truscott, fu realizzato come il palcoscenico di un teatro, con particolare cura per gli effetti cromatici suggeriti dal paesaggio stesso. Gli spazi espositivi si prolungavano sul fiume e le strutture a vela che caratterizzavano l'Expo si trasformavano di notte in grandi schermi per spettacoli di suoni e luci. Erano inoltre evidenziati il gusto per la citazione e l'importanza dei valori simbolici; non a caso gli spazi pubblici si popolavano di manichini in gesso come simulacri delle figure umane. Molto apprezzato risultò il padiglione italiano (Commissario generale L. Turchi; progetto Edindustria; design Studio DA di Milano) che, continuando l'esperienza maturata nelle precedenti e., ricreava i luoghi fondamentali della città, allestendo all'interno del suo spazio espositivo una casa, una piazza e un teatro.
Il 20 aprile 1992 si è aperta l'e. universale di Siviglia, che dovrebbe chiudere il 20° secolo. La scelta di questa città si collega alle celebrazioni per il 5° centenario della scoperta dell'America, e la manifestazione ha voluto sottolineare la nuova concezione del mondo che scaturì dai viaggi iniziati da C. Colombo. L'intero allestimento è stato progettato da E. Ambasz e associati, che ha valutato con grande attenzione l'aspetto paesaggistico del luogo e i rilevanti problemi climatici. L'e. è stata ambientata nell'isola della Cartuja, situata tra due bracci del Guadalquivir. La presenza dell'acqua è elemento fondamentale dell'intero progetto, che ha realizzato tre lagune artificiali e riutilizzato la terra rimossa per creare tre nuove colline, le quali costituiscono, insieme a fitte alberature, preziose zone d'ombra. Ulteriore aiuto contro le alte temperature della zona è offerto da collaudati sistemi artificiali, come la produzione di acqua fresca nebulizzata che si riversa su pergolati costituiti da travi a U con rampicanti e schermi frangisole posti a circa 10 metri dal suolo. Quale complemento all'Expo è stato creato un parco suburbano per la città.
Alle celebrazioni colombiane si è legata anche l'e. internazionale ''Colombo, la nave e il mare'', tenutasi a Genova nel maggio-agosto 1992, con la partecipazione di 48 paesi. Per l'e. è stata utilizzata l'area del vecchio porto, sistemata su progetto di R. Piano. Vedi tav. f.t.
Bibl.: Esposizione di Vancouver: Architectural Record, luglio 1986; Spazio e Società, 28 (1986). Esposizione di Brisbane: L'Arca, 18 (1988); Esposizione di Siviglia: Casabella, 528 (1986); L'Arca, 8 (1987); Domus 739 (1992).